Cancellare i files dal pc aziendale: vi é la rilevanza penale

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Giovedì, 15 Marzo 2012 00:38
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DANNEGGIAMENTO   -   INFORMATICA GIURIDICA E DIRITTO DELL'INFORMATICA
Cas@@ pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-11-2011) 05-03-2012, n. 8555

Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Catania confermava la sentenza del 27 novembre 2009 con la quale il Tribunale di quella stessa città - sezione distaccata di Mascalcia aveva dichiarato @@ colpevole dei reati a lui ascritti (ai sensi dell'art. 61 c.p., n. 11, e art. 635 bis c.p., per avere cancellato, nella qualità di dipendente della ditta individuale @@, una gran quantità di dati dall'hard disch del personal computer della sua postazione di lavoro ed ai sensi dell'art. 61 c.p., n. 11, e art. 624 c.p., per essersi impossessato di diversi ed rom contenenti i back-up successivi al 25.6.2004, sottraendoli al titolare della ditta Se.Gi.) e, per l'effetto, ritenuta la continuazione e con la concessione delle attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata aggravante, l'aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia, nonchè al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile, oltre consequenziali statuizioni di legge.
Avverso la pronuncia anzidetta, il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione
1. - Il primo motivo d'impugnazione denuncia violazione dell'art. 606, lett. b), in relazione all'art. 635 bis c.p., sul rilievo dell'insussistenza degli estremi del contestato reato, specie alla luce della testimonianza del tecnico informatico @@, che aveva riferito che dopo la cancellazione i dati informatici erano stati recuperati. Contesta inoltre la valutazione dei giudici di merito in ordine alla natura dei dati cancellati, alla data dell'operazione ed al tipo di programma utilizzato per il recupero dei dati.
Il secondo motivo deduce violazione dello stesso art. 606, lett. e), sotto il profilo dell'apprezzamento delle risultanze di causa, segnatamente in punto di ascrivibilità del fatto all'imputato, che aveva avuto luogo sulla base di dati meramente congetturali.
Con i motivi nuovi parte ricorrente denuncia violazione dell'art. 606, lett. b) e c), in relazione all'art. 635 bis c.p.. Contesta, in proposito, che l'affermazione di responsabilità sia stata affidata alle risultanze di una operazione tecnica affidata a persona di dubbia competenza, il @@, peraltro effettuata senza il contraddittorio tra le parti benchè irripetibile.
Il secondo motivo lamenta la mancata effettuazione di apposta perizia tecnica.
2. - La prima censura dubita della sussistenza degli estremi del reato ipotizzato (danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici). La ratio della doglianza risiede nell'assunto secondo cui, essendo stati recuperati i files cancellati, in esito all'intervento di un tecnico di fiducia della ditta interessata, non ricorrerebbe la fattispecie delittuosa, che postulerebbe, in una delle alternative prospettazioni, la cancellazione in senso di definitiva rimozione dei dati cancellati dalla memoria del computer.
La censura è destituita di fondamento, sia in linea astratta, che, con riferimento alle peculiarità della fattispecie concreta.
Prendendo le mosse dalla dimensione fattuale, è vero che dall'istruttoria dibattimentale, attraverso l'escussione del teste che, su incarico della ditta, aveva effettuato l'operazione di recupero, risultava l'effettivo salvataggio dei files cancellati, ma è pur vero che il tecnico aveva riferito di non avere aperto gli stessi e che, solo in esito alla loro apertura, se ne sarebbe potuta verificare l'integrità. Dall'escussione di altri testi era, poi, emerso che, inutilmente, se ne era tentata l'apertura, in quanto buona parte dei files erano irrecuperabili. Sennonchè, anche dal punto di vista meramente formale, il rilievo difensivo è infondato, in quanto il lemma cancella che figura nel dettato normativo non può essere inteso nel suo precipuo significato semantico, rappresentativo di irrecuperabile elisione, ma nella specifica accezione tecnica recepita dal dettato normativo, notoriamente introdotto in sede di ratifica di convenzione Europea in tema di criminalità informatica (con L. 23 dicembre 1993, n. 547). Ebbene, nel gergo informatico l'operazione della cancellazione consiste nella rimozione da un certo ambiente di determinati dati, in via provvisoria attraverso il loro spostamento nell'apposito cestino o in via "definitiva" mediante il successivo svuotamento dello stesso. L'uso dell'inciso per evidenziare il termine "definitiva" è dovuto al fatto che neppure tale operazione può definirsi davvero tale, in quanto anche dopo lo svuotamento del cestino i files cancellati possono essere recuperati, ma solo attraverso una complessa procedura tecnica che richiede l'uso di particolari sistemi applicativi e presuppone specifiche conoscenze nel campo dell'informatica. Di talchè, sembra corretto ritenere conforme allo spirito della disposizione normativa che anche la cancellazione, che non escluda la possibilità di recupero se non con l'uso - anche dispendioso - di particolari procedure, integri gli estremi oggettivi della fattispecie delittuosa. Il danneggiamento che è presupposto della previsione sostanziale, sottospecie del genus rappresentato dal reato di danneggiamento di cui all'art. 635 c.p., deve intendersi integrato dalla manomissione ed alterazione dello stato del computer, rimediabili solo con postumo intervento recuperatorio, e comunque non reintegrativo dell'originaria configurazione dell'ambiente di lavoro.
Si tratta, dunque, di attività produttiva di danno, in quanto il recupero, ove possibile, comporta oneri di spesa o, comunque, l'impiego di unità di tempo lavorativo.
Nel caso di specie, oltretutto, non mancava neppure la componente del danneggiamento in senso fisico, in quanto i files in buona parte recuperati non potevano più essere aperti e, quindi, erano definitivamente perduti, segno evidente che la cancellazione era avvenuta con l'uso di apposito sistema di sovrascrittura.
La seconda censura, relativa alla riferibilità del fatto all'imputato è inammissibile, in quanto meramente reiterativa di questione già prospettata in sede di appello, in ordine alla quale la risposta del giudice a quo non può ritenersi carente od opinabile. L'ascrivibilità soggettiva non può ritenersi frutto di gratuite congetture, tenuto conto delle indirette ammissioni dello stesso imputato (che ha riferito delle forti tensioni esistenti nella realtà di lavoro e del particolare risentimento da parte sua, che lo avevano indotto alle dimissioni), dell'accertata manomissione del suo computer e, soprattutto del fatto, che l'irrecuperabilità di alcuni files "salvati" era dovuta anche all'apposizione di password, che soltanto lo @@ conosceva.
Il primo dei motivi nuovi dedotti dalla difesa non è pertinente, in quanto, nel caso di specie, non si è trattato di indagine tecnica disposta dall'autorità o dalla p.g. che avrebbe comportato il rispetto delle garanzie di difesa, ma di incarico conferito dalla ditta danneggiata ad un tecnico di fiducia perchè procedesse al tentativo di recupero dei files cancellati.
Del mancato espletamento di perizia tecnica, oggetto del secondo motivo, il ricorrente non ha ragione di dolersi, posto che la perizia è mezzo di prova notoriamente neutro, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, sicchè non può, per definizione, avere carattere di decisività (cfr. Cas@@ sez. 4, 221.2007, n. 14130, rv.236191).
3. - Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.