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..insufficiente attività istruttoria (sotto l'aspetto della mancata ammissione di testimoni indicati dalla difesa) e la non corretta composizione del Consiglio di disciplina (sotto il profilo della sostituzione del rappresentante sindacale senza provvedim

Dettagli

IMPIEGO PUBBLICO
Con@@ Stato Sez. III, Sent., 11-04-2012, n. 2076

Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

@@ propone appello avverso la sentenza, citata in epigrafe, con cui il TAR Lazio ha respinto il ricorso presentato per l'annullamento del decreto del Capo della Polizia del 20 aprile 2004, con il quale è stato destituito dal servizio.

Afferma l'appellante di avere impugnato il citato decreto di destituzione dal servizio eccependo diversi profili di illegittimità riconducibili al mancato rispetto delle norme sul procedimento e ai principi di logicità e ragionevolezza, oltre che a carenze dell'attività istruttoria.

Il TAR, invece, ha rigettato dapprima la domanda cautelare di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato e, successivamente, ha respinto nel merito il ricorso.

Espone l'appellante che il ricorso proposto avrebbe imposto una sorta di riesame del procedimento disciplinare che, invece, il TAR avrebbe completamente omesso. Infatti, il giudice di primo grado non si sarebbe accorto che dagli atti del procedimento disciplinare emergerebbe esattamente il contrario di quanto affermato in sede di provvedimento impugnato. Ed invero, l'esito dell'accertamento disposto dal Consiglio provinciale di disciplina in merito al presunto acquisto di proiettili in un'armeria (di cui alla telefonata del 10 giugno 2003) risulta negativo. Da ciò lo sconcerto per le affermazioni del TAR, secondo cui il ricorrente si sarebbe reso responsabile di "aver acquistato munizioni per conto di un pregiudicato".

Quanto, poi, all'altro fatto posto a fondamento della destituzione dal servizio, ossia il presunto acquisto e cessione di quantità di droga, afferma l'appellante di avere dimostrato che esso fosse riconducibile a frequentazioni con presunti pregiudicati nell'ambito di attività di indagine di cui aveva informato i propri colleghi e superiori. Sul punto, il Consiglio provinciale di disciplina avrebbe immotivatamente respinto ben quattro istanze di audizione di colleghi, che invece avrebbero ben potuto confermare la veridicità di quanto affermato. L'unica testimonianza ammessa, quella dell'ispettore del commissariato di @@, avrebbe invece fornito pieno riscontro delle dichiarazioni rese dall'odierno appellante.

La stessa nota del 29 marzo 2004 del Commissariato di @@ avrebbe pure confermato che @@ abbia confidato al collega ispettore di avere contatti con una persona dedita a rapine e di essere venuto a conoscenza di un vasto traffico di sostanze stupefacenti (cocaina) .

Il Consiglio di disciplina, quindi, non avrebbe tenuto conto di tali risultanze istruttorie ed avrebbe immotivatamente proposto la sanzione della destituzione dal servizio.

D'altronde, se l'odierno appellante avesse avuto intenzione di delinquere, non avrebbe di certo avvisato colleghi e superiori di tale sua volontà.

Aggiunge l'appellante che ulteriore conferma delle sue affermazioni sarebbe riscontrabile nel contenuto della relazione di servizio del 16 novembre 2002, dalla quale si evincerebbe che lo @@ si era impegnato a fornire notizie utili per l'attività anticrimine.

Anche di ciò il Consiglio provinciale di disciplina non avrebbe tenuto conto, quasi che la ricerca di riscontri decisa il 27 marzo 2004 si fosse conclusa in senso esattamente opposto rispetto a come invece si è conclusa.

Afferma, altresì, l'appellante che nella sentenza impugnata non si farebbe cenno alcuno alla dedotta nullità dell'intero procedimento e soprattutto dei provvedimenti conclusivi. Infatti, i rappresentanti sindacali non entrerebbero a far parte del Consiglio provinciale di disciplina per effetto della semplice designazione sindacale, ma solo a seguito dell'adozione, da parte del questore, del provvedimento formale di costituzione del Consiglio medesimo. Sarebbe, quindi, illegittima la sostituzione del membro designato da SILP/CGIL ad opera del Presidente del Consiglio provinciale di disciplina, sulla base della semplice indicazione del sindacato.

Nel resto, l'appellante richiama gli altri motivi di censura proposti in primo grado.

Si è costituita in giudizio l'Amministrazione appellata, la quale afferma che l'assistente di polizia @@ venne arrestato, in esecuzione di ordinanza cautelare del GIP di @@, in quanto in più occasioni aveva ceduto ed acquistato cocaina e poiché aveva ceduto ad un pregiudicato delle munizioni calibro 9, acquistate su apposita richiesta dello stesso.

Inoltre, afferma l'Amministrazione che il TAR non avrebbe potuto rivalutare la sanzione disciplinare inflitta, poiché altrimenti avrebbe superato i limiti del merito amministrativo. Comunque, sarebbe non condivisibile anche la ricostruzione dei fatti operata dall'appellante: infatti, la pretesa attività investigativa svolta dal ricorrente non sarebbe stata indicata, se non in modo del tutto generico, né documentata.

In particolare, lo @@ avrebbe conosciuto il pregiudicato "@@" nel novembre del 2002 (come si evince dalla citata relazione di servizio nella quale emerge che tale "@@" è disposto a collaborare), mentre le cessioni di droga e proiettili risultano avvenute tra il gennaio e il giugno 2003 e solo nel luglio del 2003 lo @@ risulta avere informato i superiori della propria attività ed ha avuto colloqui con altri uffici del Commissariato di @@. Aggiunge l'Amministrazione che tali colloqui, ad ogni buon conto, sarebbero rimasti vaghi e senza seguito. né delle cessioni si farebbe cenno concreto.

Quanto, poi, al non confermato acquisto di proiettili presso l'unica armeria di @@, questa sarebbe circostanza non dirimente e ancora meno rilievo si potrebbe attribuire alle giustificazioni date dall'appellante in riferimento al contenuto delle intercettazioni del giugno 2003: infatti, dapprima egli ha affermato che oggetto di cessione erano delle salsicce, salvo poi cambiare versione ed ammettere che trattavasi di droga, peraltro promessa al solo fine di carpire la fiducia del pregiudicato.

Le violazioni procedimentali denunciate in appello, ossia la mancata acquisizione di testi e documenti e l'errata composizione del Consiglio di disciplina, sarebbero poi censure inammissibili, poiché non dedotte in primo grado. Tutte le censure ivi proposte, infatti, sarebbero state integralmente prese in esame e respinte dal giudice di primo grado.

Nel merito di dette censura, evidenzia comunque l'Amministrazione che lo @@ non avrebbe proposto istanza preliminare di ricusazione in proposito, mentre nessuna illegittimità sarebbe riscontrabile nella disposta attività istruttoria del Consiglio di disciplina.

Motivi della decisione

In via preliminare il Collegio prende in esame l'eccezione, formulata dalla Difesa erariale, di inammissibilità delle censure svolte dall'appellante in ordine alla correttezza dell'iter procedimentale che ha condotto all'adozione del provvedimento impugnato. In particolare, trattasi delle censure con cui viene dedotta l'insufficiente attività istruttoria (sotto l'aspetto della mancata ammissione di testimoni indicati dalla difesa) e la non corretta composizione del Consiglio di disciplina (sotto il profilo della sostituzione del rappresentante sindacale senza provvedimento del questore).

L'eccezione è fondata: infatti, come si evince dalla lettura del ricorso introduttivo in primo grado, tali censure non risultano ivi dedotte, con conseguente inammissibilità delle stesse. Né, ovviamente, in proposito potrebbero ritenersi utili le argomentazioni eventualmente svolte in sede di semplici memorie difensive nell'ambito del giudizio di primo grado.

Quanto, invece, al merito degli ulteriori motivi di impugnazione proposti, premesso che in sede giurisdizionale non è possibile effettuare un riesame del procedimento disciplinare, ma solo esaminare singoli e puntuali vizi dedotti, si nota come l'appellante cerchi di ricostruire in senso a sé favorevole il materiale istruttorio raccolto in sede disciplinare, ma la sua ricostruzione si scontri con l'entità e pregnanza dei fatti accertati.

Ed invero, da nessun elemento istruttorio si evince, come invece preteso dall'appellante, che egli abbia agito, per così dire, quale agente provocatore o comunque come confidente di un pregiudicato al fine di acquisire informazioni utili alle indagini. Basti osservare che la stessa nota del 29 marzo 2004, citata in sede di appello quale elemento scagionante, alla fine affermava che lo @@ avrebbe concordato di passare la settimana successiva presso gli uffici del Commissariato stesso, al fine di concordare eventuali modalità delle indagini da svolgere, ma che ciò non era avvenuto. Né dagli altri documenti richiamati è ravvisabile qualcosa di più concreto in proposito.

In sostanza, nessun elemento di prova risulta corroborare la tesi difensiva dell'appellante, il quale avrebbe acquistato e ceduto notevoli quantità di droga senza avvertire preliminarmente alcuno, ma dandone notizia solo successivamente e in maniera generica e, oltretutto, al di fuori di qualsiasi attività coordinata di indagine di polizia, e sulla base della sola iniziativa personale.

Ritiene il Collegio che manchi di fondamento anche quanto affermato dall'appellante sul piano logico ricostruttivo: ossia che, se egli avesse avuto intenzione di delinquere, non avrebbe avvisato colleghi e superiori. Invero le modalità di tali comunicazioni, sopra esaminate, portano a ritenere che trattasi di tentativi di dare una formale copertura ai contatti illeciti intercorsi con il pregiudicato in questione

Quanto, poi, all'acquisto e cessione di proiettili a favore di un pregiudicato, è sufficiente osservare che l'accertato non acquisto presso l'armeria di @@ è circostanza, di per sé, insufficiente per dimostrare l'infondatezza dell'accusa, tenuto conto che l'acquisto potrebbe essere avvenuto presso altra armeria, specialmente alla luce della circostanza che tale attività criminosa sarebbe avvenuta in @@ (come si evince dal capo di imputazione formulato dal GIP di @@).

Poiché, infine, i motivi di censura proposti in primo grado sono stati tutti espressamente esaminati e respinti dal TAR, non può prendersi in esame il loro contenuto sulla base del semplice richiamo per relationem operato dall'appellante, avendo egli omesso di articolare specifici motivi di impugnazione in merito.

Giustificati motivi consentono di compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge e in parte lo dichiara inammissibile.

Spese compensate del grado d'appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

   

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