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DIA - Ministero dell'Interno chiamato al risarcimento dei danni per omesso scorrimento della graduatoria

Dettagli

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N. 06507/2011REG.PROV.COLL.

N. 02842/2011 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2842 del 2011, proposto da:
Roberto Vitanza, rappresentato e difeso dall'avv. Pierluigi Pezzopane, con domicilio eletto presso Roberto Cappelli in Roma, Via Barzellotti, 8;


contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato per legge in Roma, Via dei Portoghesi, 12;


nei confronti di

Marina Castellucci, Marco Mazzi, Pietro Caserta, Maria Luisa Pellizzari, Michele Rocchegiani, Daniela Mori, non costituiti in giudizio;


per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, sezione I ter n. 33570/2010, resa tra le parti, concernente il riconoscimento del diritto ad essere assegnato alla direzione investigativa antimafia ed il risarcimento dei danni.




Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Designato relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2011 il Cons. Hadrian Simonetti, uditi per le parti l’Avvocato Presutti, su delega di Pezzopane, e l’Avvocato dello Stato Caselli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1. Il dott. Roberto Vitanza ha partecipato, in qualità di Commissario capo della Polizia di Stato, al concorso per titoli indetto nel 1991 per l’allora appena istituita Direzione Investigativa Antimafia risultando, all’esito, collocato al 32° posto, tra gli idonei, nella graduatoria approvata con D.M. 3.4.1992.

2. L’esito del concorso è stato conosciuto solamente a seguito di un primo ricorso avverso il silenzio sull’istanza di accesso, in esecuzione della sentenza del Tar Lazio n. 1273 del 1993.

3. Con un secondo ricorso del 1993, il dott. Vitanza ha impugnato la graduatoria, chiedendone l’annullamento. Il Tar Lazio, con sentenza n. 1593 del 1995 lo ha respinto e, a distanza di anni, l’appello è stato dichiarato perento con decreto 7512 del 2006.

3. Dopo una nuova istanza di accesso, con ricorso notificato il 19.8.1999, ha chiesto l’accertamento del proprio diritto allo scorrimento della graduatoria, sul rilievo che l’amministrazione avesse dapprima assunto taluni degli idonei che lo precedevano ed in seguito avesse chiamato in via diretta funzionari che invece a tale concorso non avevano neppure partecipato.

La domanda muoveva dal presupposto che, ai sensi dell’art. 9 del bando di concorso, la graduatoria avrebbe conservato validità e che i funzionari in essa ricompresi sarebbero stati via via assegnati alla DIA, nel numero massimo dei posti della dotazione organica prevista che, per i commissari capo di Polizia, era di 17 unità.

3. Dopo una prima pronuncia di inammissibilità per mancata notifica ai controinteressati, annullata con rinvio dal Consiglio di Stato, con sentenza n. 33570 del 2010, il Tar del Lazio, ha dichiarato il ricorso in parte manifestamente inammissibile ed in altra parte manifestamente infondato ai sensi dell’art. 49 del c.p.a., senza quindi che fosse necessario disporre l’integrazione del contraddittorio.

La pronuncia di inammissibilità è motivata in ragione della proposizione di una domanda di accertamento a tutela di una posizione che il Giudice di primo grado qualifica come di interesse legittimo. Quella di infondatezza ha riguardo alla domanda risarcitoria ed è motivata in ragione della “mancata assunzione delle dovute iniziative prima del verificarsi di circostanze preclusive all’assunzione in questione”.

4. Avverso la sentenza è proposto il presente appello con il quale, censurando la pronuncia del Tar, si sostiene in particolare:

-che la posizione da tutelare avrebbe natura di diritto soggettivo poiché, nella vicenda in esame, l’amministrazione ha deliberato in un primo momento di procedere allo scorrimento della graduatoria per far fronte ad alcune rinunce, salvo poi, senza motivo, interrompere tale pratica ed assumere, con chiamata diretta, funzionari che non avevano partecipato al concorso;

- che, nel merito delle questioni dedotte, l’art. 9 del bando di concorso del 15.11.1991 avrebbe previsto il progressivo scorrimento della graduatoria quale modalità ordinaria di copertura dei posti della dotazione organica risultati vacanti, consentendo la chiamata nominativa nei soli limiti del 5% dell’organico e solamente dopo lo scorrimento dell’intera graduatoria concorsuale;

- che, in senso contrario, non varrebbe richiamare la regola generale della biennalità delle graduatorie dei concorsi pubblici, sia perché la stessa sarebbe stata derogata dal bando sia perché, comunque, detto termine non era ancora decorso a dicembre del 1992, quando l’Amministrazione pose fine allo scorrimento.

4.1. Oltre alla domanda di accertamento del diritto all’assunzione, previo annullamento dei provvedimenti di assegnazione alla DIA dei controinteressati, l’appellante ha chiesto inoltre il risarcimento del danno:

-in forma specifica, attraverso la ricostruzione della carriera a far data dal 10.12.1992;

- per equivalente, allegando di avere sofferto danni patrimoniali consistiti nella perdita economica derivante dal mancato godimento della specifica indennità spettante al personale della DIA, oltre che nella perdita della “chance”, rappresentata dalle maggiori occasioni professionali favorevoli che l’assegnazione alla DIA avrebbe comportato; nonché danni non patrimoniali derivanti dal mancato svolgimento delle mansioni superiori, di natura investigativa, propri della DIA.

Si è difesa l’Amministrazione, con costituzione solamente formale.

5. Rileva preliminarmente il Collegio come la pronuncia del Tar, di manifesta inammissibilità della domanda di accertamento del diritto all’assunzione, sia motivata sul rilievo che il ricorrente non sarebbe titolare di un diritto soggettivo, essendo lo scorrimento della graduatoria una mera facoltà dell’Amministrazione, e sul tacito presupposto che a tutela di un interesse legittimo non sarebbe (ancora) possibile proporre, nel giudizio amministrativo, un’azione di accertamento.

5.1. Ciò posto, è noto come sul tema dello “scorrimento della graduatoria” si confrontino due orientamenti di massima.

L’uno che afferma che si tratterebbe di una facoltà dell’amministrazione, che potrebbe anche decidere di bandire un nuovo concorso, cui è correlato un interesse legittimo dell’idoneo, (v. ad esempio, Cons. St., VI, n. 5637/2005); l’altro, seguito dalla giurisprudenza civile, che riconosce agli idonei di una graduatoria in corso di validità un vero e proprio diritto soggettivo all’assunzione nel caso in cui l’amministrazione decida di coprire i posti vacanti, la cui discrezionalità verrebbe meno una volta che tale decisione sia stata presa (Cass. s.u., n. 14529/2003; v. altresì Cass. sez. lav., n. 5588/2009). E’ utile rilevare che tale ultima decisione distingue tra la pretesa allo scorrimento e diritto all’assunzione, affermando che il secondo sorge con il completamento di una fattispecie complessa: la perdurante efficacia di una graduatoria e la decisione di avvalersene per coprire i posti vacanti).

5.2. Nella vicenda in esame - nella quale sulla giurisdizione si è formato il giudicato (implicito) e dove, quindi, la distinzione tra diritti e interessi legittimi ha rilevanza minore- è decisiva la constatazione che la graduatoria del concorso per l’assegnazione alla DIA fu prontamente utilizzata (nel primo anno di validità) dall’amministrazione, mediante scorrimento fino al 29° posto, per coprire i vuoti determinatisi a seguito di rinuncia dei primi classificati, sino a lambire la (32^) posizione dell’odierno appellante. Salvo poi revocare tale decisione, ponendo fine allo scorrimento e orientandosi invece per la chiamata diretta di sei funzionari, dei quali cinque non avevano neppure partecipato al concorso ed un sesto si era collocato al 37° posto, dopo il Vitanza.

5.3. Nella peculiare fattispecie in esame, la domanda proposta dall’odierno appellante, siccome preordinata in sostanza ad ottenere la prosecuzione di uno scorrimento della graduatoria a suo tempo già avviato ed in un secondo momento immotivatamente interrotto, deve quindi ritenersi in via di principio ammissibile (v. già Cons. St., V, n. 1395/2011).

6. Nel merito, la domanda è fondata nei seguenti limiti.

6.1. L’intera vicenda concorsuale, quale è possibile ricostruire, a distanza di molti anni, sulla base delle lunghe e dettagliate allegazioni di parte e attraverso le precedenti pronunce dei giudici amministrativi, è stata contrassegnata da una condotta dell’Amministrazione non esente da critiche sotto il profilo della correttezza e della trasparenza.

Basti pensare che qualunque informazione sull’esito stesso del concorso, sullo stato della graduatoria, sullo scorrimento nella stessa, sulle assunzioni “esterne”, è stata appresa dal dott. Vitanza sempre e solamente all’esito di giudizi amministrativi, in esecuzione di sentenze di condanna nel rito dell’accesso o di pronunce istruttorie, al costo quindi di faticose e costose azioni in giudizio.

Informazioni, quindi, che sarebbe stato doveroso rendere tempestivamente all’interessato, nella sede naturale di un procedimento concorsuale peraltro di primaria importanza, sono state a lungo negate in nome di una segretezza degna di miglior causa ed in contrato con elementari esigenze di trasparenza e di partecipazione.

La violazione costante e ripetuta degli obblighi informativi, che la dottrina civilistica annovera tra gli obblighi di protezione derivanti dal principio di buona fede, si è poi tradotta, in alcuni dei passaggi più opachi della vicenda in esame, in atteggiamenti persino insinceri, come quando l’Amministrazione ha, per lunghi anni, negato di avere proceduto ad assunzioni dirette di funzionari che non avevano partecipato al concorso del 1991, circostanza poi contraddetta dalle istruttorie disposte in giudizio.

6.2. Il profilo concernente il mancato rispetto delle regole di condotta nel “rapporto amministrativo” - la cui violazione può comportare il risarcimento del danno anche a prescindere dalla spettanza, in concreto, della prestazione ovvero della pretesa avuta di mira dal privato – si intreccia, nel caso di specie, con quello che attiene alla validità dell’azione amministrativa, riferita alla fase immediatamente successiva all’approvazione della graduatoria concorsuale.

6.3. In ordine a tale secondo aspetto, reputa il Collegio che la scelta dell’Amministrazione di interrompere bruscamente lo scorrimento, appena avviato, di una graduatoria al tempo ancora pienamente valida, sia stato illegittimo. Perché il tutto è avvenuto senza alcuna motivazione ed in contrasto con l’art. 9 del bando di concorso, che (quanto meno) nel termine biennale di validità indicava lo scorrimento come modalità privilegiata per future assunzioni, e perché simile ripensamento è minato da un’intrinseca contraddittorietà ed è stato causa di irragionevoli disparità di trattamento tra quanti, tra gli idonei, avevano potuto beneficiare dello scorrimento e quanti ne erano stati invece esclusi.

Né varrebbe richiamare la possibilità per l’Amministrazione di richiedere l’assegnazione nominativa di funzionari in misura non superiore al 5%, di cui all’art. 4, co. 4 bis, della l. 410/1991, trattandosi di una modalità di reclutamento da intendersi come aggiuntiva e non sostitutiva rispetto alla via maestra del concorso, subordinata quindi all’esaurimento della graduatoria o, a tutto concedere, alla sua perdita di validità.

La vicenda storica dimostra, invece, come l’Amministrazione abbia fatto un largo uso di tale modalità, prediligendo nomine fiduciarie in luogo della selezione mediante concorso.

6.4. Una volta accertata l’illegittimità dell’azione amministrativa – che nella vicenda in esame si è tradotta in atti, silenzi, comportamenti, tutti riconducibili al medesimo potere autoritativo – si tratta di stabilirne gli effetti e le conseguenze, tenuto naturalmente conto delle domande proposte dalla parte.

6.5. Ebbene, l’azione del ricorrente è innegabilmente volta in via primaria ad ottenere la tutela in forma specifica della propria pretesa, mediante il combinato disposto di un’azione di accertamento del diritto all’assegnazione alla DIA che si lega ad un’azione di riduzione in pristino, con ricostruzione della carriera a far data dal dicembre del 1992.

6.6. Ciò posto, osserva il Collegio come, anche assumendo come dato temporale il dicembre del 1992, il riconosciuto diritto allo scorrimento non si possa tradurre automaticamente, per ciò solo, nel diritto ad essere assegnato alla DIA, sul noto rilievo che la graduatoria e la successiva nomina sono atti comunque distinti e che la seconda è generalmente subordinata a propri requisiti aggiuntivi. Tanto più questo ragionamento vale a distanza di quasi venti anni dai fatti in contestazione, dopo che la graduatoria ha da tempo perso validità e quando oramai – come si legge nell’istanza dell’8.2.2010 presentata nel giudizio di primo grado - “il dr. Vitanza è prossimo al raggiungimento dell’età pensionabile”.

7. Deve quindi ritenersi non più possibile, ove mai lo fosse stata, una tutela in forma specifica che determini in concreto l’assegnazione, ora per allora, del dott. Vitanza alla DIA. Come anche deve escludersi, in assonanza con l’indirizzo giurisprudenziale affermatosi con Cons. St., Ad. Plen. n. 10/1991 (che esclude il riconoscimento retroattivo del diritto alla retribuzione, in caso di illegittima omessa costituzione di un rapporto di pubblico impiego), la riduzione in pristino attraverso la ricostruzione della carriera, come se per tutti questi anni il dott. Vitanza fosse stato assegnato alla DIA, senza soluzione di continuità.

L’impossibilità di una tutela in forma specifica comporta, quale ulteriore conseguenza, che l’impugnazione dei provvedimenti di assegnazione dei funzionari per chiamata diretta non risulta più utile per il ricorrente ai sensi dell’art. 34 co. 3 c.p.a., potendosi quindi prescindere dalla questione sia della tempestività di simile impugnazione, sia della integrazione del contraddittorio nel giudizio di primo grado, che imporrebbe altrimenti l’ennesimo annullamento con rinvio al Tar.

8. Resta peraltro intatto l’interesse all’accertamento dell’illegittimità dell’azione amministrativa (v. al punto 6.3.), siccome connesso all’interesse risarcitorio.

8.1. Quest’ultimo può e deve ricevere soddisfazione mediante una riparazione per equivalente, sussistendo tutti i presupposti di legge.

8.2. Accertata la violazione degli obblighi di informazione e delle modalità di scorrimento, va ora precisato che tutto questo ha prodotto un danno nella sfera giuridica del ricorrente, pregiudicando le sue possibilità di essere assegnato alla DIA, possibilità che nel dicembre del 1992 erano assai consistenti e che la condotta reticente e negligente dell’Amministrazione ha reso progressivamente sempre più incerte e remote, sino a determinare l’attuale impossibilità di una concreta assegnazione in tali organici.

8.3. Il danno, del quale saranno a breve evidenziate le differenti voci, è riconducibile sul piano causale alla condotta dell’Amministrazione.

Tuttavia, data la peculiarità del caso di specie, la natura dei vizi accertati, la distanza temporale dai fatti in contestazione, non è obiettivamente agevole stabilire se, e per quanto tempo, la possibilità di essere assegnato alla DIA si sarebbe realizzata. La condotta antigiuridica dell’Amministrazione, che non ha mai offerto spiegazioni né chiarimenti, ha oramai alterato irreversibilmente il corso delle cose.

Sicché residua la tecnica della chance, configurandosi la stessa possibilità di conseguire il bene della vita dell’assegnazione alla DIA come un bene che, quanto meno alla data del dicembre 1992, esisteva nel patrimonio del danneggiato e che è stato perduto a causa del fatto illecito dell’Amministrazione.

L’esistenza di tale chance non è seriamente dubitabile, per tutte le ragioni sinora evidenziale, potendosi discutere semmai in ordine alla sua consistenza.

Prima ancora di valutare tale secondo aspetto, è bene chiarire che non vale richiamare, in senso contrario, l’art. 1227 c.c. – come implicitamente ha fatto il Giudice di primo grado sub. 1.4. della sentenza – considerato che il ricorrente ha, nel corso del tempo (ma già all’indomani del concorso), esperito pressoché tutti gli strumenti di tutela a sua disposizione, ponendo l’Amministrazione nella condizione migliore per evitare il prodursi o almeno l’aggravarsi del danno. Il che esclude, anche ai sensi dell’art. 30 co. 3 del c.p.a., nella lettura datane dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 2011, qualunque concorso del danneggiato nel fatto illecito del danneggiante.

8.4. Sussiste inoltre, nella vicenda in esame, la colpa dell’Amministrazione, la cui violazione delle regole di correttezza e di trasparenza è priva di possibili e persuasive giustificazioni ed il cui grado di collaborazione è stato assai ridotto.

9. Quanto alla liquidazione del danno e quindi alla consistenza della chance, bisogna distinguere l’aspetto patrimoniale da quello non patrimoniale.

9.1. Il primo è consistito essenzialmente nella mancata attribuzione dell’indennità prevista dall’art. 4 co. 4 della l. 410/1991 che il ricorrente avrebbe goduto ove fosse stato inquadrato nella DIA.

Va peraltro osservato come, sempre nella peculiarità del caso di specie, il danno non possa essere calcolato assumendo che il dott. Vitanza sarebbe certamente rimasto nella DIA dal dicembre dal 1992 ad oggi, e come debba altresì tenersi conto delle occasioni professionali che in alternativa è ragionevole presumere che il dott. Vitanza abbia avuto in tutti questi anni e dei loro prevedibili effetti economici.

Per questo, il danno patrimoniale dovrà essere liquidato calcolando l’indennità, anziché per intero, in una misura che il Collegio reputa equo stabilire nella percentuale del 40%.

9.2. Vi è poi da riconoscere il danno non patrimoniale, puntualmente dedotto dal ricorrente, venendo in risalto valori di rilievo costituzionale che attengono alla tutela del lavoro, alla formazione e all’elevazione professionale dei dipendenti, anche pubblici, suscettibili di essere risarciti in tale ambito secondo il noto insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nelle sentenze dell’11.11.2008 n. 26972, 26973, 26974 e 26975.

La liquidazione deve avvenire in via equitativa, in una percentuale di quanto quantificato a titolo di danno patrimoniale e che, valutata la durata temporale del danno in una vicenda nella quale è verosimile che sia stato “forte” il senso di frustrazione del danneggiato, il Collegio stima equo fissare nel 25%.

9.3. Le voci di danno così individuate, che trovano la loro causa anche in vizi del procedimento e/o in violazioni del “rapporto amministrativo”, valgono a ristorare ogni pregiudizio subito dall’appellante sicché, in disparte ogni altra considerazione, non resta spazio alcuno per la risarcibilità anche del danno da (mero) ritardo di cui all’art. 30 co. 4 del c.p.a.

10. In alternativa ad una liquidazione puntuale delle diverse voci di danno, reputa il Collegio di fare ricorso alla cd. sentenza ai criteri, modalità a suo tempo introdotta dall’art. 35 del d.lgs. 80/1998 ed ora riprodotta e generalizzata dal c.p.a. all’art. 34 co. 4.

I criteri di massima, cui l’Amministrazione dovrà attenersi con scrupolo, sono quelli appena indicati al punto 9. della sentenza, relativi tanto al danno patrimoniale che a quello non patrimoniale (il secondo da liquidarsi in misura pari ad 1/4 della somma capitale del primo) .

Va poi ribadito inoltre che, trattandosi di un debito di valore (e non di valuta), l’importo dovrà essere rivalutato secondo gli indici ISTAT, a far data dal dicembre del 1992 sino alla pubblicazione della sentenza, e sugli importi via via rivalutati anno per anno dovranno calcolarsi anche gli interessi compensativi; mentre a decorrere dalla sentenza, in conseguenza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta (Cons. St., V, 26 gennaio 2011, n. 550, seguendo l’orientamento della Cassazione inaugurato dalle s.u. 17 febbraio 1995, n. 1712).

La rivalutazione ha, come noto, la funzione di ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato antecedentemente alla consumazione dell'illecito, cosiddetto danno emergente; mentre gli interessi valgono a compensare il nocumento finanziario, lucro cessante, subito a causa della mancata tempestiva disponibilità della somma di danaro dovuto a titolo di risarcimento (Cass., sez. III, 3 marzo 2009, n. 5054 ).

Sulla base di tali criteri, l’Amministrazione dovrà quindi proporre a favore del dott. Vitanza il pagamento della somma corrispondente, maggiorata della rivalutazione e degli interessi, entro e non oltre il termine di giorni 90 dalla comunicazione della presente sentenza o dalla sua notificazione. Con l’avvertimento che, altrimenti, ove la proposta non abbia luogo o non sia accettata, sarà possibile agire con il rito dell’ottemperanza.

11. In conclusione, il ricorso va accolto nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, l’Amministrazione va condannata al risarcimento per equivalente dei danni, secondo i criteri indicati ai punti 9 e 10.

12. Quanto infine alle spese di lite, queste vanno compensate per un terzo, in ragione della parziale soccombenza, e per la restante parte sono poste a carico dell’Amministrazione e liquidate con il dispositivo in una misura che tenga conto dell’oggetto e della durata del giudizio.




P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti e nei termini di cui in motivazione e, parzialmente riformando la sentenza impugnata, condanna il Ministero dell’Interno al risarcimento dei danni da liquidarsi secondo i criteri indicati in motivazione.

Compensa per un terzo le spese di lite, condannando il Ministero dell’Interno al pagamento della restante parte liquidata nell’importo complessivo di euro 8.000,00 (ottomila/00), oltre ad IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:



Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Salvatore Cacace, Consigliere

Vittorio Stelo, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere, Estensore





    
    
L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE
    
    
    
    
    

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/12/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

   

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