... 85 del D.P.R. n. 3 del 1957, che prevedeva la destituzione d'ufficio dei pubblici dipendenti, nell'ipotesi di ...
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- Creato Venerdì, 20 Aprile 2012 03:54
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T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 05-04-2012, n. 3160
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Attraverso l'atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 21 aprile 1997 e depositato il successivo 30 aprile 1997, il ricorrente impugna il provvedimento con il quale, in data 4 aprile 1997, il Ministero dell'Interno gli ha comunicato che - nonostante il predetto sia stato inserito al 419 posto nella graduatoria di merito dei muratori del concorso a 588 posti di vigile del fuoco, bandito con D.M. del 20 gennaio 1993 - "non procederà alla stipulazione del contratto individuale di lavoro" per mancato possesso delle qualità morali e di condotta di cui all'art. 26 della L. n. 53 del 1989, richiamato dal comma 2 dell'art. 41 del D.Lgs. n. 29 del 1993, a causa della circostanza che lo stesso "si è reso responsabile dei reati di cui agli artt. 110, 648, 62 bis c.p. (ricettazione in concorso)".
Ai fini dell'annullamento il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:
VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE - ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO, ERRORE SUI PRESUPPOSTI, TRAVISAMENTO DEI FATTI - CARENZA E CONTRADDITTORIETA' DI MOTIVAZIONE - CONTRADDITTORIETA' DI PROVVEDIMENTI. La normativa richiamata, ossia l'art. 26 della L. n. 53 del 1989 e l'art. 41 del D.Lgs. n. 29 del 1993, non riguarda il Corpo dei Vigili del Fuoco. La motivazione del provvedimento è, poi, carente e contraddittoria poiché si limita a richiamare i precedenti penali del candidato e, comunque, non entra nel merito dell'attività del Corpo in esame. E', altresì, da considerare che la condanna cui fa riferimento il provvedimento de quo deriva da sentenza di patteggiamento ex artt. 444 e 445 c.p.p. e, dunque, non prova né l'esistenza né la responsabilità dei fatti ascritti. Il reato cui si fa riferimento non è nemmeno contemplato nell'art. 85 del D.P.R. n. 3 del 1957, che prevedeva la destituzione d'ufficio dei pubblici dipendenti, nell'ipotesi di condanna riportata per uno dei reati ivi previsti.
Con atto depositato in data 15 maggio 1997 si è costituito il Ministero dell'Interno, astenendosi - nel prosieguo - dal produrre memorie e/o documenti.
Con ordinanza n. 1473 del 1997 il Tribunale ha accolto la domanda incidentale di sospensione.
Con memoria prodotta in data 21 febbraio 2012 il ricorrente ha reiterato le censure formulate, rappresentando - nel contempo - di essere stato assunto nel 1997 in virtù del sopra indicato provvedimento cautelare e, pertanto, di lavorare da tale anno nel Corpo dei Vigili del Fuoco, frequentando con successo "tutti i corsi di aggiornamento professionale cui è stato inviato".
All'udienza pubblica del 15 marzo 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.
1.1. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente lamenta l'illegittimità del Provv. in data 4 aprile 1997, con cui l'Amministrazione resistente - nonostante il suo posizionamento al 419 posto nella graduatoria di merito dei muratori del concorso a 588 posti nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, indetto con D.M. del 20 gennaio 1993 - si è rifiutata di stipulare il contratto individuale di lavoro con il predetto per carenza delle qualità morali e di condotta prescritte dalla legge.
A tale fine denuncia, tra l'altro, difetto di motivazione, sostenendo - in particolare - che l'Amministrazione non può limitarsi "esclusivamente a richiamare i precedenti penali del candidato".
Tale censura è fondata per le ragioni di seguito indicate.
1.2. Come ripetutamente affermato in giurisprudenza, la verifica della sussistenza o meno del requisito soggettivo delle qualità in questione non discende automaticamente dalla tenuta di specifici e predeterminati comportamenti e/o dalla commissione di ben definiti fatti - per cui si rivela esaustivo l'accertamento di quest'ultimi per procedere all'esclusione del concorrente - bensì implica una compiuta valutazione da parte dell'Amministrazione della condotta del soggetto al fine apprezzarne l'affidabilità prima della costituzione del rapporto di lavoro.
Va, pertanto, riscontrato un ampio potere discrezionale dell'Amministrazione, finalizzato a permettere l'instaurazione del rapporto di lavoro solo con candidati che per qualità morali e personali e per habitus comportamentale diano ragionevole affidamento di assicurare la tutela della credibilità e del prestigio che deve contraddistinguere chi intende svolgere determinate funzioni (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. IV, 27 dicembre 2001, n. 6417).
Nell'esercizio di tale potere, è comunque chiaro l'obbligo per l'Amministrazione - anche in ragione del venir meno già dal 1984 della buona condotta come requisito per l'accesso agli impieghi pubblici definibili "ordinari" (vedasi L. 29 ottobre 1984, n. 732) - di valutare il comportamento dell'aspirante in maniera rigorosa, ossia prendendo in considerazione tutti gli elementi idonei a consentire la migliore interpretazione e valutazione dei fatti, dandone successivamente atto nella decisione - in ultimo - adottata.
In altri termini, non può essere omesso l'esame delle modalità con cui si è svolta la condotta imputata, l'età e la maturità del soggetto al momento di compiere il fatto e i contegni da quest'ultimo solitamente assunti, con evidenziazione - in caso di diniego dell'assunzione - del carattere oggettivamente ostativo riconosciuto ai comportamenti assunti dall'aspirante all'assunzione e dell'effettivo riverbero negativo attribuito agli stessi comportamenti rispetto all'immagine dell'amministrazione datoriale.
1.3. Ciò detto, la scelta operata dall'Amministrazione di non procedere alla stipulazione del contratto individuale di lavoro con il ricorrente si rivela priva di sufficiente ed adeguata motivazione.
A parte la totale mancanza di riferimenti alla circostanza che la sentenza penale emessa a carico del ricorrente è di patteggiamento, la verifica della moralità del candidato ai fini dell'accesso al ruolo dei Vigili del Fuoco è stata, infatti, esercitata soltanto a mezzo del richiamo del reato di cui lo stesso si è reso responsabile (rectius: la ricettazione), ovvero in via di automatica correlazione con quest'ultimo, senza riferimento alcuno - nel corpo del gravato provvedimento - ad ulteriori dati e/o elementi, atti a suggerire la soluzione adottata dall'Amministrazione sulla base di una valutazione complessiva del candidato.
In ragione delle considerazioni riportate, tale richiamo va ritenuto inidoneo ad avallare - di per sé - la carenza delle qualità morali e di condotta di cui alla disciplina in materia di ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria all'epoca vigente, richieste in ossequio a quanto prescritto dagli artt. 41 del D.Lgs. n. 29 del 1993 e 26 della L. n. 53 del 1989, menzionati nel provvedimento.
Da ciò consegue che la censura afferente il difetto di motivazione è fondata.
2. Tanto è sufficiente per l'accoglimento del ricorso.
In ragione delle peculiarità che connotano la vicenda in esame, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 6027/1997, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.