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Guardia di Finanza - Liquidazione quote ausiliaria - decreto pensione provvisoria - recupero delle somme - irripetibilità delle somme indebitamente erogate al ricorrente

Dettagli



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Dot@@ssa Igina Maio ha pronunciato la seguente
SENTENZA 726/2012
nel giudizio di pensione sul ricorso in materia pensionistica, iscritto al n.58324 del registro di segreteria, depositato in data 23.3.2011,
ad istanza di
@@, nato a OMISSIS, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’avvocato -
nei confronti di
INPS (già INPDAP), rappresentato e difeso dall’avv. Tiziana Norrito;
VISTI il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio 1994, n. 20; la legge 21 luglio 2000, n. 205;
VISTI il ricorso e gli altri atti e documenti di causa;
UDITI, nella pubblica udienza del 29.2.2012, l’avv. -, per il ricorrente, e l’avv. Antonino Rizzo, su delega dell’avv. Norrito, per l’Inps.
FATTO
Con il ricorso in esame, il sig. @@, già brigadiere capo della Guardia di finanza, ha impugnato la nota pro@@ 27356 del 15.2.2011 dell’Inpdap, sede provinciale di Messina, con la quale, a seguito dell’applicazione della decreto n.5214 del 24.9.2010 di liquidazione del trattamento pensionistico definitivo iscrizione n.11147488, emanato dalla Guardia di finanza, è stato disposto il recupero della somma di € 12.603,49, indebitamente erogata per il periodo 1.8.97 – 31.12.2008. L’indebito nasceva in parte dal decreto di pensione provvisoria n. 3655/2007, sulla cui base era stato erogato al sig. @@ l’importo di € 10.720,22 a titolo di arretrati per il periodo 1.8.97 – 31.12.2008, importo poi risultato in parte non dovuto; altra parte dell’indebito derivava dalla liquidazione di quote di indennità di ausiliaria non dovute tra l’1.8.1997 e il 21.1.1999. Il recupero veniva disposto tramite trattenute mensili di € 420,12, decorrenti dalla rata di marzo 2011.
Il ricorrente, invocando l’ar@@206 del dpr n.1092/9173, così come interpretato autenticamente dall’ar@@3 della legge n.428/1985 e l’analoga disposizione dell’ar@@52 della legge n.88/1989 relativa al regime dell’assicurazione generale obbligatoria, ha sostenuto l’irripetibilità delle rate pensionistiche già riscosse, domandando la conseguente condanna dell’INPDAP alla restituzione delle somme recuperate, oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese legali. In via subordinata, eccepiva l’intervenuta prescrizione dell’azione di recupero per le somme erogate prima del 25.2.2006.
In via cautelare, veniva richiesta la sospensione delle trattenute; la domanda cautelare veniva respinta e contestualmente veniva fissata l’odierna udienza di discussione (ordinanza n. 228/2011).
L’Inps, successore ex lege dell’Inpdap, si è costituito in giudizio con il patrocinio dell’avv. Norrito in data 27.2.2012 ed ha eccepito, in via preliminare, il proprio difetto di legittimazione passiva, avendo operato come mero ordinatore secondario di spesa.
Nel merito ha sostenuto la piena legittimità del provvedimento di recupero, trattandosi di atto dovuto per l’ente previdenziale. Ha inoltre sostenuto che trattandosi di un recupero relativo a somme erogate a titolo di arretrati nel corso del 2009, non avrebbe potuto formarsi in capo al percipiente un legittimo affidamento sulla spettanza delle somme in questione. Quanto all’eccezione di prescrizione dell’azione di recupero sollevata da parte attrice, l’Inps l’ha ritenuta infondata poiché, da un lato, l’indebito di cui trattasi si è formato a seguito di un provvedimento di pensione provvisoria del 2007, mentre l’azione di recupero è del 2011; dall’altro, all’azione di ripetizione dell’indebito è applicabile il termine prescrizionale decennale e non quello quinquennale.
Ha, infine, chiesto, nella denegata ipotesi di dichiarazione dell’irripetibilità dell’indebito, che il contraddittorio fosse integrato con la chiamata in giudizio della Guardia di finanza e del Ministero dell’economia e della finanze, al fine della condanna degli stessi a rifondere all’Inps quanto eventualmente dichiarato irripetibile da questo giudice.
L’avv. @@, in data 14.2.2012, depositava brevi note nelle quali veniva richiamata la sentenza delle Sezioni riunite di questa Corte n.7/QM/2007 a sostegno della posizione del ricorrente.
All’udienza del 29.2.2012, l’avv. @@, per il ricorrente, insisteva per l’accoglimento del ricorso. L’avv. Rizzo, per l’Inps, insisteva nelle conclusioni di cui alla memoria di parte.
DIRITTO
1. In via preliminare, deve essere respinta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’Inps, posto che il ricorso ha ad oggetto proprio l’attività amministrativa di tale ente.
2. Nel merito, il ricorso è meritevole di parziale accoglimento per i motivi di seguito esposti.
Il ricorrente non contesta la legittimità del provvedimento di concessivo del trattamento definitivo di pensione, bensì il successivo provvedimento con il quale l’Inpdap ha disposto il recupero delle somme erogate in eccedenza (rispetto all’importo definitivo della pensione) in un arco di tempo quasi decennale (1997-2008).
La questione che si pone riguarda la ripetibilità o meno delle prestazioni pensionistiche erogate, ove emerga un pagamento indebito a seguito di conguaglio tra trattamento di quiescenza provvisorio e definitivo, o di riliquidazione del trattamento provvisorio di pensione
L’ar@@ 2033 del codice civile disciplina il pagamento indebito, non supportato da idonea giustificazione causale giuridicamente rilevante, accordando al solvens la ripetizione di quanto pagato, indipendentemente da ogni altra considerazione relativa alla scusabilità dell’errore ed alla buona fede dell’accipiens.
Nell’ambito previdenziale, invece, la giurisprudenza (ex plurimis Corte Conti, Sezioni Riunite, n. 77/C dell’08.02.1989) ha introdotto, progressivamente, il principio della tutela dell’affidamento ingenerato nel privato in buona fede dalla legittimità del provvedimento pensionistico provvisorio adottato, da valutarsi in concreto, tenendo conto delle peculiarità di ciascuna fattispecie, in particolare il lasso temporale intercorso tra la fruizione della prestazione pensionistica indebitamente erogata e il momento in cui ne è chiesta la ripetizione, nonché l’assenza di dolo dell’interessato nella causazione dell’errore, o la riconoscibilità di quest’ultimo con l’ordinaria diligenza. In tale contesto, si è richiamato il principio contenuto nell’ar@@ 206 del d.p.r. n. 1092/1973, oppure gli insegnamenti espressi dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 431/1993, n. 240/1994 e n. 166/1996, secondo i quali “...diversamente dalla generale regola codicistica di incondizionata ripetibilità dell’indebito, trova applicazione la diversa regola, propria di tale sottosistema, che esclude la ripetizione in presenza di una situazione di fatto...avente come minimo comune denominatore la non addebitabilità al percipiente dell’erogazione non dovuta”.
L’orientamento di cui sopra, però, non è stato univoco, sia in considerazione della circostanza che l’ar@@ 162 del d.p.r. n. 1092/1973 ammette la ripetizione dell’indebito nel caso di conguaglio tra trattamento pensionistico provvisorio e definitivo, sia per la motivazione che la suddetta disposizione normativa non è stata oggetto di alcuna pronuncia di incostituzionalità da parte del Giudice delle Leggi; la sussistenza di tali contrasti ha richiesto un intervento delle Sezioni Riunite di questa Corte che, nella sentenza n. 1/1999/QM, hanno statuito l’incondizionata ripetibilità dell’indebito, negando rilievo alla buona fede dell’accipiens, nonché al lasso temporale trascorso tra l’adozione del decreto provvisorio e quello definitivo di pensione.
Tale intervento non ha, comunque, composto interamente i contrasti giurisprudenziali, data la particolare delicatezza della materia trattata.
Del resto, un sistema normativo che preveda l’irripetibilità delle sole somme erogate al pensionato in forza del trattamento pensionistico definitivo (ar@@ 206 del d.p.r. n. 1092/1973), appare legittimo e ragionevole ove l’arco temporale intercorrente tra la concessione del trattamento provvisorio e l’erogazione di quello definitivo è contenuto entro limiti ben definiti, al fine di non vanificare la legittima aspettativa del privato sulla correttezza dell’operato dell’Amministrazione e riporre, così, affidamento sull’esattezza del quantum pensionistico goduto e impiegato per il soddisfacimento delle sue quotidiane esigenze di vita.
Su tale problematica, pertanto, non solo sono persistiti i contrasti giurisprudenziali tra alcune Sezioni Regionali, ma sono sorte e, successivamente, acuite anche divergenze di interpretazioni tra le Sezioni Centrali d’Appello, tanto da legittimare un ulteriore intervento delle Sezioni Riunite che hanno riesaminato l’intera questione alla luce dei principi contenuti nell’ar@@ 2 della legge n. 241/1990.
Le citate Sezioni Riunite, cui l’ordinamento attribuisce una funzione nomofilattica, al fine di comporre i contrasti giurisprudenziali, nella recente sentenza n. 7/2007/QM, depositata in data 07.08.2007, con condivisibile motivazione (ripresa anche dalle Sezioni Centrali d’Appello, ex plurimis Sezione I n. 436/2008), cui per economia espositiva si rinvia, hanno statuito: “in assenza di dolo dell’interessato, il disposto contenuto nell’ar@@ 162 del d.p.r. n. 1092 del 1973, concernente il recupero dell'indebito formatosi sul trattamento pensionistico provvisorio, deve interpretarsi nell’ambito della disciplina sopravvenuta contenuta nella legge n. 241 del 1990, per cui, a decorrere dall’entrata in vigore di detta legge n. 241 del 1990, decorso il termine posto per l’emanazione del provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza, non può più effettuarsi il recupero dell’indebito, per il consolidarsi della situazione esistente, fondato sull’affidamento riposto nell’Amministrazione”, affidamento avente carattere “oggettivo” e non legato allo stato “soggettivo” di buona fede, “per sua natura variabile in relazione alle mutevoli circostanze individuali di ciascun rapporto pensionistico, e, come tale, inidoneo a orientare con i necessari criteri di uniformità e di certezza sia le aspettative del privato, sia la condotta della pubblica amministrazione, sia, infine, l’operato del giudice di tale rapporto”.
In sostanza, nell’ordinamento giuridico esiste una disposizione legislativa, quale l’ar@@ 2 della citata legge n. 241/1990, che impone all’Amministrazione di appartenenza del pensionato e/o all’Ente previdenziale, a seconda della diversa competenza, di concludere in tempi normativamente prestabiliti il procedimento per la concessione del trattamento definitivo di pensione, con la conseguenza che spirato il suddetto termine non può procedersi nei confronti del pensionato all’eventuale recupero di somme legate ad errori commessi al momento della liquidazione del trattamento provvisorio di quiescenza, sempre che l’interessato non sia in dolo.
Ne consegue che qualora l’Ente previdenziale richieda il recupero di somme indebitamente corrisposte occorre verificare se sussista un vero e proprio indebito ovvero se, a causa dell’inerzia dell’Amministrazione che ha protratto indefinitamente il procedimento oltre il termine di cui all’ar@@ 2 della legge n. 241/1990, sussista il diritto del pensionato al mantenimento delle maggiori somme percepite: nel primo caso l’Amministrazione potrà ripetere le somme erroneamente corrisposte secondo l’ar@@ 2033 c.c., nella seconda ipotesi non potrà effettuare alcun recupero in quanto l’accipiens è legittimato a riporre un affidamento “qualificato” sui ratei pensionistici goduti.
Il principio di diritto affermato dalle Sezioni riunite nella citata sentenza n.7/QM/2007, non può ritenersi che sia stato rivisto dal medesimo organo nella sentenza n. 7/QM/2011, come affermato dalle difese delle amministrazioni convenute. Le Sezioni riunite, infatti, con la recentissima sentenza n. 16/QM/2011, hanno ritenuto inammissibile la questione di massima sollevata dalla Sezione giurisdizionale per il Piemonte sul tema dell’indebito pensionistico a seguito della decisione 7/QM/2011, poiché hanno rilevato che, sulla base della giurisprudenza delle Sezioni centrali dell’ultimo biennio, deve ormai ritenersi consolidato il principio di diritto affermato dalla pronuncia 7/QM/2007.
Ciò posto, deve considerarsi che alla scadenza del termine di cui all’ar@@ 2 della legge n. 241/1990 vengono in rilievo sia un interesse oppositivo del pensionato che mira a conservare un’utilità già acquisita e connotata dalla formazione di un affidamento legittimo e tutelabile, sia un interesse pretensivo, volto ad ottenere, anche dopo lo spirare del termine regolamentare, l’emissione del provvedimento definitivo di pensione che, avendo natura ampliativa della sua sfera giuridica, è soggetto al principio dell’inesauribilità del potere amministrativo.
Nella fattispecie in questione il recupero dell’indebito è stato effettuato oltre il termine suddetto: la liquidazione del provvedimento definitivo di pensione sarebbe dovuta intervenire entro 330 giorni dal passaggio in riserva del sig. @@, risalente al 21.1.1999 e, quindi, entro la fine del 1999, mentre è il provvedimento definitivo è del 2010. Anche se, come sostenuto dall’Inpdap, si volesse avere riguardo alla data del provvedimento di riliquidazione a titolo provvisorio della pensione (da cui è scaturito parte dell’indebito, per riconoscimento di arretrati non dovuti), comunque, il termine procedimentale è stato abbondantemente superato: sono, infatti, intercorsi oltre tre anni tra il provvedimento provvisorio ed il provvedimento definitivo. Il superamento del termine procedimentale è avvenuto in misura né congrua né ragionevole, e il ritardo, come tale, è stato idoneo a fondare l’affidamento del pensionato nella spettanza di quanto percepito a titolo di indennità di ausiliaria e a titolo di arretrati.
Considerato, inoltre, che il dolo del ricorrente non è stato dimostrato dall’amministrazione, né risulta dagli atti, deve dichiararsi l’irripetibilità delle somme richieste dall’INPDAP al ricorrente con la nota impugnata e, conseguentemente, l’ente previdenziale deve provvedere alla restituzione all’interessata degli importi già recuperati.
Non può, invece, trovare accoglimento la richiesta del ricorrente relativa agli accessori: poiché l’importo costituisce oggettivamente, anche dal lato del percipiente, un indebito, non può essere riconosciuto al ricorrente il diritto alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali su quanto da restituire (v., in terminis, Sezione I appello, n. 18/2008; 81/2008; 404/2010; Sezione Appello Sicilia n.70/2008; n.252/2010).
4. Infine, sulla richiesta dell’INPS di integrazione del contraddittorio con la Guardia di Finanza e con il Ministero dell’economia e delle finanze (deve ritenersi dovuto ad errore scusabile l’analoga domanda riferita al Ministero della difesa in sede di cautelare) ai fini della conseguente condanna degli stessi alla rifusione all’Inpdap della somma equivalente all’indebito a titolo di rivalsa, si rileva che la stessa non può trovare accoglimento, non essendo prevista sic et sempliciter una disposizione analoga all’ar@@ 8 DPR n.538/86 recante ad oggetto “Modalita' di liquidazione dei trattamenti di quiescenza a favore degli iscritti alle casse pensioni degli istituti di previdenza…”  ( ora riferita ai rapporti tra Inps e enti datori di lavoro) per quanto attiene alla liquidazione di pensioni pubbliche di dipendenti dello Stato nel TU n.1092/73 (cfr., tra le altre, Sezione giurisdizionale per la regione Toscana, n.382/2011). Non può infatti ritenersi, come afferma l’Inpdap, che tale disposizione sia evocativa di un principio generale, posto che l’assetto dei rapporti tra l’Istituto previdenziale e lo Stato è ben diverso dall’assetto dei rapporti tra l’Istituto previdenziale e gli enti a cui si riferisce la citata disciplina del 1986.
Il menzionato D.P.R. 08 agosto 1986, n.538 all’ar@@8, comma 2, per i dipendenti iscritti alle casse dei cd. istituti di previdenza (e non per i dipendenti statali, iscritti alla Cassa dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato), prevede che <<Qualora, per errore contenuto nella comunicazione dell’ente di appartenenza del dipendente, venga, indebitamente liquidato un trattamento pensionistico, definitivo o provvisorio, diretto, indiretto o di reversibilità, ovvero un trattamento in misura superiore a quella dovuta e l’errore non sia da attribuire a fatto doloso dell’interessato, l’ente responsabile della comunicazione è tenuto a rifondere (al Ministero del Tesoro, poi Inpdap, ora Inps) le somme indebitamente corrisposte, salvo rivalsa verso l’interessato medesimo>>. Nell’ipotesi di cui all’ar@@ 8, comma 2, del DPR n. 538 del 1986, il legislatore ha previsto sia l’obbligo dell’ente, responsabile di errate comunicazioni, di rifondere all’ente pagatore le somme indebitamente corrisposte, sia l’azione di rivalsa del predetto nei confronti del proprio dipendente.
Tale disposizione non può trovare applicazione nei casi, come quello tratto a giudizio, in cui non è prevista un’analoga azione di rivalsa, né uno specifico obbligo dell’Amministrazione statale di rifondere le somme erogate in più per propria responsabilità.
E che il legislatore non ritenga tale normativa applicabile analogicamente si può dedurre anche dal 1° comma, dell’ar@@ 8, del D.P.R. ci@@, che ha esteso, solo attraverso una espressa previsione di richiamo, la possibilità (prevista per le pensioni dei dipendenti civili e militari dello Stato) di revoca o modifica del provvedimento definitivo di pensione, da parte dell’ufficio che lo ha emesso, con applicazione, nella ricorrenza dei presupposti, dell’ar@@ 206, del @@U. n. 1092/1973, sulla irripetibilità, alle somme indebite percepite in buona fede dal pensionato di ente locale, escludendo, quindi, operazioni ermeneutiche estensive, rimesse all’interprete, con riguardo all’azione di rivalsa, attesa la specificità delle normative previdenziali del settore statale e di quello degli enti locali.
Non può, infine, sottacersi che lo Stato con recente provvedimento ha disposto il ripianamento della Cassa statali INPDAP, indirettamente confermando la diversità di disciplina rispetto ai dipendenti degli enti territoriali, i cui bilanci rientrano di certo nel compendio di finanza pubblica allargata ma se ne differenziano per la loro autonomia.
Restano assorbite le ulteriori questioni.
5. Stante l’accoglimento parziale del ricorso e l’evoluzione giurisprudenziale in materia di recupero di prestazioni pensionistiche indebitamente corrisposte, sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana in composizione monocratica, in funzione di Giudice Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando, accogliendo parzialmente il ricorso:
-         dichiara l’irripetibilità delle somme indebitamente erogate al ricorrente di cui al provvedimento INDPAP – sede di Messina pro@@ n. 27356 del 15.2.2011;
-         condanna l’INPS alla restituzione somme trattenute a seguito del suddetto provvedimento;
-         rigetta la domanda di rivalsa dell’INPS;
-         dispone la compensazione delle spese legali.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 29.2.2012.
IL GIUDICE
F.to Igina Maio
 
Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 2 marzo 2012
Il Direttore della segreteria                                                          
F.to Dot@@ssa Rita Casamichele
 
SEZIONE
ESITO
NUMERO
ANNO
MATERIA
PUBBLICAZIONE
SICILIA
Sentenza
726
2012
Pensioni
02-03-2012


   

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