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La valutazione dell'inabilità da lavoro secondo il T.U. 1124/65

Dettagli

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La valutazione dell'inabilità da lavoro secondo il T.U. 1124/65  : GLI ARTT. 78 E SS. (D.ssa Silvana Toriello) 

PREMESSA.

La nozione giuridica di infortunio sul lavoro ruota intorno a tre elementi fondamentali : l’occasione di lavoro,  la causa violenta e da ultimo il danno subito dal lavoratore assicurato in conseguenza dell'evento che lo ha colpito in occasione di lavoro. Con l'art. 13 D.L.vo 23 febbraio 2000 n. 38 è stato completamente innovato il sistema di indennizzo dei danni a carattere permanente conseguenti ad infortunio o a tecnopatia attraverso il  superamento del  tradizionale concetto di «inabilità », intesa come riduzione dell’attitudine generica al lavoro caposaldo del sistema di assicurazione obbligatoria (artt. 2, 68 e 74 T.U. 1965). Detta nozione è stata sostituita da quella di « danno biologico di origine professionale », da intendersi quale lesione dell’integrità psico-fisica della persona, da accertarsi attraverso una valutazione medico legale e risarcibile a prescindere dai suoi effetti sulla capacità di produrre reddito.

DECORRENZA DELLA NUOVA DISCIPLINA

Sul punto si ritiene opportuno richiamare testualmente la decisione della Cassazione lavoro 8 ottobre 2007, n. 21022 che chiaramente statuisce “L'indennizzabilità del danno biologico è limitata invece ai danni conseguenti agli infortuni sul lavoro (ed alle malattie professionali denunciate)verificatesi a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale recante le tabelle valutative del danno biologico e non,invece, dall'entrata in vigore del D.Lgs. n. 38 del 2000, come ritenuto dal giudice di merito. Per essere, dunque, il suddetto decreto ministeriale, entrato in vigore il 25 luglio 2000, e quindi,successivamente al verificarsi dell'infortunio, la normativa sul danno biologico risultava inapplicabile. Il ricorso è fondato e pertanto, va accolto. E' noto che la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 38 del2000 ha determinato l'inclusione nell'oggetto della tutela dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali il danno biologico subito dai soggetti assicurati ai sensi del combinato disposto del (t.u.) dell'INAIL approvato con D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 1 e 4.Il citato D.Lgs. n. 38, art. 13 - portante la rubrica "Danno biologico"-definisce, in primo luogo, seppure in via temporanea, il danno biologico ("In attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento, il presente articolo definisce, in via sperimentale, ai fini della tutela dell'assicurazione obbligatoria conto gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali il danno biologico come lalesione all'integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medicolegale, della persona. Le prestazioni per il ristoro del danno biologico sono determinate in misura indipendente dalla capacità di produzione del reddito del danneggiato") (comma 1).La stessa norma determina, inoltre, per i danni, conseguenti ad infortunio sul lavoro o a malattie professionali, i criteri di erogazione dell'indennizzo in ragione del grado delle lesioni all'integrità psicofisica, parametrabile su specifiche tabelle "delle menomazioni" e"dei coefficienti" ("In caso di danno biologico, i danni conseguenti ad infortuni sul lavoro e a malattie professionali verificatisi o denunciati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3, l'INAIL nell'ambito del sistemad'indennizzo e sostegno sociale, in luogo della prestazione di cuiall'art. 66, comma 1, n. 2), del testo unico, eroga l'indennizzo previsto e regolato dalle seguenti disposizioni: a) le menomazioni conseguenti alle lesioni dell'integrità psicofisica di cui al comma 1sono valutate in base a specifica "tabella delle menomazioni",comprensiva degli aspetti dinamico-relazionali. L'indennizzo delle menomazioni di grado pari o superiore al 6 per cento ed inferiore al 16per cento è erogato in capitale, dal 16 per cento è erogato in rendita,nella misura indicata nell'apposita "tabella indennizzo danno biologico". Per l'applicazione di tale tabella si fa riferimento all'età dell'assicurato al momento della guarigione clinica. Non si applica il disposto dal cit. T.U., art. 91; b) le menomazioni di grado pari o superiore al 16 per cento danno diritto all'erogazione di un'ulteriore quota di rendita per l'indennizzo delle conseguenze delle stesse, commisurata al grado della menomazione, alla retribuzione dell'assicurato e al coefficiente di cui all'apposita "tabella dei coefficienti", che costituiscono indici di determinazione della percentuale di retribuzione da prendere in riferimento per l'indennizzo delle conseguenze patrimoniali, in relazione alla categoria di attività lavorativa di appartenenza dell'assicurato e alla ricollocabilità dello stesso. La retribuzione, determinata con le modalità e i criteri previsti dal testo unico, viene moltiplicata per il coefficiente di cui alla "tabella dei coefficienti". La corrispondente quota di rendita,rapportata al grado di menomazione, è liquidata con le modalità e i criteri di cui al cit. T.U., art. 74" (comma 2).La disposizione in esame fissa, poi, l'iter approvativo delle suddette tabelle ("Le tabelle di cui alle lett. a) e b), i relativi criteri applicativi e i successivi adeguamenti sono approvati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su delibera del consiglio di amministrazione dell'INAIL. In sede di prima attuazione il decreto ministeriale è emanato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo")(comma 3).Orbene,il combinato disposto dei riportati commi dell'art. 13, e più precisamente il senso fatto palese dal significato proprio delle parole usate, induce ad interpretare alla stregua dell'art. 12 preleggi il testo normativo, ritenendo che condizione per la copertura assicurativa pubblica del danno biologico ad opera dell'INAIL è il verificarsi dell'infortunio o della malattia professionale successivamente al 9 agosto 2000. Una siffatta conclusione trova conforto in un precedente dictum dei giudici di legittimità , che hanno affermato che ai sensi del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 il datore di lavoro è esonerato dalla responsabilità civile per il danno patito dal lavoratore a condizione che l'infortunio o la tecnopatia siano denunziati all'INAIL in epoca successiva al 9 agosto 2000, data di efficacia delle norme che hanno esteso la copertura assicurativa al danno biologico (cfr. in tali sensi: Cass. 5 maggio 2005 n. 9353).Un siffatto principio va ribadito in questa sede perchè il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale - cui fa riferimento il D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, comma 3 - emanato il 12 luglio 2000 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 25 luglio. Ne consegue che la suddetta data del 9 agosto 2000 segna il termine iniziale per l'operatività della tutela dell'assicurazione obbligatoria. E' che tale soluzione debba essere preferita a quella che, invece, fissa il suddetto termine iniziale il 25 luglio - data di pubblicazione del regolamento sulla Gazzetta Ufficiale cui si è fatto riferimento da una parte della dottrina - è corollario dell'art. 10 preleggi, secondo cui,salvo che sia stabilito in modo diverso, i regolamenti soggiacciono alla medesima disciplina delle leggi e, pertanto entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione. Conclusione questa confortata anche dalla considerazione che il D.M. 12 luglio 2000configura - come è stato pure rimarcato da più parti - per il suo contenuto sostanziale un regolamento (esterno) di attuazione, che mira a completare le disposizioni in materia di danno biologico attraverso il cd. metodo tabellare.”

LA COESISTENZA DI DUE DISCIPLINE

Allo stato,pertanto, per l’indennizzo dei danni psicofisici a carattere permanente, coesistono, sia pure temporaneamente, due discipline legislative che fanno capo a presupposti totalmente diversi e cioè:

 a - artt. 68 e ss. T.U. 1965 per gli eventi lesivi verificatisi prima del 25 luglio 2000 : erogazione di indennizzi calcolati con riferimento al grado di riduzione dell’attitudine generica al lavoro e alla retribuzione percepita dal lavoratore prima dell’infortunio o della tecnopatia

b -  art. 13 D.L.vo n. 38 del 2000 per gli eventi lesivi verificatisi a partire dalla suddetta data:  liquidazione di un indennizzo non riferito alla retribuzione percepita dal lavoratore prima dell’evento lesivo bensì  alla incidenza che quest'ultimo ha avuto sullo stato di salute dell’interessato, crescente con il crescere della gravità della menomazione in misura piu che proporzionale in termini sia assoluti che relativi, variabile in funzione dell’età (nel senso che tiene conto della maggiore longevità femminile) e, soprattutto, eguale per i settori industria e agricoltura.

Le due discipline sono  destinate a coesistere fino all’esaurimento delle rendite di inabilità permanente e ai superstiti liquidate con il precedente sistema.

VECCHO REGIME

Vecchio regime (artt. 68 e ss. T.U. 1965) : rilevano ai fini dell’indennizzo solo le menomazioni di carattere fisio-psichico che riducono o annullano del tutto l’attitudine al lavoro del soggetto assicurato, cioè la sua capacità « biologica » di guadagno. Quanto precede è coerente  con le finalità proprie di questa forma di assicurazione nata per garantire all’infortunato ed alla sua famiglia mezzi adeguati di vita in caso di infortunio. Come rappresentato da ultimo da Cassazione Civile, Sez. Lav., 17 giugno 2011, n. 13361 nel regime anteriore al Decreto Legislativo n. 38 del 2000,  il Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 74 in tema di inabilità permanente assoluta o parziale, come conseguenza di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, si riferisce soltanto all'attitudine a lavoro, intesa come capacità lavorativa generica (e non specifica), riguardando la copertura assicurativa esclusivamente i riflessi che la menomazione psicofisica ha sull'attitudine al lavoro, e non anche ulteriori danni ad esempio alla vita di relazione(cfr. fra le altre Cass. 4-3-1998 n. 2373, Cass. 8-11-1999 n. 12426, Cass. 14-2-2000 n. 1669). La valutazione dell’incidenza, che 1'infortunio ha avuto sull’attitudine al lavoro del soggetto leso, va compiuta con esclusivo riferimento alle condizioni fisio-psichiche di  questi. Il giudizio valutativo deve essere riferito alla persona fisica del lavoratore, alle possibilità che in concreto questi ha di rioccuparsi successivamente nonostante le menomazioni sofferte a causa dell’infortunio. La valutazione non tiene conto di elementi estranei attinenti al contesto socio-economico nel quale 1'assicurato opera, quale ad esempio  la situazione del mercato del lavoro e la presenza di insufficienza o di eccedenza di mano d'opera. Oggetto della tutela è l’inabilità che consegue all’evento lesivo e che menoma il lavoratore nella sua capacità produttiva (ALIBRANDI). L’'erogazione della indennità giornaliera è condizionata,infatti, all'esistenza di una inabilità assoluta, « che impedisca totalmente e di fatto di attendere al lavoro (specifico) » (art. 68 T.U. 1965), nel mentre 1'erogazione della rendita  è condizionata all'esistenza di una inabilità che tolga completamente, ovvero riduca in parte, ma essenzialmente, 1'attitudine al lavoro (generico) (art. 74 T.U. cit.). L'art. 74 T.U. 1965 parla di attitudine al lavoro senza riferirla ad una particolare specie di prestazione lavorariva e la tabella di valutazione del grado percentuale di inabilità permanente (all.to n. 1 al T.U. 1965) assegna a ciascuna lesione un certo valore, compreso nell'ambito di una scala centesimale, senza tenere conto del  mestiere esercitato dal lavoratore divenuto inabile. Accade così che la perdita di un occhio viene valutata nell’identica misura (35%) nei riguardi sia di un cesellatore che di un manovale, a parte il correttivo offerto dall’elemento salariale assunto come base economica per il computo della rendita che, ovviamente, nei confronti del primo sarà piu elevato che nei riguardi del secondo - lavoro.Allo stesso modo la sordità completa da di un orecchio comportava secondo la tabella allegato 1 al tu 112471965 un’inabilità del 15% sia per un collaudatore di sttrumenti musicali sia per un manovale.La Corte di Cassazione è ferma nel ritenere che il danno alla integrità psico fisica del lavoratore così come il danno morale erano estranei di fatto fino all’entrata in vigore del D. Lgs, 38/2000 dal contesto della assicurazione infortunistica obbligatoria.

PRESUPPOSTI MEDICO LEGALI DELL’INDENNIZZO NEL VECCHIO REGIME

La valutazione del grado di riduzione dell’ attitudine lavorativa implica un giudizio di ordine sanitario da demandare, in quanto tale, ad un consulente tecnico con la conseguenza, nel caso in cui non risulti 1'indicazione con criterio tecnico del grado di inabilità , che il giudice non può determinarlo in via equitativa, trattandosi di questione non giuridica.Ai fini della liquidazione dell'indennità giornaliera, si richiede una invalidità temporanea assoluta, tale cioè da impedire «totalmente e di fatto » all'assicurato di attendere al proprio lavoro. In caso di  liquidazione di rendita,invece, l’inabilità deve essere innanzi tutto « permanente », e cioè non temporanea come nel caso precedente, ovvero « parziale » nel qual caso assume rilievo agli effetti indennitari solo se, a causa sua, 1'attitudine al lavoro risulti diminuita essenzialmente, cioè quanto meno nella misura minima fissata dalla legge. La  valutazione va condotta con riferimento all’inabilità in atto al momento in cui essa viene effettuata. Le eventuali variazioni future saranno oggetto della  revisione della rendita.Per i fini della valutazione della inabilità permanente, assoluta o parziale, il legislatore ha adottato il sistema della tabella, che consiste in una elencazione delle menomazioni maggiormente ricorrenti con 1'indicazione del grado percentuale di riduzione che ciascuna di esse puo esercitare sull’attitudine al lavoro del soggetto assicurato (ad es.con riferimento al settore industria, perdita di un occhio = 35%; sordità completa di un orecchio = 15%; sordità completa bilaterale = 60%) . Secondo 1'Alibrandi, le percentuali tabellate devono ritenersi tassative solo nel senso che non possono subire riduzioni nei singoli casi di specie, mentre ne è sempre possibile 1'aumento con riguardo a condizioni obiettive che dimostrino di volta in volta 1'inadeguatezza del danno tariffato. La giurisprudenza però non è univoca sul punto.L’articolo  78,1 c, T.U. 1965, dopo aver disposto, come regola generale, che « nei casi di inabilità permanente previsti nella tabella all.to n. 1 l’attitudine al lavoro, agli effetti della liquidazione della rendita, si intende ridotta nella misura percentuale indicata per ciascun caso », fornisce all’operatore gli strumenti di valutazione per i casi non tabellati stabilendo che:1'abolizione assoluta della funzionalita di arti o di organi o di parti di essi e equiparata alla loro perdita anatomica. Ciò probabilmente nella consapevolezza che l’elencazione contenuta nella tabella non può essere esaustiva di tutte le possibili lesioni anatomiche.Al comma 3 l’articolo precisa che quando gli arti o gli organi o parte di essi abbiano perduto soltanto parzialmente la loro funzione, il grado di riduzione dell'attitudine al lavoro si determina sulla base della percentuale di inabilità stabilita per la loro perdita totale, ed in proporzione del valore lavorativo della funzione perduta. Nell’ultimo comma infine l’articolo statuisce in merito alle cosiddette invalidità plurime monocrome prevedendo che in caso di perdita di più arti, od organi, o di più parti di essi, e qualora non si tratti di molteplicità espressamente contemplata nella tabella, il grado di riduzione dell'attitudine al lavoro deve essere determinato di volta in volta tenendo conto di quanto, in conseguenza dell'infortunio, e per effetto della consistenza delle singole lesioni, è diminuita l'attitudine al lavoro. Per 1'ipotesi di perdita parziale della funzionalita di un organo e stato puntualizzato (Cass 22 gennaio 1987 n. 616, che la misura dell'inabilità lavorativa va determinata tenendo conto della percentuale legale prevista per la perdita totale della stessa funzione, ma non con applicazione meccanica, bensì valutando l'effettivo valore lavorativo della funzione perduta. in caso di lesioni plurime monocrone, cioe imputabili ad un unico infortunio, e semprechè tale molteplicità non sia espressamente prevista in tabella, il grado di riduzione dell’attitudine al lavoro deve essere determinato di volta in volta tenendo conto di quanto, in conseguenza dell'infortunio e per effetto della coesistenza delle singole lesioni, è diminuita 1'attitudine al lavoro. Nella valutazione medico legale certamente non si procederà sommando le percentuali attribuibili alle singole menomazioni  ma valutando per ogni singolo caso nell’ambito della scala centesimale, 1'incidenza che le menomazioni associate hanno sulla capacita di lavoro. E’ principio giurisprudenziale consolidato, che il grado di riduzione complessiva dell’attitudine al lavoro non va calcolato sulla base di una somma aritmetica delle percentuali riconosciute in tabella alle singole menomazioni, ma sulla base di un giudizio di sintesi che accerti in concreto l’esatta misura del danno subito dall'infortunato, in relazione a specifici elementi medico-legali considerati anche nella loro reciproca influenza (Cass. civ. 11 agosto 1983 n. 5360). In pratica il metodo più usato è quello proporzionalistico a scalare usato da Balthazard il quale prevede che 1'inabilità complessiva da riconoscere all'infortunato sia costituita dalla somma di diversi addendi, di cui il primo è rappresentato dal valore percentuale attribuito alla lesione per prima presa in considerazione, mentre ciascuno degli altri è dato dalla cifra che si ottiene rapportando il valore attribuibile a ciascuna menomazione « alla capacità residua, per la seconda dopo detratto il valore della prima, per la terza dopo detratto il valore globale della prima e della seconda, ecc.» . Esemplificando, in presenza di tre menomazioni valutabili rispettivamente nella misura del 50%, 30% e 10% la valutazione complessiva sarà data dalla somma di: a) 50% di 100 = 50; b) 30% di (100-50) = 15; c) 10% di (100-50-15) = 3,5 e cioe 68,50 (arrotondabile a 69).Come si vede la percentuale dell’infortunio successivo in considerazione della percentuale residuata dopo l’infortunio precedente  diminuisce fino al 3,5 donde  il nome di metodo proporzionalistico a scalare.Il risultato ottenuto da tale metodo , più che come valore assoluto viene preso in considerazione come punto di riferimento per la valutazione complessiva. In definitva la formula non va adottata con rigore matematico assoluto ma come sistema di orientamento dicrezionale per avere una indicazione dell’ordine di grandezza attorno al quale deve aggirarsi la valutazione del danno complessivo, quindi come punto di riferimento per una valutazione complessiva.Da ultimo va rimarcato che bisogna tener conto dei benefici derivanti dall’applicazione di protesi che inducono miglioramento nella capacità lavorativa dell’assicurato così come nella affezione visiva provopcata da infortunio  la valutazione del visus va effettuata tenendo conto dela correzione derivante dall’uso di lenti.

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VALUTAZIONE DEL GRADO DI INABILITA’ –CRITERI GENERALI

In merito sul sito dell’Inail si legge :l’inabilità permanente è valutata con le modalità e i criteri di cui all’art.78 e alle apposite tabelle allegate al  Testo Unico n. 1124 del 1965. Si riporta di seguito il testo del citato art. 78: “ Nei casi di inabilità permanente previsti nella tabella allegato 1 del T.U., l’attitudine al lavoro, agli effetti della liquidazione della rendita, si intende ridotta nella misura percentuale indicata in ciascun caso. L’abolizione assoluta della funzionalità di arti o di organi o di parti di essi è equiparata alla loro perdita anatomica. Quando gli arti o gli organi o parte di essi abbiano perduto soltanto parzialmente la loro funzione, il grado di riduzione dell’attitudine al lavoro si determina sulla base della percentuale di inabilità stabilita per la loro perdita totale, ed in proporzione del valore lavorativo della funzione perduta. In caso di perdita di più arti, od organi, o di più parti di essi, e qualora non si tratti di molteplicità espressamente contemplate nella tabella, il grado di riduzione dell’attitudine al lavoro deve essere determinato di volta in volta tenendo conto di quanto, in conseguenza dell’infortunio, e per effetto della coesistenza delle singole lesioni, è diminuita l’attitudine al lavoro.” I criteri e le modalità di valutazione del grado percentuale di invalidità permanente per l’infortunio in ambito domestico sono, diversi dal nuovo regime indennitario dei danni di origine lavorativa, introdotto dall’art. 13 del Decreto Legislativo n. 38/2000 “Danno biologico”, in vigore per gli infortuni e malattie professionali denunciate dal 25.07.2000. E’ il caso di sottolineare che nella valutazione dei postumi, oltre alle menomazioni derivanti dall’infortunio in oggetto, vanno prese in esame le sole “inabilità preesistenti concorrenti” derivanti da fatti lavorativi od extra-lavorativi da valutare con “formula Gabrielli” La tabella riprodotta nell’allegato 1 è, inoltre, da integrare, per la valutazione delle limitazioni funzionali all’apparato locomotore e più specificatamente a quelle delle articolazioni del gomito e del ginocchio, con le allegate tabelle 2 e 3. Per il danno visivo occorre fare riferimento alla “Tabella di valutazione delle menomazioni della acutezza visiva”. Bisogna tener presente che nella valutazione occorre, anzitutto, individuare se l’occhio menomato dall’infortunio ha una acutezza visiva superiore o inferiore all’occhio controlaterale e pertanto, debba essere valutato quale occhio migliore o peggiore. Per quanto riguarda, infine, il danno uditivo va applicata la tabella, riportata nella circ. Inail n.22/94, elaborata in accordo con le Parti Sociali. Pertanto eseguito un esame audiometrico, rilevate le perdite in dB alle diverse frequenze considerate in Tabella ed applicando la relativa formula, si calcola il danno uditivo.

 

LE CONCAUSE PREESISTENTI A CARATTERE PROFESSIONALE ED EXTRA PROFESSIONALE: LORO RILEVANZA AGLI EFFETTI DELLA VALUTAZIONE DELL’INABILITA AL LAVORO.

Ci occupiamo ora del caso in cui la lesione incide su un organismo poratore di precedenti patologie e quindi non sano.  Qui poiché gli effetti della lesione possono essere più incisivi si pone il problema di risarcire l’assicurato per l’intero ovvero depurando l’indennizzo della quota parte di cui esso on è causa diretta. La dottrina medico-legale distingue fra « concause di lesione » e « concause di invalidita »

CONCAUSE DI LESIONE

Ricorrono allorchè gli esiti dell’infortunio si innestano in una condizione morbosa preesistente ed indipendente dall'infortunio stesso, con l’effetto di produrre un processo patologico unico, che porta a conseguenze anatomo-funzionali diverse e piu gravi di quelle che avrebbe potuto arrecare, da sola, la semplice lesione infortunistica. Verificandosi questa evenienza il danno, sia preesistente che da infortunio, viene valutato globalmente a favore del lavoratore agli effetti dell'indennizzo assicurativo, come se fosse per intero addebitabile al lavoro Esempio classico è quello del diabetico che spessissimo dà un decorso clinico piu complicato e con esito terminale piu serio; ovvero la pur minima scheggia di pietra o di metallo nell'occhio di un tracomatoso che porta quasi sempre ad un pregiudizio molto grave ».Devono essere valutate a tutto vantaggio dell’assicurato e cioè senza tener conto che in un soggetto perfettamente sano le conseguenze sarebbero state di minore entità ..

CONCAUSE DI INVALIDITA’

Ricorrono invece allorche all’invalidità , che già esiste per un fatto patologico preesistente si aggiungono o sovrappongono le conseguenze invalidanti dell’infortunio, ma senza che la minorazione preesistente produca effetti in alcun modo sul decorso e sugli esiti della lesione direttamente prodotta dall'infortunio , limitandosi essa ad aumentare solo il valore invalidante delle conseguenze di quest'ultimo. Casi in genere citati sono quelli del sordo congenito che a seguito d'infortunio subisce 1'amputazione di una gamba ovvero del mutilato di una mano che, sempre a seguito di infortunio, cede anche 1'altra. Per valutare le concause di invalidità bisogna distinguere il concorso dalla semplice coesistenza.

CONCORSO DI LESIONI

Il concorso di invalidità si ha quando le lesioni tra loro indipendenti interessano organi aventi la stessa funzione (ad es. i due occhi ovvero le due braccia)  ovvero appartenenti allo stesso sistema organo-funzionale (bocca e stomaco in quanto parti dell'apparato digerente) o anche a sistemi diversi ma chiamati a svolgere funzioni che si influenzano reciprocamente (vista e apparato locomotore).La valutazione viene effettuata anche in questi casi secondo quanto i principi appena sopra individuati e cioè in assenza di un calcolo aritmetico e mediante un giudizio di sintesi che non va a sommare le singole percentuali.

COESISTENZA DI LESIONI

Coesistenti sono invece le lesioni che interessano organi che svolgono funzioni diverse, non si influenzano vicendevolmente (udito e apparato digerente). Trattasi di sistemi organici le cui funzioni non si compensano l’una con 1'altra e la cui rispettiva perdita o diminuzione funzionale non dà luogo ad invalidità che si sommano o si aggiungono l'una all’altra, non incidendo ciascuna invalidità sulla capacità lavorativa del soggetto in misura maggiore per effetto dell’altra.

 

PREESISTENZE A CARATTERE PROFESSIONALE

A.1 -In caso di concorso se la preesistenza è di origine lavorativa ed afferisce alla stessa gestione assicurativa (es.industriale) o ha dato luogo a liquidazione in capitale richiesta dall’interessato,  per valutare 1'inabilità complessiva si fa riferimento al criterio elaborato dal Balthazard (cd. criterio proporzionalistico a scalare),

Quanto precede concerne le invalidità plurime monocrome ma si applica per l’evoluzione interpretativa dell’art. 80 anche alle invalidità plurime policrone e cioè subite in tempi diversi ( De Matteis “Assicurazione obbligatoria etc. – Giuffrè 2011).

A.2 – Sempre in caso di concorso se la preesistenza, di origine lavorativa, appartiene a gestioni assicurative diverse ovvero ha dato luogo a liquidazione in capitale d’ufficio, la valutazione avviene con la formula Gabrielli.Detta formula si applica anche in caso di concorso di preesistenza extralavorativa. Nel caso di infortuni piurimi afferenti a gestioni assicurative diverse (industria e agricoltura), ma tutti con postumi invalidanti di grado indennizzabile e concorrenti, la rendita costituita per prima resta in vita e si procede alla valutazione del danno conseguente al secondo infortunio rapportandolo (sempre che sussista concorso, e non mera coesistenza) non all’attitudine normale, ma a quella ridotta per effetto della invalidita preesistente. Ai sensi dell’art. 79 T.U. 1965 il rapporto fra le due invalidita, pregressa e successiva, è espresso da una frazione in cui il denominatore indica il grado di attitudine al lavoro preesistente e il numeratore la differenza fra questo e il grado di attitudine residuato dopo l’ultimo infortunio. Esempio: un lavoratore che, in conseguenza di un infortunio occorsogli nell'esercizio di una lavorazione industriale è già titolare di una rendita rapportata al 36% di invalidità (capacità lavorativa residua = 64%) e che, per effetto di un secondo infortunio agricolo subisce un ulteriore danno pari all’ 8%, non solo conserva la prima rendita ma, ove fra le due invalidità sussista concorso, e non mera coesistenza, ha diritto di ottenere per il secondo infortunio una ulteriore tendita rapportata ai 28/40 di capacita lavorativa residua, e cioe il 70% (64-56/64) pari al 12,50% arrotondato al 13%. Infatti 64 ((100-36) è la capacità preesistente all’attuale infortunio, 56 (= 64 – 8 è la percentuale residuata dopo l’attuale infortunio.. La percentuale dell’infortunio successivo (8%) in considerazione della capacità residuata dopo l’infortunio precedente ( 64%) aumenta ( da 8% diventa 12,50% arrotondato al 13%) A questo risultato conduce infatti il criterio cd. proporzionalistico ad accrescere, che il Gabrielli suggerì sul rilievo che « nell’ambito di uno stesso sistema organofunzionale o di sistemi sinergici, cioè diversi fra di loro ma reciprocamente influenzantisi o sinergizzanti nel produrre 1'invalidita di cui 1'assicurato è portatore dopo l’ultimo infortunio, la perdita di un arto o di una parte dell'organo fa acquisire un plusvalore a quello residuato ». Si tratta di un criterio utilizzabile solo nel caso di concorso, e non di mera coesistenza, e che per la ragionevolezza della premessa da cui muove è stato codificato nella legislazione infortunistica sin dal 1947 (art. 2f IV c, D.L. 25 gennaio 1947 n. 14, recepito nell’art. 5, VI c, L. 19 gennaio 1963 n. 15 e poi trasfuso con ulteriori ampliamenti del campo di applicazione nell’art. 79 T.U. 1965) e nell’art. 13, VI c, prima parte D.L.vo n. 38 del 2000) . Questa disciplina, radicalmente diversa da quella dettata per infortuni plurimi attinenti alla stessa gestione assicurativa, viene giustificata in dottrina e in giurisprudenza con motivazioni di natura medico-legale e di ordine finanziario , ed è stata ritenuta conforme al principio costituzionale di ragionevolezza dal giudice delle leggi .

La differenza fra i due metodi (Gabrielli e Balthazard) apparira piu chiara ove si consideri che nel primo caso (art. 79 T,U. 1965) il primo elemento preso in considerazione accresce il valore percentuale attribuito in tabella al secondo (criterio proporzionalistico « ad accrescere »), mentre nel secondo caso (art. 80 T.U. cit.) il primo elemento diminuisce il valore percentuale tabellare del secondo {criterio proporzionalistico « a scalare »). Appare evidente che  in un individuo, che abbia perduto l'indice di una mano, il medio acquista un valore superiore rispetto a quello che normalmente ha in una  mano integra; un individuo, che e privo di una mano, viene, quando perde un dito dell’altra mano, a risentire a causa di quest'ultima perdita un danno maggiore che se non fosse mutilato dell’'altra mano.

B.1 - Se la relazione intercorrente fra le due invalidità è, invece, di mera coesistenza in caso di preesistenza di origine lavorativa e della stessa gestione la valutazione si effettua ancora con la formula di Balthazar . Se è di origine extralavorativa o appartiene a gestione diversa o ha dato luogo a liquidazione in capitale , d’ufficio o a richiesta, viene valutato 1'ultimo danno presupponendo normale l'attitudine al lavoro dell'assicurato cioè non se ne tiene proprio conto.

PREESISTENZE A CARATTERE NON PROFESSIONALE

Per le preesistenze  a carattere extraprofessionale 1'art. 79 T.U. 1965 dispone che il grado di riduzione permanente dell’attitudine al lavoro causata dall’infortunio, quando risulti « aggravato » da inabilita preesistenti derivanti da fatti estranei al lavoro, deve essere rapportato non alla normale attitudine al lavoro, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti invalidita.II danno extralavorativo assume, quindi, rilevanza agli effetti della valutazione dell'inabilita residuata dopo 1'infortunio solo quando tra esso e il danno da quest'ultimo direttamente prodotto sussista concorso, e non semplice coesistenza .

 

IN SINTESI SECONDO IL TU. 1124/1965

 

Tabella sinottica della valutazione delle concause di invalidità preesistenti secondo il TU.

 

 

 

 

 

 

Preesistenza
    

 

 

Concorso

 

 
    

Lavorativa della stessa gestione

Lavorativa riscattata in capitale
    

 

Formula Balthazar

Lavorativa di altra gestione

Lavorativa liquidata in capitale d’ufficio

Extralavorativa
    

 

 

Formula Gabrielli

 

 

Coesistenza
    

Lavorativa della stessa gestione

Lavorativa di altra gestione

Lavorativa riscattata o liquidata in capitale d’ufficio
    

 

 

Formula Balthazar

 

Extralavorativa
    

Non si tiene conto della preesistenza

 

LE CONCAUSE SOPRAVVENUTE.

Per esemplificare il caso è quello che l’Alibrandi faceva del monocolo che in prosieguo, per cause extralavorative, perde anche l’altro occhio. II T.U. 1965 non prevede una disciplina specifica. L’ipotesi si verifica allorchè  le conseguenze invalidanti dell’infortunio siano aggravate da fatti morbosi intervenuti successivamente. Gurisprudenza e dottrina hanno ritenuto di poter sopperire a questa lacuna legislativa facendo richiamo ai principi generali in materia di concausa, ritenendo che delle concause sopravvenute si debb tener conto agli effetti dell’indennizzo assicurativo (cioè della valutazione dell'invalidità complessiva di cui 1'assicurato risulta portatore) solo quando esse trovano nella lesione da infortunio la loro causa efficiente.Rientra tra le concause sopravvenute la cosiddetta nevrosi da indennizzo che non è mai indennizzabile. Essa consiste in manifestazioni di carattere nevrotico dell’infortunato convinto di aver diritto all’indennizzo per presunte, inesistenti menomazioni della propria capacità lavorativa.

   

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