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Ministero dell'Interno - istanza di riammissione in servizio

Dettagli

N. 02024/2012 REG.PROV.COLL.
N. 07349/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7349 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
@@ @@, rappresentato e difeso dagli avv.ti Emanuela Mazzola e Maria Cristina Manni, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, situato in Roma, via Giovanni Pierluigi da Palestrina n. 63;

contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui è legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento,
previa sospensiva,
del provvedimento del Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, con il quale l'Amministrazione resistente ha rigettato l'istanza di riammissione in servizio proposta dal ricorrente in data 12.1.2010, e di ogni altro atto presupposto, preparatorio, pregresso e consequenziale;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2012 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO
Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 21 luglio 2010 e depositato il successivo 7 agosto 2010, il ricorrente impugna il provvedimento con il quale, in data 29 aprile 2010, il Ministero dell’Interno ha rigettato la sua istanza di riammissione in servizio poiché “…. per l’anno 2009 e per quello in corso non ravvisa l’interesse a procedere all’istituto della riammissione in servizio per l’immissione nel ruolo degli ispettori della Polizia di Stato”, chiedendone l’annullamento.
In particolare, il ricorrente espone che:
- sino alla data del 14 ottobre 2003 è stato dipendente della Polizia di Stato con la qualifica di Ispettore Capo;
- in data 13 ottobre 2003 presentava istanza alla Prefettura di @@ per cessare dal servizio “per incompatibilità ambientale”;
- nello stesso giorno la Prefettura adottava il decreto con il quale disponeva detta cessazione, a fare data dal 14 ottobre 2003;
- sempre in data 14 ottobre 2003 chiedeva la revoca della istanza di cessazione dal servizio, spiegando che la stessa era stata originata da un “momento di grosso sconforto”;
- il successivo 15 ottobre 2003 la Prefettura gli comunicava di non poter prendere in considerazione tale richiesta “a causa del fatto che a seguito di notifica del Decreto Prefettizio è competente il Ministero dell’Interno a decidere sulle istanze di riammissione in servizio”;
- con istanza al Ministero dell’Interno, protocollata il 21 ottobre 2003, chiedeva la riammissione in servizio;
- nonostante il parere positivo espresso - in ordine a tale istanza – dal Questore di @@, non riceveva alcun riscontro;
- chiedeva, pertanto, di essere riammesso in servizio anche per l’anno 2004;
- con nota del 19 luglio 2005 il Ministero dell’Interno gli comunicava di non poter accogliere le su indicate istanze in quanto, con riferimento a quegli anni, “aveva dato priorità al trattamento degli agenti ausiliari ed all’assunzione mediante concorso”;
- in data 12 gennaio 2010 chiedeva nuovamente di essere riammesso in servizio;
- in riscontro a tale istanza, il Ministero de quo adottava il provvedimento impugnato.
Avverso tale provvedimento il ricorrente insorge deducendo i seguenti motivi di diritto:
I. ILLEGITTIMITA’ PER VIOLAZIONE DI LEGGE – VIOLAZIONE DELL’ART. 132 DEL D.P.R. 3/1957 E DELL’ART. 60 DEL D.P.R. 335/1982 – ECCESSO DI POTERE PER MANCATA ISTAURAZIONE ED ESPLETAMENTO DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – VIOLAZIONE DELL’OBBLIGO DI PROCEDIMENTALIZZAZIONE DELL’ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA – VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE N. 241/90 – CARENZA, INSUFFICIENZA DELLA MOTIVAZIONE – VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELLA TRASPARENZA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 7, 8, 9, 10 E 10 BIS DELLA LEGGE 241/1990. Nel caso in esame, l’Amministrazione non ha operato alcuna valutazione perché “non è stato neanche instaurato il procedimento amministrativo che si riconferma come l’unica possibile sede di valutazione specifica ed autonoma dell’istanza” di riammissione prodotta dal ricorrente. In ogni caso, la valutazione da parte dell’Amministrazione non può essere – come, invece, avvenuto nel caso in trattazione - generica e generale, ossia del tutto avulsa da considerazioni riguardanti l’interessato. La motivazione addotta è sicuramente carente. Non spiega, tra l’altro, i motivi per i quali non esisterebbe l’interesse all’istituto della riammissione. Sono state violate le norme in materia di partecipazione al procedimento.
II. ILLEGITTIMITA’ PER VIOLAZIONE DI LEGGE – ECCESSO DI POTERE – DISPARITA’ DI TRATTAMENTO – VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA COSTITUZIONE – VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE 241/1990 –VIZIO DI MOTIVAZIONE. L’Amministrazione ha sostenuto di non avere interesse a riammettere in servizio il ricorrente a causa della qualifica posseduta, quella di ispettore. Malgrado ciò, risulta che l’Amministrazione – nei primi mesi dell’anno in corso – abbia riammesso in servizio altro ex dipendente, il sig. @@, appartenente al medesimo ruolo del ricorrente. Ciò è indice di profonda disparità di trattamento e rafforza il difetto di motivazione già denunciato, il quale assume “una nuova veste per la non veridicità della circostanza dedotta”.
In ultimo, il ricorrente chiede anche il risarcimento del danno.
Con atto depositato in data 25 agosto 2010 si è costituita l’Amministrazione intimata per resistere al ricorso.
Con ordinanza n. 3906 del 4 settembre 2010 la Sezione ha respinto la domanda cautelare “con particolare riguardo alla insussistenza di un pregiudizio grave ed irreparabile”.
In data 24 giugno 2011 il ricorrente ha depositato motivi aggiunti, deducendo le seguenti ulteriori censure:
ILLEGITTIMITA’ PER VIOLAZIONE DI LEGGE – VIOLAZIONE DELL’ART. 3, COMMI I E II, E DELL’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE – VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE 241/1990 – ECCESSO DI POTERE – DISPARITA’ DI TRATTAMENTO – VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI IMPARZIALITA’ DELL’AMMINISTRAZIONE – CONTRADDITTORIETA’, INSUFFICIENZA, ILLOGICITA’ DELLA MOTIVAZIONE. Dall’accesso agli atti è risultato che i criteri di massima cui uniformarsi nell’esame delle istanze di riammissione in servizio del personale – consistente in un’età non superiore a 50 anni e che il tempo trascorso dalla cessazione dal servizio non superi i 5 anni – consentono deroghe. In ragione di tale previsione, l’Amministrazione ha valutato l’istanza di riammissione del sig. @@ – nato il -- e in quiescenza dall’1 gennaio 2002 – positivamente (con decorrenza dal 7 gennaio 2010). In considerazione di tale circostanza – la quale priva di ogni significato la motivazione opposta al ricorrente – non si comprendono i motivi per i quali l’Amministrazione non ha preso in considerazione l’istanza di riammissione del ricorrente.
In data 9 luglio 2011 l’Amministrazione ha prodotto documenti, tra cui una nota dell’Ufficio II Contenzioso e Affari Legali in data 25 agosto 2010, il cui contenuto può essere così sintetizzato: - la riammissione in servizio è un istituto di natura eminentemente discrezionale; - ciò significa che le conclusioni dell’Amministrazione non possono essere contestate nel merito.
In data 28 dicembre 2011 l’Amministrazione ha, poi, prodotto una memoria con cui – dopo aver premesso che i motivi aggiunti risultano proposti per l’annullamento della riammissione del sig. @@ – ne ha opposto l’inammissibilità per tardività e per mancata notificazione al controinteressato.
All’udienza pubblica del 2 febbraio 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso introduttivo del presente giudizio ed i motivi aggiunti in seguito proposti – in ordine ai quali le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla parte resistente si rivelano prive di consistenza giuridica e, pertanto, infondate, traendo origine da una premessa del tutto erronea, ossia la circostanza che gli stessi motivi sarebbero stati proposti ai fini dell’annullamento della riammissione in servizio del sig. @@ – sono fondati e, pertanto, vanno accolti.
2. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento con il quale, in data 29 aprile 2010, il Ministero dell’Interno ha rigettato l’istanza di riammissione in servizio dal medesimo proposta.
A tale fine denuncia, tra l’altro, violazione di legge (in particolare, art. 132 D.P.R. n. 3/1957 e art. 60 D.P.R. n. 335/1982, art. 3 della legge n. 241/1990) nonché eccesso di potere per disparità di trattamento in quanto sostiene che l’Amministrazione si è astenuta dal valutare – in concreto – la sua situazione ed ha fornito una motivazione carente e contraddittoria, specie ove si tenga conto della riammissione in servizio di un altro ex ispettore, disposta in data 3 novembre 2009, con decorrenza dal 7 gennaio 2010.
Le esposte censure sono meritevoli di condivisione per le ragioni di seguito indicate.
2.1. Come già ricordato dal ricorrente, la materia è disciplinata dall’art. 60 del d.P.R. n.335 del 1982) e, in virtù del richiamo nello stesso riportato alle norme per la riammissione in servizio previste per gli impiegati civili dello Stato, dall’art. 132 del T.U. n. 3 del 1957 n. 3, il quale – per quanto di rilevanza in questa sede - così dispone:
“L’impiegato con qualifica inferiore a direttore generale, cessato dal servizio per dimissioni o per collocamento a riposo o per decadenza dall’impiego nei casi previsti dalle lettere b) e c) dell’art. 127, può essere riammesso in servizio, sentito il parere del Consiglio di amministrazione.
…………
La riammissione in servizio è subordinata alla vacanza del posto e non può aver luogo se la cessazione dal servizio avvenne in applicazione di disposizioni di carattere transitorio o speciale”.
L'istituto de quo è chiaramente diretto a quei dipendenti che, cessati dal servizio, fra l'altro, per dimissioni, aspirino a rientrare nel ruolo di primaria appartenenza, ripristinando l'originario rapporto di impiego, fermo restando che il precedente periodo di servizio è utile ai fini pensionistici e per l'avanzamento in carriera.
Nel versante giurisprudenziale, il giudice amministrativo ha chiarito che l'art.132 citato - che si limita ad indicare le ipotesi nelle quali è "consentita" la riammissione in servizio - configura l'istituto in termini di facoltà dell'Amministrazione di procedere alla ricostituzione del rapporto di impiego, sulla scorta di una valutazione ampiamente discrezionale in ordine alle esigenze organizzative e di servizio (cfr. ex multis, Cons.st., n.7609/05; Cass. Lav., 21660/08); lo stesso giudice (Cons. St., Sez. VI, 17 luglio 2006, n. 4552; Sez. V, 19 aprile 2005, n. 1804; Sez. IV, 23 marzo 2004, n. 1510) ha, poi, ulteriormente chiarito che a tale valutazione non si contrappone alcun diritto soggettivo del dimissionario, in quanto l'art. 132 non impone l'obbligo di riammettere comunque in servizio il dipendente che ne faccia richiesta, ma rimette all'Amministrazione, pur in presenza della vacanza del posto, la valutazione discrezionale circa l'opportunità della riammissione, con particolare riguardo alla effettiva sussistenza di un interesse pubblico ad “avvalersi” nuovamente della prestazione del richiedente.
Va, d'altra parte, rilevato che la riammissione in servizio è un istituto di carattere eccezionale perché deroga alla normale disciplina concorsuale prevista per l'accesso al pubblico impiego, secondo il principio fondamentale dettato dall'articolo 97 della Costituzione. Dunque, il provvedimento che dispone la riammissione in servizio, lungi dal costituire un diritto di colui che formuli una domanda in tal senso, rientra nell'ampia discrezionalità dell'Amministrazione e risulta – in quanto tale - sindacabile dal giudice amministrativo sotto i ristretti profili dell'eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità manifesta o insufficienza e contraddittorietà della motivazione (cfr. C.S. n.4552/06, n. 5810/05). A tal fine appare, pertanto, necessaria (oltre alla verifica preliminare della sussistenza dei presupposti di legge, cui è subordinata in genere la riammissione in servizio) la previa valutazione dei requisiti soggettivi dell'interessato e dell'opportunità della ricostituzione del rapporto di impiego, in relazione alle contingenti esigenze organizzative e di servizio dell'Amministrazione, elementi questi ultimi che assumono un ruolo determinante nella formulazione del giudizio de quo (cfr. anche Cons. St., n.130/06 che puntualizza la necessità dell'esternazione delle ragioni ostative all'accoglimento della domanda dell'ex dipendente).
2.2. Tanto chiarito e premesso, il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi dall’orientamento già assunto dalla Sezione in relazione ad una vicenda caratterizzata da contenuti similari (cfr. sentenza 12 maggio 2011, n. 4148) e, dunque, ritiene il provvedimento impugnato inequivocabilmente carente sotto il profilo motivazionale.
Come già accennato, nel caso in cui viene avviato un procedimento amministrativo a seguito dell’inoltro di un’istanza di riammissione in servizio proposta da un ex dipendente, deve essere precipuamente valutata dall’Amministrazione la sussistenza o meno dell’interesse pubblico ad avvalersi nuovamente della prestazione del richiedente.
Più in particolare, si crea una ragionevole contrapposizione tra l’interesse dell’Amministrazione e l’interesse del privato alla ricostituzione del rapporto di impiego, la quale impone la valutazione delle contingenti esigenze organizzative e di servizio dell’Amministrazione stessa ma anche la presa in considerazione dei requisiti soggettivi dell’interessato, il che induce – in ultimo – ad affermare che la riammissione in servizio risulta condizionata alla sussistenza di un interesse pubblico dell’Amministrazione ad avvalersi della prestazione lavorativa del richiedente, tenuto specificamente conto delle utilità connesse all’impiego del dipendente presso la struttura organizzativa pubblica ed alle esigenze di quest’ultima.
In ragione di tale premessa, il diniego opposto dall’Amministrazione nei riguardi del dipendente che abbia inteso avvalersi di tale istituto, esplicazione – come già detto – di un ampio potere discrezionale, non può non trovare adeguata giustificazione in una rappresentazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche tale da rendere effettivamente comprensibile e percepibile all’istante l’iter logico sotteso al diniego, nel rispetto o, comunque, nel giusto contemperamento dei differenti interessi coinvolti, in applicazione del generale obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi normativamente sancito dall’art. 3 della legge n. 241/90, pena il determinarsi di situazioni che possono risultare connotate da mero arbitrio.
Ciò detto, è bene ricordare che – nel caso in esame – il diniego di riammissione impugnato è stato opposto esclusivamente sulla base della rappresentazione dell’insussistenza di un interesse dell’Amministrazione “per l’anno 2009 e per quello in corso … di procedere all’istituto della riammissione in servizio per l’immissione in ruolo degli ispettori della Polizia di Stato presso gli uffici territoriali”.
Orbene, la motivazione in questione – inequivocabilmente basata sulla mera e generica insussistenza di un interesse pubblico alla riammissione in servizio, senza specificazione alcuna in ordine ai motivi da cui la stessa trarrebbe origine o, ancora, senza riferimento alcuno alla situazione del ricorrente – si rivela chiaramente insufficiente a dimostrare l’effettiva sussistenza di ragioni ostative alla riammissione in servizio del ricorrente o, comunque, inidonea – nel rispetto degli interessi coinvolti – a rappresentare presupposti di fatto adeguati a supportare la decisione adottata, tanto più ove si tenga conto che, nel periodo interessato dalle affermazioni riportate nel provvedimento (ossia, gli anni 2009-2010), risulta comprovato che l’Amministrazione ha proceduto alla riammissione in servizio di altro dipendente, in quiescenza dal 2002, già appartenente proprio al ruolo degli ispettori (il sig. @@).
Per quanto attiene a tale circostanza va, poi, evidenziato che la stessa è dotata di una propria rilevanza giuridica, atteso che:
- di fatto priva di contenuto la motivazione del provvedimento di diniego di riammissione al servizio, oggetto di impugnazione in questa sede, rivelando che l’Amministrazione ha tenuto un comportamento non in linea ed, anzi, in pieno contrasto con quanto dalla stessa dichiarato;
- conduce a configurare una chiara disparità di trattamento tra i diversi casi oggetto di valutazione da parte dell’Amministrazione.
Tanto è sufficiente per l’accoglimento della domanda di annullamento, con assorbimento delle ulteriori censure sollevate.
3. Non è, invece, accoglibile la domanda risarcitoria avanzata con il ricorso introduttivo in quanto estremamente generica.
In ogni caso, detta domanda non potrebbe trovare positivo riscontro anche in ragione del rilievo che, per pacifica giurisprudenza, l'annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo per vizi formali o, come nel caso di specie, per difetto di motivazione che non escludano ma, anzi, consentano il riesercizio del potere da parte dell'Autorità emanante, comporta che la domanda di risarcimento del danno non può essere valutata se non all'esito della nuova manifestazione di detto potere, poiché la facoltà di rideterminazione che residua in capo al soggetto pubblico esclude il carattere di definitività del rapporto, che è necessario presupposto dell'azione risarcitoria.
4. Per le ragioni illustrate, il ricorso va accolto nei limiti sopra indicati
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate a favore del ricorrente in € 1.500,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 7349/2010, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti sopra indicati e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio, così come liquidate in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 febbraio 2012 con l'intervento dei Magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Pietro Morabito, Consigliere
Antonella Mangia, Consigliere, Estensore
 




 




L'ESTENSORE


IL PRESIDENTE
 




 




 




 




 




DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/02/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



   

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