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Impugnazione del provvedimento di collocamento a riposo

Dettagli

 

 

IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. III, Sent., 18-04-2012, n. 2240Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. L'appellante, già ricorrente in primo grado, ispettore capo della Polizia di Stato, è stato collocato a riposo per limiti di età a decorrere dal 1 agosto 2011, avendo compiuto 60 anni di età il 27 luglio 2011.Con ricorso al T.A.R. Bologna l'interessato ha impugnato il provvedimento di collocamento a riposo.
Il T.A.R., con sentenza n. 23/2012, ha respinto il ricorso.
2. L'interessato propone appello davanti a questo Consiglio, chiedendo anche la sospensione cautelare della sentenza. In occasione della trattazione della domanda cautelare in camera di consiglio, previo avviso alle parti presenti, il Collegio si è riservato di definire immediatamente la controversia emettendo la presente sentenza.3. L'impugnato provvedimento di collocamento a riposo, come si è detto, è stato pronunciato sul presupposto che il funzionario ha raggiunto il limite di età, stabilito nel compimento di 60 anni dalla normativa speciale dei dipendenti della Polizia di Stato con la qualifica di "ispettore".Il ricorrente non contesta il dato di fatto (compimento del sessantesimo anno di età) e non nega che l'ordinamento speciale del personale di P.S. preveda in tale evenienza il collocamento a riposo d'ufficio. Questi aspetti dunque si possono ritenere incontroversi.Il ricorrente invoca peraltro l'art. 12, comma 1, del D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010, che contiene disposizioni speciali per il conseguimento del diritto alla pensione e l'ammissione al trattamento pensionistico. Tali disposizioni, ad avviso del ricorrente, comporterebbero nel suo caso il differimento di un anno del conseguimento del diritto alla pensione e di conseguenza comporterebbero un analogo differimento del collocamento a riposo.
4. Il Collegio osserva che la stessa questione di diritto è già stata affrontata nella sentenza n. 5865/2011 di questa Sezione, in analoga controversia riguardante altro funzionario della Polizia di Stato.In quel caso il ricorso dell'interessato è stato respinto. Il Collegio ha osservato, fra l'altro, che "nella disciplina del pubblico impiego, il conseguimento del diritto alla pensione e la cessazione dal servizio per limiti di età sono fenomeni distinti ed autonomi, nel senso che è ben possibile che un impiegato consegua il diritto alla pensione - ossia ne abbia maturato i requisiti di anzianità contributiva, etc. - prima del limite di età (fermo restando che la pensione non sarà goduta sino a che sia in corso il rapporto di servizio) e viceversa è possibile che taluno cessi dal servizio per limiti di età senza aver maturato il diritto alla pensione (tanto è vero che in casi del tutto particolari apposite norme hanno consentito, a titolo di eccezione, di prolungare il servizio fino al conseguimento del diritto al minimo, o rispettivamente, al massimo della pensione: cfr. ad es. L. n. 477 del 1973, art. 15)".In altre parole, il compimento del limite di età comporta di diritto la cessazione del rapporto di lavoro, a prescindere dal fatto che il dipendente consegua o meno il trattamento pensionistico a decorrere dalla stessa data.La sentenza del T.A.R. Bologna, qui appellata, si ispira agli stessi princìpi.5. Nondimeno, si può riconoscere che il mancato coordinamento fra le norme che regolano il rapporto d'impiego e quelle che regolano il rapporto pensionistico produce, nel caso in esame, effetti difficilmente accettabili dal punto di vista razionale e da quello equitativo.Ed invero, l'interessato viene collocato a riposo, obbligatoriamente, al compimento del sessantesimo anno di età, ma dovrà attendere altro tempo prima di usufruire del trattamento pensionistico, e ciò non per mancanza di anzianità contributiva come nei casi considerati dall'art. 15 della L. n. 477 del 1973 (in questo caso, a quanto pare, l'interessato ha invece raggiunto il massimo dell'anzianità contributiva) ma per effetto di una disposizione che ha inteso elevare il minimo dell'età pensionabile per la generalità dei lavoratori privati e pubblici. E' verosimile che il legislatore, dettando l'art. 12, comma 1, del D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010, non abbia tenuta presente l'esistenza di categorie di impiegati pubblici il cui ordinamento impone la cessazione del servizio ad una età non corrispondente a quella (più elevata) richiesta per il godimento della pensione.Il problema che così si prospetta, tuttavia, non può essere risolto dal giudice del rapporto d'impiego (in questo caso il giudice amministrativo) il quale non può far altro che applicare le norme di stato giuridico del personale, mai modificate sul punto. Potrebbe, semmai, essere risolto dal giudice del rapporto pensionistico, ad esempio giudicando - in via interpretativa - che il differimento del relativo trattamento, stabilito dall'art. 12, D.L. n. 78 del 2010, non si applica a chi cessa dall'impiego pubblico per limiti di età, oppure sollevando una questione di costituzionalità che porti ad analogo risultato. In alternativa, potrebbe essere risolto dal legislatore, mediante un opportuno intervento correttivo del ripetuto art. 12.Ma, per quanto riguarda il compito di questo Collegio, l'appello non può che essere respinto.Si ravvisano tuttavia giusti motivi per compensare le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Spese compenste.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

   

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