..sostiene che il rischio di recidiva sarebbe stato da escludere in ragione dell'avvenuta sospensione dal servizio ..

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Sabato, 19 Maggio 2012 01:24
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MISURE CAUTELARI PERSONALI
Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-03-2012) 18-04-2012, n. 14957

Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
@@ ricorre avverso l'ordinanza di cui in epigrafe con cui il Tribunale ha rigettato la richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo della misura cautelare degli arresti domiciliari emesso dal Gip di Tolmezzo nei suoi confronti per i reati di falso ideologico in atto pubblico e calunnia.
Il riesame e la presente doglianza riguardano solo le esigenze cautelari.
Il ricorrente lamenta, infatti, il giudizio espresso dal Tribunale a conferma delle esigenze di cautela di cui all'art. 274 c.p.p., lett. a) e c), poste dal Gip a base dell'ordinanza de libertate.
Sotto il primo profilo, si sostiene che il soggetto le cui dichiarazioni era state valorizzate ai fini della misura le aveva rese quanto l'indagato era libero di muoversi sul territorio: ciò che doveva portare ad escludere, per il futuro, alcun rischio di inquinamento basato sul condizionamento che l'indagato avrebbe potuto porre in essere nei confronti di detto soggetto.
Sotto l'altro profilo, si sostiene che il rischio di recidiva sarebbe stato da escludere in ragione dell'avvenuta sospensione dal servizio dell'indagato trattatasi di brigadiere dei Carabinieri.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
Va premesso che, secondo assunto pacifico, in caso di ricorso per cassazione avverso un provvedimento di riesame in tema di misure cautelari personali, allorchè sia denunciato vizio di motivazione, che le doglianze attinenti alla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza o delle esigenze cautelari o dell'adeguatezza della misura applicata possono assumere rilievo solo se rientrano nella previsione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), se cioè integrano il vizio di mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Esula, quindi, dalle funzioni della Cassazione la valutazione della sussistenza o meno dei gravi indizi e delle esigenze cautelari, essendo questo compito primario ed esclusivo dei giudici di merito e, in particolare, prima, del giudice al quale è richiesta l'applicazione della misura e, poi, eventualmente, del giudice del riesame (cfr., di recente, Sezione 2^, 17 settembre 2008, @@ ed altri).
In questa prospettiva, a fronte dell'analitica motivazione fornita dal giudicante sul rischio, le doglianze proposte non possono trovare accoglimento non interessa, va solo precisato, la mancata fissazione della durata della misura cautelare personale disposta al fine di garantire l'acquisizione e la genuinità della prova, ai sensi dell'art. 292 c.p.p., comma 2, lett. d), giacchè la relativa necessità sussiste solo quando la misura sia stata disposta unicamente per tutelare la suddetta esigenza e non occorre invece quando la misura sia stata disposta anche a tutela delle altre esigenze cautelari indicate nell'art. 274 c.p.p., essendo evidente che sarebbe del tutto inutile fissare un termine di durata se poi la misura deve continuare ad essere applicata per la salvaguardia delle altre esigenze cautelari: Sezione 6^, 24 febbraio 2005, ....
Mentre, del resto, la motivazione appare rispettosa dei principi vigenti in materia, non apprezzandosi quindi vizi di legittimità.
Con riferimento al pericolo di inquinamento probatorio, di cui all'art. 274 c.p.p., comma 1, lett. a), come è noto, la norma postula soltanto che vi siano specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini, ma, poichè il requisito della specificità attiene alle esigenze e non alle investigazioni, non è indispensabile che il giudice, nel proprio provvedimento, indichi dettagliatamente gli atti da compiere. Il pericolo de quo deve essere concreto e va identificato in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere, secondo la regola dell'id quod plerumque accidit, che l'indagato possa realmente turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti e, per evitare che il requisito del "pericolo concreto" perda il suo significato e si trasformi in semplice clausola di stile, è necessario che il giudice indichi, con riferimento all'indagato, le specifiche circostanze di fatto dalle quali esso viene desunto e fornisca, sul punto, adeguata e logica motivazione (Sezione 3^, 3 dicembre 2003, Scotti).
Ciò che qui il giudicante ha fatto valorizzando i contatti avuti dall'indagato con il suo accusatore e gli esiti di una intercettazione ritenuta dimostrativa di una condotta violenta considerata rilevante ai fini di interesse rispetto alla genuinità delle dichiarazioni da assumere.
Mentre, con riferimento al rischio di recidiva, previsto dall'art. 274 c.p.p., lett. c), è noto che la pericolosità sociale dell'indagato deve risultare congiuntamente dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla sua personalità: peraltro, nulla impedisce di attribuire alle medesime modalità e circostanze di fatto una duplice valenza, sia sotto il profilo della valutazione della gravità del fatto, sia sotto il profilo dell'apprezzamento delle capacità a delinquere: in vero, le specifiche modalità e circostanze del fatto ben possono essere prese in considerazione anche per il giudizio sulla pericolosità dell'indagato, ove la condotta serbata in occasione di un reato rappresenti sul elemento specifico assai significativo per valutare la personalità dell'agente (sezione 2^ 12 luglio 2007, Santoro). Ciò che qui il giudicante ha fatto valorizzando il complesso della condotta dell'indagato, anche in relazione a fatti di non trascurabile gravità per cui già vi era stata applicazione di autonoma misura cautelare.
Va solo soggiunto, per corrispondenza alla doglianza, che per assunto pacifico, la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di un pubblico dipendente, per reati commessi nell'esercizio delle sue funzioni, sarebbe legittimamente adottabile, per prevenire il rischio di recidiva, anche laddove, nelle more, l'amministrazione di appartenenza abbia trasferito il dipendente ad altro settore e, inoltre, lo abbia sospeso cautelativamente dal servizio, attesa la temporanietà della misura disciplinare, che non esclude di per sè il pericolo di reiterazione del reato (di recente, Sezione 6^, 9 novembre 2011, Debelli ed altro).
Il ricorso va, dunque, rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.