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..si riteneva fondata ed assorbente la censura, riferita al superamento dei termini perentori (centoventi giorni dalla data di contestazione dell'addebito)..

Dettagli

IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 05-04-2012, n. 2012

Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, sez. III bis, n. 11517/07 del 29.10.2007 (che non risulta notificata) è stato accolto il ricorso proposto dalla signora @@ avverso il provvedimento (D.M. in data 30 ottobre 1996), con cui veniva disposta la destituzione della medesima dall'impiego di operatore amministrativo presso il Ministero della Pubblica Istruzione, per dolosa e reiterata violazione dei doveri d'ufficio.
Nella citata sentenza si riteneva fondata ed assorbente la censura, riferita al superamento dei termini perentori (centoventi giorni dalla data di contestazione dell'addebito), previsti per il procedimento disciplinare dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) del Comparto del personale dipendente dei Ministeri, sottoscritto il 16.5.1995 (articoli 41, 42 e 24, comma 6), applicabile alla situazione in esame in luogo del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3. Posto infatti che, anche in base a quest'ultima normativa, il procedimento disciplinare di cui trattasi avrebbe dovuto ritenersi estinto, per avvenuto decorso del termine di 90 giorni tra successivi atti del procedimento (fra la data di trasmissione degli atti alla Commissione disciplinare e la deliberazione di quest'ultima, nonché fra detta deliberazione e l'adozione del provvedimento conclusivo), appariva prevalente la considerazione secondo cui, essendo previsto che il nuovo CCNL avesse efficacia dal momento della sottoscrizione da parte dei soggetti negoziali (16 maggio 2005), il procedimento disciplinare di cui trattasi - avviato con atto di contestazione degli addebiti emesso in pari data e notificato il successivo 26 maggio 2005 - sarebbe stato regolato appunto dalla nuova disciplina contrattuale, dovendo i procedimenti in questione essere portati a termine secondo le procedure vigenti alla data del loro inizio. A tale riguardo, nella medesima sentenza non si aderiva alla tesi secondo cui la disciplina contrattuale in questione avrebbe trovato applicazione solo dopo trenta giorni dalla stipulazione, essendo previsto all'art. 2, comma 3, del medesimo CCNL che gli istituti a carattere economico e normativo, da applicare in modo automatico e vincolato, fossero applicati dalle Amministrazioni destinatarie entro 30 giorni dalla data di stipulazione del contratto: anche a prescindere dalla riconducibilità delle procedure disciplinari agli istituti sopra indicati, infatti, sarebbe restata vincolante la disposizione dell'art. 41, comma 1, del medesimo CCNL, che collegava espressamente il regime giuridico di dette procedure alla data di sottoscrizione del contratto collettivo. Il previsto termine di 120 giorni, poi, sarebbe stato senz'altro superato, essendo stato emesso il provvedimento di destituzione il 30.10.1996, a fronte di atti di contestazione degli addebiti notificati all'interessata in data 26.5.1995 e 15.6.1995.
Avverso la predetta sentenza il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca ha proposto l'atto di appello in esame (n. 152/08, notificato il 13.12.2007), rilevando come il CCNL, sottoscritto il 16.5.1995 e pubblicato sulla G.U. n. 124 del 30.5.1995, non fosse applicabile prima della prevista nuova strutturazione degli uffici per la contestazione degli addebiti e per l'irrogazione delle sanzioni; come avvio del procedimento sanzionatorio, inoltre, avrebbe dovuto considerarsi l'emanazione dell'atto di contestazione degli addebiti e non la relativa notifica.
La parte appellata non si è costituita in giudizio.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l'appello meriti accoglimento.
Per quanto riguarda infatti, in primo luogo, la disciplina applicabile al procedimento disciplinare in contestazione, il Collegio non ritiene che, alla data di inizio di tale procedimento (26.5.1995, o 16.5.1995, stando ad altra linea interpretativa: Cons. St., sez. IV, 5.10.2006, n. 5918), potesse considerarsi vigente il CCNL, sottoscritto il 16 maggio 1995 e pubblicato il successivo giorno 30. Induce a tale conclusione l'art. 11, secondo comma, delle disposizioni sulla legge in generale (c.d. "preleggi"), secondo cui "i contratti collettivi di lavoro possono stabilire per la loro efficacia una data anteriore alla pubblicazione, purché non preceda quella della stipulazione". Detta norma (da considerarsi introduttiva di un principio tuttora vigente, benché concepita per i contratti del soppresso sistema corporativo: cfr. Cass. civ., sez. lav. 26.10.1987, n. 7898) rimarca il fatto che, in via ordinaria, la pubblicazione dei contratti collettivi debba ritenersi integrativa della relativa efficacia, pur potendo i contratti stessi disporre una propria vigenza retroattiva (anche senza il limite, qui non rilevante, riferito alla data della stipula: cfr. in tal senso Cass. civ., sez. lav., 9.9.1988, n. 5131; 24.1.1992, n. 762; 18.11.1998, n. 12716).
Nella situazione in esame, l'art. 41 del CCNL sottoscritto il 16.5.1995 disponeva che "i procedimenti disciplinari in corso alla data di stipulazione del presente contratto" fossero "portati a termine secondo le procedure vigenti alla data del loro inizio"; tale norma doveva essere letta in parallelo all'art. 59 del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, introduttivo di radicali innovazioni in materia disciplinare per il personale oggetto di privatizzazione del rapporto di impiego, con sostanziale avvicinamento alle regole dello Statuto dei lavoratori. Nell'ambito di tale processo di trasformazione, che imponeva alle Amministrazioni anche l'individuazione di nuovi uffici competenti, non sarebbe stato logico disporre - né in concreto risulta disposta - l'efficacia retroattiva delle disposizioni del contratto collettivo, con riferimento ad una data antecedente a quella della pubblicazione, a partire dalla quale le nuove disposizioni sarebbero state generalmente note e concretamente attuabili dagli operatori, a maggior ragione in presenza di brevi termini perentori da rispettare.
Il citato art. 41 del citato CCNL, in effetti, richiamava le procedure "vigenti" alla data di inizio dei procedimenti disciplinari, con riferimento ai procedimenti "in corso alla data di stipulazione del presente contratto": in assenza di più puntuale specificazione, il Collegio ritiene che l'espressione fosse utilizzata con riferimento alla data in cui la stipulazione avrebbe acquistato efficacia "erga omnes" e, quindi, alla data della relativa pubblicazione. Sembra appena il caso di sottolineare come, in caso contrario (ovvero se "stipulazione" dovesse intendersi equivalente a "sottoscrizione", a prescindere dalla successiva fase di pubblicità), ogni Amministrazione avrebbe dovuto dotarsi di nuovi apparati interni in conformità ad una disciplina che non poteva ancora presumersi conosciuta, mentre appare più ragionevole ritenere che lo scarno ed impreciso riferimento, operato nell'art. 41, non potesse prescindere dal nuovo impianto organizzatorio, previsto dal citato art. 59 del D.Lgs. n. 29 del 1993 e che, di conseguenza, la decorrenza di termini perentori non potesse partire da una data, totalmente avulsa dalla ricordata pubblicazione e, dovrebbe ritenersi, anche dai tempi tecnici minimi per avviare la nuova fase sul piano strutturale.
Il Collegio ritiene pertanto che, in conformità ai principi interpretativi desumibili dagli articoli 11 e 12 delle "preleggi", la data di stipulazione del contratto collettivo di lavoro, sottoscritto il 16 maggio 1995, sia stata considerata dall'art. 41 del contratto stesso come coincidente, quanto meno, con la relativa pubblicazione, come lascia intendere anche la precisazione, riferita alla prosecuzione dei procedimenti sanzionatori in precedenza avviati, secondo la normativa che fosse, appunto, "vigente" - e non ancora inefficace, in assenza di pur prescritte misure attuative - al momento del relativo inizio (contra: Cons. St., sez. IV, 5.10.2006, n. 5927, che tuttavia rimarca come il nuovo sistema normativo di diritto disciplinare, di cui all'art. 59 del D.Lgs. n. 29 del 1993, fosse collegato alla data di entrata in vigore del primo contratto collettivo nazionale di lavoro) .
Posto dunque che, nella situazione in esame, il procedimento disciplinare risulta avviato con atto di contestazione degli addebiti emesso il 16 maggio 1995 e notificato il successivo giorno 26, deve intendersi come normativa vigente a tale data quella del Testo Unico sul pubblico impiego (D.P.R. n. 3 del 1957), con conseguente inapplicabilità dei termini procedurali, previsti dal CCNL pubblicato il 30 maggio dello stesso anno. Nel procedimento avviato - e nell'alveo della disciplina al medesimo applicabile - non poteva poi non inserirsi la contestazione integrativa, notificata il 15 giugno 1995.
Quanto alla censura di avvenuto superamento del termine di 90 giorni senza atti di procedura, che a norma dell'art. 120 citato T.U. avrebbe comunque determinato l'estinzione del procedimento, si tratta di censura assorbita in primo grado e non riproposta in appello, ma sembra opportuno sottolineare come la stessa non trovi riscontro in base alla documentazione prodotta in giudizio. Agli atti di contestazione degli addebiti, notificati il 26.5.1995 e il 15.6.1995, sono seguite infatti le giustificazioni dell'interessata, in data 12.6.1995 e 14.7.1995, con successivo trasferimento degli atti alla Commissione di disciplina il 7.9.1995 e comunicazione alla medesima interessata, implicante facoltà di prendere visione degli atti stessi, ricevuta il 2.11.1995; a tale comunicazione sono seguite una contestazione della dipendente, relativa all'erroneità del nome indicato (E. anziché E.), con conseguente rettifica ricevuta il 6.12.1995, considerazioni difensive della signora D., esaminate in Commissione, in data 22.12.1995, 24.2.1996 e 28.4.1996, con successiva proposta di destituzione della Commissione di disciplina in data 5.7.1996; si riscontrano infine nota n. 575 del 27.9.1996, di trasmissione degli atti della stessa Commissione di Disciplina alla Direzione Generale del Personale, per l'adozione delle misure conseguenti e D.M. di destituzione in data 30.10.1996.
Quanto all'intervenuta applicazione degli articoli 84, lettera d), e 86 del D.P.R. n. 3 del 1957, infine, ne configura pienamente i presupposti l'oggettiva gravità dei comportamenti contestati, che non appaiono confutabili sul piano sostanziale, nonostante le diffuse argomentazioni dell'interessata.
La signora D. (il cui collocamento a riposo doveva comunque avere luogo per limiti di età in data 1.1.1998, peraltro solo a seguito di prolungamento facoltativo biennale del servizio, concesso il 17.11.1993) in data sia precedente che successiva a detta proroga (24.6.1991 e 12.11.1994) riportava infatti sanzioni disciplinari di sospensione dalla qualifica, per il reiterato rifiuto di ottemperare ad ordini di servizio, rifiuto che anche successivamente persisteva, con ulteriori "atteggiamenti di lite e di attacco verso i colleghi" e mancato svolgimento di "qualsiasi attività lavorativa", nonostante i documentati tentativi dell'Amministrazione di assegnare la medesima a diversi uffici: un contesto, quello appena indicato, che risulta oggetto di approfondita valutazione, anche in base alle difese della dipendente in questione, con conclusioni che appaiono ampiamente motivate e razionalmente riconducibili ai presupposti normativi sopra indicati.
L'appello viene pertanto accolto, con gli effetti precisati in dispositivo; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto della peculiarità della vicenda controversa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie l'appello come in epigrafe proposto e per gli effetti, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado; compensa le spese giudiziali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

   

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