l'assunzione di sostanze stupefacenti per uso non terapeutico da parte di un appartenente alla Polizia di Stato è espressamente sanzionata, in via disciplinare

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Domenica, 20 Novembre 2011 11:33
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N. 05425/2011REG.PROV.COLL.

N. 00111/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 111 del 2011, proposto da:
@@ @@,
rappresentato e difeso dagli avv.ti --

contro

il Ministero dell’Interno,
in persona del Ministro p.t.,
non costituitosi in giudizio,

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI - SEZIONE VI n. 17071/2010, resa tra le parti, concernente SANZIONE DISCIPLINARE.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visto che non si è costituita in giudizio l’Amministrazione appellata;

Visti gli atti tutti della causa;

-

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

 

FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso notificato il 5 maggio 2009 e depositato il successivo 13 maggio 2009, l’odierno appellante, dipendente del Ministero dell’Interno con la qualifica di Assistente della Polizia di Stato, impugnava, dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Napoli, il decreto n. 333-D/38728 in data 9 febbraio 2009, con il quale il Capo della Polizia gli aveva inflitto la sanzione della sospensione dal servizio per la durata di mesi uno, ai sensi dell’art. 6 n. 1 in relazione all’art. 4, n. 18 e dell’art. 6, n. 8 del D.P.R. n. 737/1981, in quanto “sottoposto ad accertamenti sanitari dalla Direzione Centrale di Sanità presso il Ministero dell’Interno, nell’ambito delle selezioni per un corso di specializzazione a cui aveva chiesto di partecipare, veniva trovato positivo ai cannabinoidi a seguito di specifico esame delle urine, successivamente confermato dalle controanalisi effettuate sullo stesso campione” (così la delibera del Consiglio Provinciale di Disciplina istituito presso la Questura di Napoli richiamata nella motivazione dell’impugnato decreto).

Dopo aver ricordato che non aveva mai fatto uso di qualsiasi tipo di droga e di aver partecipato tra il 29.11.2007 ed il 3.12.2007 ad un incontro in Olanda tra sportivi dediti all’arte marziale dell’aikido dove è stato a contatto con persone che consumavano “cannabis” sì da aver assimilato tali sostanze tramite “fumo passivo” solo poche settimane prima dell’accertamento che ha portato al contestato provvedimento disciplinare, l’istante deduceva diverse censùre di violazione di legge ( in relazione all’art. 6, comma 1, n. 1 e n. 8, all’art. 4 n. 18 ed all’art. 14 del D.P.R. n. 737/1981 ) e di eccesso di potere.

2. – Il Giudice adìto, con la sentenza in epigrafe indicata, ha premesso in particolare che “la positività ai cannabinoidi del campione di urina del ricorrente, rilevata nel corso della selezione per Istruttore di scuola guida operativa, è stata confermata dall’esame GCMS e refertata con apposita certificazione del 9 gennaio 2008, in atti” e che “il valore rinvenuto (pari a 32,8 ng/ml) è superiore al limite qualitativo (LOD) per la ricerca del THC acido utilizzato in Polizia, in conformità alla letteratura scientifica in materia ed è superiore al valore di 15 ng/ml individuato dalla Agenzia mondiale Antidoping come indice di positività”.

Quindi ha respinto il ricorso, sottolineando in specie “come la positività al drug–test costituisca inconfutabile prova dell’avvenuta volontaria assunzione di sostanza stupefacente, atteso che la diversa prospettazione, relativa all’assunzione di fumo passivo, non è stata supportata da argomentazioni o prove sufficienti” ( pag. 6 sent. ).

3. – Avverso detta decisione ha proposto appello l’originario ricorrente, deducendone l’erroneità sulla base della asserita obliterazione, da parte del Giudice di primo grado, della circostanza del suo soggiorno in Olanda di poco precedente alle analisi contestate ( dove sarebbe stato esposto “all’assorbimento di THC in maniera passiva, considerato l’uso endemico che viene [ ivi ] fatto della cannabis e della mariuana”: pag. 5 app. ) e della plausibilità della ricostruzione da lui prospettata circa l’assunzione passiva della sostanza alla luce del valore-soglia della positività ( 50 nanogrammi/ml ) asseritamente ritenuto “da gran parte della letteratura scientifica e recepito nell’accordo della conferenza Stato Regioni del 18/9/08” ( pag. 6 app. ).

Non si è costituito in giudizio l’appellato Ministero.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica dell’8 luglio 2011.

4. - L'appello è infondato e va, pertanto, respinto.

Ed invero, ai sensi dell'art. 6, comma 2, del DPR n. 737 del 1981, l'assunzione di sostanze stupefacenti per uso non terapeutico da parte di un appartenente alla Polizia di stato è espressamente sanzionata, in via disciplinare, con la sospensione dall'impiego fino ad un massimo di sei mesi.

Orbene, nella fattispecie, come il giudice di primo grado ha correttamente osservato, l’accertamento dell’assunzione di sostanza stupefacente rilevato nel corso del drug-test cui è stato sottoposto l’interessato “costituisce corredo istruttorio e motivazione sufficiente, ai sensi dell’art. 6, comma 1, n. 8, a consentire l’irrogazione della sospensione dal servizio da uno a sei mesi” ( pag. 7 sent. ).

La fattispecie stessa, rileva il Collegio, alla luce di tale accertamento non può che essere ricondotta all'ipotesi di cui al citato art. 6, comma 2 del DPR n. 737 del 1981 ( con le conseguenze, sul piano disciplinare, dallo stesso prefigurate ), non essendo ravvisabili gli estremi dell’invocata esimente del fumo passivo, che, oltre che risultare semplicisticamente fondata su un luogo comune ( quello dell’Olanda come paradiso delle droghe leggere, la cui assunzione sarebbe colà addirittura “endemica” ) smentito dalla stessa puntuale istruttoria compiuta dall’Amministrazione, risulta scientificamente del tutto inattendibile alla stregua delle conclusioni della letteratura scientifica così come fatte proprie dal codice antidoping mondiale (che il ricorrente dovrebbe ben conoscere, se è vero che “pratica varie attività sportive, anche a livello agonistico”: pag. 3 ric. orig.), secondo cui il limite tra i soggetti fumatori passivi e quelli attivi è pari a 15 ng/ml ( mentre il livello rilevato nelle sue urine è stato di 32,8 ng/ml ), sì che è assolutamente da escludersi, secondo i non contestati parametri dell’Agenzia mondiale antidoping ( di cui è ben noto l’impegno ad evitare l’abuso di cannabis ), risultanti dall’istruttoria del provvedimento oggetto del giudizio, che un soggetto, che sia stato esposto al fumo passivo di cannabis ( situazione nella quale il ricorrente afferma di essere incorso ) possa poi evidenziare in sede di analisi delle urine un risultato positivo, quale quello nella fattispecie riscontrato.

In presenza di tali coordinate tecnico-scientifiche di riferimento è poi da escludersi che, come dedotto dal ricorrente in primo grado e poi specificato in sede di appello, l’Amministrazione dovesse effettuare accertamenti sanitarii specifici per analizzare se in relazione al caso concreto del ricorrente si potesse attribuire la veduta concentrazione di metaboliti dei cannabinoidi nelle sue urine ad un uso diretto di tali sostanze ovvero ad una esposizione da fumo passivo: e ciò perché detta eventuale esposizione, oltre ad essere palesemente inverosimile ( come pure correttamente esposto nella deliberazione del Consiglio di disciplina richiamata dalla motivazione del provvedimento impugnato, la quale sottolinea l’incongruenza della tesi dell’assunzione passiva di cannabis da parte dell’incolpato, che sarebbe avvenuta “soggiornando per lunghi periodi in uffici pubblici, come dallo stesso dichiarato, che per giunta sarebbero dovuti essere angusti e con minimo ricambio d’aria … [ nel corso di un viaggio di ] partecipazione ad uno stage sportivo … durato solo quattro giorni, tra l’altro in modo itinerante e in tre diverse città” ), non avrebbe comunque potuto condurre ad un dato (32,8 ng/ml) più che doppio rispetto a quello ( 15,00 ng/ml ), che le agenzie internazionali specializzate assumono come limite tra fumo attivo e fumo passivo, che pertanto era da escludersi a priori proprio sulla base delle acquisizioni scientifiche in materia, senz’alcuna necessità di ulteriori accertamenti.

Infine, non giova al ricorrente invocare le disposizioni dell’accordo della Conferenza Stato Regioni in data 18 settembre 2008 sul documento recante «Procedure per gli accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope in lavoratori addetti a mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l'incolumità e la salute di terzi», che risultano inapplicabili alla fattispecie sia ratione temporis ( come dal Giudice di primo grado affermato con statuizione non censurata in sede di appello ) che ratione materiae ( occorre, infatti, tenere conto delle disposizioni contenute negli articoli 1, comma 2, e 6 della Intesa in materia di accertamento di assenza di tossicodipendenza, perfezionata nella seduta della Conferenza Unificata del 30 ottobre 2007, in materia di idoneità fisica, psichica e attitudinale al servizio, nonché di specifici accertamenti sanitari e relativa periodicità in relazione all'impiego, previste per il personale delle ferrovie e di altri servizi di trasporti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753 nonché per quello delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ); disposizioni, peraltro, che comunque, per i tests di conferma ( quale quello posto a base della sospensione dal servizio oggetto del presente giudizio ), prevedono, quale concentrazione soglia dei metabolici di cannabinoidi, quella di 15 ng/ml, ampiamente superata nel caso di specie sia in sede di test compiuto dall’Amministrazione, sia nei drug-tests compiuti sua sponte dall’interessato in data 20 dicembre 2007 e 3 gennaio 2008, che hanno rilevato rispettivamente una concentrazione di 28,7 ng/ml e di 27,9 ng/ml.

5. – Il Collegio condivide, in definitiva, la puntuale analisi compiuta dal T.A.R. in ordine alle censure dedotte con il ricorso di primo grado, così come le conclusioni dallo stesso trattene, che resistono al proposto appello, il quale va pertanto respinto.

Nulla è da statuirsi circa le spese processuali del presente grado, non essendosi in esso costituita la parte appellata.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 8 luglio 2011, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:

 

 

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Salvatore Cacace, Consigliere, Estensore

Vittorio Stelo, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/10/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)