disparità di trattamento, ad opera del legislatore, nei confronti dei pari grado dell'Arma dei carabinieri

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Lunedì, 16 Gennaio 2012 17:14
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T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 05-01-2012, n. 137
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1.1 - I ricorrenti prospettano di essere sottufficiali dell'Esercito che, con il grado di maresciallo capo, sono destinatari delle norme sul riordino dei ruoli contenuti nel D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 196 ("Attuazione dell'art. 3 della L. 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate"), vigente alla data del ricorso.

Essi lamentano disparità di trattamento, ad opera del legislatore, nei confronti dei pari grado dell'Arma dei carabinieri.

In particolare i ricorrenti rilevano che il D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 198 ("Attuazione dell'art. 3 della L. 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli e modifica delle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri"), pure vigente alla data del ricorso, reca per i pari grado dell'Arma una favorevole disposizione transitoria (art. 46, comma 5: "Nel quadriennio 1995-1998 l'avanzamento a scelta per esami di cui all'art. 38, comma 4, avviene previa selezione alla quale è ammesso il personale che riveste il grado di maresciallo capo che ne faccia domanda. Con decreto del Ministro della difesa sono fissati i criteri di selezione tenuto conto dei precedenti di servizio, dell'eventuale frequenza del corso di istruzione generale professionale (I.G.P.) e dei titoli conseguiti, nonché la composizione della commissione che procederà alla selezione ") la quale non è invece prevista per i marescialli capo dell'Esercito, della Marina e dell'Aereonautica destinatari della meno favorevole disposizione di avanzamento ordinario di cui all'articolo 14, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 196 del 1992: "Per le procedure d'avanzamento del personale appartenente ai ruoli dei marescialli, dei sergenti e dei volontari di truppa in servizio permanente dell'Esercito (esclusa l'Arma dei carabinieri), della Marina e dell'Aeronautica si applicano o continuano ad applicarsi le norme della L. 10 maggio 1983, n. 212, e le altre disposizioni previste dalla normativa vigente non in contrasto con il presente decreto legislativo. 2. L'avanzamento del personale di cui al comma 1 ha luogo: a) ad anzianità; b) a scelta; c) per concorso per titoli di servizio ed esami; d) per meriti eccezionali".

In questa diversa disciplina di inquadramento ed avanzamento i ricorrenti ravvisano:

- una violazione della delega legislativa conferita dall'articolo 3 della L. 6 marzo 1992, n. 216;

- una violazione degli articoli 3, 51, 76, 77, 97 e 134 della Costituzione, nonché dei principi generali;

- eccesso di potere.

1.2 - L'Amministrazione si è costituita, e in data 29 settembre 2011 ha depositato una memoria e documenti, tra cui gli atti indicati nell'epigrafe del ricorso.

La causa è passata in decisione all'udienza pubblica del 16 novembre 2011.

2. - Il ricorso lamenta sostanzialmente la illegittimità costituzionale delle disposizioni di inquadramento, nonché di avanzamento nel quadriennio 1995-1998, sopra indicate, e va respinto.

Questo Tar ha già avuto modo di esprimersi su analoga fattispecie con la sentenza n. 2281/2010.

In quell'occasione il Tribunale ha rilevato che:

- in tema di inquadramento dei sottufficiali delle Forze Armate la Corte costituzionale ha già ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità Costituzionale dell'art. 34 del D.Lgs. n. 196 del 1995 nella parte in cui recherebbe una illegittima discriminazione rispetto al più favorevole inquadramento riservato in via transitoria ai corrispondenti gradi dell'Arma dei Carabinieri dall'art. 46 del D.Lgs. n. 198 del 1995, atteso che il diverso trattamento in sede transitoria trova adeguata giustificazione nelle diverse posizioni di partenza economiche e giuridiche sia tra le Forze di polizia sia tra queste ultime e le Forze armate in genere;

- la Corte ha pure statuito che non è ravvisabile lesione del principio di uguaglianza per il fatto che intervengano variazioni dell'assetto organizzatorio della P.A., non essendo esse di per sé indice di peggioramento, anche se accompagnate da minori accrescimenti di posizioni economiche o di svolgimento di carriera di gruppi di dipendenti (che peraltro hanno pur sempre hanno ottenuto vantaggi e miglioramenti significativi, anche se in misura inferiore a quanto previsto per altri settori). Ciò in quanto le variazioni si inseriscono in un disegno di politica normativa ed in scelte discrezionali non palesemente arbitrarie né manifestamente irragionevoli, tendenti alla razionalizzazione ed alla omogeneizzazione di complesse situazioni ordinamentali (v. Corte Costituzionale, 30 aprile 1999 n. 151);

- la Corte costituzionale ha pure dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità della suddetta normativa nella parte in cui disporrebbe per i marescialli dell'Esercito un trattamento deteriore rispetto a quello per i pari grado dell'Arma dei Carabinieri; e ha rilevato che né la legge-delega n. 216 del 1992 né le norme successive hanno inteso perseguire un'assoluta identità di posizioni e trattamenti tra i sottufficiali dei Carabinieri e quelli delle altre Forze armate, sicché non essendo le rispettive funzioni e posizioni comparabili, la scelta compiuta dal legislatore non risulta né manifestamente irragionevole né palesemente arbitraria (v. Corte Costituzionale, 17 luglio 2000, n. 296);

- risulta conseguentemente inesistente anche l'asserito contrasto tra la normativa richiamata e gli artt. 76 e 77 della Costituzione, e dunque inesistente l'asserito eccesso di delega legislativa, poiché le considerazioni sopra espresse mostrano che il Governo ha correttamente esercitato la delega conferita dall'art. 3 della citata L. n. 216 del 1992.

Non vi sono ragioni per discostarsi da quanto già affermato dal Tribunale, sicché anche il presente ricorso deve essere rigettato.

Le spese di giudizio, che il Collegio liquida in Euro 3000, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali dell'Amministrazione, e le liquida in Euro 3.000,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.