agenti e funzionari di pubblica sicurezza - appello penale - stupefacenti

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Domenica, 20 Novembre 2011 11:23
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Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 20-10-2011) 08-11-2011, n. 40513
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
 A.- Con la sentenza in epigrafe, la Corte d'appello di Bologna, riformando, a seguito di impugnazione del P.M., la sentenza in data 19.02.2002 del Tribunale di Parma, che aveva mandati assolti gli imputati per insussistenza del fatto, condannava @@, @@, @@ e @@., rispettivamente, i primi due, beneficiari delle attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa ciascuno, e gli altri due alla pena di anni dodici di reclusione ed Euro 54.000,00 di multa ciascuno, oltre alle pene accessorie della interdizione perpetua dai pp.uu. e della interdizione legale durante l'esecuzione della pena, per il reato di cui all'art. 112 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80 (capo 2 della rubrica), per avere, dopo una proposta fatta in carcere da @@ a @@, collaboratore di giustizia, offerto in vendita, attraverso l'intermediazione del C., avvocato del T., e di @@, e l'azione materiale degli altri due imputati, agli agenti sotto copertura @@. @@ e @@ @@ 60 kg. di hashish e 1/2 chilo di cocaina. La Corte di merito, che con la stessa sentenza assolveva il C. (già assolto in primo grado per insussistenza del fatto) per non aver commesso il fatto dall'analogo reato, ascritto in concorso con @@, di offerta in vendita a @@ di kg 500 di hashish (capo 1), rilevava che, contrariamente a quanto opinato dal primo giudice, l'offerta di droga fatta dai prevenuti era accompagnata dalla effettiva, anche se non immediata, disponibilità della sostanza, emergendo da varie circostanze (spessore criminale dei protagonisti del primo contatto, ripetuti contatti fra i vari interessati, adozione di particolari cautele, esibizione di campioni, intraneità dei materiali offerenti agli ambienti dello spaccio, contatti con terzi coinvolti in operazioni di narcotraffico) che essi erano concretamente in grado di procurarsi in tempi rapidi lo stupefacente oggetto dell'offerta. B.- Avverso la sentenza d'appello propongono ricorso per cassazione gl'imputati. C- @@ deduce: 1.- col primo motivo, che la ritenuta sussistenza della serietà e concretezza dell'offerta di droga è smentita in modo decisivo dalla illogicamente trascurata circostanza della totale mancanza di qualsiasi seguito alla medesima, ad onta della assicurazione di evaderla nel giro di qualche giorno e della dichiarata disponibilità della sostanza in capo alla stessa famiglia di @@., e senza che vi siano state spiegazioni alternative della detta mancanza, essendo del tutto congetturale l'ipotesi di una scoperta, da parte del C., del carattere simulato dell'acquisto, avvenuta comunque a un mese di distanza, e mentre era singolarmente mancato qualsiasi contatto con gli autori materiali dell'offerta stessa, fatta tra l'altro, a conferma della sua astrattezza, senza alcuna fissazione e trattativa di prezzo. Nè possono in contrario valere i richiami: a.- allo spessore criminale dei protagonisti del primo contatto ( @@ e @@), cui risultano estranei gli autori materiali dell'offerta, che comunque non intendevano affatto prendersi gioco di alcuno, bensì semplicemente confidavano di poter reperire ex novo contatti giusti per condurre in porto quello che si prospettava come un lucroso affare; b.- all'adozione di particolari cautele, tipica di chiunque, a qualsiasi titolo, si interessi di stupefacenti; c.- all'esibizione di campioni, non realmente dimostrata, soprattutto quanto allo hashish; d.- all'intraneità dei materiali offerenti agli ambienti dello spaccio, illogicamente desunta da fatti cronologicamente successivi; e.- ai contatti con terzi coinvolti in operazioni di narcotraffico, successivi e non specificamente collegabili alla offerta di cui in causa; 2.- col secondo motivo, che, in ragione dei rilievi suesposti, a fortiori e comunque manca la prova della effettiva disponibilità di ingenti quantitativi di stupefacente; 3.- col terzo motivo, che non è adeguatamente motivata l'entità della pena. D.- @@ deduce che: 1.- nella specie non si è realizzato il reato ascritto, in quanto non è emersa la prova di una disponibilità effettiva della sostanza in capo agli offerenti, a tanto non bastando gli elementi addotti dalla Corte di merito (spessore criminale dei protagonisti del primo contatto, ripetuti contatti fra i vari interessati, contatti con terzi coinvolti in operazioni di narcotraffico), indicativi al più di una irrilevante fase per così dire "vestibolare" della trattativa; 2.- l'offerta, pur aggravata, di hashish, è da considerarsi prescritta, alla luce della disciplina sostanziale anteriore alla novella del 2006 e del nuovo regime di prescrizione introdotto dalla L. n. 251 del 2005, applicabile, pena eccezione di incostituzionalità, anche ai processi pendenti in grado di appello; 3.- non può dirsi raggiunta la prova dell'aggravante dell'ingente quantità. E.- @@. deduce: 1.- col primo motivo: a.- l'inutilizzabilità delle dichiarazioni degli agenti operanti sotto copertura, stante l'inosservanza delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 97 e, comunque, la loro veste di coindagati; b.- la insussistenza di una disponibilità effettiva della sostanza in capo agli offerenti, alla stregua degli elementi probatori emersi e delle modalità stesse della trattativa intercorsa, e non potendo trarsi argomenti decisivi da fatti successivi a quelli di causa; 2.- col secondo motivo, la insussistenza dei presupposti dell'aggravante dell'ingente quantità; 3.- col terzo motivo, l'illegittimità del diniego delle attenuanti generiche, siccome basato su fatti successivi a quelli di causa. F.- @@ deduce: 1.- col primo motivo, l'illegittima astensione di uno dei giudici del Collegio giudicante; 2.- col secondo motivo, l'inosservanza delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 97 e la illegittima mancata iscrizione nel registro degli indagati degli agenti che operavano sotto copertura attraverso, fra l'altro, una struttura organizzativa stabile diretta anche a creare riscontri a presunte ipotesi investigative anteriori in una unitaria azione causale o concausale dei delitti oggetto d'indagine, come tale comunque non scriminabile, con conseguente inutilizzabilità delle dichiarazioni dagli stessi rese nella veste di testimoni; 3.- col terzo motivo: a.- l'insussistenza in capo al C., mero intermediario della ritenuta offerta, di una condotta penalmente rilevante; b.- l'inconfigurabilità del concorso ex art. 112 c.p., stante l'assoluzione definitiva intervenuta nei confronti del T.; c.- l'inconfigurabilità dell'aggravante dell'ingente quantità in relazione alla cocaina, con conseguente necessità di rideterminazione della pena, alla stregua della legge sostanziale dell'epoca; 4.-5.-6.- con il quarto, quinto e sesto motivo, l'insussistenza dell'elemento soggettivo del reato in capo al C., in relazione alla attività collaborativa, che si sarebbe dovuto consentire di provare, da lui riservatamente prestata all'epoca dei fatti e alle concrete modalità con cui si presentarono a lui gli agenti sotto copertura; 7.- col settimo motivo, il travisamento della prova in ordine alla causale degli incontri avuti dal C., esercente la professione di avvocato, col suo cliente detenuto T., ravvisata dai giudici di merito nella necessità di ottenere informazioni sulla collaborazione del M., di contro alla dimostrata sussistenza di una reale esigenza di patrocinio professionale; 8.-9.-10.- con l'ottavo, nono e decimo motivo, l'insussistenza nella specie di una offerta in vendita "seria", mancando l'accordo sul prezzo, ed essendo inconsistenti al riguardo i richiami alle connotazioni criminali dei primi protagonisti dell'operazione, alla esibizione di una supposta campionatura e al presunto linguaggio criptico usato dall'imputato; 11.- con l'undicesimo motivo, l'illegittima e immotivata mancata applicazione all'imputato della causa di non punibilità prevista per i soggetti interposti dall'ultima formulazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 97; 12.- con il dodicesimo motivo, l'illegittimità, l'incongruenza e la contraddittorietà di aver ritenuto l'imputato colpevole del reato di cui al capo 2) e averlo assolto da quello di cui al capo 1), da cui è originata l'intera unica vicenda, per di più con la formula del non aver commesso il fatto, contrastante con quella dell'insussistenza del fatto con cui è stato assolto dallo stesso capo, con sentenza definitiva e vincolante, il coimputato T. P.; 13.- col tredicesimo motivo, l'illegittimo e immotivato diniego dell'ipotesi lieve di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5; 14.- col quattordicesimo e ultimo motivo, l'illegittima e immotivata determinazione della pena, sulla base della sanzione all'epoca dei fatti prevista per la droga pesante, aggravata per l'ingente quantità, a fronte del fatto che tale aggravante poteva ricorrere solo per la droga cd. leggera, con la conseguenza che il reato più grave restava quello non aggravato relativo alla droga pesante, da aumentare per quello aggravato relativo alla droga leggera e da diminuire poi per effetto delle concesse attenuanti generiche non più comparabili con l'aggravante del reato satellite.Motivi della decisione
 Preliminarmente va rilevata l'improponibilità della eccezione di cui sopra sub F.1., non essendo il provvedimento di astensione del giudice suscettibile di impugnazione (v. da ultimo Cass. sent. 40159 del 2009), ed essendo comunque ogni eventuale questione di legittimità superata dall'integrativo richiamo alla sussistenza dei gravi motivi di convenienza. Ancora, in via preliminare, deve rilevarsi l'infondatezza delle eccezioni di cui sopra sub E.1.a. e FR.2. Quanto, invero, alla dedotta inosservanza, da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria addetti alle unità specializzate antidroga, della procedura prevista dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 209, art. 97 in tema di acquisto simulato di sostanze stupefacenti, rilevasi, prescindendo da ogni discorso in fatto, che la stessa può determinare, al più, responsabilità sul piano disciplinare, ma non incide minimamente sulla capacità degli agenti a testimoniare nel processo (Cass. n. 8246 del 17/05/1993, Kinkela; n. 7948 del 10/04/1995, Ascia). In ogni caso, e in via assorbente, va poi ribadito che è lecita (ex art. 51 c.p., e pur fuori dalla ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 97) la condotta dell'agente che, attraverso un indiretto e marginale intervento nell'ideazione e nell'esecuzione del reato, si concretizzi prevalentemente in un'attività di osservazione, di controllo e di contenimento delle azioni illecite altrui (in tal senso, Cass. Sez. 6, N. 6425/94, RV. 198517, N. 1119/91, RV. 186283, e N. 2890/88, RV. 177785): cosa che senza dubbio ricorre nel caso di specie, in cui gli agenti operanti si sono in sostanza limitati, mostrandosi fittiziamente interessati, a verificare l'effettiva intenzione di alcuni soggetti di offrire in vendita rilevanti quantità di droga. Nè a diversa conclusione può pervenirsi in considerazione di una gestione dei collaboratori finalizzata a far uscire allo scoperto tale comunque autonoma intenzione ovvero di una eventuale condotta non ortodossa posta in essere in una vicenda successiva ai fatti di causa. Fondate appaiono invece (con conseguente assorbimento degli altri motivi) le doglianze sollevate dai ricorrenti in ordine alla sussistenza, nella specie, di una offerta di droga idonea a integrare il reato D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73. Secondo consolidata giurisprudenza, invero, la fattispecie criminosa della "offerta" si perfeziona al momento della semplice manifestazione della disponibilità di procurare ad altri droga, indipendentemente dall'accettazione del destinatario (che realizzerebbe i presupposti della cessione o della vendita: Cass. Sez. 4A, n. 44621 del 10/03/2005, Orlando), a condizione, però, che si tratti di un'offerta collegata a una effettiva disponibilità, sia pure non immediata, della droga (Cass. Sez. 6A, n. 7943 del 07/04/1995, Franzone; Sez. 1, Sentenza n 29670 del 25/03/2010, Buffardeci). La Corte di merito, in contrasto col primo giudice, ha ritenuto sussistente tale ultimo requisito. Al riguardo non può farsi a meno di rilevare, in via generale, che il principio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio", formalmente introdotto nel nostro ordinamento dalla L. n. 46 del 2006, pur se non più accompagnato dalla regola dell'inappellabilità delle sentenze assolutorie, espunta dalla sentenza n. 36 del 2007 della Corte costituzionale, presuppone comunque che, in mancanza di elementi sopravvenuti, l'eventuale rivisitazione in senso peggiorativo compiuta in appello sullo stesso materiale probatorio già acquisito in primo grado e ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, sia sorretta da argomenti dirimenti e tali da evidenziare oggettive carenze o insufficienze della decisione assolutoria, che deve, quindi, rivelarsi, a fronte di quella riformatrice, non più sostenibile, neppure nel senso di lasciare in piedi residui ragionevoli dubbi sull'affermazione di colpevolezza. Non basta, insomma, per la riforma caducatrice di un'assoluzione, una mera diversa valutazione caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo invece, come detto, una forza persuasiva superiore, tale da far cadere "ogni ragionevole dubbio", in qualche modo intrinseco alla stessa situazione di contrasto. La condanna, invero, presuppone la certezza della colpevolezza, mentre l'assoluzione non presuppone la certezza dell'innocenza ma la mera non certezza della colpevolezza. Ciò chiarito in via generale, può senz'altro escludersi che nel caso di specie il "ribaltamento" operato dalla Corte d'appello abbia rispettato i criteri testè evidenziati. A base della sentenza di riforma sono stati infatti addotti elementi che appaiono in sè compatibili - quali lo spessore criminale dei protagonisti del primo contatto (non riguardante i materiali offerenti), i ripetuti contatti fra i vari interessati, l'adozione di particolari cautele, l'esibizione di campioni (relativa alla sola cocaina e di assai scarsa qualità), l'intraneità dei materiali offerenti agli ambienti dello spaccio (desunta da fatti successivi), i contatti con terzi coinvolti in operazioni di narcotraffico (parimenti successivi e di dubbia pertinenza all'operazione di cui in causa) - con una fase, non di già certa e attuale capacità di concretizzare in tempi rapidi l'annunciata operazione, bensì di mera, anche se seria, intenzione e convinzione dei vari partecipanti all'offerta di riuscire in qualche modo a reperire le quantità di stupefacente proposte ai finti acquirenti: conclusione per la quale depongono in modo pregnante le circostanze, ben evidenziate dal primo giudice, che la "offerta" di cui in causa non fu accompagnata dalla indicazione di alcun prezzo (cosa singolare se l'approvvigionamento a monte, evidentemente oneroso, fosse stato già definito), nè da una precisa e completa esternazione dei canali di fornitura, fu difforme da quella originariamente prospettata dal T. al M., e ad essa, che si sarebbe asseritamente dovuta concretizzare nel giro di qualche giorno, non solo non fece seguito alcuna cessione o concreta messa a disposizione ma neppure un qualsiasi contatto o spiegazione da parte dei materiali offerenti, che solo vari mesi dopo furono trovati in possesso di sostanza stupefacente (circostanza questa che, lungi dal confermare, piuttosto smentisce - in mancanza di qualsiasi dato desumibile dal "curriculum" anteatto dei soggetti - la disponibilità precedente). Quanto poi alla considerazione - con cui la Corte di merito ha svalutato l'assai rilevante elemento della mancanza di qualsiasi seguito all'offerta - secondo la quale il C. "verosimilmente" riuscì a sapere nei colloqui in carcere col T. che il M. era un collaboratore, essa, oltre a essere del tutto congetturale, non ha reale efficacia esplicativa, posto che i detti colloqui si collocano temporalmente a circa un mese dalla "offerta" (che, si ricordi, avrebbe dovuto essere concretizzata nel giro di qualche giorno). La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste.P.Q.M.
 Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.