Carabinieri - Richiesta di annullamento del provvedimento di trasferimento
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- Creato Martedì, 10 Gennaio 2012 18:23
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N. 875/11 Reg.Sent.
N. 1521 Reg.Ric.
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso in appello n. 1521/2010 proposto da
@@ @@,
rappresentato e difeso dall’avv. -
c o n t r o
il MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore ed il COMANDO LEGIONE CARABINIERI SICILIA – SM - UFFICIO PERSONALE, in persona del Comandante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici in Palermo, via A. De Gasperi n. 81 sono elettivamente domiciliati;
per l'annullamento
della sentenza del T.A.R. per la Sicilia - sezione staccata di Catania (sezione terza) - n. 4454 del 16 novembre 2010
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per le amministrazioni appellate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Consigliere Alessandro Corbino;
Uditi, altresì, alla pubblica udienza del 9 giugno 2011 l’avv. -
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
L’appello è rivolto contro la sentenza n. 4454/2010 con la quale il TAR di Catania ha respinto il ricorso dell’odierno appellante rivolto all’annullamento del provvedimento prot. n. 1713/50-TM, notificato in data 7 ottobre 2010, con il quale si ordina il trasferimento del ricorrente dalla sede di @@ a quella di @@, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.
Lamentava il ricorrente la ingiustizia di tale provvedimento per violazioni di legge (art. 7 legge 241/1990; artt. 55 DPR 335/1982, 386 e 395 del Regolamento generale dell’Arma dei Carabinieri), difetto di motivazione, eccesso di potere per contraddittorietà ed errore nel presupposto.
La vicenda nasce dalla segnalata protratta presenza del ricorrente, militare dell’Arma, all’interno di una sala riservata di un ristorante di @@ (@@), ad una cena di festeggiamento del diciottesimo compleanno del figlio di un noto pregiudicato, alla quale avevano preso parte circa cinquecento persone, tra le quali molti pregiudicati.
Afferma il ricorrente di essersi in realtà trovato coinvolto solo per avere accompagnato al festeggiamento il proprio figlio ed essersi fermato per pochi minuti a intrattenersi con altri genitori. E come, dunque, il provvedimento di trasferimento emesso nei suoi confronti, mancasse di giustificazione.
Ha ritenuto invece il Giudice che il ricorso andasse respinto, in quanto infondato.
L’appello ripropone le doglianze precedenti. Deduce, in particolare, i seguenti motivi: a) violazione dell’art. 7 della legge 241/1990; b) difetto di motivazione; c) eccesso di potere per errore nel presupposto; d) violazione degli articoli: 55 DPR. 335/1982, 386 e 395 del Regolamento generale dell’Arma.
In sede cautelare, l’istanza proposta è stata respinta alla camera di consiglio del 2 febbraio 2011.
D I R I T T O
L’appello è infondato.
Nessuna delle censure proposte può essere accolta.
Il provvedimento adottato appare infatti sorretto da corretta motivazione e sostenuto anche da ragioni di urgenza che giustificano la mancata partecipazione dell’interessato.
Quanto alla sua motivazione (oltreché coerenza con i presupposti) esso appare sostenuto da una approfondita valutazione delle circostanze. Si legge invero che, nel corso del servizio predisposto, “i militari notavano la presenza” del @@ “intento a conversare con altro soggetto non meglio identificato, proprio nell’area del ristorante riservata esclusivamente al festeggiamento, mentre gli estranei a quel contesto erano stati fatti accomodare in altri distanti spazi del locale, rendendo così inequivocabile la consapevole partecipazione del militare allo specifico evento”. E ancora e soprattutto che: “il personale operante aveva modo di constatare, altresì, che il @@ permaneva in loco per buona parte della serata”. Aggiunge ancora il provvedimento che “l’episodio, conosciuto dai militari della Stazione di @@ e del N.O.R.M. della Compagnia di @@, è stato già commentato sfavorevolmente nelle rispettive sedi di servizio”, nonché che: “la presenza alla festa del militare potrebbe essere oggetto di commenti sfavorevoli anche tra la popolazione, arrecando nocumento all’immagine della Istituzione”.
Nessuna censura merita dunque sotto questo profilo il provvedimento. È palese il suo collegamento con fatti rilevanti (prolungata presenza per buona parte della serata), sono palesi la inammissibile leggerezza di comportamento dell’interessato (che avrebbe potuto bene limitarsi ad accompagnare e rilevare, alla conclusione della cena, il figlio, senza trattenersi) e le ragioni di opportunità che lo hanno motivato.
Lo stesso deve dirsi per la censura di mancato preavviso.
Il provvedimento impugnato era sorretto da evidenti ragioni cautelari e di celerità, che rendono pienamente giustificata (art. 7 legge 241/1990) la procedura adottata.
Nessuna censura il provvedimento merita poi anche sotto gli ulteriori profili dedotti.
Il trasferimento disposto è avvenuto tenendo conto di obbiettive esigenze di servizio (le carenze di ruolo presso una diversa unità) ed anche delle esigenze familiari dello stesso, essendo stato il trasferimento disposto nel solo Reparto in carenza di organico in ambito provinciale e dunque nel luogo più prossimo possibile alla sua residenza, circostanza che rende infondata anche la doglianza circa la presunta violazione delle norme regolamentari invocate, dal momento che il provvedimento ha appunto: tenuto conto “della situazione personale e familiare” (art. 55 DPR. 335/1982, per altro relativo al personale della Polizia di Stato, nonché 386 e 395 del Regolamento generale dell’Arma).
Per le premesse, l’appello è da respingere.
Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.
Condanna l’appellante alle spese del giudizio, che liquida in € 2.000 (duemila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Palermo il 9 giugno 2011 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l'intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Antonino Anastasi, Guido Salemi, Pietro Ciani, Alessandro Corbino, estensore, componenti.
F.to Riccardo Virgilio, Presidente
F.to Alessandro Corbino, Estensore
Depositata in Segreteria
il 21 novembre 2011