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..decadenza dalla loro nomina del ricorrente a Vice Sovrintendente, a seguito del mancato raggiungimento della sede assegnata ..

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..decadenza dalla loro nomina del ricorrente a Vice Sovrintendente, a seguito del mancato raggiungimento della sede assegnata ...

IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 16-04-2012, n. 2155Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1.1. Con ricorso proposto sub R.G. 17351 del 2004 innanzi al T.A.R. per il Lazio i signori --. ed altri, quali vincitori del concorso interno per complessivi 445 posti nella qualifica iniziale del ruolo dei Sovrintendenti del Corpo di Polizia Penitenziaria, hanno contestato l'avvenuta loro assegnazione d'autorità ad una sede prescelta dall'Amministrazione dopo il superamento della selezione concorsuale e del susseguente corso di formazione.Va opportunamente precisato che alcuni dei ricorrenti in primo grado, ossia i signori --, essendosi rifiutati di prendere servizio nella sede loro assegnata, sono stati già dichiarati decaduti dalla nomina a Vice Sovrintendente.Innanzi al giudice di primo grado tutti i predetti ricorrenti hanno pertanto chiesto l'annullamento della nota prot. n. 2.9/Compl. (Ass.ni), datata 9 agosto 2002, del Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - Direzione Generale del Personale e della Formazione, nella parte in cui l'Amministrazione ha disposto la loro assegnazione d'autorità in esito dal concorso interno per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo dei Sovrintendenti del corpo di Polizia Penitenziaria , nonché di ogni altro atto presupposto o conseguente; e, in particolare, i predetti Signori -- hanno pertanto chiesto anche l'annullamento dell'atto di decadenza dalla loro nomina del ricorrente a Vice Sovrintendente, a seguito del mancato raggiungimento della sede assegnata entro la data del 10 settembre 2002.I ricorrenti medesimi hanno segnatamente dedotto al riguardo, con un primo ordine di censure, l'avvenuta violazione o falsa applicazione della disciplina concorsuale e dei principi di parità di trattamento tra i concorrenti, nonché di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione, essendo stata asseritamente negata ai partecipanti al concorso di cui trattasi qualsiasi informazione circa le modalità ed i criteri, che sarebbero stati seguiti sia per i provvedimenti di mobilità, sia per le assegnazioni d'autorità.Con un secondo ordine di censure i ricorrenti hanno quindi dedotto l'avvenuta violazione o falsa applicazione dell'art. 16 del D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 443, eccesso di potere per disparità di trattamento ed assenza di motivazione, non essendo in alcun modo la nomina di cui trattasi subordinata dalla legge, né dal bando di concorso all'accettazione di eventuali trasferimenti; inoltre - sempre secondo la loro prospettazione - in un concorso interno non dovrebbe comunque trovare applicazione il principio della decadenza dalla nomina per mancato raggiungimento della sede assegnata, posto che in tal modo verrebbe a determinarsi una disparità di trattamento tra i vincitori del concorso interno ed il personale appartenente al medesimo Ministero della Giustizia cui si consentirebbero, mediante i cc.dd. "corsi di riqualificazione", avanzamenti di carriera senza assumere obblighi di mobilità.1.2. Il Ministero della Giustizia, costituitosi nel giudizio di primo grado, ha eccepito in via preliminare l'irricevibilità del ricorso, replicando peraltro in subordine alle censure avversarie e chiedendone la reiezione.1.3. Con sentenza n. 17351 dd. 27 dicembre 2004 la Sezione I-quater dell'adito T.A.R. ha respinto il ricorso.
Secondo il giudice di primo grado il ricorso risulterebbe, oltre che palesemente tardivo, infondato nel merito.
In tal senso il T.A.R. ha evidenziato che i ricorrenti in primo grado hanno contestato, mediante impugnativa notificata il 28 aprile 2004, gli atti di assegnazione delle sedi ai vincitori di una procedura concorsuale conclusa quasi due anni prima della notifica medesima, nonché - in alcuni casi - la propria decadenza dalla nomina per mancato raggiungimento della sede assegnata entro il termine perentorio del 10 settembre 2002.Il giudice di primo grado ha rimarcato l'indubbio carattere autoritativo di tali atti, espressivi della potestà autoorganizzatoria della Pubblica Amministrazione; carattere, questo, per certo sottostante ad ogni procedura concorsuale, con conseguente sussistenza, per le eventuali impugnative, del termine decadenziale di sessanta giorni già contemplato dall'art. 21 della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, come sostituito dall'art. 1 della L. 21 luglio 2000, n. 205, vigente all'epoca dei fatti di causa e - oggi - dal combinato disposto degli artt. 29 e 41 cod. proc. amm.Il giudice di primo grado, a fronte della mancanza negli atti impugnati - contestata dai ricorrenti in primo grado - di ogni indicazione circa l'Autorità Giudiziaria competente a conoscere dell'eventuale impugnazione, nonché in ordine ai termini dell'eventuale azione a tutela della sfera giuridica dell'interessato, ha quindi affermato che la mancanza medesima di per sé non varrebbe a giustificare il ritardo nell'impugnazione, costituendo tale carenza soltanto uno degli elementi valutabili ai fini della concessione del beneficio della remissione in termini per errore scusabile, e che - nondimeno - nel caso di specie neppure sarebbero configurabili incertezze circa gli strumenti di tutela utilizzabili da parte dei destinatari degli atti, tenuto conto della presunzione legale di conoscenza delle norme giuridiche e della consolidazione della situazione giuridica dei ricorrenti in primo grado, nel lungo tempo intercorso fra l'accettazione o la decadenza dalla nomina e la contestazione della medesima.Il giudice di primo grado ha inoltre colto un ulteriore profilo di inammissibilità dell'impugnativa nell'omessa chiamata in giudizio di almeno un soggetto controinteressato, dovendosi ritenere plausibile che nell'assegnazione delle sedi, destinate ai vincitori del concorso di cui trattasi, i posti rivendicati da soggetti, che a tale riguardo si sentano lesi nelle proprie aspettative, siano stati assegnati - ove in effetti disponibili - ad altri aspiranti alla medesima sede.Anche a prescindere da tali profili preliminari - peraltro - il T.A.R. ha comunque affermato l'infondatezza del ricorso, rilevando innanzitutto che il bando di concorso prevedeva espressis verbis che, "ottenuta la nomina", i vincitori avrebbero raggiunto la sede di servizio a ciascuno di essi assegnata.
In relazione a ciò, il giudice di primo grado ha rimarcato che nessuna legittima aspettativa appariva giustificabile in rapporto alla conservazione della sede di servizio occupata antecedentemente al concorso stesso, quanto meno in assenza di tempestiva impugnazione del bando concorsuale "in parte qua"; e, comunque, sempre secondo il T.A.R., nell'impugnativa innanzi ad esso proposta parrebbe assente - o, al più, generica - la contestazione dei criteri di assegnazione del personale neo-promosso alle nuove sedi di servizio: assegnazione che è avvenuta per scelte che lo stesso giudice di primo grado ha reputato non arbitrarie (conferma del personale effettivo in sedi carenti fino alla copertura dei posti in organico; assegnazione in sedi diverse per il personale effettivo presso sedi già in esubero di personale del ruolo; tutela del personale avente diritto ai benefici di cui all'art. 33 della L. 5 febbraio 1992, n. 104) e discendenti da accordi conclusi con le organizzazioni sindacali di categoria, senza poi sottacere che il tutto presupporrebbe con ogni evidenza, in sede di disamina giudiziale delle fattispecie, anche una valutazione "caso per caso", non effettuabile - per l'appunto - al di fuori del coinvolgimento processuale dei soggetti controinteressati, o di almeno uno tra essi.Il giudice di primo grado ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio, liquidandole complessivamente nella misura di Euro 1.000,00.- oltre ad I.V.A. e C.P.A.
2.1. Con l'appello in epigrafe i ricorrenti in primo grado chiedono ora la riforma della sopradescritta sentenza resa dal T.A.R.
Gli appellanti ripropongono al riguardo la richiesta di riconoscimento dell'errore scusabile per quanto attiene alla tardività della proposizione del ricorso in primo grado, negano la sussistenza al riguardo di controinteressati in senso formale o sostanziale da evocare in giudizio, allegando in tal senso la circostanza di aver ricevuto esclusivamente un provvedimento individuale, lesivo dei propri specifici interessi e che - in quanto tale - avrebbe comunque precluso la valutazione di altre posizioni soggettive asseritamente antitetiche, e - da ultimo - ribadiscono che il bando concorsuale non avrebbe nella specie recato informazioni sui criteri di predisposizione della graduatoria utilizzata per i singoli provvedimenti di mobilità del personale, essendo a loro dire di tutta evidenza che numerosi candidati non avrebbero partecipato al concorso ove fossero stati edotti della possibilità di essere trasferiti di sede per effetto della vincita.2.2. Si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia, concludendo per la reiezione dell'appello.3. Alla pubblica udienza del 6 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.4.1. Tutto ciò premesso, l'appello va respinto.4.2. Il Collegio perviene a tale conclusione avuto riguardo, in via del tutto assorbente, alla manifesta irricevibilità del ricorso in primo grado rettamente evidenziata dal T.A.R.Gli attuali appellanti, infatti, hanno notificato l'atto introduttivo del giudizio in primo grado in data 28 aprile 2004 impugnando ivi gli atti di assegnazione delle sedi ai vincitori di una procedura concorsuale conclusa quasi due anni prima della notifica medesima, nonché - in alcuni casi - la propria decadenza dalla nomina per mancato raggiungimento della sede assegnata entro il termine perentorio del 10 settembre 2002.Inoltre, come rettamente evidenziato dalla difesa del Ministero, lo stesso bando di concorso contemplava l'inderogabile formalità della sottoscrizione di una dichiarazione da parte di ciascun candidato, con la quale questi affermava la propria disponibilità a raggiungere qualsiasi sede a lui assegnata.A ragione il giudice di primo grado ha rimarcato l'indubbio carattere autoritativo di tali atti, in quanto espressivi della potestà autoorganizzatoria della Pubblica Amministrazione sottostante ad ogni procedura concorsuale, con conseguente ed inderogabile applicazione, per le eventuali impugnative, del termine decadenziale di sessanta giorni già contemplato dall'art. 21 della L. 6 dicembre 1971, n. 1034 come sostituito dall'art. 1 della L. 21 luglio 2000, n. 205, vigente all'epoca dei fatti di causa e - oggi - dal combinato disposto degli artt. 29 e 41 cod. proc. amm.Nè può essere nella specie accordato il beneficio dell'errore scusabile.Come è stato puntualmente evidenziato dalla costante giurisprudenza di questo giudice, il contenuto dell'art. 36, secondo comma, del T.U. approvato con R.D. 26 giugno 1924, n. 1054 e dell'art. 34, secondo comma, della L. 6 dicembre 1971, n. 1034 e, ora, dell'art. 37 cod. proc. amm., laddove consentiva - e consente a tutt'oggi - la rimessione in termini in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto, va ricondotto a norma di stretta interpretazione, non essendo sufficienti per la concessione del beneficio la buona fede e l'esistenza di fattori soggettivi del ricorrente, posto che un uso eccessivamente ampio della discrezionalità del giudicante che essa presuppone, ben lungi dal rafforzare l'effettività della tutela giurisdizionale, potrebbe risolversi in un grave vulnus del pari ordinato principio di parità delle parti, anch'esso espressamente richiamato dall'art. 2 comma 1, cod. proc. amm. - materialmente attuativo dell'art. 111 Cost. come integrato dall'art. 1 della L. Cost. 23 novembre 2001 n. 2 - in tema di rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge processuale (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato , Sez. IV, 25 marzo 2011 n. 1853).In tal senso, l'omessa indicazione del termine e dell'autorità cui ricorrere, in violazione dell'art. 3, comma 4, della L. 7 agosto 1990, n. 241, rappresenta una mera irregolarità e può, in effetti, costituire presupposto per ravvisare un errore scusabile, ma sempre che nel singolo caso sia effettivamente apprezzabile una qualche giustificata incertezza sugli strumenti di tutela utilizzabili da parte del destinatario dell'atto (cfr., Cons. Stato, A.P., 14 febbraio 2001 n. 2 e, da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 28 gennaio 2011 n. 642), dovendosi comunque evitare che tale formale inadempimento conduca ad un'indiscriminata esenzione dall'onere di ottemperare a prescrizioni vincolanti dettate dalla legge in vigore (così Cons. Stato, Sez. VI, 30 luglio 2010 n. 5055).Più in generale, inoltre, il beneficio non può essere concesso dal giudice allorquando il fattore determinante l'inutile decorso del termine rientra agevolmente nella sfera di valutazione della parte interessata, che si comporti con normale diligenza (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 17 ottobre 2008 n. 5061).Né va sottaciuto che la piena lettura del precetto di cui al testé riferito art. 3, comma 4, della L. n. 241 del 1990 esclude dal novero degli atti che debbono contenere le anzidette indicazioni in ordine al termine e all'autorità cui ricorrere i provvedimenti, quali il bando di concorso (nella specie indubitabilmente lesivo in parte qua e nondimeno non impugnato), non diretti a soggetti determinati e privi - quindi - di destinatario al quale effettuare la notifica; l'indicazione del termine per proporre impugnazione e dell'autorità alla quale è possibile ricorrere risulta, infatti, ivi espressamente prescritta per i soli atti da notificarsi al destinatario e non anche per quelli a carattere generale, rispetto ai quali non è configurabile alcuna posizione soggettiva direttamente interessata dai loro effetti sostanziali (Cons. Stato, Sez. V, 11 marzo 2010 n. 1423).In relazione a tutto ciò, quindi, a ragione il giudice di primo grado non ha nella specie ravvisato alcun profilo idoneamente valutabile agli effetti della concessione del beneficio, mancando obiettivamente elementi di effettiva incertezza circa gli strumenti di tutela utilizzabili da parte del destinatario dell'atto e tenuto conto della presunzione legale di conoscenza delle norme giuridiche e della consolidazione della situazione giuridica dei ricorrenti, del lungo tempo intercorso fra l'accettazione o la decadenza dalla nomina e la contestazione della medesima, nonché essendo stato inequivocamente esplicitata nello stesso bando concorsuale la sussistenza di un impegno all'eventuale mutamento della sede di servizio in caso di vincita: impegno, come detto innanzi, per di più previamente e puntualmente sottoscritto da tutti i partecipanti al concorso, ivi dunque compresi gli stessi appellanti.5. Le spese del presente grado di giudizio possono essere peraltro integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

   

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