Auto polizia, senza dispositivi di emergenza azionati, causa incidente per inosservanza dello "stop". Risarcimento danni

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Lunedì, 28 Novembre 2011 18:29
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE II GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
composta dai magistrati:
            Enzo ROTOLO                                           Presidente
            Stefano IMPERIALI                                 Consigliere
            Mario PISCHEDDA                                 Consigliere
            Angela SILVERI                                        Consigliere relatore
            Rita LORETO                                             Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di appello promosso dal sig. @@ @@, rappresentato e difeso dall’-
avverso
la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana n. 452/05 del 1° luglio 2005.
Visto l’atto di appello, iscritto al n. 24611 del registro generale, nonchè gli altri atti e documenti di causa.
Uditi nella pubblica udienza del 13 ottobre 2011 il relatore, Consigliere Angela Silveri, e il P.M. in persona del Vice Procuratore Generale Alfredo Lener; assente l’appellante.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
            Con atto di citazione depositato il 19 novembre 2004 la Procura regionale per la Toscana chiamava in giudizio il sig. @@ @@ chiedendone la condanna al pagamento in favore dell’erario della somma di € 8.639,85, oltre rivalutazione e interessi, per avere lo stesso arrecato danno di pari importo, quale agente della Polizia di Stato, a causa di un incidente stradale avvenuto il 9 dicembre 1999 a Pistoia tra l’autovettura di servizio Fiat Marea targata Polizia @@ da lui guidata e l’autovettura Fiat Panda targata @@. Al convenuto si contestava una condotta connotata da colpa grave per non aver osservato il segnale di “stop” presente in quel tratto di strada e si evidenziava che – come da dichiarazioni rese da persone che si trovavano nelle vicinanze – l’autovettura della Polizia viaggiava senza che fossero stati azionati i dispositivi supplementari d’emergenza.
            La Sezione Toscana, con sentenza n. 452 del 2005, ha condannato il convenuto al pagamento della somma ridotta di euro 4.000,00 oltre gli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al soddisfo.
            La sentenza è stata impugnata dall’interessato con appello nel quale si deducono i seguenti motivi:
1)     violazione dell’art. 5, comma 1, del d.l. n. 453 del 1993 conv. in legge n. 19 del 1994, così come interpretato dalle Sezioni Riunite con sentenza n. 13 del 2003, osservando che diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici e come affermato dalle SS.RR. il termine di 120 giorni per l’emissione dell’atto di citazione decorre dalla data di notifica dell’invito a dedurre e non dalla scadenza del termine assegnato per le deduzioni; con conseguente inammissibilità o improcedibilità della citazione che è stata depositata dopo la scadenza del termine;
2)     violazione dell’art. 1, comma 1, della legge n. 20 del 1994, non essendo stata raggiunta la prova della sussistenza del dolo o della colpa grave nella condotta di guida dell’appellante; in particolare si evidenzia che i primi giudici hanno attribuito piena efficacia probatoria alle dichiarazioni rese da persone presenti nelle vicinanze e dalla conducente dell’altro veicolo; mentre ha completamente disatteso le dichiarazioni rese sia dall’appellante sia dall’operatore @@ e dal collaboratore @@ che riferivano di aver notato che l’auto di servizio “aveva ancora il lampeggiante acceso”; si evidenzia, altresì, che i presunti “testimoni al fatto” hanno, in realtà, reso le dichiarazioni in ufficio a distanza di alcuni giorni dalla data dell’incidente e, comunque, non si trovavano precisamente sul luogo del sinistro; l’appellante sostiene, in definitiva, che la responsabilità dell’evento va attribuita tutta alla conducente dell’altro veicolo, come sarebbe tra l’altro dimostrato dal fatto che la vettura della Polizia è stata urtata nella parte posteriore destra, avendo già impegnato l’incrocio a sirene spiegate e con i lampeggianti accesi, dovendo prontamente intervenire per bloccare un tentativo di suicidio;
3)     violazione e falsa applicazione di norme di diritto; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
L’appellante ha chiesto, conclusivamente, la totale riforma della sentenza per insussistenza dell’affermata responsabilità, con condanna al pagamento di spese, diritti e onorari.
            La Procura Generale, nelle conclusioni scritte del 7 novembre 2011, ha rilevato che la notifica dell’appello alla Procura regionale è avvenuta oltre il termine breve di 60 giorni. Ha, inoltre, dedotto l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità della citazione, essendo questa stata depositata – come prevede la vigente normativa – entro 120 giorni dalla scadenza del termine concesso per il deposito delle deduzioni; nonché la infondatezza dell’appello nel merito, ritenendo che siano da condividere le ragioni – ben esplicitate in sentenza – che hanno condotto i primi giudici ad affermare la sussistenza della colpa grave. La Procura Generale ha chiesto conclusivamente che l’appello venga respinto, con condanna al pagamento delle spese di giudizio; in subordine, in caso di accoglimento del gravame, ha chiesto che vengano liquidate le spese di giudizio come previsto dalla vigente normativa.
All’udienza del 13 ottobre 2011, assente l’appellante, il P.M. ha evidenziato che in realtà l’appello è tempestivo, essendo stato notificato alla Procura l’ultimo giorno utile; ha confermato per il resto le conclusioni rassegnate per iscritto, chiedendo il rigetto dell’appello.
In questo stato il giudizio è stato trattenuto in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.         Circa la questione della tempestività dell’appello, sulla quale sono stati sollevati dubbi dalla Procura Generale nelle conclusioni scritte, osserva il Collegio che la sentenza di primo grado è stata notificata al soccombente il 19 agosto 2005; pertanto, tenuto conto della sospensione feriale, il dies a quo del termine di 60 giorni per la proposizione del gravame decorreva dal 16 settembre 2005 e veniva a scadenza il successivo 14 novembre. Dal che consegue che – come evidenziato dal P.M. in udienza – l’appello è tempestivo, essendo stato consegnato all’ufficiale giudiziario proprio l’ultimo giorno utile per la notifica. E ciò in virtù del principio – reiteratamente affermato dalla Corte costituzionale (vedi, tra l’altro, sentenza n. 318 del 2009) - della scissione tra il momento in cui la notificazione deve intendersi effettuata nei confronti del notificante e quello in cui essa si perfeziona per il destinatario dell’atto.
2.         Venendo alla disamina dei motivi d’appello, deve innanzitutto rilevarsi la palese infondatezza dell’eccezione – già proposta e respinta in primo grado – di inammissibilità dell’atto di citazione.
E’ sufficiente, al riguardo, evidenziare che - diversamente da quanto sostenuto dall’appellante - il termine di 120 giorni per emettere l’atto di citazione decorre non dalla notifica dell’invito a dedurre bensì, come chiaramente dispone l’art. 5, comma 1, del d.l. n. 453 del 1993 conv. in legge n. 19 del 1994 come modificato dall’art. 1 del d.l. n. 543 del 1996 conv. in legge n. 639 del 1996, “dalla scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni da parte del presunto responsabile del danno”.
            Sul punto c’è solo da precisare che la pronuncia delle Sezioni Riunite n. 13 del 2003 – richiamata dall’appellante a sostegno della propria tesi interpretativa – si riferisce all’ipotesi in cui vi sia stata una pluralità di inviti a dedurre e, relativamente a questa ipotesi, le Sezioni Riunite hanno affermato che ai fini del computo dei 120 giorni occorre avere a riferimento “per ciascun indagato” “la data in cui l’invito è stato notificato allo stesso, senza alcun collegamento temporale con la notifica di analogo atto ad altri soggetti presuntivamente coinvolti nella stessa vicenda dannosa”; e ciò per l’evidente ragione che, a sua volta, la data di notifica dell’invito a dedurre ha rilievo al fine di calcolare la scadenza del termine (quello di 30 giorni stabilito dalla legge ovvero quello più lungo fissato dalla Procura regionale) per il deposito di deduzioni o documenti da parte del presunto responsabile e, di conseguenza, anche per determinare la scadenza del termine per l’emissione dell’atto di citazione.
            Ciò posto, essendo incontroverso che nella specie la citazione in giudizio è stata depositata prima della scadenza del termine da calcolarsi secondo i criteri previsti dalla menzionata normativa, l’eccezione è da respingere.
3.         L’appello è infondato anche nel merito.
            Reputa, invero, il Collegio che – come affermato dai primi giudici – la condotta di guida dell’appellante sia stata connotata da grave imprudenza; e ciò per non aver rispettato il segnale di “stop”ovvero per non aver moderato la velocità nell’incrocio regolato dallo “stop”, in tal modo cagionando – oltre al danno a terzi, coperto dall’assicurazione – il grave danneggiamento (per un importo contestato di € 8.639,85) al veicolo della Polizia di Stato da lui condotto.
            Giova, innanzitutto, evidenziare che non vi è ragione per dubitare della veridicità delle dichiarazioni rese da persone che si trovavano nelle vicinanze del luogo del sinistro; persone che hanno concordemente affermato di non aver sentito nessun suono di sirena prima del forte rumore cagionato dall’incidente. Al riguardo si osserva che la dichiarazione non contrasta con quanto affermato da colleghi dell’appellante, i quali – a detta dello stesso appellante – hanno solo detto che l’auto di servizio, dopo l’incidente, “aveva ancora il lampeggiante acceso” e non hanno accennato anche all’eventuale attivazione della sirena; ed è ben noto che il funzionamento dei due dispositivi (sirena e lampeggiante) è del tutto indipendente.
            Ma anche ammesso che la sirena fosse stata attivata, si osserva che – come espressamente prevede l’art. 177, comma 2, del codice della strada - l’uso congiunto del dispositivo acustico e di quello di segnalazione visiva esonera i conducenti dei veicoli di soccorso, che stiano espletando servizi urgenti d’istituto, dall’osservanza di obblighi, divieti e limitazioni relativi alla circolazione stradale “ad eccezione delle segnalazioni degli agenti del traffico e nel rispetto comunque delle regole di comune prudenza e diligenza”.
            Nella specie, la dinamica dell’incidente – così come ricostruita dalla Polizia municipale “sulla base delle sommarie informazioni testimoniali … dalla posizione finale assunta a seguito del sinistro dai veicoli coinvolti, nonché sulla base dei dati certi acquisiti sul campo del sinistro al momento dell’esecuzione del rilevamento planimetrico” (vedi rapporto n. 0407/99 allegato alla denuncia di danno erariale) – contrasta con quanto affermato, a sua discolpa, dall’appellante e, cioè, che il veicolo della Polizia si trovasse in una posizione di precedenza di fatto, come sarebbe dimostrato dalla circostanza che la vettura della Polizia è stata urtata nella parte posteriore destra. In realtà, come si evidenzia nel rapporto sopra menzionato, “l’urto iniziale tra i due veicoli interessava la parte laterale anteriore destra del veicolo FIAT MAREA (quello della Polizia) con lo spigolo anteriore sinistro del veicolo FIAT PANDA”; solo “successivamente, a seguito della rotazione in senso orario subita dal veicolo FIAT PANDA, avveniva una seconda collisione tra la parte laterale posteriore destra del veicolo FIAT MAREA (parafango posteriore destro) con la parte laterale posteriore sinistra e lo spigolo posteriore sinistro del veicolo FIAT PANDA …”.
            In sostanza, dalla dinamica dell’incidente emerge che – a prescindere dall’uso o meno del segnale acustico – il conducente della vettura della Polizia non ha rispettato le regole di comune prudenza che, anche nell’espletamento di servizi urgenti d’istituto, impongono di salvaguardare l’incolumità di persone e cose; in particolare, l’attraversamento di incroci con segnale di stop e con semaforo a luce rossa impone – se non il rispetto di quei segnali, impedito dall’urgenza - almeno una moderazione della velocità tale da evitare probabili collisioni con veicoli che abbiano già impegnato o siano in procinto di impegnare l’incrocio.
            Conclusivamente, per tutte le ragioni sopra esposte, la sentenza merita integrale conferma, essendo state anche valorizzate, riducendo l’addebito ad euro 4.000,00 comprensivi della rivalutazione monetaria, tutte le circostanze oggettive e soggettive che possono aver concorso nella produzione del danno.
4.         Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale
RESPINGE
l’appello proposto dal sig. @@ @@ avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana n. 452/05 del 1° luglio 2005.
CONDANNA
l’appellante al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in euro 73,10 (Settantatre/10).
            Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 13 ottobre 2011.
            L'ESTENSORE                                      IL PRESIDENTE
         (Angela SILVERI)                                 (Enzo ROTOLO)
F.to Angela Silveri            F.to Enzo Rotolo
            Depositata in Segreteria il 10 NOV. 2011
                                                                                  IL DIRIGENTE
                                                (Dott.ssa Daniela D’AMARO)
                                                                       p. F.to Andreana Basoli
SEZIONE
ESITO
NUMERO
ANNO
MATERIA
PUBBLICAZIONE
SECONDA APPELLO
Sentenza
596
2011
Responsabilità
10-11-2011