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Una sentenza del Consiglio di Stato delinea la classificazione delle strutture sanitarie ospedaliere

Dettagli


SANITA' E SANITARI
Cons. Stato Sez. V, Sent., 03-04-2012, n. 1962

Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1. Oggetto del contendere è , in parte qua, la delibera della Regione Lazio n. 731 del 4 agosto 2005, avente ad oggetto "Ripartizione nei livelli di assistenza del fondo sanitario regionale 2005. Finanziamento del livello assistenziale ospedaliero per l'anno e definizione del sistema di remunerazione delle prestazioni ospedaliere dei soggetti erogatori pubblici e privati per l'anno 2005. Finanziamento e definizione del sistema di remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e delle attività di assistenza riabilitativa territoriale", nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresa l'Intesa sancita il 23 marzo 2005 tra Governo, Regione e Province Autonome di Trento e Bolzano.(che impegna le Regioni ad una riduzione dell'assistenza ospedaliera erogata, da realizzarsi entro il 2007).
2. Avverso il predetto provvedimento, e limitatamente alla problematica connessa alla ripartizione dei finanziamenti regionali fra le strutture sanitarie, pubbliche e private, operanti nel settore ospedaliero, la ricorrente insorgeva avanti al TAR Lazio deducendo:
a) Violazione degli artt. 4 e 8 sexies D.Lgs. n. 502 del 1992, D.M. 30 giugno 1997 e 6 L. n. 724 del 1994 - Violazione per falsa applicazione artt. 7 ss. L. n. 241 del 1990 - Eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità, disparità di trattamento, violazione del principio del giusto procedimento.
b) Violazione per falsa applicazione art. 3 L. n. 241 del 1990 - Indeterminatezza dell'operato dell'Amministrazione regionale, violazione del giusto procedimento - Violazione del principio di buon andamento - Eccesso di potere per difetto di motivazione, contraddittorietà ed illogicità.
c) Violazione artt. 4 e 8 sexies D.Lgs. n. 502 del 1992, del D.M. 30 giugno 1997, dell'art. 6 L. n. 724 del 1994 - Eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, difetto di motivazione - Altro profilo.
d) Violazione del principio dell'irretroattività del provvedimento amministrativo, difetto di motivazione.
Con motivi aggiunti, la ricorrente impugnava l'Intesa adottata in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano n. 2276 del 23 marzo 2005 nonché la delibera di Giunta n. 602 del 9 luglio 2004, entrambe depositate dalla Regione Lazio nel corso del giudizio, e chiariva che oggetto del gravame non era la disciplina dettata in tema di tetti di spesa ma le modalità di ripartizione dei fondi disponibili da parte della Regione.
Si costituiva in giudizio la Regione Lazio, che sosteneva l'infondatezza, nel merito, del ricorso.
Si costituivano in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i Ministeri dell'economia e delle finanze e della salute, che dichiaravano il loro difetto di legittimazione passiva e chiedevano l'estromissione dal giudizio.
2. Con la sentenza appellata il TAR:
- respingeva la richiesta formulata dalle intimate Amministrazioni statali di essere estromesse dal giudizio
- riconosceva l'interesse ad agire della ricorrente solo per la parte che immediatamente la riguarda perché lesiva dei propri interessi patrimoniali, e cioè il budget assegnato al suo ospedale in quanto definito sulla base di criteri generali asseritamene inadeguati e, comunque, discriminatori.
- riteneva irricevibili i motivi aggiunti (contro la Delib. G.R. n. 602 del 9 luglio 2004 e l'Intesa 23 marzo 2005 n. 2276 della Conferenza permanente per i rapporti fra Stato, Regione e Province autonome di Trento e Bolzano), precisando in ogni caso che la declaratoria di irricevibilità dei motivi aggiunti non è in grado di pregiudicare la ricorrente atteso che le censure con essi dedotte sono, nella sostanza, ripetitive di quelle già proposte con il ricorso principale e probabilmente reiterate per ragioni tuzioristiche.
- respingeva nel merito il ricorso.
3. La sentenza è stata appellata dalla parte soccombente
L'appellante, in particolare, premette che gli ospedali classificati, quale è appunto quello appellante, sono parificati a quelli pubblici con la conseguenza che entrambi debbono essere finanziati in egual misura, ma ciò non è nella delibera impugnata, in quanto in favore degli ospedali pubblici vi è in più il ripianamento dei disavanzi, onde la conseguenza di una parificazione puramente fittizia, oltre ad altri profili di differenziazione negativa in danno degli ospedali classificati.
Aggiunge l'appellante la ritualità dei motivi avverso la delibera della Conferenza Stato-Regioni del 23 marzo 2005, per essere stata proposta tempestivamente, rispetto alla conoscenza, la relativa impugnativa.
Vi è poi una omessa pronuncia del giudice di primo grado per carenza di istruttoria da parte della Regione nel fissare il tetto di produzione a carico della ricorrente.
Ancora, rileva l'appellante il difetto di motivazione in ordine al "bonus" per la classe A chirurgica, mancando all'uopo ogni specifica dimostrazione della individuazione dell'incremento dei ricoveri.
Specifica l'appellante che l'impugnazione è diretta contro tutta la delibera regionale dirigendosi nei confronti delle modalità di ripartizione dei tetti di spesa e riporta tutta la normativa di riferimento per dimostrare la parificazione fra ospedali classificati e ospedali pubblici, cosa che è patentemente violata dalla delibera regionale impugnata, mentre è pure violata l'indennità di esclusività medica e la remunerazione per i pazienti residenti in altre regioni.
Contesta, infine, l'appellante il fatto che la Regione ha obliterato , sul tasso di ospedalizzazione, quanto stabilito dall'accordo Stato-Regioni del 23 marzo 2005, mentre ritiene illegittima la mancata partecipazione dell'appellante alla determinazione della ripartizione dei tetti di spesa e la ulteriore illegittimità della retroattività della delibera regionale.
Si costituiscono in giudizio e resistono all'appello sia la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero della salute che la Regione Lazio, i quali si oppongono all'appello e ne domandano la reiezione, contestando altresì il difetto di legitimatio ad causam delle autorità statali..
In particolare, la Regione riferisce che nessuna differenza si riscontra tra ospedali classificati e strutture pubbliche, essendo il budget riferito al di fuori della differenziazione suddetta, sulla base di classi, con necessità di regressioni tariffarie una volta raggiunto un determinato importo, mentre la retroattività non riguarda le attività già espletate.
L'appellante presenta più memorie illustrative, anche in relazione agli esiti di ordinanza interlocutoria, insistendo per l'accoglimento dell'appello.
La causa passa in decisione alla pubblica udienza del 5 luglio 2011.
Motivi della decisione
L'appello non è fondato.
In via preliminare va disattesa la eccezione di difetto di legitimatio ad causam delle autorità statali, in quanto la relativa statuizione del TAR è stata contestata con semplice memoria difensiva, anziché con formale appello.
Condivisibili sono altresì le argomentazioni del TAR, laddove si delimita l'oggetto del contendere all'annullamento della delibera giuntale n.731/ 2005 solo per la parte afferente ai criteri di ripartizione dei fondi regionali e nei limiti di interesse della parte ricorrente.
Va rilevato in proposito che l'impugnazione proposta in primo grado e reiterata in questa sede si dirige nei confronti della cennata delibera regionale, con riferimento al budget assegnato alla struttura ricorrente, mentre le specifiche doglianze riferite a particolarità operative della medesima struttura (classe A chirurgica, esclusività medica, pazienti residenti in altre regioni), pur avendo una loro autonomia, assumono rilevanza sempre e soltanto in relazione alla suddetta fissazione del budget, come elementi costitutivi della medesima.
Nel merito non vi è alcun dubbio che gli ospedali cosiddetti classificati, quale è quello riferibile al soggetto ricorrente in questa sede, siano parificati in tutto e per tutto agli ospedali pubblici, ma è altrettanto vero che la delibera impugnata in nessun punto di essa afferma una differenziazione tra le due categorie di strutture sanitarie ed anche la individuazione del "budget" non è assolutamente effettuata sulla base di tale differenziazione, ma, invece, è stata determinata sulla base di classi di operatività.
Per l'appellante, la equiparazione tra strutture classificate e strutture pubbliche sarebbe solo di facciata, in quanto la delibera impugnata contiene il ripianamento dei disavanzi delle seconde, andando in tal modo, sia pure per una via indiretta, a finanziare in misura maggiore queste ultime rispetto alle strutture classificate.
Ma la censura non coglie nel segno.
Va, infatti, rilevato che gli ospedali pubblici rappresentano la vera e propria struttura del servizio sanitario nazionale, e il vero e proprio intervento diretto del Servizio sanitario nazionale nei confronti della collettività, così come espressamente previsto dalla riforma del sistema attuata con la L. n. 833 del 1978, mentre tutte le altre strutture che in qualche modo confluiscono nello stesso sistema sono tutte in misura maggiore o minore complementari dello stesso sistema, per cui non può non rilevarsi che le strutture pubbliche, tenute comunque a rendere il servizio, debbono essere per quanto possibile messe in condizione di operare.
Vi è, peraltro, un diverso ed ancora più importante motivo di intervento pubblico nel ripianamento dei disavanzi degli ospedali pubblici, ed è quello che il suddetto ripianamento compete al soggetto che ha la proprietà degli stessi, mentre le strutture private, per quanto classificate hanno una diversa proprietà, alla quale compete, ai sensi della normativa generale, il prendere in considerazione la copertura delle eventuali perdite riscontrate.
Non vi sono dunque differenze tra gli ospedali pubblici e quelli privati classificati, mentre l'assegnazione del budget è stato effettuato nella delibera impugnata sulla base delle classi nelle quali sono state ripartite le strutture sanitarie di qualsiasi genere, con la regressione delle tariffe, al raggiungimento di un determinato importo, ivi comprendendo tutti gli elementi che caratterizzano l'attività delle strutture stesse, ivi compresi gli elementi particolari individuati dalla ricorrente (classe A chirurgica, esclusività medica, pazienti residenti in altre regioni, ecc.).
Per quanto riguarda, poi, la retroattività della delibera regionale, la censura non si presta ad esame favorevole, in quanto la delibera medesima, in ogni caso, non opera relativamente alle attività espletate prima dell'emanazione della stessa delibera regionale, ma solo per quelle poste in essere successivamente alla delibera medesima.
Relativamente a tutte le altre censure particolari avanzate dall'appellante e non prese specificamente in considerazione dal primo giudice, va ribadito quanto considerato anche in precedenza, e cioè che tutte le diverse censure proposte dall'appellante (e nel ricorso di primo grado) non possono che riferirsi al "petitum" del ricorso, che è solo quello dell'errata ripartizione del "budget" fra le diverse articolazioni sanitarie - pubbliche e private - per cui le stesse vanno ricondotte alla corretta ripartizione dello stesso "budget" come sopra specificata e alla sufficienza della istruttoria posta in essere dalla Regione nella suddetta determinazione, incentrata sulle classi di operatività delle strutture sanitarie, sia pubbliche che private, anche classificate.
L'appello, assorbita e comunque disattesa in relazione alla natura organizzatoria dell'atto in vertenza ogni ulteriore questione va, conseguentemente, respinto.
Le spese di giudizio del presente grado, tuttavia, in considerazione della complessità della situazione, possono essere integralmente compensate fra le parti in lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
Rigetta l 'appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

   

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