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Pensione - irripetibili le maggiori somme corrisposte in via provvisoria -

Dettagli

d "ACCOGLIE il ricorso proposto dal Sig. @@ e, per l’effetto, riconosce il diritto del ricorrente alla irripetibilità delle maggiori somme indebitamente percepite (€ 30.624,92) ed alla conseguente restituzione, in suo favore, delle somme già trattenute in via cautelativa, con interessi legali dalla data di notificazione del ricorso alla controparte."


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Consigliere Dott. Adelisa Corsetti
nella pubblica udienza del 27 ottobre 2011 ha pronunciato
SENTENZA
nel giudizio pensionistico iscritto al n. 26490 del registro di segreteria promosso dal Sig. @@, nato il (omissis), rappresentato e difeso dagli Avv.ti -
CONTRO l’INPDAP, sede di Milano 2 e la Prefettura di Milano.
AVVERSO la comunicazione di recupero d’indebito in data 22 marzo 2010.
PER il riconoscimento del diritto alla irripetibilità dell’indebito.
VISTI: il regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038; il decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19; la legge 21 luglio 2000, n. 205 e, in particolare, gli artt. 5, 9 e 10.
UDITE le parti costituite e comparse come da verbale di udienza.
ESAMINATI gli atti e i documenti di causa.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
            Con ricorso depositato il 14 giugno 2010, il sovrintendente della Polizia di Stato @@, dispensato dal servizio per inabilità fisica dal 5 luglio 2004, impugna la comunicazione in epigrafe a motivo dell’avviato recupero della somma di € 30.624,92, con ritenuta mensile di € 248,01 dalla rata di maggio 2010. Al riguardo, invoca l’applicazione dei principi affermati dalla Corte dei conti, Sezioni riunite, con sentenza n. 7/2007/QM, ritenendo irripetibili le maggiori somme corrisposte  in via provvisoria (nella specie, il decreto di pensione provvisoria, emanato dalla Prefettura di Milano in data 29 luglio 2004, recava l’importo a.l. di € 23.465,70, mentre il decreto definitivo del 24 novembre 2006, n. 258, comunicato all’Istituto il 9 luglio 2007, prevedeva la minor somma di € 19.042,77,  per la decorrenza iniziale del 5 luglio 2004).
            L’INPDAP di Milano 2, costituito in giudizio con memoria depositata il 7 ottobre 2011, dopo aver ricondotto la formazione dell’indebito alle differenze pensionistiche risultanti dai citati provvedimenti, emanati dall’Amministrazione datrice di lavoro, contesta la fondatezza della tesi attorea allegando giurisprudenza della Corte dei conti in contrasto con l’invocata sentenza n. n. 7/2007/QM.
            La Prefettura di Milano, Ufficio territoriale del Governo, costituito in giudizio con memoria depositata il 27 settembre 2011, ha ribadito la correttezza della decretazione allegata, sia pure perfezionata in ritardo, rimettendosi al giudizio della Corte.
            All’udienza, udite le parti presenti, si è data lettura del dispositivo di cui si illustrano i motivi in fatto e in diritto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
            L’oggetto del contendere, nel presente giudizio, concerne l’accertamento del diritto del ricorrente alla irripetibilità dell’indebito pensionistico emerso in sede di liquidazione del provvedimento definitivo di pensione, recante un importo di pensione inferiore a quello attribuito in via provvisoria.
            Il ricorso è fondato per i motivi sotto indicati.
            Le somme chieste in restituzione erano effettivamente non dovute, come si evince dalle deduzioni dell’ente resistente, nonché dal fatto che non è contestata la revoca del trattamento più favorevole.
            La questione di diritto su cui si fonda la pretesa attorea ha formato oggetto della sentenza della Corte dei conti, SS.RR, 7 agosto 2007, n. 7/QM/2007, che estende la tutela dell’irripetibilità di cui all’art. 206 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, all’indebito relativo a provvedimento provvisorio di pensione, qualora il provvedimento definitivo intervenga dopo lungo periodo di tempo.
A rigore, l’art. 206 del d.P.R. n. 1092 del 1973, così come interpretato dall'art. 3 della l. 7 agosto 1985, n. 428, <<deve intendersi applicabile nel caso in cui, verificandosi le condizioni stabilite negli articoli 204 e 205 dello stesso testo unico, il provvedimento definitivo di concessione e riliquidazione della pensione, assegno o indennità venga modificato o revocato con altro provvedimento formale soggetto a registrazione>>. Negli altri casi, invece, l'Amministrazione competente ha il diritto-dovere di ripetere quanto già indebitamente erogato, in applicazione dell’art. 162, co. 7, del d.P.R. n. 1092 del 1973.
Le SS.RR. con la succitata sentenza n. 7/2007/QM, hanno stabilito che <<in assenza di dolo dell'interessato, il disposto contenuto nell'art. 162 del d.P.R. n. 1092 del 1973, concernente il recupero dell'indebito formatosi sul trattamento pensionistico provvisorio, deve interpretarsi nell'ambito della disciplina sopravvenuta contenuta nella legge n. 241 del 1990, per cui, a partire dall'entrata in vigore di detta legge n. 241 del 1990, decorso il termine posto per l'emanazione del provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza, non può più effettuarsi il recupero dell'indebito, per il consolidarsi della situazione esistente, fondato sull'affidamento riposto nell'Amministrazione>>.
Allo stesso tempo, la citata pronuncia riconosce al giudice di merito l'individuazione del limite temporale posto per l'emanazione del provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza (decorso il quale il recupero dell'indebito sarebbe precluso). Nella valutazione del caso concreto, deve tenersi conto dell’art. 21-nonies della stessa l. n. 241 del 1990 (articolo inserito dall’art. 14, co. 1, della l. 11 febbraio 2005, n. 15), ove l’esercizio del potere di autotutela (di cui ogni Amministrazione va considerata titolare ed ora riconosciuto non soltanto in via pretoria ma anche ex lege) – è consentito entro <<un termine ragionevole>>. In tal senso, C. conti, sez. Lombardia, 10 febbraio 2010, n. 47; id. 19 marzo 2008, n. 174.
Il predetto criterio riecheggia il concetto di <<situazione consolidata>> elaborato dalla giurisprudenza amministrativa come interesse pubblico specifico contrario all’autotutela decisoria, che ben si adatta alla materia pensionistica: infatti, lo strumento della repetitio indebiti, qualora riversato a distanza di anni nella sfera giuridica del pensionato, rischia prima facie di tramutarsi da garanzia della legalità dell'azione amministrativa in lesione dell’affidamento incolpevole riposto in una situazione consolidata.
Viene così superata la rigida correlazione tra il travalicamento dei termini a provvedere e l’illegittimità dell’intervento in autotutela, di recente posta in discussione da C. conti, Sez. I, 5 ottobre 2011, n. 499. Infatti, i termini acceleratori del procedimento recati dall’art. 2 della l. n. 241 del 1990 non contengono alcuna prescrizione in ordine alla perentorietà di essi, sicché il loro superamento non comporta la decadenza della potestà amministrativa, né conduce all'illegittimità del provvedimento tardivamente adottato. Infatti, queste conseguenze potrebbero verificarsi, in assenza di una norma ad hoc, solo ove un effetto legale tipico fosse collegato all'inutile decorso del termine (come avviene, ad esempio, nei casi di silenzio-accoglimento), ma non nell'ipotesi generale, perché la cessazione della potestà che dovesse scaturire dal protrarsi del procedimento, potrebbe nuocere all'interesse pubblico al quale esso è preordinato, con evidente pregiudizio della collettività (cfr. Cons. St., sez.VI, 20 aprile 2006, n. 2195; id., sez. IV, 9 giugno 2005, n. 3041; id., sez. IV, 11 giugno 2002, n. 3256; id., sez. V, 3 giugno 1996, n. 621; id., sez. V, 19 settembre 2000, n. 4844). Allo stesso modo, la giurisprudenza amministrativa ritiene che il provvedimento tardivo non sia soltanto ammissibile ma anche obbligatorio, in quanto preordinato alla cura di interessi pubblici.
Si aggiunge che, nella fattispecie dell’indebito pensionistico, il credito vantato dall’ente previdenziale scaturisce da un rapporto obbligatorio avente natura paritetica (non autoritativa) per cui, a maggior ragione, l'inosservanza delle prescrizioni concernenti il procedimento può esplicare effetti soltanto interni ed organizzatori senza incidere sul rapporto di obbligazione. Sul punto si richiama la costante giurisprudenza della Suprema Corte circa la necessità di non confondere gli aspetti procedimentali dalle regole sostanziali poiché <<non sarebbe concepibile far dipendere dall'osservanza delle regole di un procedimento ricognitivo la consistenza della situazione creditoria o debitoria>> (cfr. Cass., sez. lav., 24 febbraio 2003, n. 2804).
In applicazione dei principi posti dalla richiamata sentenza n. 7/QM/2007, come integrati dal criterio del <<termine ragionevole>> posto dall’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990, seguito dalla citata giurisprudenza di questa Sezione, il ricorso merita accoglimento.
Dall’esame delle memorie e degli atti trasmessi dall’ente resistente non emergono particolari ragioni che dimostrino, in concreto, la ragionevolezza del ritardo nella liquidazione del trattamento definitivo di pensione, che è stato emanato dalla Prefettura di Milano in data 24 novembre 2006, n. 258, comunicato all’Istituto il 9 luglio 2007, ed effettivamente lavorato dopo ulteriori tre anni (l’impugnata ingiunzione di pagamento reca la data del 22 marzo 2010). In tal senso, la ritardata applicazione del decreto definitivo è situazione assimilabile al ritardo nella fase provvedimentale, per l’identità delle conseguenze nei confronti del pensionato, che ha appreso dell’erronea liquidazione della pensione dopo sei anni dal suo collocamento a riposo (avvenuto il 5 luglio 2004).
Per tutte le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere accolto, con declaratoria di irripetibilità delle maggiori somme indebitamente erogate (per un totale di € 30.624,92), con conseguente restituzione delle somme già trattenute in via cautelativa, ed interessi legali dalla data di proposizione della domanda giudiziale, secondo le regole in materia di indebito oggettivo di cui all’art. 2033 c.c.
            Sussistono giusti motivi per procedere alla compensazione delle spese di lite, ex art. 92, co. 2, c.p.c., controvertendosi di somme effettivamente non dovute al pensionato.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia, in composizione monocratica
ACCOGLIE
il ricorso proposto dal Sig. @@ e, per l’effetto, riconosce il diritto del ricorrente alla irripetibilità delle maggiori somme indebitamente percepite (€ 30.624,92) ed alla conseguente restituzione, in suo favore, delle somme già trattenute in via cautelativa, con interessi legali dalla data di notificazione del ricorso alla controparte.
Spese di giudizio compensate.
Così deciso  in Milano, il 27 ottobre 2011.
IL GIUDICE
                                                                   (Adelisa Corsetti)         
Depositata in Segreteria il 2/11/2011
IL DIRIGENTE
                                                                               
SEZIONE
ESITO
NUMERO
ANNO
MATERIA
PUBBLICAZIONE
LOMBARDIA
Sentenza
644
2011
Pensioni
02-11-2011


   

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