riferito al recupero sociale dei militari e degli appartenenti alle Forze di Polizia che abbiano fatto uso di sostanze stupefacenti

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Sabato, 03 Dicembre 2011 18:28
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GUARDIA DI FINANZA   -   IMPIEGO PUBBLICO   -   STUPEFACENTI
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 18-11-2011, n. 6099

Fatto Diritto P.Q.@@
Svolgimento del processo
Con sentenza 10 marzo 2011, n. 391, il T.A.R. per il Veneto, Sezione Prima, respingeva il ricorso proposto dal finanziere @@ contro il provvedimento del 1° gennaio 2010 con il quale il Comando interregionale dell'Italia @@ della Guardia di Finanza - in relazione al possesso di sostanze stupefacenti, accertato dai carabinieri in Bari in data 26 dicembre 2009 e non contestato dal ricorrente - aveva disposto la sanzione della perdita del grado per rimozione, nonché di ogni altro atto annesso, connesso o presupposto.
In data 3 maggio 2011 il signor @@ impugnava la sentenza esponendo quattro motivi di doglianza che possono sinteticamente riassumersi nei termini seguenti:
1. eccesso di potere, per avere l'Amministrazione irrogato una sanzione - la perdita del grado per rimozione - non ragionevole e adeguata al fatto commesso, senza tenere conto della occasionalità dell'episodio, dell'irrilevanza penale del fatto stesso, dei precedenti dell'incolpato e della sua successiva condotta, dell'assenza di risonanza pubblica dell'accaduto;
2. violazione di legge ed eccesso di potere, in relazione al disposto dell'art. 109, comma 6, del d.P.R. 9 ottobre 2010, n. 309 (che prevede, per il militare in servizio assuntore di droga, la conservazione del posto di lavoro e il recupero sociale), nonché del combinato disposto della citata norma e dell'art. 6, comma 8, del d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737 (riferito al recupero sociale dei militari e degli appartenenti alle Forze di Polizia che abbiano fatto uso di sostanze stupefacenti);
3. eccesso di potere per contraddittorietà nell'azione amministrativa, per essere l'impugnata sanzione disciplinare in contrasto con i giudizi resi dall'Amministrazione medesima nei confronti del @@ sia prima che dopo il fatto;
4. violazione di legge, in relazione agli artt. 3 e 120 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, per essere stato il procedimento disciplinare iniziato tardivamente rispetto all'acquisita conoscenza del fatto da parte dell'Amministrazione e concluso quando era ormai perenta l'azione disciplinare per il decorso del termine di legge; sulla quale doglianza la sentenza impugnata avrebbe omesso di motivare.
L'istanza cautelare, intesa a ottenere la sospensione degli effetti della impugnata sentenza, veniva respinta da questa Sezione con ordinanza 28 giugno 2011, n. 2789.
L'Amministrazione si costituiva il successivo 4 luglio con propria memoria, sostenendo l'inammissibilità delle doglianze ritenute nuove perché non proposte in primo grado (vale a dire, sostanzialmente, quelle sub 2 e 3) e rinviando, quanto ai rimanenti profili, agli scritti difensivi depositati innanzi al T.A.R.
Nell'udienza del 4 novembre 2011 l'appello veniva chiamato e trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
1.L'appello è infondato e va perciò respinto.
2. Non è contestato il fatto storico. Nel corso di un controllo effettuato dai carabinieri di Bari in data 26 dicembre 2009, il sig. @@, all'epoca in servizio presso la Guardia di Finanza, sorpreso in compagnia di un soggetto dedito all'uso personale, ancorché sporadico, di sostanze stupefacenti leggere veniva trovato in possesso di una sostanza che alle successive analisi si rivelava essere marijuana. Come detto in narrativa, il sig. @@ censura invece la congruità della sanzione a lui irrogata in dipendenza del fatto addebitato - vale a dire la perdita del grado per rimozione - e allega diverse violazioni di legge, dalle quali discenderebbe la illegittimità del provvedimento impugnato in primo grado.
3. Quanto al primo motivo del ricorso, va richiamato il consolidato orientamento - dal quale il Collegio non ravvisa particolari ragioni per discostarsi - secondo cui, incontestata l'ampia discrezionalità che connota le valutazioni dell'Amministrazione in ordine alla sanzione disciplinare da infliggere a fronte delle condotte accertate, non è né illogica né irragionevole la scelta di irrogare una sanzione destitutoria al militare appartenente alla Guardia di Finanza il quale risulti aver fatto uso di una sostanza stupefacente, tenuto conto in primo luogo che l'appartenenza a un Corpo che è istituzionalmente preposto - fra l'altro - al contrasto allo spaccio ed alla diffusione degli stupefacenti impone di valutare la condotta ascritta all'appellante con la dovuta severità (cfr. ex plurimis, da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 16 febbraio 2010, n, 2927; Id., 4 maggio 2010, n. 2548; Id., 13 maggio 2010, n. 2927; Id., 26 ottobre 2010, n. 8352; Id., 30 novembre 2010, n. 8352).
Infatti la condotta rimproverata è del tutto inammissibile per un appartenente al Corpo della Guardia di Finanza perché, ponendosi in conflitto con uno specifico dovere istituzionale, costituisce una violazione con gli obblighi assunti con il giuramento di appartenenza e rende del tutto irrilevante qualunque considerazione circa l'irrilevanza penale del fatto, l'asserita mancanza di ripercussione sociale, i positivi precedenti dell'incolpato, ma giustifica la sanzione espulsiva ai sensi dell'art. 40, n. 6, della legge 3 agosto 1961, n. 833, a detta del quale il militare di truppa incorre nella perdita del grado quando è stato rimosso "per violazione del giuramento o per altri motivi disciplinari, ovvero per comportamento comunque contrario alle finalità del Corpo o alle esigenze di sicurezza dello Stato, previo giudizio di una Commissione di disciplina".
Né può ritenersi che la gravità del comportamento del militare incolpato debba o possa influire sulla misura della sanzione in essa contemplata. Come ha più volte affermato il Consiglio di Stato, la perdita del grado è infatti "sanzione unica ed indivisibile", non essendo suscettibile di essere regolata tra un minimo e un massimo entro i quali all'Amministrazione spetti di esercitare il potere sanzionatorio.
Pertanto non può ritenersi illegittima, in quanto affetta da un supposto difetto di ragionevolezza e di proporzionalità, la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione inflitta al finanziere che abbia consumato, anche episodicamente, sostanze stupefacenti, dovendosi ricondurre tale comportamento alla violazione del giuramento e alla contrarietà con le finalità del Corpo, alla luce dei compiti istituzionali del Corpo stesso (fra i quali, come si è ricordato, rientra proprio il contrasto al contrabbando e al traffico di stupefacenti) e per la necessaria contiguità con soggetti operanti nell'illegalità che l'assunzione di stupefacenti inevitabilmente comporta. Nel caso di specie, risultando dal procedimento disciplinare che il fatto contestato all'incolpato è stato in modo argomentato ricondotto alla violazione del giuramento ed alla contrarietà con le finalità del Corpo, non solo non sussiste alcuna illegittimità per difetto di ragionevolezza o di proporzionalità della sanzione applicata, ma neppure per difetto della motivazione. Infatti, una volta accertato il venir meno delle doti morali necessarie per l'appartenenza alla Guardia di Finanza, la continuazione del rapporto di impiego ne risulta preclusa.
Tenuto conto dell'oggettiva gravità della condotta ascritta all'odierno appellante, non mette neppur conto indagare se la documentazione in atti deponga per il carattere del tutto isolato dell'episodio in contestazione, ovvero denoti nel medesimo appellante una qualità di assuntore pur occasionale di sostanze stupefacenti (qualità peraltro che, come è noto, è praticamente impossibile da riscontrare clinicamente con riguardo al consumo di sostanze "leggere" del tipo di quelle di che trattasi in questo caso).
4. Il secondo motivo del ricorso richiama specifiche normative volte a privilegiare il recupero sociale di militari e appartenenti alle Forze di polizia che siano assuntori di sostanze stupefacenti. In disparte la circostanza che le normative ricordate esauriscono la propria applicabilità dell'ambito dei Corpi espressamente indicati e non possono in particolare trovare applicazione alla Guardia di finanza, in considerazione del particolare ruolo istituzionale - prima richiamato - che questa assolve, è insuperabile la considerazione che tale motivo di gravame non è stato tempestivamente dedotto in primo grado ed è pertanto inammissibile in sede di appello.
5. Il terzo motivo dell'impugnazione, che lamenta il contrasto tra il provvedimento adottato e i giudizi resi dall'Amministrazione in merito al @@ sia prima che dopo il fatto, è per un verso manifestazione specifica del primo motivo - nella parte in cui si riferisce alle valutazioni precedenti - e come tale è già stato respinto. Per quanto concerne le valutazioni successive è invece inammissibile, costituendo motivo nuovo, e nel merito sarebbe comunque infondato, in quanto trascura l'evidente calo di giudizio che appare nella scheda di valutazione dell'appellante redatta il 24 gennaio 2011.
6. E' del pari senza fondamento il quarto motivo dell'appello. Come ricordato, il fatto è accertato il 26 dicembre 2009; il Comandante Regionale Veneto di Venezia, in data 21 maggio 2010, incarica il Nucleo di polizia tributaria Venezia di svolgere, come ufficiale inquirente, un'inchiesta formale nei confronti del @@; questi riceve notizia dell'avvio del procedimento disciplinare il successivo 27 maggio. I tempi dell'avvio del procedimento non sono tali da poter essere giudicati tardivi, in quanto la valutazione della tempestività deve essere fatta tenendo conto del necessario contemperamento tra il diritto di difesa dell'incolpato e le esigenze organizzative dell'Amministrazione: E questo contemperamento, nella fattispecie, sembra avvenuto in termini sufficientemente equilibrati, anche perché, proprio per la sua appartenenza al Corpo della Guardia di Finanza, il @@ non poteva non essere consapevole degli inevitabili riflessi dell'accaduto sulla sua condizione professionale. Semmai, non collocandosi l'avvio del procedimento nell'immediatezza dell'accertamento del fatto, questo scarto temporale può aver consentito all'incolpato di predisporre con la dovuta ponderatezza le proprie difese.
Non è dato infine riscontrare l'allegata perenzione del procedimento disciplinare, poiché il superamento del termine di 120 (recte: 90) giorni tra due successivi atti del procedimento medesimo, previsto dall'art. 120 del d.P.R. n. 3 del 1957, è solo genericamente enunciato e non concretamente specificato né tanto meno dimostrato.
6. Sussistono peraltro giustificate ragioni per compensare integralmente le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.@@
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.