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..destituzione dal servizio; intervenuta al seguito di una riconsiderazione della connessa vicenda penale da parte della Commissione di Disciplina..

Dettagli



IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 15-02-2012, n. 240

Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1 - Con il provvedimento rubricato il ricorrente, appartenente alla Polizia di Stato, ha subito la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio; intervenuta al seguito di una riconsiderazione della connessa vicenda penale da parte della Commissione di Disciplina (o C.P.). A quest'ultima riconsiderazione la stessa prima era pervenuta in ragione della precedente sostanziale non condivisione, ad opera del Capo della Polizia, di un diverso e più blando esito disciplinare inizialmente proposto dalla Commissione medesima (sei mesi di sospensione del servizio).
2 - Al riguardo del nuovo e più grave esito disciplinare, scolpito nel provvedimento del Capo della Polizia di cui in rubrica, sono state così introdotte le seguenti censure:
a - violazione dell'art. 120 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3; si sostiene che il procedimento disciplinare avrebbe dovuto finire nel nulla per l'intervenuto superamento del termine perentorio di giorni 90 decorrente tra il momento di adozione di un particolare atto endoprocedimetale ed il momento di adozione dell'atto successivo e finale conseguente alla formale pregressa non condivisione del primo esito disciplinare (definito atto di autotutela) (atto 333 C-1 Sez - 2/956, 15.10.2010); il quale pretendeva - appunto - la rinnovazione dell'iter valutativo da parte della Commissione di Disciplina (o Consiglio Provinciale di Disciplina).
In buona sostanza il ricorrente sostiene che, al seguito di ciò, essendo così trascorsi più di 90 giorni alla data di adozione del più grave disposto negativo di cui qui si discute dalla data di deposito della relazione del funzionario istruttore (21.5.2010), quest'ultimo medesimo provvedimento negativo sarebbe del tutto ormai fuori luogo;
b - violazione di legge; art. 21 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737; art. 97 Cost; violazione dei principi di buon andamento e di non aggravamento del procedimento amministrativo; eccesso di potere sotto vari profili.
In particolare, nel caso di specie, il Capo della Polizia, con il provvedimento di rinvio sopra menzionato, detto di autotutela, non avrebbe - invero - rilevato alcun vizio procedimentale nell'operato della CdD essendo tale vizio solo apparente ed altrimenti non insistente nell'ambito della iniziale attività della stessa CdD; sicchè, nella sostanza stessa, l'ulteriore e più grave sanzione proposta sarebbe scaturita solo in ossequio ai descritti dettami del Capo della Polizia: superiore gerarchico anche di tutti i componenti del CdD (o CP).
Si sarebbe così dato luogo ad un aggravamento non consentito della sanzione altrimenti proposta; ciò in ragione del fatto che il Capo della Polizia potrebbe non tener conto delle proposte della CdD, ma solo "in bonam partem";
c - eccesso di potere sotto ulteriori svariati profili; si denuncia la illegittimità dell'attività ulteriore della CdD in relazione agli avvenimenti già descritti;
d - eccesso di potere sotto altri profili; ciò tenuto conto che, nel caso, la Cassazione penale - diversamente da quanto sostenuto dal Capo della Polizia nell'ambito del detto rinvio - nella declaratoria di estinzione del reato ascritto avrebbe rilevato che, se non fosse intercorsa prescrizione, si sarebbe dovuto procedere ad un nuovo giudizio di merito di II grado essendo necessario rivalutare, in punto di fatto, l'effettiva validità della solo avversa prova in atti presente, scaturente da una non chiara registrazione vocale autoprodotta dalla parte offesa; la quale sarebbe la sola negativa circostanza che avrebbe determinato l'esito sfavorevole in sede penale. Sicché, nella diversa sede di riesame, da parte della CdD, non vi sarebbe stata alcuna rivalutazione concreta di tutte le circostanze e di tutte le enunciazioni in fatto espresse della Cassazione così pedissequamente ritenendo che, comunque, vi erano sufficienti ostacoli al proseguimento del rapporto lavorativo in quelli solo indicati nell'atto di rinvio. Senza contare che, in ogni grado penale, la pubblica accusa avrebbe sempre proposto l'assoluzione;
e - violazione dell'art. 1 e 13 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737; si assume la violazione del principio di gradualità e proporzionalità poiché, al riguardo, non sarebbero stati considerati tutti gli elementi di fatto favorevoli al ricorrente, quali l'età, il buon curriculum professionale, l'assenza di altre prove certe a sfavore ed il tempo trascorso dal fatto ormai non più ritenuto penalmente rilevante.
3 - La Avvocatura erariale, all'uopo costituitasi in giudizio, ha puntualmente avversato tutte le tesi del ricorrente, concludendo per la infondatezza del ricorso e preliminarmente introducendo eccezione di inammissibilità.
4 - All'UP del 11.1.2012 la causa - dopo la discussione orale - è stata spedita in decisione.
5 - Il Collegio deve, in primo luogo, tenere conto della introdotta e vista eccezione di inammissibilità del tipo di impugnativa di specie. Invero, a detta della Avvocatura erariale, non essendo stato impugnato - per tempo - l'atto del Capo della Polizia 333 C 1/Sez. 2/956 del 15.10.2010, che - come descritto - impone il rinnovo dell'iter di valutazione disciplinare (facendo salva solo la relazione del funzionario competente), tale carenza di rito risulterebbe come ostacolo insormontabile per il seguito della discussione.
5.1 - Osserva al riguardo il Collegio che l'atto del Capo della Polizia che, in sostanza, impone o suggerisce alla CdD un riesame dei fatti alla luce di una serie di proprie riconsiderazioni sui contenuti del dictum di rito della Suprema Corte penale e dei quali egli non ritiene avesse prima tenuto conto la stessa CdD, non è immediatamente lesivo. Infatti lo stesso, al momento della sua adozione, non ridefinisce l'esito finale del procedimento disciplinare. Esso perciò si presenta come lesivo, in quanto solo successivamente inquadrabile come circostanza a tal fine determinante poiché apprezzabile come tale solo all'esito del nuovo risultato disciplinare. La lesione si è quindi concretizzata non all'atto del rinvio medesimo ma solo al momento di adozione del provvedimento di destituzione. Inoltre, anche se il citato rinvio non è esplicitamente richiamato in rubrica dell'atto introduttivo di ricorso, lo stesso risulta, comunque, posto in discussione in modo chiaro ed inequivocabile all'interno del ricorso stesso.
5.2 - La descritta vista eccezione non ha perciò alcuna utilità (vedi anche oltre sub 7.9 in parte).
6 - La prima censura è, peraltro, non condivisibile. Al riguardo basta rinviare, sullo specifico punto così delineato e descritto sub. 2 b, ai recenti disposti di cui alla sentenza del CdS (VI Sez.) n. 3963 del 4.7.2011 che ben si attagliano al caso.
7 - Ciò premesso, va ora rilevato che il ricorrente è stato, in sede finale di merito (Corte di Appello di Venezia), condannato per il reato di usura ed assolto per gli altri capi di imputazione ascritti.
7.1 - La Suprema Corte, nel declinare poi l'intervenuta estinzione del detto residuale reato per prescrizione - essendo il relativo tempo già consumatosi alla data in cui era stata pronunciata la sopra descritta sentenza di appello - ha, peraltro, anche rilevato che si sarebbero dovute più puntualmente accertare le esatte modalità di svolgimento di quella registrazione vocale indicata come "unica prova dirimente" a sfavore del ricorrente (v. p. 1, pag. 3 n.c.): la quale era stata attivata dalla parte asseritamente offesa. Risulta poi che i fatti inerenti risalgono al 2000 (circostanza pacifica).
7.2 - Va altresì ricordato che, al seguito dell'effettuato deposito di tale sentenza della S.C., veniva attivato il procedimento di cui è causa con una ipotesi iniziale di incolpazione tale da determinare la destituzione dal servizio.
7.3 - Tuttavia la CdD andava, ancora inizialmente, di diverso avviso proponendo di comminare al ricorrente la più lieve sanzione della sospensione dal servizio di mesi 6.
7.4 - Il Capo della Polizia, con il citato atto di rinvio e che come si è dimostrato è apparso lesivo solo in un momento successivo (e finale), ha posto nel nulla le su descritte risultanze disciplinari assumendone l'illogicità della motivazione relativa, con carenza istruttoria e sostenendo che il proprio dettame aveva il carattere dell'autotutela in ragione del fatto che il Consiglio di Disciplina non aveva tenuto conto di quelle affermazione della S.C. che, in relazione alla delineata insussistenza degli estremi per una assoluzione di merito, significavano la piena utilizzabilità delle prova di cui sopra come prova documentale (ma la cui attendibilità tecnica nello specifico è stata definita comunque doverosamente rivisitabile dalla stessa Corte; v. in precedenza).
7.5 - Come è bene noto le norme finali del D.P.R. n. 737 del 1981 rinviano, per quanto non stabilito con esso stesso, alle norme generali di cui al D.P.R. n. 3 del 1957.
7.6 - L'Istituto del rinvio per riesame, se si ha riguardo al complesso combinato delle norme che ne emergono (107, 110, 111, 113 D.P.R. n. 357 ed art. 21 D.P.R. n. 737 del 1981), è operante solo sino a quando le risultanze della attività istruttoria non sono definitavamente rimesse alla CdD (nel caso al CP di disciplina). Al seguito dell'esito assunto della citata Commissione, all'Autorità decidente è dato o di fare proprie le conclusioni della stessa o di non farle proprie solo "in bonam partem"; così comminando una sanzione più blanda di quella proposta.
7.7 - Di talchè - a parere del Collegio e, ovviamente solo in relazione alla specificità del caso - il Capo della Polizia è intervenuto con un atto di autotuela, in ipotesi assumibile, che nello specifico, indica tuttavia solo in modo parziale il percorso rivalutativo della Commissione. Tanto è vero che lo stesso, ignorando una parte di tutti quegli assunti in fatto sopra descritti ed espressi dalla S.C. (rivalutazione della validità tecnica o meno dell'unica prova a discapito), indica solo di privilegiare gli aspetti negativi e non di considerare quegli altri sopra descritti, al modo così che i primi soli diventano unica circostanza determinante dell'ultimo esito negativo ben più grave.
7.8 - Il Collegio ritiene perciò che, nello specifico caso, l'operato del Capo della Polizia risulti essere non condivisibile pur anche se non censurabile. Infatti egli ha costretto il CP a privilegiare solo una circostanza negativa facendola apparire come determinante, pur essendo la stessa solo, successivamente, apprezzabile dalla CdD come tale e così entrando nel merito del giudizio disciplinare di carattere collegiale senza esercitare correttamente i pur ammissibili poteri di autotutela (v. giurisprudenza recente).
7.9 - Di conseguenza la nuova proposta collegiale ed il successivo esito finale risultano sfalsati proprio in relazione all'intervento intermedio del Capo della Polizia essendosi privilegiato, nell'ulteriore seguito del procedimento, in modo immotivato e illogicamente astringente, solo una circostanza negativa senza valutare e considerare (carenza istruttoria) quelle altre diverse circostanze, rese in ipotesi rivalutativa, pur delineate dalla Suprema Corte. Colché si può declinare l'irrilevanza conseguente, sotto altri comuni aspetti, della vista eccezione di tardività di impugnativa dell'atto di rinvio del Capo della Polizia, in quanto quest'ultimo fatto salvo, al modo sopra descritto.
8 - Il ricorso va dunque accolto nei limiti dedotti con assorbimento dei motivi non trattati.
9 - Soccorrono sufficienti motivi per compensare tra le parti le spese di giustizia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente decidendo, accoglie nei limiti dedotti il ricorso e, per l'effetto, annulla l'ultimo percorso procedimentale del Consiglio di Disciplina ed il relativo nuovo esito finale trasfuso nell'atto del Capo della Polizia 11.4.2011; salvi gli ulteriori provvedimenti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

   

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