Parlamentari e lavoratori. Stessi diritti?

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Categoria: Ritagli di stampa
Creato Domenica, 13 Novembre 2011 10:18
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Parlamentari e lavoratori. Stessi diritti?

Egregio Direttore,
si è alzato, a ragion veduta, un muro di polemiche sul tentato “golpe” da parte dell’esecutivo all’indirizzo dei riscatti di anzianità dei periodi di leva e universitari, ed utili ai fini del computo di anzianità per accedere alla pensione, che alla fine ha costretto il governo a fare retromarcia.
Altra questione nella manovra è stata quella relativa al contributo di solidarietà, dove eminenti costituzionalisti avevano espresso le loro perplessità tacciando la norma di incostituzionalità, stante il fatto che tale gabella sarebbe andata ad incidere solo sugli stipendi dei dipendenti statali, violando nei fatti quanto sancito dall’art. 3 della Costituzione. Ed anche su questo argomento l’esecutivo sembra in un grande stato confusionale.
Su questi temi, giustamente, ho preso atto di una massiccia levata di scudi da parte delle categorie dei magistrati, dei medici, della Cgil e così via, ma non ho visto analoga reazione per quanto riguarda altri due punti che sono rimasti immodificati all’interno della manovra, e cioè il congelamento del Tfr e il rinvio della tredicesima.
La terza carica dello Stato, in uno dei suoi ultimi interventi alla Camera dei Deputati, ha tenuto a puntualizzare che i diritti acquisiti dai parlamentari non si toccano, e che eventuali tagli potrebbero (il condizionale è stato usato di proposito?) riguardare le prossime legislature. L’esecutivo e Confindustria continuano ad accanirsi su dipendenti e lavoratori, mentre dalle colonne de L’Espresso online leggo: “Un privilegio da 200 milioni. La Casta taglia le pensioni degli italiani, ma non tocca le proprie. Per i parlamentari il diritto al vitalizio scatta dopo soli cinque anni di mandato. Con contributi molto bassi. E con compensi incassati anche prima dei 50 anni. Così 2.307 tra ex deputati ed ex senatori si mettono in tasca ogni mese fino a settemila euro netti”.
Ed ora passo al capitolo tredicesima. Secondo Tremonti, la tredicesima non verrebbe corrisposta nel caso in cui non vengano raggiunti gli obiettivi di efficienza. Bene! Nel caso di specie, il mio datore di lavoro è il Ministro dell’Interno, quindi lo Stato ed il Parlamento nel suo insieme. Se il Parlamento continuerà a fare tagli sulla Sicurezza come si può pretendere dai lavoratori il raggiungimento degli obiettivi che nessuno sa quali siano? Continuando a tagliare e a non fornire fondi, mezzi e strumenti per far funzionare l’Amministrazione presso la quale lavoro, Polizia di Stato, perché debbo rimetterci la mia tredicesima, dopo che già mi vengono pagate con notevole ritardo le mie prestazioni già effettuate a causa dell’altrui inettitudine, incapacità ed incompetenza?
Capitolo congelamento Tfr. Mi sono arruolato nel Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza nel lontano 1972, al compimento dei miei 18 anni. Ho quindi al mio attivo 39 anni di effettivo servizio, una famiglia monoreddito, e tre figli che con enormi sacrifici sono riusciti a laurearsi con il massimo dei voti. Faccio presente inoltre che da oltre 10 anni questi tre ‘bamboccioni’ hanno dei contratti a tempo determinato, perché lo Stato non premia la meritocrazia, ma solo il nepotismo. Il mio Tfr è nelle casse dello Stato sin dal 1972 data in cui mi sono arruolato e sono iniziate le trattenute nella mia busta paga, e in tutto questo periodo lo Stato ne ha fatto uso come meglio ha creduto, ed ora vuole sottrarmelo per altri due anni! Perché nessuno grida che anche questo è un “golpe”?
Il Tfr mi occorre all’atto del pensionamento e non dopo due anni, perché quei denari dovranno essere ripartiti equamente tra i miei tre figli, con la speranza di potergli dare un piccolo aiuto concreto, visto che lo Stato non è in grado di pensare alle nuove generazioni.
Molto probabilmente la Costituzione italiana prevede che i diritti acquisiti dai lavoratori siano meno importanti di quelli dei parlamentari, e questo concetto è valido anche per i lavoratori che gravitano attorno e dentro la casta. Nello specifico i dipendenti del Senato della Repubblica una volta raggiunto il periodo di quiescenza, i loro ratei pensionistici rimangono agganciati alle dinamiche salariali dei loro colleghi che sono in servizio, a differenza di tutti gli altri lavoratori italiani che sono soggetti a quel mezzo punto periodico fornito dall’Istat. Anche in questo caso l’art. 3 della Costituzione fa si che ci siano figli e figliastri. Il massimo Garante delle nostre Istituzioni cosa ne pensa? Concludo facendomi una domanda, con la speranza che qualcuno sappia darmi una risposta.
Con cordialità
Subcomandante Cervo

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