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Videoterminale - ..inidonea la ricorrente alle mansioni di addetta ai videoterminali, senza riconoscerle la causa di servizio. ...

Dettagli



ATTI AMMINISTRATIVI   -   IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 05-04-2012, n. 2028

Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 4907 del 2011 il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla sig.ra @@ per la declaratoria dell'illegittimità del silenzio serbato dal Governatore della Banca d'Italia sul suo ricorso a data 24 maggio 1993, teso al riconoscimento della dipendenza del suo quadro patologico da causa di servizio, nonché la declaratoria dell'obbligo dell'Amministrazione di emettere il chiesto provvedimento di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio.
Propone appello la sig.ra P. deducendo: 1) illogicità della motivazione e violazione dell'art. 2 della L. n. 241 del 1990, sostenendo che l'inerzia della pubblica amministrazione vede quale sicura conseguenza la possibilità di impugnare il silenzio innanzi all'autorità giudiziaria; 2) irragionevolezza e contraddittorietà della motivazione nonché violazione degli artt. 31 e 117 del D.Lgs. n. 104 del 2010, sostenendo che vi era obbligo dell'amministrazione di esprimersi sul ricorso gerarchico, nonché la possibilità per il giudice di pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, conoscendo di tutte le questioni relative all'esatta adozione del provvedimento richiesto; 3) violazione del combinato disposto degli artt. 24 e 113 Cost., degli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo e dell'art. 6 della versione consolidata del Trattato dell'Unione Europea, lamentando un acritico recepimento da parte del Tribunale amministrativo delle tesi dell'amministrazione ed una sostanziale pretermissione delle regole del giusto processo; 4) travisamento dei fatti e violazione degli artt. 5 e 6 D.P.R. n. 1199 del 1971, puntualizzando che i fatti che hanno dato scaturigine al ricorso gerarchico della sig.ra P. si riferiscono al biennio 1992-1993 e lamentando che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto intempestivo il ricorso gerarchico.
Si è costituita in giudizio la Banca d'Italia, che replica in memoria.
L'appellante ha dimesso note difensive, insistendo per la riforma della sentenza impugnata.
La causa è stata posta in decisione alla camera di consiglio del 13 dicembre 2011.
Motivi della decisione
Dalla documentazione del fascicolo di primo grado si rileva che la sig.ra @@, dipendente della Banca d'Italia, assunta quale invalida civile nel 1975 e addetta dal 1979 ai videoterminali presso il reparto elaborazione dati, presentò una prima domanda, datata 16 aprile .1982, di riconoscimento dell'aggravamento delle proprie condizioni di salute contratto in servizio e per causa di servizio, istanza che la Banca d'Italia comunicò di non poter prendere in esame poiché quanto riferito non era suffragato dalla certificazione medica prodotta a corredo dell'istanza (nota del 14 giugno 1982, n. 216815, firmata per presa visione dalla dipendente il 16 giugno 1982).
Ulteriore istanza la dipendente presentò il 15 aprile 1985, chiedendo, con riferimento a certificato medico rilasciato in data 11 gennaio 1984 dalla sede di Napoli dell'INAIL, darsi seguito a propria istanza del 16 aprile 1984 di riconoscimento del peggioramento dell'infermità per causa di servizio; la Banca d'Italia riscontrava l'istanza del 10 aprile 1985, con raccomandata a.r. del 31 maggio 1985, (avviso ricevuto il 13 giugno 1985), comunicando che non risultava presentata dalla sig.ra P. alcuna domanda della specie in data 16 aprile 1984.
Il primo ed il secondo provvedimento non risulta siano stati tempestivamente impugnati, come rileva il giudice di primo grado nella sentenza impugnata, senza che l'appellante, al di là di una generica contestazione, fornisca precisi riferimenti al riguardo. E' stato, invece proposto, riferisce ancora la sentenza, un ricorso nel 1986 per il riconoscimento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio.
A detto quadro fattuale il giudice di prime cure riconnette la ravvisata inammissibilità tanto dell'impugnativa del silenzio-rifiuto asseritamente opposto al ricorso di data 14 maggio 1993, rivolto al Governatore della Banca d'Italia, quanto dell'azione di accertamento della dipendenza da causa di servizio dell'aggravamento dell'infermità dedotto dalla ricorrente.
Reputa, in sintesi, il Tribunale amministrativo che non sussisteva alcun obbligo di provvedere su richiesta sostanzialmente reiterativa di istanza già respinta con atto rimasto inoppugnato, comunque intempestiva rispetto al termine semestrale, dalla conoscenza dell'aggravamento dell'infermità, nella specie denotato dal certificato INAIL del gennaio 1984, previsto dall'art. 60 dell'allora vigente Regolamento del Personale.
In particolare nella sentenza si precisa che non si ritiene rilevante in favore delle tesi della ricorrente "il verbale di visita dell'USL Rm 4 in data 19 ottobre 1992, in quanto in esso non viene diagnosticata una patologia diversa e/o più grave di quella del 1984, ma si dispone solo l'esonero dalle mansioni che comportino l'utilizzo di videoterminali.".
Prima di considerare le censure dedotte è utile rilevare che il certificato del'INAIL 18 novembre 1971, anteriore all'assunzione dell'appellante presso la Banca d'Italia, riferiva una riduzione della capacità lavorativa del 40% in relazione ad un quadro di marcato stato ansioso, vertigini, sindrome nevrosica, ipoacusia bilaterale percettiva, con perdita complessiva della capacità uditiva del 75,4%; il certificato dell'INAIL 11 gennaio 1984 indica una riduzione della capacità lavorativa del 56% in relazione a "Sindrome nevrosica depressiva; grave stato d'ansia e labilità del tono dell'umore; epilessia post-traumatica"; il verbale di visita medico collegiale del 19 ottobre 1992 richiama il riconoscimento di invalidità civile al 56% del gennaio 1984 e quanto riferito dalla dipendente, effettua una diagnosi di "crisi di assenze e crisi comiziali per pregresso trauma encefalico in soggetto in trattamento farmacologico antiepilettico" e conclude per l'idoneità al servizio della dipendente con esclusione delle mansioni che comportino l'utilizzazione di videoterminali in maniera permanente.
È quindi condivisibile la valutazione del giudice di prime cure che il verbale di visita medico-legale collegiale non evidenzia nuove infermità ovvero aggravamenti delle pregresse condizioni accertate dall'INAIL nel 1984, ma unicamente conseguenze del risalente trauma encefalico subito dalla sig.ra P., nonché il trattamento farmacologico della epilessia post traumatica già riscontrata dall'INAIL e si limita a disporre l'esonero della dipendente dall'uso costante di videoterminali.
Non si riscontra, pertanto, quanto alla logicamente prioritaria censura di travisamento dei fatti dedotta col quarto motivo di appello, una erronea ricostruzione dei dati fattuali rilevanti.
Il cosiddetto ricorso al Governatore della Banca d'Italia è sostanzialmente una riproposizione della già disattesa istanza di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio dell'infermità che affligge la dipendente, comunque tardiva rispetto all'aggravamento della patologia debitamente certificato dall'INAIL nel 1984; ed, infatti, nel riferire "la malattia della ricorrente" esso specifica che ella è "affetta da: epilessia post-traumatica, sindrome nevrosica depressiva e grave stato d'ansia e di labilità del tono dell'umore ed ipoacusia percettiva bilaterale" ripetendo, appunto, le indicazioni del certificato INAIL 1984 (oltre a un cenno all'ipoacusia che già si ritrova nel certificato INAIL del 1971).
Si deve concordare, quindi, col primo giudice sul punto che non sussisteva un obbligo dell'Amministrazione di pronunciarsi al riguardo. Nel senso della natura autoritativa e non paritetica di provvedimenti di concessione di equo indennizzo, con conseguente necessità di impugnazione nel termine di decadenza di atti sfavorevoli, la Sezione si è ripetutamente, anche recentemente, pronunciata (v. Cons. Stato, VI, 13 novembre 2009, n. 7067, 1 dicembre 2009, . 7507, 15 dicembre 2010, n. 8916) evidenziando che la concessione non si raccorda, per la presenza di apporti consultivi connotati da discrezionalità tecnica, all'esercizio di un'attività vincolata dell'amministrazione, da svilupparsi secondo un puntuale quadro regolamentare in relazione al quale possa emergere in un rapporto paritetico una situazione di diritto soggettivo del dipendente.
D'altra parte, la dipendente non ha fornito alcun principio di prova della presentazione della domanda nei termini decadenziali previsti.
Néppure si può condividere l'assunto dell'appellante per cui il ricorso ha carattere di ricorso gerarchico avverso il provvedimento che riconosceva permanentemente inidonea la ricorrente alle mansioni di addetta ai videoterminali, senza riconoscerle la causa di servizio. Il tenore concreto del c.d. ricorso non autorizza simile visione "impugnatoria". La sentenza, quindi, si sottrae anche alla critica di violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 6 D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199.
Infondata è la critica, di cui al primo motivo, di illogicità della motivazione e violazione dell'art. 2 della L. 7 agosto 1990, n. 241, riferita all'ipotesi che il procedimento consegua obbligatoriamente ad un'istanza, laddove, per le ragioni anzidette tale obbligo non si configurava nella specie, così come non persuasive risultano le critiche esposte col secondo motivo, che la sussistenza di quell'obbligo postulano. Né giova all'appellante invocare gli artt. 24 e 113 Cost. e la normativa sovranazionale in materia di giusto processo, non trattandosi di un caso nel quale non fosse data all'interessato la possibilità concreta di accesso alla tutela giurisdizionale, ma della sottoposizione a termini di decadenza della azionabilità della tipologia di posizione soggettiva.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte appellante a rifondere all'Amministrazione resistente le spese del giudizio, che liquida in Euro 500,00 (cinquecento/00) oltre i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

   

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