misura cautelare degli arresti domiciliari per i reati di associazione mafiosa e rivelazione di segreto d'ufficio nei confronti di un appartenente alle forze dell'ordine

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Lunedì, 16 Gennaio 2012 17:31
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T.A.R. Puglia Bari Sez. I, Sent., 05-01-2012, n. 29

Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con ordinanza emessa in data 29.5.2004 il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bari disponeva la misura cautelare degli arresti domiciliari per i reati di associazione mafiosa e rivelazione di segreto d'ufficio nei confronti dell'odierno ricorrente @@ (dipendente di ruolo dell'Arma dei Carabinieri con il grado di maresciallo ordinario in servizio permanente).
Successivamente, con ordinanza del 19.6.2004, veniva accolta la richiesta avanzata dall'Ufficio del Pubblico Ministero di misura cautelare più restrittiva consistente nella custodia cautelare in carcere.
Con distinti provvedimenti ministeriali prot. n. 205/3-7/2004 del 9.7.2004 e prot. n. 201/3-7/2004 del 9.7.2004 l'Amministrazione militare decretava, in conseguenza delle ordinanze cautelari rispettivamente del 29.5.2004 e del 19.6.2004, la sospensione precauzionale obbligatoria dall'impiego del @@ ai sensi dell'art. 20, comma 2 L. 31 luglio 1954, n. 599.
I due provvedimenti amministrativi del 9.7.2004 traevano, pertanto, origine dalle due distinte ordinanze cautelari del G.I.P. presso il Tribunale di Bari.
Il Tribunale del riesame con Provv. del 16 luglio 2004 annullava la misura della custodia cautelare in carcere; con ordinanza del 22.9.2004 revocava la misura cautelare degli arresti domiciliari.
Il Ministero della Difesa con successivo decreto n. 420/III/7/2004 del 16.12.2004 dichiarava la cessazione della sospensione precauzionale dall'impiego del @@ a seguito del pronunciamento del Tribunale del riesame.
Con decreto ministeriale n. 421/III/7/2004 sempre del 16.12.2004 veniva disposta la riammissione in servizio del @@.
Tuttavia, l'Amministrazione statuiva, con provvedimento prot. n. 2113/T-6 del 10.1.2005, il trasferimento del @@ presso la stazione C.C. di @@ @@ per incompatibilità ambientale rispetto alla sede di @@.
Il gravato provvedimento prot. n. 358/III-7/2005 del 25.8.2005 di sospensione precauzionale facoltativa dall'impiego del @@, emanato ai sensi dell'art. 20, comma 1 L. n. 599 del 1954, prende atto della richiesta di rinvio a giudizio dello stesso @@ formulata in data 16.3.2005 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari - Direzione Distrettuale Antimafia (in ordine alle imputazioni di concorso in associazione mafiosa, rivelazione ed utilizzazione di segreti d'ufficio, concorso in peculato, favoreggiamento personale, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e concorso in falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici) e del fatto che l'ulteriore permanenza in servizio dell'odierno ricorrente sarebbe stata pregiudizievole per il decoro ed il prestigio dell'Amministrazione militare, oltre che causa di grave turbativa al servizio.
Parte ricorrente contesta l'inesistenza di fatti nuovi rispetto alle precedenti ordinanze di sospensione precauzionale dall'impiego (a parte la richiesta di rinvio a giudizio, peraltro relativa alle stesse imputazioni).
Rileva, altresì, che il provvedimento gravato è carente sotto il profilo della motivazione e della istruttoria; che lo stesso viola il principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza sino a condanna definitiva (art. 27, comma 2 Cost.); che nessuna novità è sopraggiunta rispetto ai provvedimenti di riammissione in servizio del @@; che la richiesta di rinvio a giudizio è relativa alle stesse identiche imputazioni poste a fondamento degli originari provvedimenti limitativi della libertà personale, successivamente annullati dal Tribunale del riesame di Bari; che per tali fatti l'Amministrazione ha già disposto il trasferimento del @@ per incompatibilità ambientale.
Si è costituito il Ministero della Difesa, resistendo al gravame.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso sia infondato.
Invero, il gravato provvedimento appare essere adeguatamente motivato in ordine ai presupposti di fatto e di diritto che ne legittimano l'adozione, così come imposto dall'art. 3 L. 7 agosto 1990, n. 241 ed in particolare con riferimento alla circostanza della richiesta di rinvio a giudizio del @@ (per le imputazioni di concorso in associazione mafiosa, rivelazione ed utilizzazione di segreti d'ufficio, concorso in peculato, favoreggiamento personale, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e concorso in falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici) ed al fatto che "l'ulteriore permanenza in servizio del Maresciallo Ordinario dell'Arma dei Carabinieri in servizio permanente @@ sia di pregiudizio al decoro ed al prestigio dell'Amministrazione militare e di grave turbativa al servizio".
Peraltro, la richiesta di rinvio a giudizio, pur essendo relativa alle stesse imputazioni poste a fondamento degli originari provvedimenti limitativi della libertà personale poi annullati ovvero revocati dal Tribunale del riesame di Bari, rappresenta indubbiamente una progressione nello sviluppo dell'azione penale a carico del @@, suscettibile di essere legittimamente considerata quale circostanza rilevante ai fini della sospensione cautelare facoltativa dall'impiego ex art. 20, comma 1 L. n. 599 del 1954, istituto giuridico posto a presidio del decoro e del prestigio dell'Amministrazione militare.
Pertanto, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, nel caso di specie non può ritenersi esercitato nuovamente ed in violazione del principio del ne bis in idem il potere di sospensione obbligatoria dal servizio in relazione agli stessi fatti per i quali il @@ era stato originariamente sospeso dal servizio con decreti del 9.7.2004 adottati in applicazione dell'art. 20, comma 2 L. n. 599 del 1954 (disposizione relativa alla sospensione cautelare obbligatoria) durante la vigenza delle misure cautelari degli arresti domiciliari prima e della custodia cautelare in carcere poi, in quanto l'Amministrazione militare - a ben vedere - ha legittimamente esercitato il differente potere di sospensione cautelare facoltativa di cui all'art. 20, comma 1 L. n. 599 del 1954.
Ai sensi dell'art. 20, comma 1 L. n. 599 del 1954 (relativo alla sospensione facoltativa), infatti, "Il sottufficiale che sia sottoposto a procedimento penale per imputazione da cui possa derivare la perdita del grado, o che sia sottoposto a procedimento disciplinare per fatti di notevole gravità, può essere sospeso precauzionalmente dall'impiego, a tempo indeterminato, fino all'esito del procedimento penale o disciplinare.".
Il comma 2 (relativo alla sospensione obbligatoria) statuisce che "Tale provvedimento è sempre adottato nei confronti del sottufficiale a carico del quale sia stato emesso ordine o mandato di cattura o che si trovi comunque in stato di carcerazione preventiva.".
Ritiene questo Collegio che la valutazione operata con il gravato provvedimento dalla Amministrazione resistente in ordine alla gravità (rilevante ai fini dell'applicazione della disposizione di cui all'art. 20, comma 1 L. n. 599 del 1954) delle imputazioni contestate al @@ non sia sindacabile in sede giurisdizionale, poiché non inficiata da macroscopica illegittimità ed in quanto supportata da idonea motivazione.
Rileva, al riguardo, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I bis, 19 aprile 2006, n. 2830 che "... in sede di sospensione cautelare facoltativa, l'Amministrazione dispone della facoltà di valutare l'opportunità dell'adozione o meno della detta misura, in esplicazione di un potere tipicamente discrezionale, in relazione al quale il sindacato del giudice amministrativo è limitato alla ricorrenza di scelte inficiate da grave irrazionalità. ...".
Nel caso di specie non vengono addotti da parte ricorrente indici sintomatici in tal senso.
Inoltre, la sospensione cautelare facoltativa in esame non ha natura sanzionatoria, trattandosi di rimedio provvisorio a tutela del superiore interesse pubblico dell'Amministrazione, il cui perseguimento risulta minacciato dalla permanenza del dipendente cui sono contestati, come nel caso di specie, fatti, rilevanti anche penalmente, con pregiudizio al regolare svolgimento dello stesso servizio.
L'impugnato provvedimento appare - come detto - adeguatamente motivato in relazione alla incompatibilità della prestazione del servizio del dipendente coinvolto con l'interesse pubblico, comportando la prosecuzione dello stesso un turbamento dell'immagine della Pubblica Amministrazione (cfr. testo del provvedimento impugnato: "... Ritenuto che l'ulteriore permanenza in servizio del Maresciallo Ordinario dell'Arma dei Carabinieri in servizio permanente @@ sia di pregiudizio al decoro ed al prestigio dell'Amministrazione militare e di grave turbativa al servizio; ...").
Né si può affermare, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, che il provvedimento di sospensione del @@ implichi un qualsiasi accertamento della responsabilità dello stesso ovvero un giudizio, neppure approssimativo e provvisorio, circa la colpevolezza dell'interessato in grado di incidere sul principio costituzionale di non colpevolezza sino a condanna definitiva ex art. 27, comma 2 Cost., venendo in rilievo una mera misura cautelare avente natura disciplinare.
Come evidenziato da T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 8 luglio 2008, n. 6433, con argomentazioni cui questo Collegio ritiene di aderire, "A mente dell'art. 20 L. n. 599 del 1954, il sottufficiale che sia sottoposto a procedimento penale per imputazione da cui possa derivare la perdita del grado o che sia sottoposto a procedimento disciplinare per fatti di notevole gravità, può essere sospeso precauzionalmente dall'impiego, a tempo determinato, fino all'esito del procedimento penale o disciplinare. La sospensione precauzionale dal servizio è una mera misura cautelare che riveste natura disciplinare, in quanto prescinde da qualsiasi accertamento della responsabilità dell'inquisito e non implica quindi alcun giudizio neppure approssimativo e provvisorio circa la colpevolezza dell'interessato.".
E' pur vero - come rilevato dalla difesa dell'odierno deducente nella memoria depositata in data 22.10.2011 - che in epoca successiva il @@ è stato mandato assolto per le suddette imputazioni con sentenza passata in giudicato della Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, n. 683 del 20.3.2009 (formula assolutoria: "perché il fatto non sussiste") e che con provvedimento n. 0314/III-9/2009 del 14.8.2009 il Ministero della Difesa ha ritenuto di non dover disporre l'inchiesta formale nei confronti del @@, essendo stata provata la piena innocenza in sede penale dello stesso per tutti i reati contestati.
Questo Collegio non ignora che ai sensi dell'art. 20, comma 3 L. n. 599 del 1954 "Se il procedimento penale ha termine con sentenza definitiva che dichiari che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, la sospensione è revocata a tutti gli effetti".
Tuttavia, come rimarcato da Cons. Stato, Sez. IV, 30 settembre 2002, n. 4994, "La legittimità di un provvedimento amministrativo va valutata con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, non potendo quest'ultimo acquisire una causa di invalidità per effetto di eventi verificatisi successivamente alla sua emanazione ("tempus regit actum").".
Con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della emanazione del gravato provvedimento di sospensione precauzionale, lo stesso appare - come visto - non inficiato dai vizi contesti da parte ricorrente nell'atto introduttivo.
Peraltro, anche a voler concedere cittadinanza nel diritto amministrativo alla categoria giuridica della cd. "invalidità sopravvenuta" del provvedimento, la circostanza (verificatasi nelle more del presente giudizio) dell'assoluzione definitiva del @@ non ha costituito oggetto di apposita censura con motivi aggiunti avverso l'atto originariamente impugnato, posto che la citata memoria depositata in data 22.10.2011 non è stata notificata alla Amministrazione resistente.
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la reiezione del ricorso.
In considerazione della natura e della peculiarità della presente controversia nonché della qualità delle parti, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.