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calcio "Diritti tv senza frontiere": la Corte UE rivoluziona il mercato televisivo

Dettagli

g Respinto clamorosamente il ricorso della Premier League contro i locali che trasmettono i match con schede straniere: chiunque ha il diritto di comprare l'abbonamento di una qualsiasi emittente satellitare indipendentemente dal loro luogo di residenza.

 

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SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

4 ottobre 2011 (*)




Indice




I –  Il contesto normativo

A –  La normativa internazionale

B –  La normativa dell’Unione

1.  Le direttive in materia di radiodiffusione

2.  Le direttive in materia di proprietà intellettuale

C –  La normativa nazionale

II –  I procedimenti principali e le questioni pregiudiziali

A –  La concessione in licenza dei diritti di diffusione degli incontri della «Premier League»

B –  La trasmissione televisiva degli incontri della «Premier League»

III –  Sulle questioni pregiudiziali

A –  Sulle norme relative alla ricezione di programmi codificati provenienti da altri Stati membri

1.  Considerazioni preliminari

2.  La direttiva sull’accesso condizionato

a)  Sull’interpretazione della nozione di «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva sull’accesso condizionato (prima questione nel procedimento C‑403/08, nonché prima e seconda questione nel procedimento C‑429/08)

b)  Sull’interpretazione dell’art. 3, n. 2, della direttiva sull’accesso condizionato (terza questione nella causa C‑429/08)

c)  Sulle altre questioni riguardanti la direttiva sull’accesso condizionato

3.  Le norme del Trattato FUE in materia di libera circolazione delle merci e dei servizi

a)  Sul divieto di importazione, di vendita e di utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri [ottava questione, lett. b), e prima parte della nona questione nel procedimento C‑403/08, nonché sesta questione, i), nel procedimento C‑429/08]

i)  Sull’individuazione delle disposizioni applicabili

ii)  Sulla sussistenza di una restrizione alla libera prestazione di servizi

iii)  Sulla giustificazione di una restrizione alla libera prestazione dei servizi rispetto all’obiettivo di tutela dei diritti di proprietà intellettuale

–  Osservazioni presentate alla Corte

–  Risposta della Corte

iv)  Sulla giustificazione di una restrizione alla libera prestazione dei servizi consistente nell’obiettivo di incoraggiare la presenza del pubblico negli stadi

b)  Sull’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri a seguito dell’indicazione di una falsa identità e di un falso recapito e sull’utilizzazione di tali dispositivi a fini commerciali [ottava questione, lett. c), nel procedimento C‑403/08 e sesta questione, ii) e iii), nel procedimento C‑429/08]

c)  Sulle altre questioni relative alla libera circolazione (seconda parte della nona questione nel procedimento C‑403/08 e settima questione nel procedimento C‑429/08)

4.  Le norme del Trattato TFUE in materia di concorrenza

B –  Sulle norme connesse all’utilizzazione delle trasmissioni a seguito della loro ricezione

1.  Osservazioni preliminari

2.  Sul diritto di riproduzione previsto dall’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore (quarta questione nel procedimento C‑403/08)

3.  Sull’eccezione al diritto di riproduzione prevista dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore (quinta questione nel procedimento C‑403/08)

a)  Osservazioni preliminari

b)  Sul rispetto dei requisiti previsti dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore

4.  Sulla «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore (sesta questione nel procedimento C‑403/08)

5.  Sull’incidenza della direttiva sulla radiodiffusione via satellite (settima questione nel procedimento C‑403/08)

IV –  Sulle spese




«Radiodiffusione televisiva via satellite – Diffusione di incontri di calcio – Ricezione della radiodiffusione per mezzo di schede di decodificatori satellitari – Schede di decodificatori satellitari legalmente immesse sul mercato di uno Stato membro ed utilizzate in un altro Stato membro – Divieto di commercializzazione ed utilizzazione in uno Stato membro – Visualizzazione delle emissioni in violazione dei diritti esclusivi concessi – Diritto di autore – Diritto di radiodiffusione televisiva – Licenze esclusive per la radiodiffusione televisiva sul territorio di un solo Stato membro – Libera prestazione di servizi – Art. 56 TFUE – Concorrenza – Art. 101 TFUE – Restrizione della concorrenza per oggetto – Tutela dei servizi ad accesso condizionato – Dispositivo illecito – Direttiva 98/84/CE – Direttiva 2001/29/CE – Riproduzione di opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su schermo televisivo – Deroga al diritto di riproduzione – Comunicazione al pubblico delle opere in locali di ristorazione – Direttiva 93/83/CEE»

Nei procedimenti riuniti C‑403/08 e C‑429/08,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Regno Unito) nonché dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito), con decisioni 11 e 28 luglio 2008, pervenute in cancelleria, rispettivamente, in data 17 e 29 settembre 2008, nelle cause

Football Association Premier League Ltd,

NetMed Hellas SA,

Multichoice Hellas SA

contro

QC Leisure,

David Richardson,

AV Station plc,

Malcolm Chamberlain,

Michael Madden,

SR Leisure Ltd,

Philip George Charles Houghton,

Derek Owen (C‑403/08)

e

Karen Murphy

contro

Media Protection Services Ltd (C‑429/08)

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev e J.‑J. Kasel, presidenti di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, M. Ilešič, J. Malenovský (relatore) e T. von Danwitz, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 ottobre 2010,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Football Association Premier League Ltd, la NetMed Hellas SA e la Multichoice Hellas SA, dai sigg. J. Mellor, QC, N. Green, QC, dalla sig.ra C. May, dal sig. A. Robertson, barristers, dai sigg. S. Levine, M. Pullen e dalla sig.ra R. Hoy, solicitors;

–        per la QC Leisure, il sig. M. Richardson, la AV Station plc, i sigg. M. Chamberlain e M. Madden, la SR Leisure Ltd, i sigg. P.G.C. Houghton e D. Owen, dal sig. M. Howe, QC, dai sigg. A. Norris, S. Vousden, T. St Quentin, nonché dalla sig.ra M. Demetriou, barristers, dai sigg. P. Dixon e P. Sutton, solicitors;

–        per la sig.ra Murphy, dal sig. M. Howe, QC, dal sig. W. Hunter, QC, dalla sig.ra M. Demetriou, barrister, e dal sig. P. Dixon, solicitor;

–        per la Media Protection Services Ltd, dal sig. J. Mellor, QC, dal sig. N. Green, QC, dalla sig.ra H. Davies, QC, dalla sig.ra C. May nonché dai sigg. A. Robertson e P. Cadman, barristers;

–        per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra V. Jackson e dal sig. S. Hathaway, in qualità di agenti, assistiti dalla sig.ra J. Stratford, QC;

–        per il governo ceco, dalla sig.ra K. Havlíčková, in qualità di agente;

–        per il governo spagnolo, dalla sig.ra N. Díaz Abad, in qualità di agente;

–        per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra B. Beaupère-Manokha, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. L. D’Ascia, avvocato dello Stato;

–        per il Parlamento europeo, dai sigg. J. Rodrigues e L. Visaggio, in qualità di agenti;

–        per il Consiglio dell’Unione europea, dal sig. F. Florindo Gijón e dalla sig.ra G. Kimberley, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, dai sigg. X. Lewis, H. Krämer, I.V. Rogalski, J. Bourke, nonché dalla sig.ra J. Samnadda, in qualità di agenti;

–        per l’Autorità di vigilanza EFTA, dai sigg. O.J. Einarsson e M. Schneider, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 febbraio 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione

–        della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 novembre 1998, 98/84/CE, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (GU L 320, pag. 54; in prosieguo: la «direttiva sull’accesso condizionato»),

–        della direttiva del Consiglio 27 settembre 1993, 93/83/CEE, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo (GU L 248, pag. 15; in prosieguo: la «direttiva sulla radiodiffusione via satellite»),

–        della direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU L 298, pag. 23), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 giugno 1997, 97/36/CE (GU L 202, pag. 60; in prosieguo: la «direttiva “televisione senza frontiere”»),

–        della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU L 167, pag. 10; in prosieguo: la «direttiva sul diritto d’autore»),

–        nonché degli artt. 34 TFUE, 36 TFUE, 56 TFUE e 101 TFUE.

2        Tali domande sono state proposte nell’ambito di controversie sorte tra la Football Association Premier League Ltd. (in prosieguo: la «FAPL»), la NetMed Hellas SA (in prosieguo: la «NetMed Hellas») e la Multichoice Hellas SA (in prosieguo: la «Multichoice Hellas») (in prosieguo, congiuntamente: la «FAPL e a.»), da un lato, e la QC Leisure, il sig. Richardson, la AV Station plc (in prosieguo: la «AV Station»), i sigg. Chamberlain e Madden, la SR Leisure Ltd, i sigg. Houghton e Owen (in prosieguo, congiuntamente: la «QC Leisure e a.») dall’altro, (causa C‑403/08), nonché tra la sig.ra Murphy e la Media Protection Services Ltd. (in prosieguo: la «MPS») (causa C‑429/08), in merito alla commercializzazione e all’utilizzazione, nel Regno Unito, di dispositivi di decodificazione che danno accesso ai servizi di radiodiffusione via satellite di un ente di radiodiffusione, prodotti e commercializzati con l’autorizzazione di tale ente, ma utilizzati, contro la volontà di quest’ultimo, al di fuori della zona geografica per la quale sono stati forniti (in prosieguo: i «decoder stranieri»).

I –  Il contesto normativo

A –  La normativa internazionale

3        L’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, che costituisce l’allegato 1 C dell’Accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech il 15 aprile 1994, è stato approvato con decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994) (GU L 336, pag. 1).

4        L’art. 9, n. 1, dell’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio così dispone:

«I membri si conformano agli articoli da 1 a 21 della Convenzione di Berna (1971) e al suo annesso. Tuttavia, essi non hanno diritti né obblighi in virtù del presente Accordo in relazione ai diritti conferiti dall’art. 6 bis della medesima Convenzione o ai diritti da esso derivanti».

5        Ai sensi dell’art. 11, primo comma, della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (Atto di Parigi del 24 luglio 1971), nella versione risultante dalla modifica del 28 settembre 1979 (in prosieguo: la «Convenzione di Berna»):

«1. Gli autori di opere drammatiche, drammatico‑musicali e musicali hanno il diritto esclusivo di autorizzare:

i)      la rappresentazione e l’esecuzione pubbliche delle loro opere, comprese la rappresentazione e l’esecuzione pubbliche con qualsiasi mezzo o procedimento;

ii)      la trasmissione pubblica, con qualsiasi mezzo, della rappresentazione e dell’esecuzione delle loro opere».

6        L’art. 11 bis, primo comma, della Convenzione di Berna così recita:

«Gli autori di opere letterarie ed artistiche hanno il diritto esclusivo di autorizzare:

i)      la radiodiffusione delle loro opere o la comunicazione al pubblico di esse mediante qualsiasi altro mezzo atto a diffondere senza filo segni, suoni od immagini;

ii)      ogni comunicazione al pubblico, con o senza filo, dell’opera radiodiffusa, quando tale comunicazione sia eseguita da un ente diverso da quello originario;

iii) la comunicazione al pubblico, mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, dell’opera radiodiffusa».

7        L’Organizzazione mondiale sulla proprietà intellettuale (OMPI) ha adottato a Ginevra, il 20 dicembre 1996, il trattato dell’OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi (in prosieguo: il «Trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi») nonché il Trattato dell’OMPI sul diritto d’autore (in prosieguo: il «Trattato sul diritto d’autore»). Questi due trattati sono stati approvati a nome della Comunità con la decisione del Consiglio 16 marzo 2000, 2000/278/CE (GU L 89, pag. 6).

8        A termini dell’art. 2, lett. g), del Trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi:

«Ai sensi del presente trattato, si intende per:

(...)

g)      “comunicazione al pubblico” di un’esecuzione o di un fonogramma, la trasmissione al pubblico mediante qualunque mezzo diverso dalla radiodiffusione, dei suoni di una esecuzione ovvero dei suoni o di una rappresentazione di suoni fissati in un fonogramma. Ai sensi dell’articolo 15, si intende per “comunicazione al pubblico” anche l’atto di rendere udibili al pubblico i suoni o la rappresentazione di suoni fissati in un fonogramma».

9        Il successivo art. 15, n. 1, così dispone:

«Quando un fonogramma pubblicato a fini di commercio è utilizzato direttamente o indirettamente per la radiodiffusione o per una qualunque comunicazione al pubblico, gli artisti interpreti o esecutori e i produttori di fonogrammi hanno diritto a un compenso equo e unico».

10      Il Trattato sul diritto d’autore prevede, all’art. 1, n. 4, che le parti contraenti devono conformarsi agli artt. 1‑21 nonché all’allegato della Convenzione di Berna.

B –  La normativa dell’Unione

1.              Le direttive in materia di radiodiffusione

11      Il terzo ‘considerando’ della direttiva «televisione senza frontiere» così recita:

«(...) le trasmissioni transfrontaliere diffuse con le diverse tecnologie costituiscono un mezzo per il conseguimento degli obiettivi della Comunità[;] (...) si devono adottare misure che assicurino il passaggio dai mercati nazionali ad un mercato comune della produzione e distribuzione dei programmi e creino condizioni di concorrenza leale, senza pregiudicare la funzione di pubblico interesse che compete ai servizi televisivi».

12      A termini del ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 97/36:

«(…) ai fini della presente direttiva, gli eventi di particolare rilevanza per la società devono rispondere a determinati criteri, ossia essere eventi di straordinaria importanza che presentano interesse per il pubblico in generale nell’Unione europea o in un determinato Stato membro o in una parte […] significativa di uno Stato membro e sono organizzati in anticipo da un organizzatore legittimato a vendere i diritti relativi a tali eventi».

13      I ‘considerando’ terzo, quinto, settimo, quattordicesimo, quindicesimo e diciassettesimo della direttiva sulla radiodiffusione via satellite così recitano:

«(3)      (…) la diffusione di programmi oltre frontiera all’interno della Comunità, effettuata in particolare via satellite e via cavo, rappresenta uno dei principali mezzi per il conseguimento [degli] obiettivi della Comunità che sono al tempo stesso di ordine politico, economico, sociale, culturale e giuridico;

(…)

(5)      i titolari dei diritti sono quindi esposti al rischio che le loro opere vengano utilizzate senza compenso o che ne venga bloccata l’utilizzazione in alcuni Stati membri ad opera di singoli titolari dei diritti di esclusiva; (…) tale incertezza normativa rappresenta un ostacolo diretto alla libera circolazione dei programmi all’interno della Comunità;

(…)

(7)      (…) la libera diffusione di programmi risulta ulteriormente ostacolata dalle incertezze che sussistono attualmente sul piano giuridico in relazione alla necessità di stabilire se, per la diffusione di programmi via satellite i cui segnali possono essere ricevuti direttamente, i diritti debbano essere acquisiti esclusivamente nel paese di emissione oppure se debbano essere acquisiti in tutti i paesi in cui avviene la ricezione; (…)

(…)

(14)      (…) l’incertezza giuridica esistente in relazione ai diritti di acquisire, che ostacola la diffusione transnazionale di programmi via satellite, dovrà essere eliminata attraverso la definizione del concetto di comunicazione al pubblico via satellite all’interno della Comunità; (…) questa definizione preciserà anche quale sia il luogo in cui avviene l’atto di comunicazione; (…) tale definizione è necessaria al fine di evitare che a un solo atto di radiodiffusione vengano cumulativamente applicate più leggi nazionali; (…)

(15)      (…) l’acquisto in via contrattuale dei diritti di esclusiva sulle emissioni di radiodiffusione deve avvenire nell’osservanza della normativa sul diritto d’autore e i diritti connessi vigente nello Stato membro in cui ha luogo la comunicazione al pubblico via satellite;

(…)

(17)      (…) all’atto dell’acquisto dei diritti le parti devono tener conto, ai fini della determinazione del compenso, di tutti gli aspetti dell’emissione di radiodiffusione, quali il numero effettivo e il numero potenziale dei telespettatori e la versione linguistica dell’emissione».

14      A termini dell’art. 1, n. 2, lett. a-c), della direttiva medesima:

«a)      Ai fini della presente direttiva, “comunicazione al pubblico via satellite” è l’atto di inserire, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi destinati ad essere ricevuti dal pubblico in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra.

b)      La comunicazione al pubblico via satellite si configura unicamente nello Stato membro in cui, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi sono inseriti in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra.

c)      Qualora i segnali portatori di programmi siano diffusi in forma criptata, vi è comunicazione al pubblico via satellite a condizione che i mezzi per la decriptazione della trasmissione siano messi a disposizione del pubblico a cura dell’organismo di radiodiffusione stesso o di terzi con il suo consenso».

15      L’art. 2 della direttiva sulla radiodiffusione via satellite così dispone:

«In conformità delle disposizioni del presente capo, gli Stati membri riconoscono all’autore il diritto esclusivo di autorizzare la comunicazione al pubblico via satellite di opere protette dal diritto d’autore».

16      I ‘considerando’ secondo, terzo, sesto e tredicesimo della direttiva sull’accesso condizionato così recitano:

«(2)      (…) la prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione e dei servizi della società dell’informazione può contribuire, a livello individuale, alla piena attuazione della libertà d’espressione in quanto diritto fondamentale e, a livello collettivo, al raggiungimento degli obiettivi definiti nel trattato;

(3)      (…) il trattato prevede la libera circolazione di tutti i servizi normalmente forniti dietro retribuzione; (...) questo diritto, applicato ai servizi di radiodiffusione e ai servizi della società dell’informazione, costituisce inoltre una traduzione specifica nel diritto comunitario del più generale principio della libertà di espressione sancito dall’articolo 10 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; (...) questo articolo riconosce esplicitamente il diritto dei cittadini di ricevere o di comunicare informazioni senza tener conto delle frontiere e (...) eventuali restrizioni di tale diritto si giustificano solo se determinate da altri interessi giuridicamente riconosciuti degni di tutela;

(…)

(6)      (…) le opportunità dischiuse dalle tecnologie digitali potrebbero ampliare le possibilità di scelta dei consumatori e contribuire al pluralismo culturale grazie alla creazione di una gamma ancora più ampia di servizi ai sensi degli articoli [56 TFUE e 57 TFUE]; (…) la redditività di questi servizi dipende spesso dal ricorso a tecniche di accesso condizionato al fine di garantire la remunerazione del prestatore del servizio; (…) risulta pertanto necessario, per assicurare la redditività di tali servizi, la protezione giuridica dei prestatori di servizi contro i dispositivi illeciti che consentono l’accesso senza pagamento del servizio;

(…)

(13)      (…) appare necessario far sì che gli Stati membri forniscano un’adeguata tutela giuridica contro l’immissione sul mercato, ai fini di un profitto economico diretto o indiretto, di un dispositivo illecito che renda possibile o facile eludere, senza esservi autorizzato, qualsiasi misura tecnologica a protezione della remunerazione di un servizio fornito in modo lecito».

17      L’art. 2 della direttiva medesima così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)      “servizio protetto”, uno dei servizi seguenti laddove sia fornito a pagamento e mediante un sistema di accesso condizionato:

–        trasmissioni televisive, ai sensi dell’articolo 1, lett. a), della [direttiva “televisione senza frontiere”],

–        (…)

b)      “accesso condizionato”, misure e/o sistemi tecnici in base ai quali l’accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva autorizzazione individuale;

c)      “dispositivo per l’accesso condizionato”, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di consentire l’accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto;

(…)

e)      “dispositivo illecito”, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del prestatore del servizio;

f)      “settore coordinato dalla presente direttiva”, quello disciplinato da qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui all’articolo 4».

18      Ai sensi del successivo art. 3:

«1.      Gli Stati membri prendono le misure necessarie a vietare sul loro territorio le attività di cui all’articolo 4 ed a prevedere le sanzioni e i mezzi di tutela di cui all’articolo 5.

2.      Salvo il disposto del paragrafo 1, gli Stati membri non possono:

a)      limitare la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro Stato membro; oppure

b)      limitare la libera circolazione dei dispositivi per l’accesso condizionato, per motivi rientranti nel settore coordinato dalla presente direttiva».

19      Il successivo art. 4 dispone quanto segue:

«Gli Stati membri vietano sul loro territorio le seguenti attività:

a)      la fabbricazione, l’importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di dispositivi illeciti;

b)      l’installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti;

c)      l’impiego di comunicazioni commerciali per promuovere dispositivi illeciti».

2.              Le direttive in materia di proprietà intellettuale

20      La direttiva sul diritto d’autore afferma, ai ‘considerando’ nono, decimo, quindicesimo, ventesimo, ventitreesimo, trentunesimo, nonché trentatreesimo, quanto segue:

«(9)      Ogni armonizzazione del diritto d’autore e dei diritti connessi dovrebbe prendere le mosse da un alto livello di protezione, dal momento che tali diritti sono essenziali per la creazione intellettuale (…)

(10)      Per continuare la loro attività creativa e artistica, gli autori e gli interpreti o esecutori debbono ricevere un adeguato compenso per l’utilizzo delle loro opere (…)

(...)

(15)      (…) La presente direttiva serve (...) ad attuare una serie [dei] nuovi obblighi internazionali [che scaturiscono dal Trattato sul diritto d’autore e dal Trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi].

(…)

(20)      La presente direttiva si basa su principi e regole già definiti dalle direttive in vigore [nel campo della proprietà intellettuale] [in particolare, dalla direttiva del Consiglio 19 novembre 1992, 92/100/CE, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (GU L 346, pag. 61)] e sviluppa detti principi e regole e li integra nella prospettiva della società dell’informazione. Le disposizioni della presente direttiva devono lasciare impregiudicate le disposizioni di dette direttive, salvo quanto diversamente previsto nella presente direttiva.

(...)

(23)      La presente direttiva dovrebbe armonizzare ulteriormente il diritto d’autore applicabile alla comunicazione di opere al pubblico. Tale diritto deve essere inteso in senso lato in quanto concernente tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine. Detto diritto dovrebbe comprendere qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione, e non altri atti.

(…)

(31)      Deve essere garantito un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi delle varie categorie di titolari nonché tra quelli dei vari titolari e quelli degli utenti dei materiali protetti. (…)

(…)

(33)      Si dovrebbe prevedere un’eccezione al diritto esclusivo di riproduzione per consentire taluni atti di riproduzione temporanea, che sono riproduzioni transitorie o accessorie, le quali formano parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico e effettuate all’unico scopo di consentire la trasmissione efficace in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o l’utilizzo legittimo di un’opera o di altri materiali. Gli atti di riproduzione in questione non dovrebbero avere un proprio valore economico distinto. [Sempreché] siano soddisfatte queste condizioni, tale eccezione include atti che facilitano la navigazione in rete e la realizzazione di copie “cache”, compresi gli atti che facilitano l’effettivo funzionamento dei sistemi di trasmissione, purché l’intermediario non modifichi le informazioni e non interferisca con l’uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciuta e utilizzata nel settore per ottenere dati sull’impiego delle informazioni. L’utilizzo è da considerare legittimo se è autorizzato dal titolare del diritto o non è limitato dalla legge».

21      Ai sensi dell’art. 2, lett. a) ed e), della direttiva medesima:

«Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte:

a)      agli autori, per quanto riguarda le loro opere;

(…)

e)      agli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni, siano esse effettuate su filo o via etere, comprese le trasmissioni via cavo o via satellite».

22      Il successivo art. 3, n. 1, così dispone:

«Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente».

23      A termini del successivo art. 5:

«1.      Sono esentati dal diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 gli atti di riproduzione temporanea di cui all’articolo 2 privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori, e parte integrante e essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all’unico scopo di consentire:

a)      la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o

b)      un utilizzo legittimo

di un’opera o di altri materiali.

(…)

3.      Gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni ai diritti di cui agli articoli 2 e 3 nei casi seguenti:

(…)

i)      in caso di inclusione occasionale di opere o materiali di altro tipo in altri materiali;

(…)

5.      Le eccezioni e limitazioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare».

24      A termini del quinto ‘considerando’ della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, 2006/115/CE, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (versione codificata) (GU L 376, pag. 28, in prosieguo: la «direttiva sui diritti connessi»):

«Le opere creative e artistiche degli autori e degli artisti interpreti o esecutori richiedono la percezione di un reddito adeguato quale base per l’ulteriore attività creativa e artistica, e gli investimenti occorrenti, segnatamente per la produzione di fonogrammi e pellicole, sono particolarmente rischiosi ed elevati.(...)».

25      Ai sensi dell’art. 7, n. 2, di detta direttiva, gli Stati membri riconoscono agli enti di radiodiffusione il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la fissazione delle loro emissioni, siano esse trasmesse su filo o via etere, incluse le emissioni via cavo o via satellite.

26      A termini del successivo art. 8, n. 3,:

«Gli Stati membri riconoscono agli organismi di radiodiffusione il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la ritrasmissione via etere delle loro emissioni, nonché la loro comunicazione al pubblico se questa comunicazione avviene in luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto d’ingresso».

27      Il quinto ‘considerando’ e gli artt. 7, n. 2, e 8, n. 3, della direttiva sui diritti connessi ricalcano, sostanzialmente, il settimo ‘considerando’ e gli artt. 6, n. 2, e 8, n. 3, della direttiva 92/100.

C –  La normativa nazionale

28      A termini dell’art. 297, n. 1, della legge del 1988 in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti (Copyright, Designs and Patents Act 1988; in prosieguo: la «legge in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti»):

«Una persona che riceva in modo fraudolento un programma facente parte di un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito, con l’intento di evitare il pagamento dei diritti applicabili alla ricezione del programma, commette un reato e potrà essere condannato con procedimento sommario ad una multa non superiore al quinto livello della tabella di riferimento».

29      Il successivo art. 298 così recita:

«1.      Colui che

a)      chieda il pagamento di diritti ai fini della ricezione di programmi contenuti in servizi televisivi forniti da un luogo sito nel Regno Unito o in altro Stato membro, ovvero

b)      emetta trasmissioni criptate di qualsiasi altro genere da un luogo sito nel Regno Unito o in altro Stato membro,

(…)

beneficia dei seguenti diritti e strumenti di tutela.

2.      Dispone degli stessi diritti e strumenti di tutela rispetto a

a)      colui che

i)      fabbrichi, importi, distribuisca, venda o noleggi, offra o esponga alla vendita o al noleggio, ovvero pubblicizzi ai fini della vendita o del noleggio,

ii)      detenga a fini commerciali, o

iii)      istalli, manutenga o sostituisca a fini commerciali,

qualsiasi apparecchio concepito o adattato per consentire a persone l’accesso a programmi o altre trasmissioni o per loro fornire assistenza a tal fine ovvero per aggirare la tecnologia di accesso condizionato connesso ai programmi o a altre trasmissioni qualora esse non siano autorizzate, (…)

(…)

di cui dispone il titolare di diritti d’autore a fronte di una violazione del diritto d’autore.

(…)»

II –  I procedimenti principali e le questioni pregiudiziali

30      La FAPL gestisce la «Premier League», principale campionato di calcio professionistico per società calcistiche stabilite in Inghilterra.

31      Le attività della FAPL comprendono, in particolare, l’organizzazione del calendario degli incontri della «Premier League» e la gestione, per quanto riguarda detti incontri, dei diritti di diffusione televisiva, vale a dire dei diritti di messa a disposizione del pubblico del contenuto audiovisivo degli incontri sportivi per mezzo di diffusione televisiva (in prosieguo: i «diritti di diffusione»).

A –  La concessione in licenza dei diritti di diffusione degli incontri della «Premier League»

32      La FAPL procede alla concessione in licenza di tali diritti di diffusione, in diretta, su base territoriale e per periodi triennali. A tal riguardo, la strategia perseguita dalla FAPL consiste nell’offrire ai telespettatori del mondo intero la visione del proprio campionato, massimizzando in tal modo il valore dei diritti stessi a favore delle società ad essa aderenti.

33      Tali diritti vengono quindi concessi agli enti di radiodiffusione televisiva per mezzo di una procedura di gara aperta che inizia con l’invito a presentare offerte su base mondiale, regionale, ovvero zona per zona. La domanda determina quindi la base territoriale sulla quale la FAPL cede i propri diritti internazionali. Tuttavia, in linea di principio, tale base è nazionale, considerato che esiste solamente una domanda limitata, da parte delle imprese offerenti, per i diritti mondiali o paneuropei, in quanto gli enti radiotelevisivi funzionano abitualmente su base territoriale ed alimentano il mercato interno o nel rispettivo paese o in un piccolo gruppo di paesi limitrofi di lingua comune.

34      All’impresa offerente che acquisti, per una determinata zona, un pacchetto («bouquet») di diritti di diffusione in diretta degli incontri della «Premier League», viene concesso il diritto esclusivo di diffusione radiotelevisiva in tale zona. Ciò sarebbe necessario, ad avviso della FAPL, per realizzare il valore commerciale ottimale di tutti i detti diritti, tenuto conto che gli enti radiotelevisivi sono disposti a versare un supplemento per acquistare tale esclusività, che è quella che consente loro di distinguere i loro servizi da quelli forniti dai concorrenti e di accrescere in tal modo la propria redditività.

35      Orbene, al fine di proteggere l’esclusività territoriale di tutti gli enti di radiodiffusione, ognuno di essi si impegna, nel proprio accordo di licenza con la FAPL, ad impedire al pubblico la ricezione delle proprie emissioni al di fuori della zona per la quale detiene la rispettiva licenza. Ciò presuppone, da un lato, che ogni ente faccia in modo che tutte le proprie emissioni che possono essere captate al di fuori di tale territorio – in particolare quelle emesse via satellite – vengano criptate in modo assolutamente sicuro e non possano essere captate in modo non criptato. Dall’altro, gli enti radiotelevisivi devono assicurarsi che nessun dispositivo venga scientemente autorizzato al fine di consentire a qualsivoglia soggetto la visione delle loro trasmissioni al di fuori del territorio interessato. Conseguentemente, a detti enti viene vietato di fornire dispositivi di decodificazione che consentano di decriptare le loro trasmissioni ai fini della loro utilizzazione al di fuori del territorio per il quale detengono la licenza.

B –  La trasmissione televisiva degli incontri della «Premier League»

36      Nell’ambito delle proprie attività, la FAPL è parimenti incaricata di provvedere all’organizzazione del calendario degli incontri della «Premier League» e della trasmissione del segnale televisivo agli enti detentori del diritto di trasmissione.

37      A tal fine, le immagini e i rumori di sottofondo catturati in occasione dell’incontro vengono trasmessi ad un’unità di produzione che aggiunge i logo, le sequenze video, le soluzioni grafiche sullo schermo, la musica ed il commento in lingua inglese.

38      Il segnale viene quindi inviato, via satellite, ad un ente di radiodiffusione televisiva che aggiunge il proprio logo e, eventualmente, i propri commenti. Il segnale viene poi compresso e criptato, quindi trasmesso via satellite agli abbonati che lo ricevono per mezzo di un’antenna parabolica. Il segnale viene infine decriptato e decompresso in un decodificatore satellitare che necessita, ai fini del funzionamento, di un dispositivo di decodificazione quale una scheda di decodificazione.

39      In Grecia, il titolare della sublicenza di trasmissione televisiva degli incontri della «Premier League» è la NetMed Hellas. Gli incontri vengono teletrasmessi via satellite sui canali «SuperSport» della piattaforma «NOVA» il cui proprietario e gestore è la Multichoice Hellas.

40      I telespettatori abbonati al bouquet satellitare della NOVA possono accedere a tali canali. Ogni abbonato dev’essere stato in grado di fornire un nominativo nonché un recapito ed un numero di telefono in Grecia. Tale abbonamento può essere sottoscritto a fini sia privati sia commerciali.

41      Nel Regno Unito, all’epoca dei fatti nelle cause principali, il titolare esclusivo dei diritti di licenza per la radiodiffusione in diretta della «Premier League» era la BSkyB Ltd. Nel caso in cui una persona fisica o giuridica intenda diffondere nel Regno Unito gli incontri della «Premier League», può sottoscrivere un abbonamento commerciale presso tale società.

42      Tuttavia, taluni centri di ristorazione hanno iniziato, nel Regno Unito, ad utilizzare, al fine di accedere agli incontri della «Premier League», dispositivi di decodificazione stranieri. Essi acquistano presso un distributore una scheda ed un apparecchio di decodificazione che consentono la ricezione di un canale satellitare diffuso in un altro Stato membro, quali i canali della NOVA, il cui abbonamento è più conveniente rispetto all’abbonamento della BSkyB Ltd. Tali schede di decodificazione sono state prodotte e commercializzate con l’autorizzazione del prestatore dei servizi, ma sono state successivamente utilizzate in modo non autorizzato, in quanto gli enti di radiodiffusione hanno subordinato la loro cessione alla condizione – ai sensi degli impegni indicati supra al punto 35 – che i clienti non utilizzino tali schede al di fuori del territorio nazionale interessato.

43      La FAPL ritiene che tali attività siano pregiudizievoli ai propri interessi, in quanto pregiudicherebbero l’esclusività dei diritti concessi in base a licenza su un territorio determinato e, conseguentemente, il valore dei diritti medesimi. Infatti, l’ente di radiodiffusione televisiva che vende le schede di decodificazione a prezzo più conveniente disporrebbe del potenziale per divenire, in pratica, l’ente di radiodiffusione televisiva su scala europea, il che produrrebbe la conseguenza che i diritti di radiodiffusione nell’Unione europea dovrebbero essere concessi su scala europea. Ciò implicherebbe una rilevante perdita di introiti tanto per la FAPL quanto per gli enti di radiodiffusione televisiva, riducendo in tal modo le fonti di redditività dei servizi da essi forniti.

44      Conseguentemente, la FAPL e altri hanno avviato, nel procedimento C‑403/08, quelle che esse considerano tre cause pilota dinanzi la High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Intellectual Property). Di queste, due azioni riguardano la QC Leisure, il sig. Richardson, la AV Station ed il sig. Chamberlain, i quali forniscono, in bar-ristoranti, materiale e schede di decodificazione satellitare che consentono la ricezione dei programmi di radiodiffusione stranieri, tra cui la NOVA, che trasmettono gli incontri di «Premier League» in diretta.

45      La terza azione è rivolta contro il sig. Maden, la SR Leisure Ltd, nonché i sigg. Houghton e Owen, fornitori di bevande o gestori di quattro bar-ristoranti in cui sono stati proiettati incontri di «Premier League» in diretta utilizzando un dispositivo di decodificazione straniero.

46      La FAPL e a. sostengono che tali soggetti violano i loro diritti protetti dall’art. 298 della legge in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti in quanto effettuano operazioni commerciali ovvero, come nel caso dei tre convenuti nel terzo procedimento, in quanto detengono a fini commerciali dispositivi di decodificazione stranieri concepiti o adattati per consentire l’accesso ai servizi della FAPL e a. senza autorizzazione.

47      Inoltre, i convenuti nel terzo procedimento violerebbero i diritti d’autore degli attori creando copie di opere nell’ambito del funzionamento interno del decodificatore satellitare e riproducendo le opere sullo schermo nonché eseguendo, diffondendo o mostrando le opere in pubblico e comunicandole al medesimo.

48      Inoltre, la QC Leisure e la AV Station violerebbero i diritti d’autore per aver autorizzato le azioni compiute dai tre convenuti nel terzo procedimento nonché da altri soggetti ai quali hanno fornito schede di decodificazione.

49      A parere della QC Leisure e a., le azioni sono infondate, in quanto non vengono utilizzate schede di decodificazione pirata, atteso che tutte le schede interessate sono state distribuite ed immesse sul mercato, in un altro Stato membro, dall’ente di radiodiffusione televisiva satellitare interessato.

50      Nel procedimento C‑429/08, la sig.ra Murphy, gestore di un bar-ristorante, si è procurata una scheda di decodificazione NOVA per proiettare incontri della «Premier League».

51      Gli agenti della MPS, ente incaricato dalla FAPL per avviare una campagna di procedimenti penali nei confronti dei gestori dei bar-ristoranti che utilizzino dispositivi di decodificazione stranieri, rilevavano che la sig.ra Murphy riceveva, nel proprio bar-ristorante, le trasmissioni degli incontri della «Premier League» effettuate dalla NOVA.

52      Conseguentemente, la MPS denunciava la sig.ra Murphy dinanzi alla Portsmouth Magistrates’ Court che condannava la medesima per due reati ai sensi dell’art. 297, n. 1, della legge in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti, per aver essa captato, in modo fraudolento, un programma contenuto in un servizio di radiodiffusione fornito da un luogo al di fuori del Regno Unito, con l’intento di evitare il pagamento di qualsivoglia corrispettivo connesso alla ricezione dei programmi trasmessi.

53      La sig.ra Murphy, a seguito del sostanziale rigetto, da parte della Portsmouth Crown Court, dell’appello proposto contro la condanna, presentava ricorso dinanzi alla High Court of Justice, sostenendo tesi analoghe a quelle esposte dalla QC Leisure e a.

54      Ciò premesso, la High Court of Justice (England and Wales), Chancery Division (Intellectual Property), decideva, nel procedimento C‑403/08, di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)     Se, nel caso in cui un dispositivo di accesso condizionato venga elaborato da o col consenso di un prestatore del servizio e venduto subordinatamente ad un’autorizzazione limitata ad utilizzare il dispositivo solo per ottenere l’accesso al servizio protetto in circostanze particolari, tale dispositivo diventi un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato], qualora esso venga usato per dare accesso a questo servizio protetto in un luogo o in un modo o da parte di un soggetto al di fuori dell’autorizzazione del prestatore del servizio.

b)      Cosa si intenda per «concepiti o adattati» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva.

2)      Nel caso in cui un primo prestatore del servizio trasmetta il contenuto di un programma in forma codificata a un secondo prestatore del servizio il quale ritrasmetta tale contenuto mediante un sistema di accesso condizionato, quali elementi debbano essere presi in considerazione nel determinare se gli interessi del primo prestatore di un servizio protetto vengano pregiudicati, ai sensi dell’art. 5 della [direttiva sull’accesso condizionato].

In particolare:

nel caso in cui una prima impresa trasmetta il contenuto di un programma (compreso immagini, rumori di sottofondo e commento in inglese) sotto forma codificata ad una seconda impresa la quale a sua volta ritrasmetta al pubblico il contenuto del programma (al quale abbia aggiunto il suo logo e, eventualmente, un commento audio aggiuntivo):

a)      se la trasmissione da parte della prima impresa costituisca un servizio protetto di “trasmissioni televisive” ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato] e dell’art. 1, lett. a), della direttiva [“televisione senza frontiere”];

b)      se sia necessario che la prima impresa sia un’emittente ai sensi dell’art. 1, lett. b), della direttiva [“televisione senza frontiere”] affinché si possa considerare che fornisca un servizio protetto di “trasmissioni televisive” ai sensi del primo trattino dell’art. 2, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato];

c)      se l’art. 5 della direttiva [sull’accesso condizionato] debba essere interpretato nel senso che conferisca alla prima impresa la legittimazione ad agire relativamente al dispositivo illecito che dà accesso al programma come ritrasmesso dalla seconda impresa, o:

         i)     perché si deve ritenere che tale dispositivo dia accesso attraverso il segnale di trasmissione al servizio proprio della prima impresa; o

         ii)   perché la prima impresa è il prestatore di un servizio protetto i cui interessi sono pregiudicati da un’attività illecita (in quanto tali dispositivi conferiscono un accesso non autorizzato al servizio protetto fornito dalla seconda impresa).

d)      se sulla soluzione della questione c) incida il fatto che il primo e il secondo prestatore del servizio usino differenti sistemi di decodificazione e dispositivi di accesso condizionati differenti.

3)      Se il “possesso a fini commerciali” di cui all’art. 4, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato] si riferisca solo al possesso finalizzato al commercio (ad esempio, la vendita) di dispositivi illeciti, o si estenda al possesso di un dispositivo da parte di un utilizzatore finale nel corso di un’attività di qualsiasi tipo.

4)      Nel caso in cui frammenti sequenziali di un film, di un’opera musicale o di una registrazione sonora (nella specie, composizioni di audio e video digitali) vengano creati i) all’interno della memoria di un decodificatore o ii) nel caso di un film su uno schermo televisivo, e l’intera opera venga riprodotta, qualora i frammenti sequenziali vengano considerati nel loro insieme ma solo un numero limitato di frammenti sussista contemporaneamente in un dato momento:

a)      se la questione intesa ad accertare se tali opere siano state riprodotte in tutto o in parte debba essere risolta in base alle norme del diritto d’autore nazionale relative a cosa costituisca un’illecita riproduzione di un’opera tutelata dal diritto d’autore, o se dipenda dall’interpretazione dell’art. 2 della direttiva [sul diritto d’autore].

b)      qualora dipenda dall’interpretazione dell’art. 2 della direttiva [sul diritto d’autore], se il giudice nazionale debba prendere in considerazione tutti i frammenti di ciascuna opera nella sua totalità o solo il numero limitato di frammenti che esistono contemporaneamente. In quest’ultimo caso, a quale test il giudice nazionale debba sottoporre la questione intesa ad accertare se le opere siano state riprodotte parzialmente ai sensi di tale articolo.

c)      se il diritto di riproduzione di cui al detto art. 2 si estenda alla creazione di immagini transitorie su uno schermo televisivo.

5)      a)     Se si debba ritenere che copie transitorie di un’opera create all’interno di un decodificatore televisivo satellitare o su uno schermo televisivo collegato al decodificatore, e il cui unico intento sia di consentire un uso dell’opera non altrimenti limitato dalla legge, abbiano un “rilievo economico proprio” ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva [sul diritto d’autore] per il fatto che tali copie forniscano l’unica base dalla quale il titolare dei diritti possa derivare un compenso per l’uso dei suoi diritti.

b)      Se sulla soluzione della questione 5 a) incida il fatto che i) le copie transitorie abbiano un valore intrinseco; o ii) le copie transitorie comprendano una piccola parte di una raccolta di opere e/o di altri materiali che altrimenti potrebbero essere usati senza violare il diritto d’autore; o iii) il licenziatario esclusivo del titolare dei diritti in un altro Stato membro abbia già ricevuto un compenso per l’uso dell’opera in tale Stato membro.

6)      a)     Se un’opera tutelata dal diritto d’autore venga comunicata al pubblico su filo o senza filo ai sensi dell’art. 3 della direttiva [sul diritto d’autore], qualora una trasmissione satellitare venga ricevuta in locali commerciali (ad esempio, un bar) e comunicata o mostrata in quei locali mediante un singolo schermo televisivo e altoparlanti al pubblico ivi presente.

b)      Se sulla soluzione della questione 6 a) incida il fatto che:

i)      il pubblico presente costituisca un nuovo pubblico non contemplato dall’emittente (in questo caso perché una scheda di decodificazione nazionale che deve essere utilizzata in uno Stato membro viene utilizzata per un ascolto commerciale in un altro Stato membro);

ii)      il pubblico non costituisca un pubblico pagante in base al diritto nazionale;

iii)      il segnale televisivo venga ricevuto da un’antenna o da un ricevitore satellitare sul tetto dei locali dove si trova il televisore o nelle loro adiacenze.

c)      In caso di soluzione affermativa di uno dei quesiti b), quali elementi debbano essere presi in considerazione nel determinare se vi sia una comunicazione dell’opera che ha avuto origine da un luogo in cui il pubblico non è presente.

7)      Se sia compatibile con la direttiva [sulla radiodiffusione via satellite] o con gli artt. 28 CE, 30 CE o 49 CE il fatto che la normativa nazionale in materia di diritto d’autore preveda che, qualora copie transitorie di opere inserite in una trasmissione via satellite vengano create all’interno di un decodificatore satellitare o su uno schermo televisivo, sussista una violazione del diritto d’autore in base alla normativa del paese di ricezione della trasmissione. Se abbia un’incidenza il fatto che la trasmissione venga decodificata mediante una scheda di decodificazione satellitare rilasciata dal prestatore di un servizio di trasmissione via satellite in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la scheda di decodificazione satellitare venga autorizzata solo perché sia usata in tale altro Stato membro.

8)      a)     Nel caso in cui la soluzione della questione 1 sia nel senso che un dispositivo per l’accesso condizionato elaborato dal prestatore del servizio o con il suo consenso divenga un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato] allorché venga usato al di là dell’autorizzazione concessa dal prestatore del servizio a dare accesso ad un servizio protetto, quale sia l’oggetto specifico del diritto con il riferimento alla sua funzione essenziale conferita dalla direttiva sull’accesso condizionato.

b)      Se gli artt. 28 CE o 49 CE si oppongano all’esecuzione di una disposizione del diritto nazionale in un primo Stato membro che renda illecita l’importazione o la vendita di una scheda di decodificazione satellitare rilasciata dal prestatore di un servizio di trasmissione via satellite in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la carta di decodificazione satellitare venga autorizzata solo affinché sia usata in tale altro Stato membro.

c)      Se sulla soluzione di tale questione incida il fatto che la scheda di decodificazione satellitare sia autorizzata solo per uso privato e nazionale in questo altro Stato membro ma venga utilizzata per fini commerciali nel primo Stato membro.

9)      Se gli artt. 28 CE e 30 CE o 49 CE ostino all’attuazione di una disposizione della normativa nazionale in materia di diritto d’autore che renda illecito eseguire o rappresentare in pubblico un’opera musicale allorché tale opera sia inserita in un servizio protetto cui sia consentito l’accesso – e che [l’opera] venga rappresentata in pubblico – mediante una scheda di decodificazione satellitare allorché tale scheda sia stata emessa dal prestatore del servizio in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la scheda di decodificazione venga autorizzata solo affinché sia usata in tale altro Stato membro. Se abbia una certa incidenza il fatto che l’opera musicale sia un elemento irrilevante del servizio complessivamente protetto e il diritto nazionale d’autore non si opponga alla rappresentazione e all’esecuzione in pubblico degli altri elementi del servizio.

10)      Allorché un fornitore di contenuti di un programma rilasci una serie di licenze esclusive ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri in base alle quali l’emittente sia autorizzato a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e in ogni licenza sia contenuto un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente debba evitare che le sue schede di decodificazione satellitare, che consentono la ricezione dei programmi oggetto di licenza, vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, quale criterio giuridico debba applicare il giudice nazionale e quali circostanze debba prendere in considerazione nel decidere se la restrizione contrattuale sia incompatibile con il divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE.

In particolare:

a)      se l’art. 81, n. 1, CE debba essere interpretato nel senso che si applichi a tale obbligo per il solo motivo che debba ritenersi che esso abbia per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza;

b)      in tal caso, se si debba anche dimostrare che l’obbligo contrattuale per poter ricadere nel divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE impedisca, restringa o falsi considerevolmente il gioco della concorrenza».

55      Nel procedimento C‑429/08, la High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) decideva di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1)      Quali siano le circostanze in cui un dispositivo per l’accesso condizionato costituisca un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato].

2)      In particolare, se un dispositivo per l’accesso condizionato costituisca un “dispositivo illecito” ove sia stato acquisito in circostanze in cui:

i)      il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente ad autorizzazione contrattuale limitata di utilizzo del dispositivo per accedere ad un servizio protetto solo in un primo Stato membro e sia stato utilizzato per accedere a tale servizio protetto ricevuto in un altro Stato membro, e/o

ii)      il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo nome e residenza falsi nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le limitazioni territoriali contrattuali imposte all’esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro, e/o

iii)      il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente alla condizione contrattuale di un esclusivo uso domestico o privato e non per un uso commerciale (per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato), ma sia stato utilizzato nel Regno Unito per scopi commerciali, e precisamente per trasmettere partite di calcio in diretta in un locale pubblico.

3)      In caso di risposta negativa a qualsiasi quesito della questione 2), se l’art. 3, n. 2, della direttiva [sull’accesso condizionato] osti a che uno Stato membro invochi una disposizione nazionale che impedisca l’uso di tali dispositivi per l’accesso condizionato nelle circostanze di cui alla summenzionata questione 2).

4)      In caso di risposta negativa a qualsiasi quesito della questione 2), se l’art. 3, n. 2), della direttiva medesima sia invalido:

a)      in quanto discriminatorio e/o sproporzionato; e/o

b)      in quanto in contrasto con i diritti alla libera circolazione sanciti dal Trattato e/o

c)      per qualsivoglia altra ragione.

5)      In caso di risposta affermativa alla questione 2), se gli artt. 3, n. 1, e 4 della direttiva stessa siano invalidi, in quanto impongono agli Stati membri di imporre restrizioni all’importazione di “dispositivi illeciti” da altri Stati membri e ad altre operazioni con dispositivi medesimi, anche nel caso in cui siffatti dispositivi possano essere legittimamente importati e/o utilizzati per ricevere servizi di diffusione via satellite transfrontalieri in forza delle norme sulla libera circolazione delle merci ai sensi degli artt. 28 CE e 30 CE e/o sulla libertà di fornire e ricevere servizi ai sensi dell’art. 49 CE.

6)      Se gli artt. 28 CE, 30 CE e/o 49 CE ostino all’applicazione di una disposizione nazionale, quale l’art. 297 della [legge in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti], che qualifichi come reato la ricezione fraudolenta di un programma nell’ambito di un servizio di trasmissione fornito da un luogo situato nel Regno Unito con l’intento di evitare il pagamento di qualsiasi diritto applicabile alla ricezione del programma, in una qualsiasi delle seguenti circostanze:

i)      qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente ad autorizzazione contrattuale limitata di utilizzo del dispositivo per accedere ad un servizio protetto solo in un primo Stato membro e sia stato utilizzato per accedere a tale servizio protetto ricevuto in un altro Stato membro (in questo caso, il Regno Unito), e/o

ii)      qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo nome e residenza falsi nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le limitazioni territoriali contrattuali imposte all’esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro, e/o

iii)      qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente alla condizione contrattuale di un esclusivo uso domestico o privato e non per un uso commerciale (per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato), ma sia stato utilizzato nel Regno Unito per scopi commerciali, e precisamente per trasmettere partite di calcio in diretta in un locale pubblico.

7)      Se l’applicazione della disposizione nazionale in questione possa essere in ogni caso esclusa per violazione del divieto di discriminazione di cui all’art. 12 CE o in quanto la legislazione nazionale è applicabile ai programmi trasmessi nell’ambito di un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito ma non a servizi forniti da un qualsiasi altro Stato membro.

8)      Allorché un fornitore di contenuti di programmi rilasci una serie di licenze esclusive, ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri, in base alle quali l’emittente è autorizzata a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e ogni licenza preveda un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente deve evitare che le sue schede di decodificazione satellitari, che consentono la ricezione dei contenuti dei programmi oggetto di licenza, vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, quale criterio giuridico debba applicare il giudice nazionale e quali circostanze debba prendere in considerazione nel decidere se la restrizione contrattuale violi il divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE.

In particolare:

a)      se l’art. 81, n. 1, CE debba essere interpretato nel senso che si applichi a tale obbligo per il solo motivo che debba ritenersi che esso abbia per oggetto impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza,

b)      in caso affermativo, se debba essere altresì dimostrato che l’obbligo contrattuale impedisca, restringa o falsi sensibilmente il gioco della concorrenza per poter rientrare nel divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE».

56      Con ordinanza del Presidente della Corte 3 dicembre 2008 i procedimenti C‑403/08 e C‑429/08 sono stati riuniti ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento nonché della sentenza.

III –  Sulle questioni pregiudiziali

A –  Sulle norme relative alla ricezione di programmi codificati provenienti da altri Stati membri

1.              Considerazioni preliminari

57      Si deve precisare, in limine, che i procedimenti in esame riguardano unicamente la trasmissione via satellite al pubblico di programmi contenenti gli incontri della «Premier League» da parte degli enti di radiodiffusione quali la Multichoice Hellas. In tal senso, la sola parte della comunicazione audiovisiva pertinente nella specie è quella consistente nella trasmissione al pubblico di tali programmi da parte degli enti di radiodiffusione ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. a) e b), della direttiva sulla radiodiffusione via satellite, ove tale operazione viene effettuata da uno Stato membro in cui i segnali portatori dei programmi sono inseriti in un canale di trasmissione via satellite (in prosieguo: lo «Stato membro di emissione»), nella specie, segnatamente, la Repubblica ellenica.

58      Per contro, la parte della comunicazione a monte, tra la FAPL e detti enti, consistente nella trasmissione di dati audiovisivi contenenti gli incontri medesimi, è priva di pertinenza nella specie, considerato che tale comunicazione può essere d’altronde effettuata con altri strumenti di telecomunicazione rispetto a quelli utilizzati dalle parti nei procedimenti principali.

59      Dagli atti di causa emerge inoltre che, a termini dei contratti di licenza conclusi tra la FAPL e gli enti di radiodiffusione interessati, i programmi in questione sono destinati al solo pubblico dello Stato membro di emissione e che gli enti stessi devono far sì che le loro trasmissioni via satellite possano essere captate solamente in tale Stato. Conseguentemente, gli enti di cui trattasi devono provvedere a criptare le loro trasmissioni ed a fornire i dispositivi di decodificazione solamente a soggetti residenti sul territorio dello Stato membro di emissione.

60      Infine, è pacifico che i proprietari dei bar-ristoranti utilizzino tali dispositivi di decodificazione al di fuori del territorio di tale Stato membro, utilizzandoli pertanto in contrasto con la volontà degli enti di radiodiffusione.

61      Ciò premesso, i giudici del rinvio si chiedono, con la prima parte delle loro questioni, se una siffatta utilizzazione di dispositivi di decodificazione ricada nella sfera d’applicazione della direttiva sull’accesso condizionato e in qual misura questa incida su tale utilizzazione. Nell’ipotesi, poi, in cui tale aspetto non fosse armonizzato da detta direttiva, i giudici medesimi chiedono se gli artt. 34 TFUE, 36 TFUE, 56 TFUE e 101 TFUE ostino ad una normativa nazionale e a contratti di licenza che impediscano l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri.

2.              La direttiva sull’accesso condizionato

a)               Sull’interpretazione della nozione di «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva sull’accesso condizionato (prima questione nel procedimento C‑403/08, nonché prima e seconda questione nel procedimento C‑429/08)

62      Con tali questioni, i giudici del rinvio chiedono, sostanzialmente, se la nozione di «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva sull’accesso condizionato debba essere interpretata nel senso che essa ricomprenda parimenti i dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, e quelli utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati.

63      A tal riguardo, si deve rammentare, da un lato, che l’art. 2, lett. e), della direttiva sull’accesso condizionato definisce la nozione di «dispositivo illecito» nel senso di qualsivoglia apparecchiatura o programma per elaboratore elettronico «concepiti» o «adattati» al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intellegibile senza l’autorizzazione del prestatore del servizio.

64      Il tenore di tale disposizione si limita quindi alle sole apparecchiature che abbiano costituito oggetto di operazioni manuali o automatizzate anteriormente al loro impiego e che consentano la ricezione di servizi protetti senza il consenso del prestatore dei servizi medesimi. Conseguentemente, tale disposizione riguarda unicamente apparecchiature che siano state fabbricate, manipolate, adattate o riadattate senza l’autorizzazione del prestatore dei servizi e non ricomprende l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri.

65      Dall’altro, si deve rilevare che il sesto ed il tredicesimo ‘considerando’ della direttiva sull’accesso condizionato, che contengono precisazioni in merito alla nozione di «dispositivo illecito», fanno riferimento alla necessità di lottare contro i dispositivi illeciti che «consentono l’accesso senza pagamento» dei servizi protetti nonché contro l’immissione sul mercato di dispositivi illeciti che rendono possibile o facile «eludere, senza esservi autorizzato, qualsiasi misura tecnologica» a protezione della remunerazione di un servizio fornito in modo del tutto lecito.

66      Orbene, non ricadono in alcuna di dette categorie né i dispositivi di decodificazione stranieri, né quelli ottenuti o attivati mediante indicazione di un falso nome o di un falso recapito, né quelli che siano stati utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne limiti l’utilizzazione unicamente a fini privati. Infatti, tutti questi dispositivi sono fabbricati ed immessi sul mercato con l’autorizzazione del prestatore del servizio, essi non consentono un accesso gratuito ai servizi protetti e non rendono possibile o più agevole eludere una misura tecnologica adottata per proteggere la remunerazione dei servizi stessi, atteso che, nello Stato membro di immissione sul mercato, il corrispettivo è stato assolto.

67      Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni poste devono essere risolte nel senso che la nozione di «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva sull’accesso condizionato deve essere interpretata nel senso che essa non ricomprende né i dispositivi di decodificazione stranieri, né quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, né quelli che siano stati utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati.

b)              Sull’interpretazione dell’art. 3, n. 2, della direttiva sull’accesso condizionato (terza questione nella causa C‑429/08)

68      Con tale questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 3, n. 2, della direttiva sull’accesso condizionato osti ad una normativa nazionale che impedisca l’utilizzazione dei dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante indicazione di un falso nome e di un falso recapito, ovvero quelli che siano stati utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati.

69      Ai sensi dell’art. 3, n. 2, della direttiva sull’accesso condizionato, gli Stati membri non sono autorizzati a limitare, per motivi rientranti nel settore coordinato dalla direttiva stessa, la libera circolazione dei servizi protetti e dei dispositivi di accesso condizionato, fermi restando gli obblighi fissati dall’art. 3, n. 1, della direttiva medesima.

70      A tal riguardo, si deve rilevare che quest’ultima disposizione impone obblighi nel settore coordinato della direttiva sull’accesso condizionato – definito dal suo art. 2, lett. f), nel senso di qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui al successivo art. 4 –, imponendo, segnatamente, agli Stati membri, di vietare le attività indicate al detto art. 4.

71      Tuttavia, il menzionato art. 4 riguarda unicamente le attività illecite, implicando l’utilizzazione di dispositivi illeciti ai sensi della direttiva stessa.

72      Orbene, i dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, e quelli utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consente l’utilizzazione unicamente a fini privati, non costituiscono, come emerge dai punti 62‑66 supra, dispositivi illeciti di tal genere.

73      Conseguentemente, né le attività che implichino l’utilizzazione di tali dispositivi né una normativa nazionale che vieti tali attività ricadono nel settore coordinato dalla direttiva sull’accesso condizionato.

74      La questione posta dal giudice a quo deve essere pertanto risolta nel senso che l’art. 3, n. 2, della direttiva sull’accesso condizionato non osta ad una normativa nazionale che impedisca l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, ovvero quelli utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consente l’utilizzazione unicamente a fini privati, atteso che una normativa di tal genere non ricade nel settore coordinato da tale direttiva.

c)              Sulle altre questioni riguardanti la direttiva sull’accesso condizionato

75      Alla luce delle soluzioni fornite alla prima questione nel procedimento C‑403/08, nonché alle questioni prima, seconda e terza nel procedimento C‑429/08, non occorre procedere all’esame della seconda, terza e ottava questione, lett. a), nel procedimento C‑403/08, né delle questioni quarta e quinta nel procedimento C‑429/08.

3.              Le norme del Trattato FUE in materia di libera circolazione delle merci e dei servizi

a)              Sul divieto di importazione, di vendita e di utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri [ottava questione, lett. b), e prima parte della nona questione nel procedimento C‑403/08, nonché sesta questione, i), nel procedimento C‑429/08]

76      Con tali questioni i giudici del rinvio chiedono, sostanzialmente, se gli artt. 34 TFUE, 36 TFUE e 56 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostino ad una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale risulti illecita l’importazione, la vendita e l’utilizzazione, nello Stato medesimo, di dispositivi di decodificazione stranieri che consentano l’accesso ad un servizio codificato di radiodiffusione via satellite proveniente da un altro Stato membro comprendente oggetti protetti dalla normativa di tale primo Stato.

i)              Sull’individuazione delle disposizioni applicabili

77      Una normativa nazionale, come quella oggetto delle cause principali, riguarda tanto la prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione codificati quanto la circolazione, nell’ambito dell’Unione, di dispositivi di decodificazione stranieri che consentono di decodificare tali servizi. Ciò premesso, sorge la questione se tale normativa debba essere esaminata sotto il profilo della libera prestazione dei servizi ovvero sotto quello della libera circolazione delle merci.

78      A tal riguardo, dalla giurisprudenza risulta che, quando un provvedimento nazionale si ricollega sia alla libera circolazione delle merci sia alla libera prestazione dei servizi, la Corte l’esamina, in linea di principio, con riferimento ad una sola delle due libertà fondamentali qualora emerga che una delle due è del tutto secondaria rispetto all’altra e possa esserle ricollegata (v. sentenze 24 marzo 1994, causa C‑275/92, Schindler, Racc. pag. I‑1039, punto 22, e 2 dicembre 2010, causa C‑108/09, Ker-Optika, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 43).

79      Tuttavia, in materia di telecomunicazioni, questi due aspetti sono spesso strettamente connessi, senza che l’uno possa essere considerato del tutto secondario rispetto all’altro. Ciò vale, in particolare, nel caso in cui una normativa nazionale disciplini la fornitura di apparecchiature di telecomunicazione, quali i dispositivi di decodificazione, al fine di precisare i requisiti cui tali apparecchiature devono rispondere, ovvero al fine di fissare le modalità di vendita dei medesimi, ragion per cui, in un’ipotesi di tal genere, occorre esaminare simultaneamente entrambe le libertà fondamentali (v., in tal senso, sentenza 22 gennaio 2002, causa C‑390/99, Canal Satélite Digital, Racc. pag. I‑607, punti 29‑33).

80      Ciò premesso, nel caso in cui una normativa riguardi, in materia, un’attività particolarmente caratterizzata a livello dei servizi forniti dagli operatori economici, laddove la fornitura delle apparecchiature di telecomunicazione vi si ricolleghi solamente in termini puramente secondari, occorrerà esaminare tale attività con riguardo alla sola libertà di prestazione di servizi.

81      Ciò vale, segnatamente, qualora la messa a disposizione di apparecchiature di tal genere costituisca solamente una modalità concreta di organizzazione o di funzionamento di tale servizio e qualora tale attività non presenti finalità proprie, ma sia volta a consentire di beneficiare del servizio stesso. Ciò premesso, l’attività consistente nella messa a disposizione di apparecchiature di tal genere non può essere valutata a prescindere dall’attività connessa al servizio cui la prima attività si ricollega (v., per analogia, sentenza Schindler, cit., punti 22‑25).

82      Nei procedimenti principali si deve rilevare che la normativa nazionale non è volta a disciplinare i dispositivi di decodificazione al fine di stabilire i requisiti cui essi devono rispondere ovvero di fissare le condizioni di vendita dei medesimi. Infatti, essa li disciplina solamente nella loro qualità di strumenti che consentono agli abbonati di beneficiare dei servizi di radiodiffusione codificati.

83      Considerato che tale normativa riguarda quindi, in primis, la libera prestazione dei servizi, laddove l’aspetto della libera circolazione delle merci risulta del tutto secondario rispetto alla libera prestazione dei servizi, la normativa medesima deve essere esaminata alla luce di quest’ultima libertà.

84      Ne consegue che una normativa di tal genere deve essere valutata con riguardo all’art. 56 TFUE.

ii)           Sulla sussistenza di una restrizione alla libera prestazione di servizi

85      L’art. 56 TFUE impone l’eliminazione di qualsiasi restrizione alla libera prestazione dei servizi, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisca legittimamente servizi analoghi. Peraltro, della libertà di prestazione di servizi beneficia tanto il prestatore quanto il destinatario dei servizi (v., in particolare, sentenza 8 settembre 2009, causa C‑42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, Racc. pag. I‑7633, punto 51, e la giurisprudenza ivi richiamata).

86      Nelle cause principali la normativa nazionale vieta l’importazione, la vendita e l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri sul territorio nazionale che diano accesso ai servizi di radiodiffusione via satellite provenienti da un altro Stato membro.

87      Orbene, atteso che l’accesso ai servizi di trasmissione via satellite, come quelli oggetto delle cause principali, è subordinato alla detenzione di un dispositivo di tal genere, la cui fornitura è soggetta alla restrizione contrattuale secondo cui il dispositivo stesso può essere utilizzato solamente sul territorio dello Stato membro di emissione, la normativa nazionale interessata osta alla ricezione di tali servizi da parte di soggetti residenti al di fuori dello Stato membro di emissione, nella specie, al di fuori del Regno Unito. Conseguentemente, tale normativa produce l’effetto di impedire a tali persone di accedere ai servizi di cui trattasi.

88      È pur vero che l’ostacolo alla ricezione di tali servizi scaturisce, in primo luogo, dai contratti conclusi tra gli enti di radiodiffusione ed i rispettivi clienti, i quali riflettono, a loro volta, le clausole di restrizione territoriale inserite nei contratti conclusi tra detti enti ed i titolari dei diritti di proprietà intellettuale. Tuttavia, tale normativa, poiché riconosce a dette restrizioni una tutela giuridica e ne impone il rispetto a pena di sanzioni civili e pecuniarie, restringe di per sé la libera prestazione dei servizi.

89      Ne consegue che la normativa de qua costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi vietata dall’art. 56 TFUE, a meno che essa non possa risultare oggettivamente giustificata.

iii)           Sulla giustificazione di una restrizione alla libera prestazione dei servizi rispetto all’obiettivo di tutela dei diritti di proprietà intellettuale

–       Osservazioni presentate alla Corte

90      La FAPL e a., la MPS, il governo del Regno Unito nonché i governi francese e italiano deducono che la restrizione sottesa alla normativa oggetto dei procedimenti principali può essere giustificata con riguardo ai diritti dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale, in quanto risulterebbe necessaria per garantire la tutela di un’adeguata remunerazione dei titolari medesimi, ove tale remunerazione presuppone che questi ultimi dispongano del diritto di rivendicarla per l’utilizzazione delle loro opere o di altri oggetti protetti in ogni singolo Stato membro e di concedere al riguardo un’esclusività territoriale.

91      A tal proposito, dette parti interessate ritengono, in particolare, che, in assenza di qualsiasi protezione di tale esclusività territoriale, il titolare dei diritti di proprietà intellettuale non sia più in grado di ottenere remunerazioni adeguate delle licenze da parte degli enti di radiodiffusione, atteso che la diffusione in diretta degli incontri sportivi avrebbe perso parte del proprio valore. Infatti, gli enti di radiodiffusione non sarebbero interessati all’acquisto di licenze al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione. L’acquisizione di licenze per tutti i territori nazionali in cui risiedano clienti potenziali non risulterebbe interessante dal punto di vista economico, in considerazione del prezzo estremamente elevato di tali licenze. Detti organismi acquisterebbero quindi le licenze per diffondere le opere interessate sul territorio di un solo Stato membro. Orbene, essi sarebbero disposti a corrispondere un supplemento rilevante subordinatamente alla condizione di disporre della garanzia dell’esclusività territoriale, in quanto questa consentirebbe loro di distinguersi dai concorrenti e di attrarre, in tal modo, ulteriore clientela.

92      La QC Leisure e a., la sig.ra Murphy, la Commissione e l’Autorità di vigilanza EFTA sostengono che una siffatta restrizione alla libera prestazione di servizi di radiodiffusione non può essere giustificata, in quanto si risolve in un contingentamento del mercato interno.

–       Risposta della Corte

93      Al fine di esaminare la giustificazione di una restrizione come quella oggetto dei procedimenti principali, si deve rammentare che una restrizione a libertà fondamentali garantite dal Trattato non può essere giustificata, a meno che essa risponda a ragioni imperative di interesse pubblico, sia idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vada oltre quanto è necessario per il raggiungimento dello scopo medesimo (v., in tal senso, sentenza 5 marzo 2009, causa C‑222/07, UTECA, Racc. pag. I‑1407, punto 25, e la giurisprudenza ivi richiamata).

94      Per quanto attiene alle giustificazioni ammissibili, da costante giurisprudenza emerge che tale restrizione può risultare giustificata, in particolare, da ragioni imperative di interesse generale consistenti nella tutela dei diritti di proprietà intellettuale (v., in tal senso, sentenze 18 marzo 1980, causa 62/79, Coditel e a., detta «Coditel I», Racc. pag. 881, punti 15 e 16, nonché 20 gennaio 1981, cause riunite 55/80 e 57/80, Musik-Vertrieb membran e K-tel International, Racc. pag. 147, punti 9 e 12).

95      Occorre quindi anzitutto accertare se la FAPL possa invocare tali diritti per giustificare il fatto che la normativa nazionale oggetto della causa principale istituisce una tutela a suo favore costitutiva di una restrizione alla libera prestazione di servizi.

96      A tal riguardo, si deve rilevare che la FAPL non può far valere un diritto d’autore sugli incontri stessi della «Premier League», atteso che questi non possono essere qualificati come «opere».

97      Infatti, per poter rivestire tale qualificazione, occorrerebbe che l’oggetto interessato fosse originale, nel senso che costituisse una creazione intellettuale propria del suo autore (v., in tal senso, sentenza 16 luglio 2009, causa C‑5/08, Infopaq International, Racc. pag. I‑6569, punto 37).

98      Orbene, gli incontri sportivi non possono essere considerati quali creazioni intellettuali qualificabili come opere ai sensi della direttiva sul diritto d’autore. Ciò vale, in particolare, per gli incontri di calcio, i quali sono disciplinati dalle regole del gioco, che non lasciano margine per la libertà creativa ai sensi del diritto d’autore.

99      Ciò premesso, gli incontri di calcio non possono essere tutelati sulla base del diritto d’autore. È peraltro pacifico che il diritto dell’Unione non li tuteli ad alcun altro titolo nell’ambito della proprietà intellettuale.

100    Ciò premesso, gli incontri sportivi rivestono, in quanto tali, un carattere unico e, sotto tal profilo, originale, che può trasformarli in oggetti meritevoli di tutela analoga alla tutela delle opere, ove tale tutela può essere concessa, eventualmente, dai singoli ordinamenti giuridici interni.

101    A tal riguardo, si deve rilevare che, a termini dell’art. 165, n. 1, secondo comma, TFUE, l’Unione contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa.

102    Ciò premesso, uno Stato membro può legittimamente tutelare gli incontri sportivi, eventualmente a titolo di tutela della proprietà intellettuale, istituendo una normativa nazionale specifica ovvero riconoscendo, nel rispetto del diritto dell’Unione, una tutela per tali incontri garantita da strumenti convenzionali conclusi tra i soggetti legittimati a mettere a disposizione del pubblico il contenuto audiovisivo degli incontri stessi e i soggetti che intendano diffondere tale contenuto al pubblico di loro scelta.

103    A tal riguardo, si deve aggiungere che il legislatore dell’Unione ha previsto l’esercizio di tale facoltà da parte di uno Stato membro laddove fa riferimento, al ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 97/36, ad eventi organizzati da un organizzatore legittimato a vendere i diritti relativi agli eventi medesimi.

104    Pertanto, nell’ipotesi in cui la normativa nazionale di cui trattasi sia volta a tutelare gli incontri sportivi – verifica che spetterebbe al giudice del rinvio – il diritto dell’Unione non osta, in linea di principio, a tale tutela ed una siffatta normativa può quindi giustificare una restrizione alla libera circolazione dei servizi come quella oggetto della causa principale.

105    Tuttavia, occorre inoltre che tale restrizione non vada al di là di quanto necessario per il conseguimento dell’obiettivo di tutela della proprietà intellettuale di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza UTECA, cit., punti 31 e 36).

106    A tal riguardo, si deve rammentare che deroghe al principio della libera circolazione sono ammissibili solo se siano giustificate dalla tutela dei diritti costituenti lo specifico oggetto della proprietà intellettuale di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza 23 ottobre 2003, causa C‑115/02, Rioglass e Transremar, Racc. pag. I‑12705, punto 23, e la giurisprudenza ivi richiamata).

107    In proposito, secondo costante giurisprudenza, tale oggetto specifico mira, segnatamente, a garantire ai titolari dei diritti interessati la tutela della facoltà di sfruttare commercialmente la messa in circolazione o la messa a disposizione degli oggetti protetti, concedendo licenze dietro il pagamento di un compenso (v., in tal senso, sentenze Musik-Vertrieb membran e K-tel International, cit., punto 12, nonché 20 ottobre 1993, cause riunite C‑92/92 e C‑326/92, Phil Collins e a., Racc. pag. I‑5145, punto 20).

108    Tuttavia, si deve necessariamente rilevare che tale oggetto specifico non garantisce ai titolari dei diritti interessati la possibilità di chiedere il più alto compenso possibile. Infatti, in considerazione di tale oggetto, quel che è loro garantito – come previsto dal decimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore e dal quinto ‘considerando’ della direttiva sui diritti connessi – è solamente un compenso adeguato per ogni utilizzazione degli oggetti protetti.

109    Orbene, per poter risultare adeguato, tale compenso deve collocarsi in un rapporto ragionevole con il valore economico della prestazione fornita. In particolare, deve presentare un rapporto ragionevole con il numero reale o potenziale di soggetti che ne fruiscano o intendano fruirne (v., per analogia, sentenze 22 settembre 1998, causa C‑61/97, FDV, Racc. pag. I‑5171, punto 15, e 11 dicembre 2008, causa C‑52/07, Kanal 5 e TV 4, Racc. pag. I‑9275, punti 36‑38).

110    In tal senso, in materia di radiodiffusione televisiva, tale compenso deve collocarsi – come confermato, segnatamente, dal diciassettesimo ‘considerando’ della direttiva sulla radiodiffusione via satellite – in un rapporto ragionevole con i rispettivi parametri delle relative emissioni, quali il numero effettivo e il numero potenziale di teleascoltatori nonché la versione linguistica delle trasmissioni stesse (v., in tal senso, sentenza 14 luglio 2005, causa C‑192/04, Lagardère Active Broadcast, Racc. pag. I‑7199, punto 51).

111    Ciò premesso, si deve anzitutto sottolineare che i titolari dei diritti oggetto delle cause principali ricevono un compenso per la radiodiffusione degli oggetti protetti dallo Stato membro di emissione in cui si presume che l’atto di radiodiffusione abbia avuto luogo, ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. b), della direttiva sulla radiodiffusione via satellite, ed in cui tale compenso adeguato è quindi dovuto.

112    Inoltre, si deve rilevare che, qualora un siffatto compenso sia convenuto tra i titolari dei diritti interessati e gli enti di radiodiffusione, nell’ambito di una vendita preceduta da una gara, nulla osta a che il titolare dei diritti di cui trattasi richieda, in tale occasione, un importo che tenga conto del numero effettivo e potenziale di teleascoltatori tanto nello Stato membro di emissione quanto in tutti gli altri Stati membri in cui vengano parimenti ricevute le emissioni contenenti gli oggetti protetti.

113    A tal riguardo, si deve ricordare, in particolare, che la ricezione di una trasmissione via satellite, come quella oggetto della causa principale, è subordinata al possesso di un dispositivo di decodificazione. Conseguentemente, è possibile determinare, con un grado di precisione molto elevato, il numero complessivo di teleascoltatori effettivi e potenziali dell’emissione di cui trattasi, vale a dire dei teleascoltatori residenti tanto all’interno quanto all’esterno dello Stato membro di emissione.

114    Infine, per quanto attiene al supplemento versato dagli enti di radiodiffusione per la concessione di un’esclusività territoriale, non può essere certamente escluso che l’importo del compenso adeguato rifletta parimenti il particolare carattere delle emissioni in questione, vale a dire la loro esclusività territoriale, ragion per cui un supplemento può essere corrisposto a tal titolo.

115    Ciò detto, nella specie, un supplemento di tal genere viene corrisposto ai titolari dei diritti di cui trattasi al fine di garantire un’esclusività territoriale assoluta, da cui derivano differenze di prezzo artificiose tra i mercati nazionali compartimentati. Orbene, una siffatta compartimentazione ed una tale differenza artificiosa di prezzi che ne consegue sono inconciliabili con lo scopo essenziale del Trattato, consistente nella realizzazione del mercato interno. Ciò premesso, tale supplemento non può più essere considerato quale parte di quell’adeguato compenso che dev’essere garantito ai titolari dei diritti di cui trattasi.

116    Conseguentemente, la corresponsione di tale supplemento va al di là di quanto è necessario per garantire a tali titolari un adeguato compenso.

117    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve concludere che la restrizione consistente nel divieto di utilizzare dispositivi di decodificazione stranieri non può essere giustificata con riguardo all’obiettivo della tutela dei diritti di proprietà intellettuale.

118    Tale conclusione non è in contrasto con la citata sentenza Coditel I, invocata dalla FAPL e a. nonché dalla MPS a sostegno delle proprie tesi. È pur vero che, al punto 16 di tale sentenza, la Corte ha affermato che le norme del Trattato non possono, in linea di principio, opporsi ai limiti geografici che le parti abbiano convenuto nei contratti di cessione di diritti di proprietà intellettuale per proteggere l’autore ed i suoi aventi causa e che la sola circostanza che detti limiti geografici coincidano, eventualmente, con le frontiere degli Stati membri non implica una posizione diversa.

119    Tuttavia, tali rilievi si collocano in un contesto che non è paragonabile a quello delle cause principali. Infatti, nella causa da cui è scaturita la citata sentenza Coditel I, le società di teledistribuzione hanno effettuato una comunicazione di un’opera al pubblico senza disporre, nello Stato membro del luogo di origine di tale comunicazione, di un’autorizzazione dei titolari dei diritti de quibus e senza aver ivi versato compensi ai medesimi.

120    Per contro, nei procedimenti principali, gli enti di radiodiffusione procedono ad atti di comunicazione al pubblico ben disponendo nello Stato membro di emissione – che è lo Stato membro del luogo di origine di tale comunicazione – di un’autorizzazione da parte dei titolari dei diritti interessati, e ben versando un compenso ai medesimi, ove tale compenso può d’altronde tener conto del numero di teleascoltatori effettivo e potenziale negli altri Stati membri.

121    Infine, si deve tener conto dell’evoluzione del diritto dell’Unione intervenuta medio tempore, in particolare, per effetto dell’adozione della direttiva «televisione senza frontiere» e di quella sulla radiodiffusione via satellite, che mirano a garantire il passaggio dai mercati nazionali ad un mercato unico di produzione e di distribuzione dei programmi.

iv)           Sulla giustificazione di una restrizione alla libera prestazione dei servizi consistente nell’obiettivo di incoraggiare la presenza del pubblico negli stadi

122    La FAPL e a. nonché la MPS sostengono, in subordine, che la restrizione oggetto delle cause principali è necessaria per garantire il rispetto della cosiddetta regola del «periodo di esclusione» che vieta la radiodiffusione nel Regno Unito di incontri di calcio il sabato pomeriggio. Tale regola mirerebbe ad incoraggiare il pubblico ad assistere agli incontri di calcio, in particolare a quelli delle serie inferiori, obiettivo che non potrebbe essere conseguito, a parere della FAPL e a. e della MPS, qualora i telespettatori nel Regno Unito potessero liberamente seguire gli incontri della «Premier League» diffusi da enti di radiodiffusione da altri Stati membri.

123    A tal riguardo, anche ammesso che l’obiettivo di voler incoraggiare la presenza del pubblico negli stadi sia idoneo a giustificare una restrizione alle libertà fondamentali, è sufficiente rilevare che il rispetto di tale regola può essere assicurato, in ogni caso, mediante una limitazione contrattuale inserita nei contratti di licenza conclusi tra i titolari dei diritti e gli enti di radiodiffusione, in base alla quale tali enti siano tenuti a non trasmettere gli incontri della «Premier League» durante i periodi di esclusione. Orbene, è incontestabile che una misura di tal genere risulta meno pregiudizievole per le libertà fondamentali rispetto all’applicazione della restrizione oggetto delle cause principali.

124    Ne consegue che la restrizione consistente nel divieto di utilizzare dispositivi di decodificazione stranieri non risulta giustificata dall’obiettivo di incoraggiare l’affluenza del pubblico negli stadi.

125    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, le questioni poste devono essere risolte affermando che l’art. 56 TFUE dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa di uno Stato membro per effetto della quale siano illecite l’importazione, la vendita e l’utilizzazione, nello Stato medesimo, di dispositivi di decodificazione stranieri che consentano l’accesso ad un servizio codificato di radiodiffusione via satellite proveniente da un altro Stato membro contenente oggetti protetti dalla normativa di tale primo Stato.

b)              Sull’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri a seguito dell’indicazione di una falsa identità e di un falso recapito e sull’utilizzazione di tali dispositivi a fini commerciali [ottava questione, lett. c), nel procedimento C‑403/08 e sesta questione, ii) e iii), nel procedimento C‑429/08]

126    Con tali questioni i giudici del rinvio chiedono, sostanzialmente, se la conclusione esposta supra al punto 125 risulti inficiata dalla duplice circostanza che, da un lato, il dispositivo di decodificazione straniero sia stato ottenuto o attivato mediante l’indicazione di una falsa identità e di un falso recapito, con l’intento di eludere la restrizione territoriale oggetto delle cause principali e, dall’altro, che tale dispositivo venga utilizzato a fini commerciali laddove era riservato per una utilizzazione a carattere privato.

127    Per quanto attiene alla prima circostanza, essa è certamente idonea a produrre effetti nei rapporti contrattuali tra l’acquirente, che ha indicato una falsa identità ed un falso recapito, ed il soggetto fornitore del dispositivo medesimo, ove quest’ultimo potrà pretendere dall’acquirente, segnatamente, il risarcimento del danno nel caso in cui la falsa identità ed il falso recapito, da questi indicati, gli abbiano causato un pregiudizio ovvero ne abbiano implicato la responsabilità nei confronti di un ente quale la FAPL. Per contro, tale circostanza non inficia la conclusione esposta supra al punto 125, in quanto essa non ha alcuna incidenza sul numero di utenti che hanno versato un corrispettivo per la ricezione delle emissioni.

128    Ciò vale parimenti per quanto attiene alla seconda circostanza, quando il dispositivo di decodificazione sia utilizzato a fini commerciali laddove era riservato per una utilizzazione a fini privati.

129    A tal riguardo, si deve precisare che nulla osta a che l’importo del corrispettivo convenuto tra i titolari dei diritti interessati e gli enti di radiodiffusione venga determinato in funzione del fatto che taluni clienti utilizzino i dispositivi di decodificazione a fini commerciali mentre altri ne facciano uso a fini privati.

130    Ripercuotendo tale circostanza sui propri clienti, l’ente di radiodiffusione può così richiedere un corrispettivo diverso per l’accesso ai propri servizi a seconda del fatto che tale accesso persegua fini commerciali o privati.

131    Orbene, il rischio che taluni soggetti facciano uso dei dispositivi di decodificazione stranieri in violazione della destinazione loro riservata risulta analogo a quello che si verifica in caso di utilizzazione di dispositivi di decodificazione in situazioni puramente interne, vale a dire in caso di utilizzazione da parte di clienti residenti sul territorio dello Stato membro di emissione. Ciò premesso, la seconda circostanza summenzionata non può giustificare una restrizione territoriale alla libera prestazione dei servizi e, pertanto, non inficia la conclusione affermata supra al punto 124. Ciò non pregiudica, tuttavia, la valutazione giuridica – sotto il profilo del diritto d’autore – dell’utilizzazione delle emissioni via satellite a fini commerciali successivamente alla loro ricezione, valutazione che verrà compiuta infra, nella seconda parte della sentenza.

132    Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni poste devono essere risolte nel senso che la conclusione affermata al punto 125 supra non è inficiata né dalla circostanza che il dispositivo di decodificazione straniero sia stato ottenuto o attivato mediante l’indicazione di una falsa identità e di un falso recapito, con l’intento di eludere la restrizione territoriale in questione, né dalla circostanza che tale dispositivo venga utilizzato a fini commerciali pur essendo riservato ad un uso a fini privati.

c)              Sulle altre questioni relative alla libera circolazione (seconda parte della nona questione nel procedimento C‑403/08 e settima questione nel procedimento C‑429/08)

133    Tenuto conto della risposta fornita all’ottava questione, lett. b), e alla prima parte della nona questione nel procedimento C‑403/08, nonché alla sesta questione, i), nel procedimento C‑429/08, non occorre procedere all’esame della seconda parte della nona questione nel procedimento C‑403/08 né della settima questione nel procedimento C‑429/08.

4.              Le norme del Trattato TFUE in materia di concorrenza

134    Con la decima questione nel procedimento C‑403/08 e con l’ottava questione nel procedimento C‑429/08 i giudici del rinvio chiedono, sostanzialmente, se le clausole insite in un contratto di licenza esclusiva concluso tra un titolare di diritti di proprietà intellettuale ed un ente di radiodiffusione costituiscano una restrizione alla concorrenza vietata dall’art. 101 TFUE qualora impongano a detto ente l’obbligo di non fornire dispositivi di decodificazione che consentano l’accesso ad oggetti protetti di tale titolare al di fuori del territorio oggetto del contratto di licenza medesimo.

135    Si deve rammentare, in limine, che un accordo ricade nel divieto sancito dall’art. 101, n. 1, TFUE qualora abbia per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza. L’alternatività tra oggetto ed effetto implica che occorre, in primo luogo, verificare la presenza di un solo criterio, nella specie, dell’oggetto dell’accordo. Solamente in via subordinata, qualora l’analisi del tenore dell’accordo non abbia rivelato un pregiudizio per la concorrenza di sufficiente entità, occorrerà esaminarne gli effetti e, per poterlo vietare, dovranno sussistere tutti gli elementi che comprovino che il gioco della concorrenza sia stato di fatto impedito, ristretto o falsato in modo sensibile (v., in tal senso, sentenze 4 giugno 2009, causa C‑8/08, T‑Mobile Netherlands e a., Racc. pag. I‑4529, punto 28, nonché 6 ottobre 2009, cause riunite C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., Racc. pag. I‑9291, punto 55).

136    Orbene, per poter valutare l’oggetto eventualmente anticoncorrenziale di un accordo, occorre far riferimento, segnatamente, al tenore delle sue disposizioni, agli obiettivi dallo stesso perseguiti nonché al contesto economico e giuridico in cui esso si colloca (v., in tal senso, sentenza GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., cit., punto 58, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).

137    Quanto ai contratti di licenza di diritti di proprietà intellettuale, dalla giurisprudenza della Corte emerge che la sola circostanza che il titolare dei diritti abbia concesso ad un unico licenziatario il diritto esclusivo di radiodiffusione di un oggetto protetto a partire da uno Stato membro e, quindi, di vietarne la diffusione da parte di altri, per un periodo determinato, non è tuttavia sufficiente per affermare che tale accordo presenti un oggetto anticoncorrenziale (v., in tal senso, sentenza 6 ottobre 1982, causa 262/81, Coditel e a., detta «Coditel II», Racc. pag. 3381, punto 15).

138    Ciò premesso, ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. b), della direttiva sulla radiodiffusione via satellite, un titolare di diritti può concedere, in linea di principio, ad un licenziatario unico il diritto esclusivo di radiodiffusione via satellite, per un periodo determinato, di un oggetto protetto a partire da un solo Stato membro di emissione o a partire da più Stati membri.

139    Ciò detto, per quanto attiene alle restrizioni territoriali dell’esercizio di tale diritto, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, un accordo volto a ristabilire la compartimentazione dei mercati nazionali può essere tale da impedire il perseguimento dell’obiettivo del Trattato diretto a realizzare l’integrazione dei mercati nazionali tramite la creazione di un mercato unico. In tal senso, contratti diretti a compartimentare i mercati nazionali secondo le frontiere nazionali ovvero rendendo più ardua l’integrazione dei mercati nazionali devono essere considerati, in linea di principio, quali accordi aventi ad oggetto la restrizione della concorrenza ai sensi dell’art. 101, n. 1, TFUE (v., per analogia, nel settore dei medicinali, sentenze 16 settembre 2008, cause riunite da C‑468/06 a C‑478/06, Sot. Lélos kai Sia e a., Racc. pag. I‑7139, punto 65, nonché GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., cit., punti 59 e 61).

140    Atteso che tale giurisprudenza risulta pienamente trasponibile al settore della prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione, come emerge, segnatamente, dai punti 118‑121 supra, si deve dichiarare che qualora un contratto di licenza sia volto a vietare o a limitare la prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione, si presume che esso abbia ad oggetto di restringere la concorrenza, salvo che altre circostanze risultanti dal suo contesto economico e giuridico non consentano di ritenere che tale contratto non sia idoneo a pregiudicare la concorrenza.

141    Nelle cause principali, la concessione stessa di licenze esclusive per la diffusione di incontri della «Premier League» non è rimessa in discussione. Infatti, tali cause vertono unicamente sugli obblighi supplementari volti ad assicurare il rispetto delle limitazioni territoriali di sfruttamento di tali licenze derivanti dalle clausole insite nei contratti conclusi tra i titolari dei diritti e gli enti di radiodiffusione interessati, vale a dire l’obbligo degli enti medesimi di non fornire dispositivi di decodificazione che consentano l’accesso agli oggetti protetti ai fini della loro utilizzazione al di fuori del territorio contemplato dal contratto di licenza.

142    Per quanto attiene a tali clausole, si deve rilevare, da un lato, che esse vietano agli enti di radiodiffusione qualsiasi prestazione transfrontaliera di servizi relativa a tali incontri, il che consente di attribuire ad ogni ente di radiodiffusione un’esclusività territoriale assoluta nella zona oggetto della rispettiva licenza e di eliminare, in tal modo, qualsiasi concorrenza tra i vari enti di radiodiffusione nel settore di tali servizi.

143    Dall’altro, la FAPL e a. e la MPS non hanno dedotto alcuna circostanza risultante dal contesto economico e giuridico di dette clausole che consenta di ritenere che, malgrado le considerazioni esposte al punto precedente, le clausole medesime non siano tali da pregiudicare la concorrenza e non abbiano, pertanto, un oggetto anticoncorrenziale.

144    Ciò premesso, atteso che dette clausole insite nei contratti di licenza esclusiva hanno un oggetto anticoncorrenziale, si deve concludere che esse costituiscono una restrizione alla concorrenza vietata ai sensi dell’art. 101, n. 1, TFUE.

145    Si deve aggiungere che se, in linea di principio, l’art. 101, n. 1, TFUE non si applica ad accordi che ricadono nelle categorie indicate al n. 3 del medesimo articolo, considerato che le clausole insite nei contratti di licenza come quelle oggetto delle cause principali non risultano conformi, per i motivi precisati supra ai punti 105‑124, alle esigenze previste da quest’ultima disposizione, l’ipotesi dell’inapplicabilità dell’art. 101, n. 1, TFUE conseguentemente non si pone.

146    Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni poste devono essere risolte nel senso che le clausole insite in un contratto di licenza esclusiva concluso tra un titolare di diritti di proprietà intellettuale ed un ente di radiodiffusione costituiscono una restrizione alla concorrenza vietata dall’art. 101 TFUE qualora impongano a detto ente l’obbligo di non fornire dispositivi di decodificazione che consentano l’accesso agli oggetti protetti del titolare medesimo ai fini della loro utilizzazione al di fuori del territorio oggetto del contratto di licenza stesso.

B –  Sulle norme connesse all’utilizzazione delle trasmissioni a seguito della loro ricezione

1.              Osservazioni preliminari

147    Con la seconda parte delle questioni pregiudiziali si chiede se la ricezione delle trasmissioni contenenti gli incontri della «Premier League» nonché le opere connesse sia soggetta a restrizioni previste dalle direttive in materia di diritto d’autore e di diritti connessi in considerazione del fatto che essa si risolve in riproduzioni di tali opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, nonché in considerazione della proiezione delle opere medesime in pubblico da parte dei proprietari dei bar-ristoranti in questione.

148    A tal riguardo, si deve rammentare che, come emerge dai punti 37 e 57 supra, due categorie di soggetti possono far valere diritti di proprietà intellettuale relativi ad emissioni televisive come quelle oggetto delle cause principali, vale a dire, da un lato, gli autori delle opere interessate e, dall’altro, gli enti di radiodiffusione.

149    Per quanto attiene, anzitutto, agli autori, questi possono fondarsi sul diritto d’autore connesso alle opere sfruttate nell’ambito di tali emissioni. Nelle cause principali, è pacifico che la FAPL può far valere i diritti d’autore su varie opere contenute nelle emissioni radiodiffuse di cui trattasi, vale a dire, in particolare, sulla sequenza video di apertura, sull’inno della «Premier League», su film preregistrati che riportano i momenti più significativi di incontri recenti della «Premier League» o su una serie di soluzioni grafiche.

150    Per quanto riguarda poi, gli enti di radiodiffusione quali la Multichoice Hellas, questi possono invocare il diritto di fissazione delle loro emissioni previsto dall’art. 7, n. 2, della direttiva sui diritti connessi, o il diritto di comunicazione al pubblico delle loro emissioni ai sensi dell’art. 8, n. 3, della direttiva medesima o, ancora, il diritto di riproduzione delle fissazioni delle nuove emissioni, sancito dall’art. 2, lett. e), della direttiva sul diritto d’autore.

151    Orbene, le questioni sollevate nelle cause principali non vertono su tali diritti.

152    Ciò premesso, l’esame da parte della Corte dev’essere limitato agli artt. 2, lett. a), 3, n. 1, e 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore che tutelano il diritto d’autore sulle opere sfruttate nell’ambito delle trasmissioni televisive oggetto delle cause principali, vale a dire, segnatamente, sulla sequenza video di apertura, sull’inno della «Premier League», sui film preregistrati che riportano i momenti più significativi di recenti incontri della «Premier League» o su una serie di soluzioni grafiche.

2.              Sul diritto di riproduzione previsto dall’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore (quarta questione nel procedimento C‑403/08)

153    Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore debba essere interpretato nel senso che il diritto di riproduzione si estenda alla creazione di frammenti transitori delle opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo i quali si succedono e sono immediatamente cancellati e sostituiti dai frammenti seguenti. In tale contesto, il giudice a quo chiede, segnatamente, se le sue valutazioni debbano essere compiute con riferimento a tutti i frammenti dell’insieme composto ovvero unicamente con riferimento a quelli esistenti in un determinato momento.

154    In limine, si deve rammentare che la nozione di «riproduzione» di cui all’art. 2 di detta direttiva costituisce una nozione di diritto dell’Unione che deve essere oggetto, in tutta l’Unione, di un’interpretazione autonoma ed uniforme (sentenza Infopaq International, cit., punti 27‑29).

155    Per quanto attiene al suo contenuto, è stato già rilevato, al punto 97 supra, che il diritto d’autore ai sensi del menzionato art. 2, lett. a), può trovare applicazione unicamente con riguardo ad un oggetto che costituisca una creazione intellettuale propria del suo autore (sentenza Infopaq International, cit., punto 37).

156    La Corte ha così precisato che le singole parti di un’opera beneficiano di una tutela ai sensi di detta disposizione a condizione che esse contengano taluni degli elementi che sono espressione della creazione intellettuale dell’autore dell’opera stessa (sentenza Infopaq International, cit. supra, punto 39).

157    Ciò implica che, al fine di verificare se elementi di tal genere siano contenuti, occorre esaminare l’insieme composto dei frammenti simultaneamente riprodotti – esistenti, quindi, in un determinato momento. In caso di risposta affermativa, tale insieme dev’essere qualificato come riproduzione parziale ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore (v., in tal senso, sentenza Infopaq International, cit., punti 45 e 46). A tal riguardo, non è pertinente accertare se un’opera sia riprodotta mediante frammenti lineari che possono avere un’esistenza effimera in quanto immediatamente cancellati nell’ambito di un procedimento tecnico.

158    È alla luce di quanto precede che spetta al giudice del rinvio valutare se la creazione di frammenti transitori delle opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo si risolva in riproduzioni ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore.

159    Conseguentemente, la questione posta dev’essere risolta affermando che l’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore dev’essere interpretato nel senso che il diritto di riproduzione si estende ai frammenti transitori delle opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, a condizione che tali frammenti contengano elementi che siano espressione della creazione intellettuale propria degli autori interessati, ove, al fine di verificare la sussistenza di tali elementi, occorre esaminare l’insieme composto dei frammenti simultaneamente riprodotti.

3.              Sull’eccezione al diritto di riproduzione prevista dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore (quinta questione nel procedimento C‑403/08)

160    Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se gli atti di riproduzione del genere di quelli oggetto del procedimento C‑403/08, operati nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, rispondano ai requisiti indicati all’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore e se, conseguentemente, tali atti possano essere compiuti senza l’autorizzazione dei titolari di diritti d’autore.

a)              Osservazioni preliminari

161    Ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore, un atto di riproduzione è esente dal diritto di riproduzione previsto dall’art. 2 della medesima solo qualora soddisfi cinque requisiti, vale a dire qualora:

–        sia temporaneo;

–        sia transitorio o accessorio;

–        costituisca parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico;

–        il procedimento sia eseguito all’unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o un utilizzo legittimo di un’opera o di oggetto protetto, e

–        tale atto sia privo di rilievo economico proprio.

162    Dalla giurisprudenza emerge che i requisiti indicati supra devono costituire oggetto di un’interpretazione restrittiva, in quanto l’art. 5, n. 1, di tale direttiva costituisce una deroga alla regola generale sancita dalla medesima che impone che sia il titolare dei diritti d’autore ad autorizzare qualsiasi riproduzione delle sue opere protette (sentenza Infopaq International, cit., punti 56 e 57).

163    Ciò premesso, l’interpretazione di tali requisiti deve consentire di salvaguardare l’effetto utile dell’eccezione così istituita e di rispettarne la finalità, come emerge, segnatamente, dal trentunesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore e dalla posizione comune (CE) n. 48/2000, emanata dal Consiglio in data 28 settembre 2000 ai fini dell’adozione della direttiva medesima (GU C 344, pag. 1).

164    In considerazione del suo obiettivo, detta eccezione deve quindi consentire ed assicurare lo sviluppo ed il funzionamento di nuove tecnologie, nonché mantenere un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi dei titolari di diritti, da un lato, e degli utilizzatori delle opere protette che intendano beneficiare di tali nuove tecnologie, dall’altro.

b)              Sul rispetto dei requisiti previsti dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore

165    È pacifico che gli atti di riproduzione di cui trattasi soddisfano i primi tre requisiti elencati all’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore, atteso che tali atti sono temporanei, transitori e costituiscono parte integrante di un procedimento tecnologico, realizzato per mezzo di un decodificatore satellitare e di un apparecchio televisivo al fine di consentire la ricezione delle emissioni radiodiffuse.

166    Non resta quindi altro che procedere alla valutazione della sussistenza del quarto e del quinto requisito.

167    Per quanto attiene, anzitutto, al quarto requisito, si deve rilevare, in limine, che gli atti di riproduzione di cui trattasi non mirano a consentire una trasmissione in una rete tra terzi con l’intervento di un intermediario. Occorre quindi esaminare, alternativamente, se essi perseguano unicamente lo scopo di consentire un utilizzo legittimo di un’opera o di un oggetto protetto.

168    A tal riguardo, come emerge dal trentunesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore, si presume che un’utilizzazione sia legittima quando sia stata autorizzata dal titolare dei diritti di cui trattasi o qualora non sia limitata dalla normativa applicabile.

169    Atteso che, nella causa principale, l’utilizzazione delle opere in questione non è autorizzata dai titolari dei diritti d’autore, occorre quindi valutare se gli atti de quibus mirino a consentire un’utilizzazione di opere non limitata dalla normativa applicabile.

170    A tal riguardo, è pacifico che detti atti effimeri di riproduzione consentano il corretto funzionamento del decodificatore satellitare e dello schermo televisivo. Dal punto di vista dei telespettatori, essi consentono la ricezione delle trasmissioni contenenti opere protette.

171    Orbene, la semplice ricezione, di per sé, di tali emissioni, vale a dire la loro captazione e visualizzazione in un ambito privato, non costituisce un atto limitato dalla normativa dell’Unione o da quella del Regno Unito, come emerge d’altronde dal tenore della quinta questione pregiudiziale nel procedimento C‑403/08, ragion per cui detto atto deve ritenersi legittimo. Inoltre, dai punti 77‑132 supra emerge che una siffatta ricezione di emissioni dev’essere considerata legittima in caso di emissioni provenienti da uno Stato membro diverso dal Regno Unito qualora essa sia effettuata per mezzo di un dispositivo di decodificazione straniero.

172    Ciò premesso, si deve rilevare che tali atti di riproduzione perseguono l’unico scopo di consentire un «utilizzo legittimo» delle opere ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva sul diritto d’autore.

173    Gli atti di riproduzione del genere di quelli oggetti nella causa principale rispondono, quindi, al quarto requisito previsto da detta disposizione.

174    Per quanto attiene, infine, al quinto requisito ivi previsto, si deve rilevare che detti atti di riproduzione, realizzati nell’ambito di un procedimento tecnico, consentono l’accesso alle opere protette. Atteso che queste ultime possiedono un valore economico, l’accesso alle medesime riveste quindi necessariamente un rilievo economico.

175    Tuttavia, per non privare l’eccezione prevista dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore del suo effetto utile, occorre, inoltre, che tale rilievo sia proprio nel senso che vada al di là del vantaggio economico derivante dalla semplice ricezione di un’emissione contenente opere protette, vale a dire, al di là del vantaggio derivante dalla sua semplice captazione e visualizzazione.

176    Nella causa principale, gli atti di riproduzione temporanei, realizzati nella memoria del decodificatore satellitare e sullo schermo televisivo, costituiscono una parte inseparabile e non autonoma del processo di ricezione delle emissioni radiodiffuse contenenti le opere di cui trattasi. Tali atti sono peraltro effettuati indipendentemente dall’influenza, ovvero dalla consapevolezza, delle persone aventi in tal modo accesso alle opere protette.

177    Conseguentemente, detti atti di riproduzione temporanei non possono generare un vantaggio economico supplementare che vada al di là del vantaggio derivante dalla semplice ricezione delle emissioni di cui trattasi.

178    Conseguentemente, non si può ritenere che gli atti di riproduzione oggetto della causa principale presentino un rilievo economico proprio. Conseguentemente, essi rispondono al quinto requisito previsto dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore.

179    Tale considerazione, unitamente a quella esposta supra al punto 172, risulta d’altronde avvalorata dalla finalità di tale disposizione, volta ad assicurare lo sviluppo ed il funzionamento di nuove tecnologie. Infatti, nel caso in cui gli atti in questione non dovessero essere considerati conformi ai requisiti fissati dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore, a tutti i telespettatori che si avvalessero di apparecchi moderni, i quali necessitano, ai fini del loro funzionamento, della realizzazione di tali atti di riproduzione, risulterebbe impedita la ricezione delle emissioni contenenti opere radiodiffuse in assenza di un’autorizzazione da parte dei titolari dei diritti d’autore. Orbene, ciò ostacolerebbe, per non dire paralizzerebbe, l’espansione nonché un contributo effettivo delle nuove tecnologie, in contrasto con la volontà del legislatore dell’Unione, quale espressa al trentunesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore.

180    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve concludere che atti di riproduzione del genere di quelli oggetto della causa principale rispondono a tutti i cinque requisiti indicati all’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore.

181    Ciò premesso, per poter sollevare l’eccezione prevista dalla menzionata disposizione, occorre, inoltre, che tali atti rispondano ai requisiti di cui all’art. 5, n. 5, della direttiva sul diritto d’autore. A tal riguardo, è sufficiente rilevare che, alla luce dei rilievi svolti supra ai punti 163‑179, gli atti in questione soddisfano parimenti tali requisiti.

182    Conseguentemente, la questione posta dev’essere risolta nel senso che gli atti di riproduzione del genere di quelli oggetto del procedimento C‑403/08, effettuati nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, rispondono ai requisiti indicati all’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore e possono essere quindi compiuti senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti d’autore di cui trattasi.

4.              Sulla «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore (sesta questione nel procedimento C‑403/08)

183    Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se la nozione di «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore debba essere interpretata nel senso che ricomprenda la trasmissione di opere radiodiffuse, mediante uno schermo televisivo ed altoparlante, a clienti presenti in un bar-ristorante.

184    In limine, si deve rilevare che l’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore non precisa la nozione di «comunicazione al pubblico» (sentenza 7 dicembre 2006, causa C‑306/05, SGAE, Racc. pag. I‑11519, punto 33).

185    Ciò premesso, conformemente ad una costante giurisprudenza, occorre determinare il senso e la portata di tale disposizione in considerazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva stessa ed in considerazione del contesto in cui la disposizione interpretata si colloca (v. sentenza SGAE, cit., punto 34, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).

186    A tal proposito, si deve anzitutto rammentare che la direttiva sul diritto d’autore persegue quale obiettivo principale la realizzazione di un livello elevato di protezione a favore degli autori, consentendo ai medesimi di ottenere un adeguato compenso per l’utilizzazione delle loro opere, in particolare in occasione di una comunicazione al pubblico. Ne consegue che la nozione di comunicazione al pubblico dev’essere intesa in senso ampio, come espressamente affermato nel ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva medesima (v. sentenza SGAE, cit., punto 36).

187    Si deve inoltre rilevare che, ai sensi del ventesimo ‘considerando’ della direttiva stessa, questa si fonda su principi e regole già definiti dalle direttive in vigore nel campo della proprietà intellettuale, quali la direttiva 92/100, codificata dalla direttiva sui diritti connessi (v. sentenza Infopaq International, cit., punto 36).

188    Ciò premesso, alla luce delle esigenze di unicità e di coerenza dell’ordinamento giuridico dell’Unione, le nozioni utilizzate da tutte le dette direttive devono avere lo stesso significato, salva diversa volontà del legislatore dell’Unione espressa in un contesto legislativo preciso.

189    Infine, il menzionato art. 3, n. 1, dev’essere interpretato, nella misura del possibile, alla luce del diritto internazionale e, in particolare, tenendo conto della Convenzione di Berna e del trattato sul diritto d’autore. Infatti, la direttiva sul diritto d’autore è volta a dare esecuzione a detto trattato il quale, all’art. 1, n. 4, obbliga le parti contraenti a conformarsi agli artt. 1‑21 della Convenzione di Berna. Lo stesso obbligo è peraltro previsto dall’art. 9, n. 1, dell’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punti 35, 40 e 41, nonché la giurisprudenza ivi citata).

190    Sulla base di questi tre elementi occorre quindi interpretare la nozione di «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore esaminando se essa ricomprenda la trasmissione di opere radiodiffuse, mediante uno schermo televisivo ed altoparlante, a clienti presenti in un bar-ristorante.

191    Per quanto attiene, anzitutto, alla nozione di comunicazione, dall’art. 8, n. 3, della direttiva sui diritti connessi e dagli artt. 2, lett. g), e 15 del trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni dei fonogrammi emerge che tale nozione comprende «l’atto di rendere udibili al pubblico i suoni o la rappresentazione di suoni fissati in un fonogramma» e che essa si estende alla radiodiffusione o «qualunque comunicazione al pubblico».

192    Più precisamente e come espressamente indicato nell’art. 11 bis, primo comma, iii), della convenzione di Berna, tale nozione ricomprende la comunicazione mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, estendendosi quindi – conformemente all’esposizione della motivazione della proposta di direttiva sul diritto d’autore [COM(97) 628 def.] – ad un mezzo di comunicazione quale la rappresentazione di opere su uno schermo.

193    Ciò premesso e tenuto conto che il legislatore dell’Unione non ha espresso diversa volontà per quanto attiene all’interpretazione di tale nozione nella direttiva sul diritto d’autore e, segnatamente, all’art. 3 della medesima (v. supra, punto 188), la nozione di comunicazione dev’essere intesa in senso ampio, nel senso che ricomprende qualsiasi trasmissione delle opere protette, a prescindere dal mezzo o dal procedimento tecnico utilizzati.

194    Nel solco di tale interpretazione la Corte ha già avuto modo di affermare che il titolare di un’azienda alberghiera realizza un atto di comunicazione qualora consenta ai propri clienti di accedere alle opere radiodiffuse mediante apparecchi televisivi distribuendo nelle stanze dell’albergo, con piena cognizione di causa, il segnale ricevuto, portatore delle opere protette. A tal riguardo, la Corte ha sottolineato che un’operazione di tal genere non costituisce un semplice mezzo tecnico per garantire o migliorare la ricezione della trasmissione originaria nella sua zona di copertura, bensì un atto in assenza del quale i clienti non potrebbero usufruire delle opere diffuse, pur trovandosi all’interno della zona stessa (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punto 42).

195    Nel procedimento C‑403/08, il proprietario di un bar-ristorante consente volutamente ai propri clienti presenti nel locale stesso di accedere ad una emissione radiodiffusa, contenente opere protette, per mezzo di uno schermo televisivo e di altoparlanti, fermo restando che, senza l’intervento del proprietario stesso, i clienti non potrebbero usufruire delle opere radiodiffuse, pur trovandosi all’interno della zona di copertura dell’emissione medesima. In tal senso, le circostanze di un atto di tal genere risultano analoghe a quelle già oggetto della menzionata sentenza SGAE.

196    Ciò detto, si deve dichiarare che il proprietario di un bar-ristorante procede ad una comunicazione qualora trasmetta volutamente opere radiodiffuse, mediante uno schermo televisivo ed altoparlanti, a clienti presenti nel proprio locale.

197    Ciò premesso, per poter ricadere, in circostanze come quelle oggetto della causa principale, nella nozione di «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore occorre, inoltre, che l’opera radiodiffusa sia trasmessa ad un pubblico nuovo, vale a dire ad un pubblico che non sia stato preso in considerazione dagli autori delle opere protette nel momento in cui hanno autorizzato l’utilizzazione delle opere stesse mediante comunicazione al pubblico di origine (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punti 40 e 42, nonché ordinanza 18 marzo 2010, causa C‑136/09, Organismos Sillogikis Diacheirisis Dimiourgon Theatrikon kai Optikoakoustikon Ergon, punto 38).

198    A tal riguardo, si deve rammentare che, autorizzando la radiodiffusione delle loro opere, gli autori prendono in considerazione, in linea di principio, solo i detentori di apparecchi televisivi i quali, individualmente o nella loro sfera privata o familiare, ricevono il segnale e seguono le trasmissioni. Orbene, nel momento in cui una trasmissione di un’opera radiodiffusa viene effettuata in un luogo accessibile al pubblico e rivolta ad un pubblico ulteriore al quale viene consentito, dal detentore dell’apparecchio televisivo, di godere dell’ascolto o della visualizzazione dell’opera, tale intervento deliberato dev’essere considerato quale atto con cui l’opera in questione viene comunicata ad un pubblico nuovo (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punto 41, e ordinanza Organismos Sillogikis Diacheirisis Dimiourgon Theatrikon kai Optikoakoustikon Ergon, cit., punto 37).

199    Ciò si verifica nel caso della trasmissione di opere radiodiffuse da parte del proprietario di un bar-ristorante ai clienti presenti nel proprio locale, in quanto detti clienti costituiscono un pubblico ulteriore che non è stato preso in considerazione dagli autori all’atto dell’autorizzazione della radiodiffusione delle loro opere.

200    Inoltre, perché sussista una comunicazione al pubblico, l’opera radiodiffusa dev’essere trasmessa ad un «pubblico non presente nel luogo in cui [le comunicazioni] hanno origine», come si legge nel ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore.

201    A tal riguardo, dalla posizione comune n. 48/2000 menzionata supra emerge che tale ‘considerando’ fa seguito alla proposta del Parlamento europeo che intendeva ivi precisare che la comunicazione al pubblico ai sensi di tale direttiva non comprende «le rappresentazioni o esecuzioni dirette», nozione che rinvia a quella di «rappresentazione e esecuzione pubbliche» di cui all’art. 11, primo comma, della Convenzione di Berna, ove quest’ultima nozione ricomprende l’interpretazione di opere dinanzi al pubblico che si trovi in contatto fisico e diretto con l’autore o l’esecutore delle opere stesse (v. la guida della Convenzione di Berna, documento interpretativo elaborato dall’OMPI il quale, senza peraltro possedere efficacia vincolante, contribuisce tuttavia all’intepretazione della convenzione stessa, come rilevato dalla Corte al punto 41 della citata sentenza SGAE).

202    In tal senso, al fine di escludere la sussistenza di una tale rappresentazione ed esecuzione pubblica diretta dalla sfera della nozione di comunicazione al pubblico nell’ambito della direttiva sul diritto d’autore, il menzionato ventitreesimo ‘considerando’ ha precisato che la comunicazione al pubblico ricomprende tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine.

203    Orbene, tale elemento di contatto fisico e diretto è appunto assente in caso di trasmissione, in un luogo quale un bar-ristorante, di un’opera radiodiffusa per mezzo di uno schermo televisivo ed altoparlanti, al pubblico presente nel luogo della trasmissione ma non presente nel luogo di origine della comunicazione ai sensi del ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore, vale a dire nel luogo della rappresentazione radiodiffusa (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punto 40).

204    Si deve infine rilevare che il carattere lucrativo di una «comunicazione» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore non è privo di pertinenza (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punto 44).

205    In una fattispecie come quella oggetto della causa principale, è incontestabile che, da un lato, il titolare proceda alla trasmissione delle opere radiodiffuse nel proprio bar-ristorante al fine di trarne un vantaggio e, dall’altro, che tale trasmissione sia idonea ad attirare clienti interessati dalle opere così trasmesse. Conseguentemente, la trasmissione di cui trattasi incide sulla frequentazione del locale e, in fin dei conti, sui suoi risultati economici.

206    Ne consegue che la comunicazione al pubblico in esame riveste carattere lucrativo.

207    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la questione posta deve essere risolta dichiarando che la nozione di «comunicazione al pubblico» di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore dev’essere interpretata nel senso che comprende la trasmissione di opere radiodiffuse, per mezzo di uno schermo televisivo ed altoparlanti, ai clienti presenti in un bar-ristorante.

5.              Sull’incidenza della direttiva sulla radiodiffusione via satellite (settima questione nel procedimento C‑403/08)

208    Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se la direttiva sulla radiodiffusione via satellite incida sulla liceità di atti di riproduzione effettuati nella memoria di un decoder satellitare e su uno schermo televisivo.

209    A tal riguardo, si deve ricordare che la direttiva sulla radiodiffusione via satellite prevede solamente un’armonizzazione minima di taluni aspetti della protezione dei diritti d’autore e dei diritti connessi in caso di comunicazione al pubblico via satellite o di ritrasmissione via cavo di emissioni provenienti da altri Stati membri. Orbene, a differenza della direttiva sul diritto d’autore, tali norme di armonizzazione minima non forniscono elementi per accertare la liceità di atti di riproduzione effettuati nella memoria di un decoder satellitare e su uno schermo televisivo (v., per analogia, sentenze 3 febbraio 2000, causa C‑293/98, Egeda, Racc. pag. I‑629, punti 25 e 26, nonché SGAE, cit., punto 30).

210    Conseguentemente, la questione posta dev’essere risolta dichiarando che la direttiva sulla radiodiffusione via satellite dev’essere interpretata nel senso che essa non incide sulla liceità di atti di riproduzione effettuati nella memoria di un decoder satellitare e su uno schermo televisivo.

IV –  Sulle spese

211    Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      La nozione di «dispositivo illecito», ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 novembre 1998, 98/84/CE, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato, deve’essere interpretata nel senso che essa non ricomprende né i dispositivi di decodificazione stranieri – che consentono l’accesso ai servizi di radiodiffusione via satellite di un ente di radiodiffusione, che sono fabbricati e commercializzati con l’autorizzazione dell’ente medesimo ma vengono utilizzati, in contrasto con la volontà del medesimo, al di fuori della zona geografica per cui sono stati rilasciati –, né quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, né quelli che siano stati utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati.

2)      L’art. 3, n. 2, della direttiva 98/84 non osta ad una normativa nazionale che impedisca l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, ovvero quelli utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati, atteso che una normativa di tal genere non ricade nel settore coordinato da tale direttiva.

3)      L’art. 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che

–        esso osta ad una normativa di uno Stato membro per effetto della quale siano illecite l’importazione, la vendita e l’utilizzazione, nello Stato membro medesimo, di dispositivi di decodificazione stranieri che consentano l’accesso ad un servizio codificato di radiodiffusione via satellite proveniente da un altro Stato membro contenente oggetti protetti dalla normativa di tale primo Stato,

–        tale conclusione non è inficiata né dalla circostanza che il dispositivo di decodificazione straniero sia stato ottenuto o attivato mediante l’indicazione di una falsa identità e di un falso recapito, con l’intento di eludere la restrizione territoriale in questione, né dalla circostanza che tale dispositivo venga utilizzato a fini commerciali pur essendo riservato ad un uso a fini privati.

4)      Le clausole insite in un contratto di licenza esclusiva concluso tra un titolare di diritti di proprietà intellettuale ed un ente di radiodiffusione costituiscono una restrizione alla concorrenza vietata dall’art. 101 TFUE laddove impongano a detto ente l’obbligo di non fornire dispositivi di decodificazione che consentano l’accesso agli oggetti protetti del titolare medesimo ai fini della loro utilizzazione al di fuori del territorio oggetto del contratto di licenza stesso.

5)      L’art. 2, lett. a), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, dev’essere interpretato nel senso che il diritto di riproduzione si estende ai frammenti transitori delle opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, a condizione che tali frammenti contengano elementi che siano espressione della creazione intellettuale propria degli autori interessati, ove, al fine di verificare la sussistenza di tali elementi, occorre esaminare l’insieme composto dei frammenti simultaneamente riprodotti.

6)      Gli atti di riproduzione del genere di quelli oggetto del procedimento C‑403/08, effettuati nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, rispondono ai requisiti indicati all’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29 e possono essere quindi compiuti senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti d’autore di cui trattasi.

7)      La nozione di «comunicazione al pubblico», di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29, dev’essere interpretata nel senso che comprende la trasmissione di opere radiodiffuse, per mezzo di uno schermo televisivo ed altoparlanti, ai clienti presenti in un bar-ristorante.

8)      La direttiva del Consiglio 27 settembre 1993, 93/83/CEE, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e di diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo, dev’essere interpretata nel senso che essa non incide sulla liceità di atti di riproduzione effettuati nella memoria di un decoder satellitare e su uno schermo televisivo.

Firme


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* Lingua processuale: l’inglese.

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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 3 febbraio 2011 (1)

Cause riunite C‑403/08 e C‑429/08

Football Association Premier League Ltd e a.

contro

QC Leisure e a.

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice, Chancery Division (Regno Unito)]




Karen Murphy

contro

Media Protection Services Ltd

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice, Administrative Court (Regno Unito)]

«Trasmissione via satellite di partite di calcio – Commercializzazione di schede di decodificazione lecitamente immesse sul mercato in altri Stati membri – Direttiva 98/84/CE – Tutela dei servizi ad accesso condizionato – Dispositivi illeciti di accesso – Direttiva 2001/29/CE – Armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione – Diritto di riproduzione – Comunicazione al pubblico – Direttiva 93/83/CEE – Coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo – Libera circolazione delle merci – Libera prestazione dei servizi – Concorrenza – Art. 101, n. 1, TFUE – Pratica concordata – Pratica che abbia per oggetto o per effetto di impedire, restringere e falsare il gioco della concorrenza – Criteri di valutazione del carattere anticoncorrenziale»









Indice




I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – Diritto internazionale

1. La Convenzione di Berna per la tutela delle opere letterarie e artistiche

2. L’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio

3. Il trattato dell’OMPI sul diritto d’autore

4. La Convenzione di Roma relativa alla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione

B – Diritto dell’Unione

1. La tutela dei servizi ad accesso condizionato

2. La proprietà intellettuale nella società dell’informazione

3. La proprietà intellettuale e la radiodiffusione via satellite

III – Fatti e domande di pronuncia pregiudiziale

A – Sulla trasmissione di partite di calcio

B – Sulla causa C‑403/08

C – Sulla causa C‑429/08

IV – Valutazione giuridica

A – Sulla direttiva 98/84

B – Sulla direttiva 2001/29

1. Sul diritto alla riproduzione

a) Sulla quarta questione, lett. a), nella causa C‑403/08 – diritto nazionale o diritto dell’Unione

b) Sull’applicazione del diritto di riproduzione alle trasmissioni in diretta

c) Sulla quarta questione, lett. b), nella causa C‑403/08 – riproduzione nella memoria di cache del destinatario

d) Sulla quarta questione, lett. c), nella causa C‑403/08 – riproduzione tramite rappresentazione sullo schermo

2. Sulla quinta questione nella causa C‑403/08 – limitazione del diritto alla riproduzione

3. Sull’ulteriore comunicazione al pubblico

a) Sulla ricevibilità della questione

b) Sulla questione

i) Sulle opere protette

ii) Sull’applicabilità dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29

C – Sulla direttiva 93/83

D – Sulle libertà fondamentali

a) Sulla libertà fondamentale applicabile

b) Sulla restrizione alla libera prestazione dei servizi

c) Sulla giustificazione della restrizione

d) Sulla giustificazione in caso di false dichiarazioni all’atto dell’acquisto delle schede di decodificazione

e) Effetti della restrizione sull’uso privato o domestico

f) Sulla nona questione nella causa C‑403/08

g) Sulla settima questione nella causa C‑429/08

h) Conclusione sulle questioni sesta e settima nella causa C‑429/08, nonché sulle questioni settima, ottava, lett. c), e nona nella causa C‑403/08

E – Sul diritto della concorrenza

V – Conclusione

I –    Introduzione

1.        La tutela degli interessi economici degli autori assume un’importanza via via crescente. Le prestazioni creative devono essere adeguatamente compensate.

2.        A tal fine la Football Association Premier League Ltd (in prosieguo: la «FAPL»), l’organizzazione della Premier League (campionato di calcio di serie A britannico), si occupa della commercializzazione delle partite della detta federazione per ottimizzare lo sfruttamento dei diritti sulla trasmissione in diretta degli incontri. Essa concede ai suoi concessionari, in linea di principio, il diritto esclusivo di trasmettere le partite nel rispettivo territorio, coincidente per lo più con il rispettivo Stato, e di sfruttarle economicamente. Proprio allo scopo di garantire l’esclusiva degli altri concessionari, essi sono tenuti, nel contempo, ad impedire che le loro trasmissioni possano essere viste al di fuori del detto territorio.

3.        Le fattispecie di cui alle cause principali che hanno dato origine alle presenti domande di pronuncia pregiudiziale vertono sul tentativo di eludere tale esclusiva. Talune imprese importano nel Regno Unito schede di decodificazione dall’estero, nel caso di specie dalla Grecia e dai Paesi arabi, e possono offrire ai locali pubblici prezzi più competitivi di quelli dell’emittente televisiva operante in tale Stato. La FAPL tenta di inibire a tale pratica.

4.        I provvedimenti finalizzati al rispetto dei diritti esclusivi di trasmissione si pongono in un rapporto di possibile contrasto con il principio del mercato interno. Occorre pertanto esaminare se essi violino le libertà fondamentali o il diritto della concorrenza dell’Unione.

5.        Si pongono, tuttavia, anche questioni inerenti a diverse direttive. La direttiva 98/84/CE, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (2), è rilevante nella specie in quanto l’esclusiva sulle trasmissioni via satellite viene assicurata attraverso la codifica del segnale. La FAPL sostiene che la direttiva vieterebbe l’uso di schede di decodificazione al di fuori del territorio assegnato. Dal punto di vista degli importatori, invece, la direttiva legittimerebbe la libera circolazione delle dette schede.

6.        Ulteriori questioni riguardano la portata dei diritti di trasmissione ai sensi della direttiva 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (3), nel senso se la comunicazione delle trasmissioni incida sul diritto alla riproduzione delle opere e se la comunicazione nei locali pubblici costituisca una comunicazione al pubblico.

7.        Sorgono, infine, anche questioni relative agli effetti di una licenza concessa in base alla direttiva 93/83/CEE, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo (4). Occorrerà verificare se il consenso alla ritrasmissione via satellite in uno Stato membro attribuisca il diritto alla ricezione della trasmissione in un altro Stato membro e a mostrarla su uno schermo.

II – Contesto normativo

A –    Diritto internazionale

1.      La Convenzione di Berna per la tutela delle opere letterarie e artistiche

8.        Ai sensi dell’art. 9, n. 1, della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (Atto di Parigi del 24 luglio 1971), nella versione risultante dalla modifica del 28 settembre 1979 (in prosieguo: la «Convenzione di Berna»), gli autori di opere letterarie ed artistiche protette dalla convenzione stessa hanno il diritto esclusivo di autorizzare la riproduzione delle loro opere in qualsiasi maniera e forma.

9.        L’art. 11 bis, n. 1, della Convenzione di Berna stabilisce:

«Gli autori di opere letterarie ed artistiche hanno il diritto esclusivo di autorizzare:

i)       la radiodiffusione delle loro opere o la comunicazione al pubblico di esse mediante qualsiasi altro mezzo atto a diffondere senza filo segni, suoni od immagini;

ii)       ogni comunicazione al pubblico, con o senza filo, dell’opera radiodiffusa, quando tale comunicazione sia eseguita da un ente diverso da quello originario;

iii)  la comunicazione al pubblico, mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, dell’opera radiodiffusa».

2.      L’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio

10.      L’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, che figura all’allegato 1 C dell’Accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, è stato approvato con la decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994) (5) (in prosieguo: l’«Accordo TRIPs»).

11.      Nell’art. 9, n. 1, dell’Accordo TRIPs è contenuta una norma sul rispetto degli accordi internazionali sulla protezione del diritto d’autore:

«I membri si conformano agli articoli da 1 a 21 della convenzione di Berna (1971) e al suo annesso. Tuttavia essi non hanno diritti né obblighi in virtù del presente Accordo in relazione ai diritti conferiti dall’articolo 6 bis della medesima convenzione o ai diritti da esso derivanti».

12.      L’art. 14, n. 3, dell’Accordo TRIPs contiene norme sulla protezione dei programmi televisivi:

«Gli organismi di radiodiffusione hanno il diritto di vietare, salvo proprio consenso, le seguenti azioni: la fissazione, la riproduzione di fissazioni e la riemissione delle loro emissioni, nonché la comunicazione al pubblico delle loro emissioni televisive. Se i Membri non accordano tali diritti agli organismi di radiodiffusione, danno ai titolari del diritto d’autore sull’oggetto delle emissioni la possibilità di impedire le azioni suddette, fatte salve le disposizioni della convenzione di Berna (1971)».

3.      Il trattato dell’OMPI sul diritto d’autore

13.      L’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (in prosieguo: l’«OMPI») ha adottato a Ginevra il 20 dicembre 1996 il trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi e il trattato sul diritto d’autore. Questi due trattati sono stati approvati a nome della Comunità con la decisione del Consiglio 16 marzo 2000, 2000/278/CE (6), in riferimento ai settori rientranti nella sua competenza.

14.      Ai sensi dell’art. 1, n. 4, del trattato OMPI sul diritto d’autore, le parti contraenti si conformano agli articoli da 1 a 21 e all’annesso della Convenzione di Berna.

15.      L’art. 8 del trattato OMPI sul diritto d’autore stabilisce quanto segue:

«Fermo il disposto degli articoli 11, n. 1, punto 2, 11 bis, n. 1, punti 1 e 2, 11 ter, n. 1, punto 2, 14, n. 1, punto 2 e 14 bis, n. 1 della convenzione di Berna, gli autori di opere letterarie e artistiche hanno il diritto esclusivo di autorizzare ogni comunicazione al pubblico, su filo o via etere, delle loro opere, nonché la messa a disposizione del pubblico delle loro opere, in modo che chiunque possa liberamente accedervi da un luogo o in un momento di sua scelta».

4.      La Convenzione di Roma relativa alla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione

16.      Nell’art. 13 della Convenzione di Roma relativa alla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione del 26 ottobre 1961 (7) sono stabiliti alcuni diritti minimi degli organismi di radiodiffusione:

«Gli organismi di radiodiffusione godono del diritto di autorizzare o di interdire:

a)       la riemissione delle loro emissioni;

b)       la fissazione sopra un supporto materiale delle loro emissioni;

c)       la riproduzione:

i)       delle fissazioni, fatte senza il loro consenso, delle loro emissioni;

ii)       delle fissazioni delle loro emissioni fatte a norma delle disposizioni dell’articolo 15 e riprodotte a fini diversi da quelli previsti nelle predette disposizioni;

d)       la comunicazione al pubblico delle loro emissioni televisive quando sia fatta in luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto di ingresso; spetta alla legislazione nazionale del Paese dove la protezione di tale diritto è richiesta la determinazione delle condizioni di esercizio del diritto stesso».

17.      È pur vero che l’Unione europea non è parte contraente della Convenzione di Roma, ma le parti dell’accordo sullo Spazio economico europeo (8) si obbligano, a termini dell’art. 5 del protocollo n. 28 al detto accordo, concernente la proprietà intellettuale dell’Accordo SEE, ad aderire, entro il 1° gennaio 1995, alle seguenti convenzioni multilaterali nel settore della proprietà industriale, intellettuale e commerciale:

«(…)

b)       Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (Atto di Parigi, 1971);

c)       Convenzione internazionale relativa alla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione (Roma, 1961);

(…)».

B –    Diritto dell’Unione

1.      La tutela dei servizi ad accesso condizionato

18.      La direttiva 98/84, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato, ha un ruolo centrale nelle questioni pregiudiziali.

19.      L’art. 1 descrive l’oggetto della direttiva 98/84:

«L’oggetto della presente direttiva è il ravvicinamento delle disposizioni degli Stati membri riguardanti misure contro i dispositivi illeciti che forniscono l’accesso non autorizzato a servizi protetti».

20.      L’art. 2 della direttiva 98/84 definisce le nozioni di riferimento. Hanno particolare importanza le nozioni di dispositivo per l’accesso condizionato, di dispositivo illecito e di settore coordinato:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)      (…)

c)      dispositivo per l’accesso condizionato, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di consentire l’accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto;

d)      (…)

e)      dispositivo illecito, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del prestatore del servizio;

f)      settore coordinato dalla presente direttiva, quello disciplinato da qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui all’articolo 4».

21.      L’art. 3 della direttiva 98/84 stabilisce quali misure debbano essere adottate nel mercato interno per quanto riguarda i servizi ad accesso condizionato e i dispositivi di controllo:

«1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie a vietare sul loro territorio le attività di cui all’articolo 4 ed a prevedere le sanzioni e i mezzi di tutela di cui all’articolo 5.

2. Salvo il disposto del paragrafo 1, gli Stati membri non possono:

a)       limitare la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro Stato membro; oppure

b)       limitare la libera circolazione dei dispositivi per l’accesso condizionato,

per motivi rientranti nel settore coordinato dalla presente direttiva».

22.      L’art. 4 della direttiva 98/84 indica quali attività devono essere vietate:

«Gli Stati membri vietano sul loro territorio le seguenti attività:

a)       la fabbricazione, l’importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di dispositivi illeciti;

b)       l’installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti;

c)       l’impiego di comunicazioni commerciali per promuovere dispositivi illeciti».

2.      La proprietà intellettuale nella società dell’informazione

23.      La fattispecie in esame verte su due aspetti della direttiva 2001/29, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione: il diritto di riproduzione e il diritto di comunicazione al pubblico.

24.      Il diritto di riproduzione è sancito nell’art. 2 della direttiva 2001/29:

«Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte:

a)       agli autori, per quanto riguarda le loro opere;

b)       agli artisti interpreti o esecutori, per quanto riguarda le fissazioni delle loro prestazioni artistiche;

c)       ai produttori di fonogrammi per quanto riguarda le loro riproduzioni fonografiche;

d)       ai produttori delle prime fissazioni di una pellicola, per quanto riguarda l’originale e le copie delle loro pellicole;

e)       agli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni, siano esse effettuate su filo o via etere, comprese le trasmissioni via cavo o via satellite».

25.      L’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29 prevede una limitazione per talune riproduzioni determinate da una funzione tecnica:

«Sono esentati dal diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 gli atti di riproduzione temporanea di cui all’articolo 2 privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori, e parte integrante e essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all’unico scopo di consentire:

a)       la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o

b)       un utilizzo legittimo

di un’opera o di altri materiali».

26.      L’art. 3 della direttiva 2001/29 disciplina i diritti connessi con la comunicazione al pubblico:

«1. Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente.

2. Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la messa a disposizione del pubblico, su filo o senza filo, in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente:

a)       gli artisti interpreti o esecutori, per quanto riguarda le fissazioni delle loro prestazioni artistiche;

b)       ai produttori di fonogrammi, per quanto riguarda le loro riproduzioni fonografiche;

c)       ai produttori delle prime fissazioni di una pellicola, per quanto riguarda l’originale e le copie delle loro pellicole;

d)       agli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni, siano esse effettuate su filo o via etere, comprese le trasmissioni via cavo o via satellite.

3. I diritti di cui ai paragrafi 1 e 2 non si esauriscono con alcun atto di comunicazione al pubblico o con la loro messa a disposizione del pubblico, come indicato nel presente articolo».

27.      Il ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29 così recita:

«La presente direttiva dovrebbe armonizzare ulteriormente il diritto d’autore applicabile alla comunicazione di opere al pubblico. Tale diritto deve essere inteso in senso lato in quanto concernente tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine. Detto diritto dovrebbe comprendere qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione, e non altri atti».

28.      La direttiva 2001/29 integra la preesistente direttiva del Consiglio 19 novembre 1992, 92/100/CEE, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (9), consolidata dalla direttiva 2006/115/CE (10). Quest’ultima contiene, nell’art. 8, n. 3, un ulteriore diritto relativo alla comunicazione al pubblico della trasmissione:

«Gli Stati membri riconoscono agli organismi di radiodiffusione il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la ritrasmissione via etere delle loro emissioni, nonché la loro comunicazione al pubblico se questa comunicazione avviene in luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto d’ingresso».

3.      La proprietà intellettuale e la radiodiffusione via satellite

29.      La gestione della proprietà intellettuale nel settore della radiodiffusione via satellite è oggetto della direttiva 93/83. Ai fini dell’interpretazione di tale direttiva taluni ‘considerando’ rivestono particolare importanza:

«(1)  Gli scopi della Comunità stabiliti dal trattato comprendono il raggiungimento di un’unione sempre più stretta per i popoli europei, più stretti rapporti tra gli Stati della Comunità, nonché la realizzazione, mediante un’azione comune, del progresso economico e sociale dei paesi della Comunità eliminando le barriere che dividono l’Europa.

(...)

(3)       La diffusione di programmi oltre frontiera all’interno della Comunità, effettuata in particolare via satellite e via cavo, rappresenta uno dei principali mezzi per il conseguimento di tali obiettivi della Comunità che sono al tempo stesso di ordine politico, economico, sociale, culturale e giuridico.

(...)

(5)       Tuttavia, il conseguimento di questi obiettivi nei due settori della diffusione transfrontaliera via satellite e della ritrasmissione via cavo di programmi provenienti da altri Stati membri è ancora ostacolato sia da differenze che sussistono fra le leggi nazionali sul diritto d’autore che da alcune incertezze sul piano giuridico; che i titolari dei diritti sono quindi esposti al rischio che le loro opere vengano utilizzate senza compenso o che ne venga bloccata l’utilizzazione in alcuni Stati membri ad opera di singoli titolari dei diritti di esclusiva; che tale incertezza normativa rappresenta un ostacolo diretto alla libera circolazione dei programmi all’interno della Comunità.

(...)

(7)       La libera diffusione di programmi risulta ulteriormente ostacolata dalle incertezze che sussistono attualmente sul piano giuridico in relazione alla necessità di stabilire se, per la diffusione di programmi via satellite i cui segnali possono essere ricevuti direttamente, i diritti debbano essere acquisiti esclusivamente nel paese di emissione oppure se debbano essere acquisiti in tutti i paesi in cui avviene la ricezione.

(...)

(14)  L’incertezza giuridica esistente in relazione ai diritti di acquisire, che ostacola la diffusione transnazionale di programmi via satellite, dovrà essere eliminata attraverso la definizione del concetto di comunicazione al pubblico via satellite all’interno della Comunità; che questa definizione preciserà anche quale sia il luogo in cui avviene l’atto di comunicazione; che tale definizione è necessaria al fine di evitare che a un solo atto di radiodiffusione vengano cumulativamente applicate più leggi nazionali; che una comunicazione al pubblico via satellite ha luogo esclusivamente nel momento, e nello Stato membro, in cui i segnali portatori del programma sono immessi, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, in una catena ininterrotta di comunicazione via satellite sino al ritorno di detti segnali a terra; che normali procedure tecniche riguardanti i segnali portatori di programmi non possono essere considerate interruzioni della catena di trasmissione.

(15)      L’acquisto in via contrattuale dei diritti di esclusiva sulle emissioni di radiodiffusione deve avvenire nell’osservanza della normativa sul diritto d’autore e i diritti connessi vigente nello Stato membro in cui ha luogo la comunicazione al pubblico via satellite.

(16)  Il principio dell’autonomia contrattuale, sul quale si fonda la presente direttiva, permetterà di continuare a limitare lo sfruttamento dei diritti, con particolare riferimento a determinati metodi tecnici di trasmissione o a determinate versioni linguistiche.

(17)  (…) all’atto dell’acquisto dei diritti le parti devono tener conto, ai fini della determinazione del compenso, di tutti gli aspetti dell’emissione di radiodiffusione, quali il numero effettivo e il numero potenziale dei telespettatori e la versione linguistica dell’emissione.

(…)».

30.      Per la fattispecie in esame rilevano, in particolare, le definizioni di cui all’art. 1, n. 2, lett. a), b) e c), della direttiva 93/83.

«a)       Ai fini della presente direttiva, “comunicazione al pubblico via satellite” è l’atto di inserire, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi destinati ad essere ricevuti dal pubblico in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra.

b)       La comunicazione al pubblico via satellite si configura unicamente nello Stato membro in cui, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi sono inseriti in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra.

c)       Qualora i segnali portatori di programmi siano diffusi in forma criptata, vi è comunicazione al pubblico via satellite a condizione che i mezzi per la decriptazione della trasmissione siano messi a disposizione del pubblico a cura dell’organismo di radiodiffusione stesso o di terzi con il suo consenso.

(…)».

31.      L’art. 2 della direttiva 93/83 riconosce, inoltre, uno specifico diritto dell’autore in relazione alla comunicazione via satellite:

«In conformità delle disposizioni del presente capo, gli Stati membri riconoscono all’autore il diritto esclusivo di autorizzare la comunicazione al pubblico via satellite di opere protette dal diritto d’autore».

III – Fatti e domande di pronuncia pregiudiziale

A –    Sulla trasmissione di partite di calcio

32.      La strategia perseguita dalla FAPL consiste nell’offrire al pubblico di tutto il mondo la visione delle partite della Premier League inglese massimizzando, in tal modo, a favore dei club membri, il valore dei loro diritti radiotelevisivi.

33.      Il settore di attività della FAPL comprende l’organizzazione delle riprese video delle partite della Premier League e la cessione dei diritti di licenza per la loro trasmissione. I diritti esclusivi per la trasmissione in diretta delle partite sono concessi su base territoriale e, di volta in volta, per la durata di tre anni. Del pacchetto contrattuale fanno parte un accordo di esclusiva ai sensi del quale la FAPL designerà una sola emittente televisiva per ciascun territorio, nonché le restrizioni alla circolazione delle schede di decodificazione al di fuori del territorio oggetto della concessione.

34.      La concessione dei diritti di trasmissione delle manifestazioni sportive sulla base di un’esclusiva territoriale corrisponde ad una prassi commerciale costante e consolidata ovunque in Europa tra titolari dei diritti ed emittenti televisive. Al fine di garantire tale esclusiva, ogni emittente televisiva si obbliga, nell’accordo di licenza stipulato con la FAPL, a trasmettere il proprio segnale satellitare codificato.

35.      Nel periodo controverso ogni incontro della Premier League veniva ripreso dalla BBC o da Sky. Le immagini selezionate nonché i rumori di sottofondo della partita (tra cui talvolta l’inno della Premier League; in prosieguo: l’«inno») costituiscono il «clean live feed» (segnale live pulito). Una volta aggiunti i loghi, le sequenze video, i grafici sullo schermo, la musica (incluso l’inno) ed il commento in inglese, si ottiene come risultato il «World Feed» (segnale live mondiale). Esso viene compresso e codificato e quindi trasmesso via satellite alle emittenti televisive estere titolari di licenza. L’emittente decodifica e decomprime il World Feed, aggiunge il proprio logo e i commenti, comprime e codifica nuovamente il segnale e lo trasmette via satellite agli abbonati nel territorio alla medesima assegnato. Gli abbonati possono decodificare e decomprimere tramite un’antenna parabolica ed un decodificatore che necessita di una scheda di decodificazione. L’intero processo di trasmissione dal campo di gioco all’abbonato dura circa cinque secondi.

36.      I frammenti delle diverse opere video, l’opera musicale e la registrazione sonora vengono memorizzate in sequenza nel decodificatore prima di essere riprodotte e successivamente cancellate.

B –    Sulla causa C‑403/08

37.      I procedimenti dai quali è scaturita la causa C‑403/08 traggono origine dai ricorsi presentati dalla FAPL unitamente alle imprese responsabili della trasmissione delle partite in Grecia.

38.      Il subconcessionario in Grecia era (ed è tuttora) la NetMed Hellas SA, cui era stato per contratto praticamente vietato di fornire le relative schede di decodificazione al di fuori della Grecia. Le partite sono trasmesse sui canali «SuperSport» della piattaforma NOVA, di proprietà della Multichoice Hellas SA che provvede altresì alla sua gestione. Entrambe le imprese greche appartengono, in definitiva, al medesimo proprietario e sono indicate congiuntamente come NOVA. I canali SuperSport possono essere ricevuti con una scheda di decodificazione satellitare NOVA.

39.      I ricorsi vertono sull’uso nel Regno Unito di carte estere, che consentono l’accesso alle trasmissioni estere delle partite di calcio della Premier League in diretta via satellite. I ricorrenti sostengono che il commercio e l’uso di tali carte nel Regno Unito violerebbero i loro diritti conferiti dalle norme nazionali di trasposizione della direttiva 98/84, nonché i diritti d’autore su diverse opere artistiche e musicali, video e registrazioni sonore, che costituirebbero una parte della cronaca delle partite della Premier League.

40.      Due dei ricorsi sono stati proposti contro i fornitori di accessori e schede di decodificazione satellitare per ristoranti e bar che consentono di ricevere canali satellitari diversi da Sky (compresi i canali di NOVA) che trasmettono in diretta le partite della Premier League. Il terzo ricorso è diretto contro concessionari o esercenti di quattro ristoranti, c.d. pubs (in prosieguo: i «gestori»), che avevano proiettato nei loro locali trasmissioni in diretta di partite della Premier League sui canali di un’emittente araba.

41.      Nel procedimento da cui trae origine la causa C‑403/08, la High Court ha pertanto sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)     Se, nel caso in cui un dispositivo di accesso condizionato venga elaborato da o col consenso di un prestatore del servizio e venduto subordinatamente ad un’autorizzazione limitata ad utilizzare il dispositivo solo per ottenere l’accesso al servizio protetto in circostanze particolari, tale dispositivo diventi un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato], qualora esso venga usato per dare accesso a questo servizio protetto in un luogo o in un modo o da parte di un soggetto al di fuori dell’autorizzazione del prestatore del servizio.

b)      Cosa si intenda per «concepiti o adattati» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva.

2)      Nel caso in cui un primo prestatore del servizio trasmetta il contenuto di un programma in forma codificata a un secondo prestatore del servizio il quale ritrasmetta tale contenuto mediante un sistema di accesso condizionato, quali elementi debbano essere presi in considerazione nel determinare se gli interessi del primo prestatore di un servizio protetto vengano pregiudicati, ai sensi dell’art. 5 della [direttiva sull’accesso condizionato].

In particolare:

nel caso in cui una prima impresa trasmetta il contenuto di un programma (compreso immagini, rumori di sottofondo e commento in inglese) sotto forma codificata ad una seconda impresa la quale a sua volta ritrasmetta al pubblico il contenuto del programma (al quale abbia aggiunto il suo logo e, eventualmente, un commento audio aggiuntivo):

a)      se la trasmissione da parte della prima impresa costituisca un servizio protetto di “trasmissioni televisive” ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato] e dell’art. 1, lett. a), della direttiva [“televisione senza frontiere”];

b)      se sia necessario che la prima impresa sia un’emittente ai sensi dell’art. 1, lett. b), della direttiva [“televisione senza frontiere”] affinché si possa considerare che fornisca un servizio protetto di “trasmissioni televisive” ai sensi del primo trattino dell’art. 2, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato];

c)      se l’art. 5 della direttiva [sull’accesso condizionato] debba essere interpretato nel senso che conferisca alla prima impresa la legittimazione ad agire relativamente al dispositivo illecito che dà accesso al programma come ritrasmesso dalla seconda impresa, o:

         i)     perché si deve ritenere che tale dispositivo dia accesso attraverso il segnale di trasmissione al servizio proprio della prima impresa; o

         ii)   perché la prima impresa è il prestatore di un servizio protetto i cui interessi sono pregiudicati da un’attività illecita (in quanto tali dispositivi conferiscono un accesso non autorizzato al servizio protetto fornito dalla seconda impresa).

d)      se sulla soluzione della questione c) incida il fatto che il primo e il secondo prestatore del servizio usino differenti sistemi di decodificazione e dispositivi di accesso condizionati differenti.

3)      Se il “possesso a fini commerciali” di cui all’art. 4, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato] si riferisca solo al possesso finalizzato al commercio (ad esempio, la vendita) di dispositivi illeciti, o si estenda al possesso di un dispositivo da parte di un utilizzatore finale nel corso di un’attività di qualsiasi tipo.

4)      Nel caso in cui frammenti sequenziali di un film, di un’opera musicale o di una registrazione sonora (nella specie, composizioni di audio e video digitali) vengano creati i) all’interno della memoria di un decodificatore o ii) nel caso di un film su uno schermo televisivo, e l’intera opera venga riprodotta, qualora i frammenti sequenziali vengano considerati nel loro insieme ma solo un numero limitato di frammenti sussista contemporaneamente in un dato momento:

a)      se la questione intesa ad accertare se tali opere siano state riprodotte in tutto o in parte debba essere risolta in base alle norme del diritto d’autore nazionale relative a cosa costituisca un’illecita riproduzione di un’opera tutelata dal diritto d’autore, o se dipenda dall’interpretazione dell’art. 2 della direttiva [sul diritto d’autore].

b)      qualora dipenda dall’interpretazione dell’art. 2 della direttiva [sul diritto d’autore], se il giudice nazionale debba prendere in considerazione tutti i frammenti di ciascuna opera nella sua totalità o solo il numero limitato di frammenti che esistono contemporaneamente. In quest’ultimo caso, a quale test il giudice nazionale debba sottoporre la questione intesa ad accertare se le opere siano state riprodotte parzialmente ai sensi di tale articolo.

c)      se il diritto di riproduzione di cui al detto art. 2 si estenda alla creazione di immagini transitorie su uno schermo televisivo.

5)      a)     Se si debba ritenere che copie transitorie di un’opera create all’interno di un decodificatore televisivo satellitare o su uno schermo televisivo collegato al decodificatore, e il cui unico intento sia di consentire un uso dell’opera non altrimenti limitato dalla legge, abbiano un “rilievo economico proprio” ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva [sul diritto d’autore] per il fatto che tali copie forniscano l’unica base dalla quale il titolare dei diritti possa derivare un compenso per l’uso dei suoi diritti.

b)      Se sulla soluzione della questione 5 a) incida il fatto che i) le copie transitorie abbiano un valore intrinseco; o ii) le copie transitorie comprendano una piccola parte di una raccolta di opere e/o di altri materiali che altrimenti potrebbero essere usati senza violare il diritto d’autore; o iii) il licenziatario esclusivo del titolare dei diritti in un altro Stato membro abbia già ricevuto un compenso per l’uso dell’opera in tale Stato membro.

6)      a)     Se un’opera tutelata dal diritto d’autore venga comunicata al pubblico su filo o senza filo ai sensi dell’art. 3 della direttiva [sul diritto d’autore], qualora una trasmissione satellitare venga ricevuta in locali commerciali (ad esempio, un bar) e comunicata o mostrata in quei locali mediante un singolo schermo televisivo e altoparlanti al pubblico ivi presente.

b)      Se sulla soluzione della questione 6 a) incida il fatto che:

i)      il pubblico presente costituisca un nuovo pubblico non contemplato dall’emittente (in questo caso perché una scheda di decodificazione nazionale che deve essere utilizzata in uno Stato membro viene utilizzata per un ascolto commerciale in un altro Stato membro);

ii)      il pubblico non costituisca un pubblico pagante in base al diritto nazionale;

iii)      il segnale televisivo venga ricevuto da un’antenna o da un ricevitore satellitare sul tetto dei locali dove si trova il televisore o nelle loro adiacenze.

c)      In caso di soluzione affermativa di uno dei quesiti b), quali elementi debbano essere presi in considerazione nel determinare se vi sia una comunicazione dell’opera che ha avuto origine da un luogo in cui il pubblico non è presente.

7)      Se sia compatibile con la direttiva [sulla radiodiffusione via satellite] o con gli artt. 28 CE, 30 CE o 49 CE il fatto che la normativa nazionale in materia di diritto d’autore preveda che, qualora copie transitorie di opere inserite in una trasmissione via satellite vengano create all’interno di un decodificatore satellitare o su uno schermo televisivo, sussista una violazione del diritto d’autore in base alla normativa del paese di ricezione della trasmissione. Se abbia un’incidenza il fatto che la trasmissione venga decodificata mediante una scheda di decodificazione satellitare rilasciata dal prestatore di un servizio di trasmissione via satellite in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la scheda di decodificazione satellitare venga autorizzata solo perché sia usata in tale altro Stato membro.

8)      a)     Nel caso in cui la soluzione della questione 1 sia nel senso che un dispositivo per l’accesso condizionato elaborato dal prestatore del servizio o con il suo consenso divenga un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato] allorché venga usato al di là dell’autorizzazione concessa dal prestatore del servizio a dare accesso ad un servizio protetto, quale sia l’oggetto specifico del diritto con il riferimento alla sua funzione essenziale conferita dalla direttiva sull’accesso condizionato.

b)      Se gli artt. 28 CE o 49 CE si oppongano all’esecuzione di una disposizione del diritto nazionale in un primo Stato membro che renda illecita l’importazione o la vendita di una scheda di decodificazione satellitare rilasciata dal prestatore di un servizio di trasmissione via satellite in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la carta di decodificazione satellitare venga autorizzata solo affinché sia usata in tale altro Stato membro.

c)      Se sulla soluzione di tale questione incida il fatto che la scheda di decodificazione satellitare sia autorizzata solo per uso privato e nazionale in questo altro Stato membro ma venga utilizzata per fini commerciali nel primo Stato membro.

9)      Se gli artt. 28 CE e 30 CE o 49 CE ostino all’attuazione di una disposizione della normativa nazionale in materia di diritto d’autore che renda illecito eseguire o rappresentare in pubblico un’opera musicale allorché tale opera sia inserita in un servizio protetto cui sia consentito l’accesso – e che [l’opera] venga rappresentata in pubblico – mediante una scheda di decodificazione satellitare allorché tale scheda sia stata emessa dal prestatore del servizio in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la scheda di decodificazione venga autorizzata solo affinché sia usata in tale altro Stato membro. Se abbia una certa incidenza il fatto che l’opera musicale sia un elemento irrilevante del servizio complessivamente protetto e il diritto nazionale d’autore non si opponga alla rappresentazione e all’esecuzione in pubblico degli altri elementi del servizio.

10)      Allorché un fornitore di contenuti di un programma rilasci una serie di licenze esclusive ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri in base alle quali l’emittente sia autorizzato a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e in ogni licenza sia contenuto un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente debba evitare che le sue schede di decodificazione satellitare, che consentono la ricezione dei programmi oggetto di licenza, vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, quale criterio giuridico debba applicare il giudice nazionale e quali circostanze debba prendere in considerazione nel decidere se la restrizione contrattuale sia incompatibile con il divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE.

In particolare:

a)      se l’art. 81, n. 1, CE debba essere interpretato nel senso che si applichi a tale obbligo per il solo motivo che debba ritenersi che esso abbia per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza;

b)      in tal caso, se si debba anche dimostrare che l’obbligo contrattuale per poter ricadere nel divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE impedisca, restringa o falsi considerevolmente il gioco della concorrenza».

C –    Sulla causa C‑429/08

42.      Tale domanda di pronuncia pregiudiziale si fonda su un procedimento penale a carico della sig.ra Murphy, proprietaria di un pub, la quale aveva mostrato partite della Premier League usando una scheda di decodificazione greca. La Media Protection Services Ltd promuoveva un procedimento nei suoi confronti e otteneva, in due gradi di giudizio, l’irrogazione di una sanzione pecuniaria, costituendo tale scheda un dispositivo illecito ai sensi delle norme di trasposizione della direttiva 98/84. Avverso tale condanna la sig.ra Murphy proponeva impugnazione dinanzi alla High Court.

43.      Nel detto procedimento la High Court solleva le seguenti questioni:

«1)      Quali siano le circostanze in cui un dispositivo per l’accesso condizionato costituisca un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato].

2)      In particolare, se un dispositivo per l’accesso condizionato costituisca un “dispositivo illecito” ove sia stato acquisito in circostanze in cui:

i)      il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente ad autorizzazione contrattuale limitata di utilizzo del dispositivo per accedere ad un servizio protetto solo in un primo Stato membro e sia stato utilizzato per accedere a tale servizio protetto ricevuto in un altro Stato membro, e/o

ii)      il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo nome e residenza falsi nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le limitazioni territoriali contrattuali imposte all’esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro, e/o

iii)      il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente alla condizione contrattuale di un esclusivo uso domestico o privato e non per un uso commerciale (per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato), ma sia stato utilizzato nel Regno Unito per scopi commerciali, e precisamente per trasmettere partite di calcio in diretta in un locale pubblico.

3)      In caso di risposta negativa a qualsiasi quesito della questione 2), se l’art. 3, n. 2, della direttiva [sull’accesso condizionato] osti a che uno Stato membro invochi una disposizione nazionale che impedisca l’uso di tali dispositivi per l’accesso condizionato nelle circostanze di cui alla summenzionata questione 2).

4)      In caso di risposta negativa a qualsiasi quesito della questione 2), se l’art. 3, n. 2), della direttiva medesima sia invalido:

a)      in quanto discriminatorio e/o sproporzionato; e/o

b)      in quanto in contrasto con i diritti alla libera circolazione sanciti dal Trattato e/o

c)      per qualsivoglia altra ragione.

5)      In caso di risposta affermativa alla questione 2), se gli artt. 3, n. 1, e 4 della direttiva stessa siano invalidi, in quanto impongono agli Stati membri di imporre restrizioni all’importazione di “dispositivi illeciti” da altri Stati membri e ad altre operazioni con dispositivi medesimi, anche nel caso in cui siffatti dispositivi possano essere legittimamente importati e/o utilizzati per ricevere servizi di diffusione via satellite transfrontalieri in forza delle norme sulla libera circolazione delle merci ai sensi degli artt. 28 CE e 30 CE e/o sulla libertà di fornire e ricevere servizi ai sensi dell’art. 49 CE.

6)      Se gli artt. 28 CE, 30 CE e/o 49 CE ostino all’applicazione di una disposizione nazionale, quale l’art. 297 della [legge in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti], che qualifichi come reato la ricezione fraudolenta di un programma nell’ambito di un servizio di trasmissione fornito da un luogo situato nel Regno Unito con l’intento di evitare il pagamento di qualsiasi diritto applicabile alla ricezione del programma, in una qualsiasi delle seguenti circostanze:

i)      qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente ad autorizzazione contrattuale limitata di utilizzo del dispositivo per accedere ad un servizio protetto solo in un primo Stato membro e sia stato utilizzato per accedere a tale servizio protetto ricevuto in un altro Stato membro (in questo caso, il Regno Unito), e/o

ii)      qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo nome e residenza falsi nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le limitazioni territoriali contrattuali imposte all’esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro, e/o

iii)      qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente alla condizione contrattuale di un esclusivo uso domestico o privato e non per un uso commerciale (per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato), ma sia stato utilizzato nel Regno Unito per scopi commerciali, e precisamente per trasmettere partite di calcio in diretta in un locale pubblico.

7)      Se l’applicazione della disposizione nazionale in questione possa essere in ogni caso esclusa per violazione del divieto di discriminazione di cui all’art. 12 CE o in quanto la legislazione nazionale è applicabile ai programmi trasmessi nell’ambito di un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito ma non a servizi forniti da un qualsiasi altro Stato membro.

8)      Allorché un fornitore di contenuti di programmi rilasci una serie di licenze esclusive, ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri, in base alle quali l’emittente è autorizzata a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e ogni licenza preveda un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente deve evitare che le sue schede di decodificazione satellitari, che consentono la ricezione dei contenuti dei programmi oggetto di licenza, vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, quale criterio giuridico debba applicare il giudice nazionale e quali circostanze debba prendere in considerazione nel decidere se la restrizione contrattuale violi il divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE.

In particolare:

a)      se l’art. 81, n. 1, CE debba essere interpretato nel senso che si applichi a tale obbligo per il solo motivo che debba ritenersi che esso abbia per oggetto impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza,

b)      in caso affermativo, se debba essere altresì dimostrato che l’obbligo contrattuale impedisca, restringa o falsi sensibilmente il gioco della concorrenza per poter rientrare nel divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE».

44.      La FAPL, la QC Leisure, la sig.ra Murphy e la Media Protection Services Ltd, nonché il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, la Repubblica francese, l’autorità di vigilanza AELS, il Parlamento europeo, il Consiglio europeo e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. All’udienza, dette parti, ad eccezione della Francia, hanno presentato osservazioni orali, unitamente alla Repubblica ceca, al Regno di Spagna e alla Repubblica italiana.

IV – Analisi giuridica

45.      Le fattispecie di cui alle cause principali traggono origine dalla prassi di restringere territorialmente l’accesso a trasmissioni sportive codificate trasmesse via satellite in diversi Stati membri. Le domande di pronuncia pregiudiziale affrontano il problema se ciò sia compatibile con il mercato interno da molti punti di vista differenti che portano ad un elevato numero di questioni diverse.

46.      In limine va osservato che il diritto dell’Unione rispetta le caratteristiche specifiche dello sport ma lo sport non è sottratto all’applicazione del diritto dell’Unione (11). In particolare, la circostanza che un’attività economica sia attinente allo sport non osta all’applicazione delle regole dei Trattati (12).

47.      Pur ritenendo che la soluzione della fattispecie di cui alle cause principali – per quanto attiene all’utilizzazione di schede di decodificazione greche – si fondi, in sostanza, sull’applicazione della libera prestazione dei servizi e che, per il resto, sia di accresciuto interesse anzitutto la questione della comunicazione al pubblico (art. 3 della direttiva 2001/29), articolerò le mie conclusioni secondo l’ordine delle questioni esposto nella causa C‑403/08. Esaminerò quindi dapprima la direttiva 98/84, sulla tutela dei dispositivi per l’accesso ai servizi ad accesso condizionato (sub A), quindi la direttiva 2001/29, sul diritto d’autore nella società dell’informazione (sub B), la direttiva 93/83, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo (sub C), solo successivamente l’applicazione delle libertà fondamentali (sub D) e, infine, il diritto della concorrenza (sub E).

A –    Sulla direttiva 98/84

48.      La direttiva 98/84 disciplina la tutela dei dispositivi per l’accesso a servizi ad accesso condizionato, nonché la libera circolazione di siffatti dispositivi nel mercato interno. Le parti ne fanno discendere due premesse, tra loro divergenti, che sono alla base delle questioni relative alla detta direttiva.

49.      Secondo l’art. 4 della direttiva 98/84, la fabbricazione, l’importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di dispositivi illeciti devono essere vietati e sanzionati in modo proporzionato. La FAPL ritiene che una scheda di decodificazione venduta legalmente in uno Stato membro diverrebbe un dispositivo illecito qualora venisse usata in un altro Stato membro contro la volontà dell’impresa che trasmette il servizio protetto. La sig.ra Murphy sostiene, invece, che un siffatto uso di una scheda di decodificazione regolarmente commercializzata non potrebbe trasformarla in un dispositivo illecito. Tale utilizzazione sarebbe piuttosto lecita secondo la direttiva, in quanto l’art. 3, n. 2, vieterebbe ogni limitazione del commercio di schede legali.

50.      Propongo alla Corte di non soffermarsi a lungo su tale questione, in quanto entrambe le premesse appaiono evidentemente erronee.

51.      A termini dell’art. 2, lett. e), della direttiva 98/84, si intende per «dispositivo illecito», apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del prestatore del servizio.

52.      Ad avviso della FAPL è sufficiente che le schede di decodificazione vengano utilizzate nel Regno Unito al fine di ricevere le trasmissioni effettuate da parte dell’emittente greca, sebbene esse non possano essere ivi ricevute conformemente alla volontà del titolare dei diritti.

53.      Il tenore letterale dell’art. 2, lett. e), della direttiva 98/84 non mira, tuttavia, ad impedire l’utilizzazione di un dispositivo di accesso contro la volontà del prestatore del servizio. Esso prevede un’apparecchiatura concepita o adattata al fine di rendere possibile l’accesso senza l’autorizzazione del prestatore del servizio. Questa definizione include, dunque, le apparecchiature fabbricate o modificate a tale scopo.

54.      La scheda di decodificazione è invece concepita proprio per rendere possibile l’accesso con l’autorizzazione del prestatore del servizio. Proprio a tal fine la scheda viene immessa sul mercato da parte dell’emittente greca, prestatore del servizio, e, con la distribuzione nel Regno Unito, la scheda non subisce alcuna modifica di adattamento.

55.      Solo tale logica interpretazione appare compatibile con l’obiettivo prioritario della direttiva 98/84 la quale, in base al secondo e terzo ‘considerando’, mira a promuovere la prestazione transfrontaliera di servizi. Alla luce di tale finalità sarebbe difficilmente compatibile che la semplice vendita transfrontaliera di dispositivi per l’accesso condizionato potesse essere sufficiente per dichiararli illeciti.

56.      Inoltre, il principio della certezza del diritto costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, il quale esige, segnatamente, che la normativa sia chiara e precisa, affinché i singoli possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza (13). Quando siano previste norme penali si deve altresì rispettare il principio della legalità dei reati e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege), il quale implica che le disposizioni comunitarie definiscano chiaramente i reati e le pene che li reprimono (14). Se il legislatore dell’Unione avesse inteso proteggere effettivamente la ripartizione geografica dei mercati televisivi e scansionare la mera elusione di tale ripartizione realizzata attraverso la vendita di schede di decodificazione legali nello Stato di origine negli altri Stati membri, avrebbe dovuto conseguentemente esprimersi in maniera molto più chiara.

57.      La prima questione posta nella causa C‑403/08 e le prime due questioni sollevate nella causa C‑429/08 devono essere risolte nel senso che, ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva 98/84, il concepire o l’adattare consista nella fabbricazione o nella modifica di un’apparecchiatura, al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del prestatore del servizio. In tal modo, un dispositivo per l’accesso condizionato, fabbricato dal prestatore del servizio ovvero con il suo consenso e venduto con un’autorizzazione ristretta in modo che il dispositivo possa essere utilizzato solo per accedere, a determinare condizioni, al servizio protetto, non diventa un «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva 98/84, qualora venga impiegato per consentire l’accesso al detto servizio protetto in un luogo, con modalità ovvero da parte di una persona non contemplati nell’autorizzazione del prestatore del servizio.

58.      Non ne consegue, tuttavia, che la terza questione della causa C‑429/08 sia da risolvere nel senso che l’art. 3, n. 2, della direttiva 98/84 vieti ogni limitazione del commercio di schede di decodificazione legali.

59.      L’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva 98/84 vieta, in effetti, di limitare la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro Stato membro, la lett. b) vieta le limitazioni della libera circolazione dei dispositivi per l’accesso condizionato. Tali divieti di restrizione vengono peraltro precisati: inammissibili sono solo le limitazioni per motivi riguardanti il settore coordinato dalla presente direttiva. In base alla definizione di cui all’art. 2, lett. f), si intende per tale settore quello disciplinato da qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui all’art. 4, vale a dire gli svariati divieti concernenti i dispositivi illeciti. A norma dell’art. 3, n. 2, non sono pertanto escluse limitazioni per motivi diversi.

60.      La violazione di accordi contrattuali sull’accessibilità di programmi in determinati Stati membri, l’acquisto di dispositivi di accesso effettuato fornendo nomi e/o indirizzi falsi ovvero l’utilizzazione a fini commerciali di schede di decodificazione destinate ad uso privato o domestico non costituiscono misure contro i dispositivi illeciti e non rientrano, pertanto, nel settore coordinato dalla direttiva 98/84.

61.      La terza questione della causa C‑429/08 deve essere quindi risolta nel senso che l’art. 3, n. 2, della direttiva 98/84 non impedisce ad uno Stato membro l’applicazione di una disposizione nazionale che vieti l’uso di un dispositivo per l’accesso condizionato in violazione di accordi contrattuali sull’accessibilità di programmi in determinati Stati membri e con acquisto effettuato fornendo nomi e/o indirizzi falsi ovvero l’uso a fini commerciali di un dispositivo per l’accesso destinato ad uso privato o domestico.

62.      Poiché la quarta questione della causa C‑429/08 relativa alla validità dell’art. 3, n. 2, della direttiva 98/84 si fonda, alla luce della motivazione contenuta nella domanda di pronuncia pregiudiziale, sull’assunto che tale disposizione osti ad eventuali limitazioni per i motivi indicati, non occorre procedere alla sua soluzione. È altresì superflua una soluzione delle questioni seconda, terza e ottava, lett. a), della causa C‑403/08, nonché della quinta questione della causa C‑429/08.

B –    Sulla direttiva 2001/29

1.      Sul diritto alla riproduzione

63.      Con le questioni quarta e quinta della causa C‑403/08 la High Court chiede se la comunicazione digitale di trasmissioni pregiudichi inevitabilmente il diritto degli autori sulla riproduzione delle loro opere. Per motivi tecnici la comunicazione di programmi digitali presuppone, infatti, che brevi frammenti della trasmissione vengano caricati nella memoria di cache dell’apparecchio di riproduzione. Secondo la domanda di pronuncia pregiudiziale, conformemente allo standard applicabile, vengono memorizzate nella cache del ricevitore in ciascun momento quattro immagini del flusso video e la parte corrispondente della traccia sonora.

64.      Ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2001/29, diversi soggetti – tra cui gli autori, per quanto riguarda le loro opere, e gli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni – devono avere il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte.

a)      Sulla quarta questione, lett. a), nella causa C‑403/08 – diritto nazionale o diritto dell’Unione

65.      Il giudice del rinvio solleva, anzitutto, la questione se la qualificazione della memorizzazione nella cache come riproduzione costituisca una questione di diritto nazionale o risulti esclusivamente dalla direttiva 2001/29. Il detto giudice dubita, infatti, che sussista una riproduzione ai sensi del diritto nazionale.

66.      La Corte ha tuttavia già avuto modo di affermare che la nozione di «riproduzione in parte» costituisce una nozione di diritto dell’Unione da interpretare in maniera uniforme (15).

67.      Di conseguenza, la questione se le opere siano state riprodotte nel loro insieme o in parte deve essere risolta alla luce dell’interpretazione dell’art. 2 della direttiva 2001/29.

b)      Sull’applicazione del diritto di riproduzione alle trasmissioni in diretta

68.      Prima di risolvere le questioni relative alla riproduzione, occorre chiarire se il diritto di riproduzione sia in generale applicabile alle trasmissioni in diretta.

69.      L’art. 2, lett. e), della direttiva 2001/29 prevede, per gli organismi di diffusione radiotelevisiva, il diritto alla riproduzione delle fissazioni delle loro trasmissioni. Il corrispondente diritto dei produttori di pellicole riguarda, ai sensi dell’art. 2, lett. d), l’originale e le copie delle loro pellicole.

70.      La QC Leisure e a. dubitano che esistano, in una trasmissione in diretta, una fissazione, un originale ovvero una copia da riprodurre. Tale tesi si fonda presumibilmente sulla circostanza che il processo di produzione illustrato nella domanda di pronuncia pregiudiziale non prevede alcuna fissazione permanente della trasmissione a partire dalla quale venga trasmesso il video.

71.      La Commissione sottolinea invece persuasivamente che anche una trasmissione in diretta si basa, in pratica, su una prima fissazione ovvero sulla registrazione dell’originale a partire dalla quale le immagini vengono nuovamente trasmesse. Tale fissazione si verifica quantomeno nelle memorie di cache nelle quali vengono assemblate le diverse prospettive della videocamera per la produzione dell’emissione quindi trasmessa.

72.      La tesi della QC Leisure e a. determinerebbe uno svantaggio eccessivo per le trasmissioni in diretta rispetto alla trasmissione di opere già fissate. Una siffatta limitazione del diritto di riproduzione sarebbe altresì semplice da eludere poiché gli organismi di radiodiffusione, senza incorrere in particolari problemi, potrebbero inserire nel processo di produzione una prima fissazione permanente del segnale.

73.      Il diritto di riproduzione risulta pertanto applicabile anche ad una trasmissione in diretta.

c)      Sulla quarta questione, lett. b), nella causa C‑403/08 – riproduzione nella memoria di cache del destinatario

74.      La High Court chiede anzitutto, con riguardo all’art. 2 della direttiva 2001/29, se debba prendere in considerazione i frammenti della trasmissione di volta in volta esistenti ovvero il loro insieme.

75.      L’art. 2 della direttiva 2001/29 prevede un diritto di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte.

76.      A favore della rilevanza di tutti i frammenti brevemente memorizzati depone il fatto che essi vengono riprodotti esclusivamente per rendere possibile una comunicazione ininterrotta dell’intera trasmissione. Tuttavia sono presenti nella memoria di cache, in base allo standard, in ciascun momento, solo quattro immagini e una traccia sonora molto breve corrispondente alle dette immagini. Pertanto, non si può ritenere che venga realizzata una riproduzione completa della trasmissione. Ma anche tali frammenti molto limitati costituiscono una riproduzione parziale di una trasmissione.

77.      La QC Leisure e a. sostengono che le immagini e i frammenti della traccia sonora non possano essere considerati come una riproduzione della trasmissione. Per aversi riproduzione parziale ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2001/29 occorrerebbe piuttosto che venisse riprodotta una parte sostanziale dell’opera. Questa argomentazione si fonda sulla nozione di riproduzione elaborata nel diritto interno e sulla sua interpretazione.

78.      Medio tempore la Corte ha però già avuto modo di interpretare la nozione di riproduzione di cui all’art. 2, lett. a), della direttiva 2001/29 in riferimento ad un articolo di giornale, affermando che il diritto d’autore comprende tutte quelle parti dell’opera che costituiscono espressione della creazione intellettuale del suo autore (16). Ha invece escluso dalla tutela le singole parole, in quanto la creazione intellettuale risulta solo dalla scelta, dalla disposizione e dalla combinazione di esse (17). Questa giurisprudenza può essere trasposta al caso di specie.

79.      Differentemente da parole qualsiasi, le immagini e i frammenti della traccia sonora brevemente memorizzati nella cache presentano, nel caso di specie, natura individuale. Ogni immagine deriva da una specifica selezione da parte dell’operatore video ovvero del regista e può essere evidentemente riferita alla rispettiva trasmissione. Sebbene possa non sussistere un particolare interesse per gran parte di tali immagini, queste costituiscono tuttavia parte della creazione intellettuale in cui consiste l’emissione trasmessa.

80.      Può essere invece paragonata alle singole parole, in tale processo, l’informazione isolata circa il colore dei singoli pixel. Dall’assemblaggio delle dette informazioni scaturiscono le immagini che hanno il carattere di una vera e propria creazione intellettuale.

81.      Sussistono, pertanto, atti di riproduzione nel caso in cui frammenti di composizioni di audio e video digitali vengano creati all’interno della memoria del decodificatore, in quanto tali frammenti costituiscono parte dell’opera dell’ingegno propria dell’autore.

d)      Sulla quarta questione, lett. c), nella causa C‑403/08 – riproduzione tramite rappresentazione sullo schermo

82.      Il giudice del rinvio chiede, infine, se anche la rappresentazione di una trasmissione sullo schermo costituisca una riproduzione.

83.      Sebbene una simile questione a prima vista susciti sorpresa, la QC Leisure, la FAPL e la Commissione concordano giustamente sul fatto che tale rappresentazione costituisce effettivamente una riproduzione.

84.      In linea di principio, ciò risulta dagli stessi argomenti sui quali si fonda la presunzione della sussistenza di una riproduzione nel caso della memorizzazione nella cache di immagini e frammenti della traccia sonora. Sullo schermo viene rappresentata di volta in volta per un periodo ancora più breve un’immagine della trasmissione, mentre viene riprodotta la corrispondente parte della traccia sonora.

85.      In tal senso anche la rappresentazione di una trasmissione sullo schermo televisivo costituisce una riproduzione.

2.      Sulla quinta questione nella causa C‑403/08 – limitazione del diritto alla riproduzione

86.      La quinta questione nella causa C‑403/08 è intesa ad accertare se le riproduzioni individuate nella soluzione della quarta questione siano escluse dal diritto dell’autore sulla riproduzione in forza dell’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29.

87.      L’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29 esclude dal diritto di riproduzione taluni processi determinati da una funzione tecnica. Tale eccezione richiede tre condizioni cumulative, nel senso che il mancato rispetto di una sola di esse implica che l’atto di riproduzione ricade sotto il diritto di riproduzione previsto dall’art. 2 della direttiva (18).

88.      In primo luogo, si deve trattare di atti di riproduzione temporanea, transitori o accessori, i quali formano parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico. Un atto può essere qualificato come «transitorio», nel senso di cui all’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29, esclusivamente qualora la sua durata sia limitata a quanto necessario per il buon funzionamento del procedimento tecnico in questione, restando inteso che tale procedimento deve essere automatizzato in modo tale da sopprimere tale atto in maniera automatica, senza intervento umano, nel momento in cui è esaurita la sua funzione tesa a consentire la realizzazione di un siffatto procedimento (19). Ciò è quanto si verifica nel caso di specie. Le riproduzioni effettuate all’interno della memoria e sullo schermo sono transitorie e temporanee. Esse formano altresì parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico, che consente la comunicazione di una trasmissione.

89.      In secondo luogo, l’unico scopo dell’atto deve consistere in una trasmissione in rete tra terzi tramite un mediatore ovvero un utilizzo legittimo. Come già esposto dal giudice del rinvio, la legittimità ovvero la sua mancanza non può, al riguardo, dipendere dalla questione se il titolare del diritto abbia consentito alle riproduzioni come tali. Infatti, per una riproduzione autorizzata dal titolare del diritto non dovrebbe essere necessario prevedere alcuna eccezione. Decisiva su questo aspetto è, pertanto, la soluzione delle restanti questioni, segnatamente se le libertà fondamentali e/o la direttiva 93/83 conferiscano un diritto alla ricezione della trasmissione [nel prosieguo sub C) e D)], nonché se rilevi nella specie, il diritto alla comunicazione al pubblico [in prosieguo, sub 3)].

90.      In terzo luogo, gli atti di riproduzione possono non avere alcuna rilevanza economica propria. Se le riproduzioni specificate nella quarta questione possiedano una siffatta rilevanza è oggetto della quinta questione nella causa C‑403/08.

91.      L’eccezione prevista dall’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29 deve essere interpretata restrittivamente, in quanto costituisce una deroga al principio generale sancito dall’art. 2 (20). Ciò vale a maggior ragione alla luce dell’art. 5, n. 5, della direttiva 2001/29, secondo cui tutte le esenzioni contenute dal medesimo art. 5 possano essere applicate esclusivamente in determinati casi speciali in cui non risulti pregiudicato lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali protetti e che non arrechino ingiustificato pregiudizio ai legittimi interessi del titolare (21).

92.      Tutti i requisiti previsti dall’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29 mirano a consentire gli atti di riproduzione che costituiscono il presupposto del vero e proprio sfruttamento. Ciò è stato illustrato dalla Commissione nella relazione esplicativa della proposta di direttiva con l’esempio della trasmissione di un video su richiesta da una banca dati situata in Germania ad un computer domestico situato in Portogallo, la quale richiederebbe almeno cento atti di stoccaggio provvisorio (22).

93.      Atti di riproduzione di tal genere non hanno, in via di principio, alcun valore proprio al di là della rilevanza economica dello sfruttamento. Essi presentano, eventualmente, una rilevanza economica corrispondente allo sfruttamento, poiché qualora, ad esempio, un atto di riproduzione finalizzato della trasmissione venga meno, alla fine della sequenza di trasmissione non risulta possibile neanche lo sfruttamento. Tale rilevanza economica è dunque del tutto dipendente dal previsto sfruttamento cosicché non può dirsi propria.

94.      Di conseguenza, le riproduzioni create all’interno della memoria del decodificatore non possiedono alcuna rilevanza economica propria.

95.      La riproduzione effettuata sullo schermo presenta, invece, certamente una rilevanza economica propria. Essa costituisce infatti l’oggetto dello sfruttamento della trasmissione. Lo sfruttamento dei diritti su una trasmissione si collega, in effetti, dal punto di vista del diritto d’autore, al diritto di radiodiffusione, in quanto gli autori conservano il diritto di opporsi alla trasmissione. La rilevanza economica di una trasmissione dipende peraltro, di norma, dalla sua ricezione. Ciò è ovviamente evidente per le trasmissioni in abbonamento di cui al caso di specie, ma vale altresì per le trasmissioni finanziate dalla pubblicità. Le stesse emittenti di diritto pubblico finanziate da canoni o tramite fondi statali devono giustificare in concreto il loro finanziamento quantomeno anche mediante adeguati indici di ascolto.

96.      Le copie transitorie di un’opera, create su uno schermo televisivo collegato ad un decodificatore, presentano pertanto una rilevanza economica propria.

97.      Il giudice del rinvio chiede in dettaglio, con la quinta questione, sub b), se incida il fatto che i) le copie transitorie abbiano un valore intrinseco; ii) le copie transitorie comprendano una piccola parte di una raccolta di opere e/o di altri materiali che altrimenti potrebbero essere utilizzati senza violare il diritto d’autore; ovvero iii) il concessionario esclusivo del titolare dei diritti in un altro Stato membro abbia già percepito un compenso per l’uso dell’opera in tale Stato membro.

98.      Il punto i) è stato già risolto: le copie transitorie realizzate nella memoria di cache non hanno alcun valore intrinseco, a differenza di quelle effettuate su uno schermo televisivo.

99.      Il punto ii) riguarda la possibilità di limitare la protezione solo ad alcune parti della trasmissione. Tale tesi appare plausibile con riguardo alla comunicazione al pubblico (23), ma è invece discutibile rispetto al diritto di riproduzione oggetto della presente analisi (24). Se il giudice del rinvio dovesse pervenire ugualmente alla conclusione che sono protette solo alcune parti della trasmissione, ciò sarebbe irrilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29. Verrebbero piuttosto in considerazione le norme interne di trasposizione dell’art. 5, n. 3, lett. i), della direttiva 2001/29. In base a quest’ultimo, gli Stati membri possono disporre eccezioni o limitazioni del diritto di riproduzione in caso di inclusione occasionale di opere o materiali protetti di altro tipo in altri materiali.

100. Il punto iii) mette in luce, infine, l’elemento decisivo di entrambe le domande di pronuncia pregiudiziale, segnatamente il compenso per l’uso dell’opera in un altro Stato membro. Poiché la rilevanza economica propria della riproduzione di un’emissione su uno schermo coincide con l’interesse alla ricezione di tale emissione, si pone la questione se il compenso prestato per la ricezione dell’emissione in uno Stato membro attribuisca il diritto di riceverla in un altro Stato membro. Questo è l’oggetto delle seguenti questioni relative alla direttiva 93/83 [in prosieguo sub C)] ed alle libertà fondamentali [in prosieguo sub D)]. L’applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29 resta tuttavia impregiudicata.

101. In sintesi, sulla quinta questione nella causa C‑403/08, va tenuto fermo che le copie transitorie di un’opera, create su uno schermo televisivo collegato ad un decodificatore, possiedono una rilevanza economica propria ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29, laddove le copie create all’interno della memoria del decodificatore, invece, non ne possiedono alcuna.

3.      Sull’ulteriore comunicazione al pubblico

102. Con la sesta questione nella causa C‑403/08 si chiede di precisare se il fatto di mostrare in locali pubblici le partite di calcio trasmesse in diretta violi il diritto esclusivo alla comunicazione al pubblico di opere protette ai sensi dell’art. 3 della direttiva 2001/29.

a)      Sulla ricevibilità della questione

103. Si potrebbe dubitare della pertinenza e, quindi, della ricevibilità di tale questione. Infatti, secondo il giudice del rinvio, l’art. 72 del Copyright, Designs and Patents Act consente, in via di principio, di mostrare in pubblico il programma televisivo qualora chi vi provveda non riceva alcun compenso. Quand’anche la presentazione del programma dovesse risultare incompatibile con l’art. 3 della direttiva 2001/29, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e non può essere invocata, in quanto tale, nei confronti del medesimo (25).

104. Secondo consolidata giurisprudenza, nell’ambito della cooperazione tra la Corte di giustizia e i giudici nazionali, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sull’interpretazione del diritto comunitario la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (26) e si applica quindi una presunzione di rilevanza (27) a favore delle questioni sottoposte alla Corte da parte dei giudici nazionali. Essa può essere esclusa, però, in casi eccezionali, qualora risulti manifestamente che la sollecitata interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione considerate in tali questioni abbia natura ipotetica (28). In tal caso la questione sarebbe irricevibile.

105. Se è pur vero che, nella specie, sembri sussistere, dal punto di vista nazionale, un ampio diritto di mostrare in pubblico gratuitamente il programma televisivo, tale diritto non comprende peraltro tutti gli elementi del programma. Ne restano escluse, in particolare, le opere musicali. Non si può escludere, inoltre, che un’interpretazione di tale normativa in senso conforme all’art. 3 della direttiva 2001/29 consenta un’ulteriore compressione di tale diritto.

106. La questione non è dunque manifestamente irrilevante ai fini della definizione della controversia ed è pertanto ricevibile.

b)      Sulla questione

107. Occorre quindi esaminare se sussista una comunicazione al pubblico ai sensi dell’art. 3 della direttiva 2001/29 nel caso in cui una partita di calcio trasmessa in diretta venga mostrata in un locale pubblico. Occorre, anzitutto, circoscrivere il novero delle opere protette e verificare quindi l’applicabilità dell’art. 3, n. 1.

i)      Sulle opere protette

108. L’art. 3 della direttiva 2001/29 prevede l’introduzione di diritti esclusivi volti ad autorizzare o vietare determinati atti sulle opere. Il n. 1 concerne i diritti degli autori, il n. 2 i diritti di determinati altri soggetti, in particolare dei produttori di pellicole [lett. c)] e degli organismi di diffusione radiotelevisiva [lett. d)].

109. I due paragrafi non contemplano i medesimi diritti. Il n. 1 conferisce il diritto di comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente. Il diritto di cui al n. 2 si applica solo per tale ultima forma di accesso, vale a dire quando ciascuno possa avere accesso alle opere contemplate dal luogo e nel momento scelti individualmente.

110. Si può dedurre dalla relazione esplicativa alla proposta di direttiva 2001/29 che la locuzione «messa a disposizione del pubblico (...) in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente» è volta ad includere la trasmissione a richiesta, non rilevante nel caso di specie (29). Le trasmissioni non interattive, vale a dire la tradizionale ricezione del programma televisivo, non dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 3, n. 2. Per queste continuerebbero ad essere applicabili le norme esistenti, ossia l’art. 8 della direttiva 2006/115 e l’art. 4 della direttiva 93/83 (30).

111. Ai sensi dell’art. 8, n. 3, della direttiva 2006/115, gli organismi di radiodiffusione hanno il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la ritrasmissione via etere delle loro emissioni, nonché la loro comunicazione al pubblico se questa comunicazione avviene in luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto d’ingresso. Nei casi oggetto dei procedimenti a quo non era richiesto però alcun diritto d’ingresso.

112. Non risulta l’esistenza di una normativa specifica relativa alla comunicazione non interattiva di film. Nella misura in cui la trasmissione di una partita di calcio dovesse essere considerata un film, rileverebbe tutt’al più la normativa nazionale concernente il diritto di comunicazione al pubblico.

113. Allo stato attuale del diritto dell’Unione non sussiste quindi alcun pieno diritto di tutela relativo alla comunicazione al pubblico di un’emissione senza diritto d’ingresso. L’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 conferisce piuttosto solo diritti relativi ad opere protette sul piano del diritto d’autore, comunicate tramite l’emissione. Nel caso in esame, ad esempio, si potrebbe pensare all’inno della Premier League, trasmesso con l’emissione, ma anche a diverse altre opere menzionate nella domanda di pronuncia pregiudiziale.

114. La protezione di tali opere, in base all’art. 12, n. 2, della direttiva 2001/29, ma anche all’art. 14 della direttiva 2006/115, non risulta peraltro compromessa dalla protezione dei diritti connessi al diritto d’autore prevista nelle rispettive direttive. Il giudice del rinvio dovrà tuttavia accertare se tali opere rientrino eventualmente nell’ambito di applicazione delle misure nazionali adottate ai fini della trasposizione dell’art. 5, n. 3, lett. i), della direttiva 2001/29, in base al quale gli Stati membri possono disporre eccezioni o limitazioni del diritto di comunicazione al pubblico in caso di inclusione occasionale di opere o materiali di altro tipo in altri materiali.

115. Conseguentemente, l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 è rilevante solo nel senso che, con le partite di calcio mostrate nei locali pubblici, vengono comunicate opere per le quali la normativa del Regno Unito non dispone alcuna deroga all’applicazione delle norme che hanno recepito l’art. 3, n. 1.

ii)    Sull’applicabilità dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29

116. Per quanto riguarda le opere rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29, occorre verificare se la trasmissione in un locale pubblico costituisca una «comunicazione al pubblico, su filo o senza filo».

117. Già la trasmissione via satellite costituisce, in linea di principio, una comunicazione al pubblico di opere protette. Si deve peraltro ritenere che i rispettivi titolari dei diritti abbiano prestato il loro consenso. È dubbio, peraltro, se la rappresentazione della trasmissione in un locale pubblico, invece che per un uso domestico o privato, costituisca un’ulteriore trasmissione al pubblico, che esiga un ulteriore – nel caso di specie mancante – consenso dei titolari del diritto.

118. La Corte, in casi che risultano analoghi, vale a dire nella trasmissione di emissioni televisive all’interno di un albergo (31) ha già riconosciuto la sussistenza di un’ulteriore comunicazione al pubblico. È plausibile, in linea di principio considerare i clienti di un locale pubblico analogamente ai clienti di un albergo come un numero indeterminato di telespettatori potenziali che costituisce un pubblico nuovo rispetto ai destinatari privati (32). La Corte ha sottolineato, inoltre, che la comunicazione al pubblico, nel caso degli alberghi, ha carattere lucrativo (33). Anche i gestori dei locali pubblici perseguono sicuramente tali scopi quando mostrano le trasmissioni di partite di calcio. Gli autori hanno quindi interesse a partecipare agli utili derivanti dall’utilizzo commerciale delle loro opere.

119. La prassi della commercializzazione delle schede di decodificazione segue tale logica in quanto gli organismi di diffusione radiotelevisiva esigono dai locali pubblici un corrispettivo più alto per l’utilizzo delle schede di decodificazione, mentre consentono ai clienti privati un esclusivo uso domestico o privato.

120. Nondimeno occorre accertare se possa ritenersi effettivamente sussistente una comunicazione al pubblico ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29. A favore di tale tesi depone un’interpretazione fondata sul diritto internazionale. Dal ventitreesimo ‘considerando’ emerge, però, alla luce dei lavori preparatori dell’art. 3, n. 1, che il legislatore dell’Unione non ha espressamente inteso creare alcun diritto degli autori in riferimento alla rappresentazione gratuita in pubblico di una trasmissione televisiva.

Sulla Convenzione di Berna

121. Elementi utili per la definizione della comunicazione al pubblico possono essere ricavati, in linea di massima, dall’art. 11 bis, n. 1, della Convenzione di Berna. Tale disposizione, sub i)‑iii), conferisce agli autori il diritto esclusivo di autorizzare tre diverse forme di comunicazione al pubblico delle loro opere:

i)      la radiodiffusione delle loro opere o la comunicazione al pubblico di esse mediante qualsiasi altro mezzo atto a diffondere senza filo segni, suoni od immagini;

ii)      ogni comunicazione al pubblico, con o senza filo, dell’opera radiodiffusa, quando tale comunicazione sia eseguita da un ente diverso da quello originario;

iii)      la comunicazione al pubblico, mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, dell’opera radiodiffusa.

122. In base alla guida dell’OMPI (34) – documento interpretativo elaborato dall’OMPI il quale, senza avere forza giuridica vincolante, contribuisce tuttavia all’interpretazione della detta convenzione – è applicabile l’art. 11 bis, n. 1, punto iii): la comunicazione al pubblico, mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, dell’opera radiodiffusa. Tale disposizione dovrebbe appunto comprendere la rappresentazione del programma radiotelevisivo in ambiti in cui le persone si incontrano: caffè, ristoranti, alberghi, centri commerciali, treni o aerei (35).

123. La comunicazione al pubblico consisterebbe, in quest’ottica, nel fatto che la trasmissione comprendente le opere protette venga mostrata sullo schermo al pubblico presente.

124. È pur vero che l’Unione non è parte della Convenzione di Berna, ma si è invero obbligata, unitamente agli Stati membri, tramite l’art. 9, n. 1, dell’Accordo TRIPs e l’art. 1, n. 4, del trattato dell’OMPI sul diritto d’autore, ad osservare gli artt. 1-21 della Convenzione di Berna ovvero di conformarsi alle dette disposizioni. Pertanto, la trasposizione nel diritto dell’Unione l’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna risponderebbe agli obblighi giuridici internazionali dell’Unione.

125. Inoltre, l’art. 14, n. 3, dell’Accordo TRIPs prevede espressamente per gli organismi di radiodiffusione il diritto di vietare la comunicazione al pubblico di loro emissioni televisive effettuata senza il loro consenso. Gli Stati che non prevedono per gli organismi di radiodiffusione diritti del genere, devono quantomeno assicurare ai titolari del diritto d’autore sull’oggetto delle emissioni radiofoniche la possibilità di impedire la comunicazione, fatta salva la Convenzione di Berna.

126. Alla luce delle suesposte considerazioni, nei casi in esame dovrebbe ritenersi l’esistenza di una comunicazione al pubblico.

Sulla volontà del legislatore dell’Unione

127. Sebbene la proposta di direttiva 2001/29 della Commissione mirasse a trasporre nel diritto dell’Unione anche l’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna, il Consiglio e il Parlamento si sono discostati su quest’aspetto. Essi non hanno inteso, piuttosto, creare diritti degli autori sulla rappresentazione gratuita in pubblico di opere costituenti parte di un’emissione televisiva.

128. Se è pur vero che l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 non è espressamente destinato a trasporre l’art. 11 bis della Convenzione di Berna, dalla relazione esplicativa alla proposta di direttiva della Commissione emerge peraltro che l’art. 8 del trattato dell’OMPI sul diritto d’autore, formulato in modo sostanzialmente identico all’art. 3 della direttiva, doveva essere trasposto (36). L’art. 8 non tratta espressamente la comunicazione al pubblico attraverso la rappresentazione in pubblico. Proprio perché il detto trattato esige il rispetto dell’art. 11 bis della Convenzione di Berna, sarebbe peraltro ragionevole intendere la nozione di comunicazione al pubblico di cui all’art. 8 del trattato dell’OMPI sul diritto d’autore e, quindi, di cui all’art 3 della direttiva 2001/29 nel medesimo senso di quella contemplata nell’art. 11 bis della Convenzione di Berna.

129. Dalla relazione esplicativa alla proposta della Commissione di direttiva risulta, pertanto, che l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 dovrebbe comprendere tutte le forme di comunicazione al pubblico (37). In tal senso sarebbero incluse le tre forme di comunicazione al pubblico di cui all’art. 11 bis della Convenzione di Berna.

130. La Commissione e la QC Leisure sostengono tuttavia che l’art. 3 della direttiva 2001/29 non costituirebbe attuazione dell’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna. A tal riguardo si richiamano, correttamente, alle discussioni sulla proposta della Commissione che hanno portato alla formulazione del ventitreesimo ‘considerando’.

131. Il Parlamento aveva già proposto in prima lettura che l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 non comprendesse «la rappresentazione o esecuzione dirette» (38). La Commissione modificava conformemente la propria proposta (39). Mentre il Consiglio non si adeguava alla proposta modificata della Commissione, alcuni Stati membri hanno previsto, invece, la limitazione contenuta nei periodi 2‑4 del ventitreesimo ‘considerando’ (40), al quale fa riferimento anche il giudice del rinvio.

132. Ai sensi del secondo periodo del ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29, il diritto d’autore applicabile alla comunicazione al pubblico deve essere inteso in senso lato in quanto concernente tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine. Il terzo periodo precisa che tale diritto deve applicarsi a qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione. Il quarto e ultimo periodo precisa che detto diritto non deve applicarsi ad altri atti.

133. In sintesi, da tali tre periodi emerge che l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 è inteso a trasporre solo l’art. 11 bis, n. 1, punti i) e ii), della Convenzione di Berna, vale a dire le disposizioni concernenti la radiodiffusione e la comunicazione eseguita da un ente diverso da quello originario. Nelle dette fattispecie vengono in considerazione luoghi diversi, nonché una trasmissione con o senza filo.

134. La comunicazione al pubblico, mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, dell’opera radiodiffusa di cui all’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna si verifica, invece, di regola nel luogo in cui la comunicazione ha origine. Resta pertanto esclusa la sussistenza di una trasmissione.

135. Tali effetti restrittivi del ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29 hanno altresì costituito oggetto delle discussioni del Consiglio e, conseguentemente, il legislatore ne era a conoscenza. La Presidenza del Consiglio riteneva che non fossero compresi atti diversi da quelli menzionati nel ‘considerando’, in particolare la messa a disposizione di computer connessi a internet negli Internet café ovvero nelle biblioteche (41). La delegazione italiana sollevava a tal proposito persino la questione se fosse opportuno escludere dall’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 l’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna (42).

136. La limitazione della portata dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 viene confermata dal fatto che diverse normative internazionali, europee e nazionali suscitano l’impressione che sia consentito mostrare nei locali pubblici il programma televisivo, in linea di principio, a prescindere da specifico consenso dei titolari dei diritti.

137. Sul piano del diritto dell’Unione occorre richiamare anzitutto l’art. 8, n. 3, della direttiva 2006/115 che prevede l’opposizione degli organismi di radiodiffusione solo nel caso in cui venga richiesto un diritto d’ingresso. Tale norma non è un caso isolato, ma corrisponde all’art. 13, lett. d), della Convenzione di Roma del 26 ottobre 1961, relativa alla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione. Sebbene l’Unione non sia parte della detta convenzione che prevede all’art. 24 la partecipazione dei soli Stati, gli Stati membri, ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. c), del protocollo n. 28 concernente la proprietà intellettuale dell’Accordo SEE (43), devono peraltro aderirvi (44).

138. Analogamente, l’art. 72 del Copyright, Designs and Patents Act consente, in linea di principio, nel Regno Unito di mostrare il programma televisivo qualora non venga richiesto un diritto d’ingresso. In Germania vige un’analoga norma sui diritti degli organismi di diffusione radiotelevisiva (45), mentre, per quanto riguarda gli autori, l’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna è stato attuato tramite l’art. 22 della legge sul diritto d’autore (46).

139. Il legislatore dell’Unione non ha finora inteso attuare l’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna, né l’art. 14, n. 3, dell’Accordo TRIPs come parte del diritto dell’Unione. Tale scelta va rispettata in quanto, in particolare, i diritti degli autori conferiti dall’art. 11 bis, n. 1, punto iii), non si rivolgono contro le autorità pubbliche, ma limitano in maniera cogente i diritti di altri soggetti nell’ambito di un rapporto di diritto privato.

140. Non costituisce oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale la questione se siano direttamente applicabili l’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna ovvero l’art. 14, n. 3, dell’Accordo TRIPs; del resto, le disposizioni dell’Accordo TRIPs non sono idonee a creare, in capo ai singoli, diritti che questi possano invocare direttamente dinanzi al giudice ai sensi del diritto dell’Unione (47) e neppure è stata finora presa in considerazione una diretta applicazione della Convenzione di Berna come parte del diritto dell’Unione (48).

141. Il caso degli alberghi viene però inteso da alcune parti del procedimento nel senso che la Corte, nonostante quanto affermato, considererebbe l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 come una trasposizione dell’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna. In particolare, la Corte si è basata sulle osservazioni relative al detto punto contenute nella guida dell’OMPI (49), rilevando che la direttiva 2001/29 sarebbe applicabile ad ogni comunicazione al pubblico di opere protette (50).

142. Il ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29 non ha tuttavia costituito oggetto delle controversie riguardanti gli alberghi. Tali decisioni riguardavano però, in primo luogo, una fattispecie diversa, vale a dire una comunicazione ai sensi dell’art. 11 bis, n. 1, punto ii), della Convenzione di Berna, vale a dire una comunicazione effettuata da un’emittente diversa da quella originaria (51). Una siffatta comunicazione si rivolge per sua natura ad un pubblico non presente nel luogo in cui essa ha origine. Di conseguenza, la Corte, nei detti casi, non si è pronunciata sulla questione se l’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna sia stato attuato tramite l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29.

143. L’art. 3, n. 1, in combinato disposto con il ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29, deve essere inteso nel senso che esso concerne solo la comunicazione di opere ad un pubblico non presente nel luogo in cui essa ha origine.

Sull’applicazione alla comunicazione delle trasmissioni nei locali pubblici

144. Nel caso in cui un gestore mostri ai suoi clienti il programma su un televisore posto nel locale pubblico, si deve ritenere, in linea di principio, che il pubblico di riferimento si trovi nel luogo in cui la comunicazione ha origine. È lo schermo televisivo l’origine della comunicazione.

145. Il giudice del rinvio chiede, sub b), punto iii), della sesta questione, se incida il fatto che il segnale televisivo venga ricevuto tramite un’antenna o una parabola sul tetto dei locali dove il televisore si trova o nelle loro adiacenze. La circostanza non è, in effetti, rilevante. In pratica, ogni forma di comunicazione comporta trasmissioni di questo tipo tra l’antenna, il decodificatore e lo schermo, nonché all’interno delle stesse apparecchiature. Sarebbe invero capzioso prendere in considerazione la lunghezza del cavo (52). Tali presupposti tecnici di qualsiasi comunicazione sono pertanto da riferire alla radiodiffusione originaria.

146. La situazione sarebbe probabilmente diversa se il segnale venisse trasmesso non solo su un apparecchio di ricezione, ma – come nei casi degli alberghi – venisse distribuito su diversi ulteriori ricevitori. L’apparecchio di distribuzione potrebbe allora essere considerato come l’origine della detta comunicazione e la ricezione si verificherebbe in un luogo diverso. Ciò costituirebbe – analogamente a quanto avvenuto nel caso degli alberghi – un’ulteriore trasmissione su filo o senza filo che il legislatore non ha inteso escludere dall’ambito di applicazione dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29.

147. La sesta questione nella causa C‑403/08 va dunque risolta nel senso che un’opera tutelata dal diritto d’autore viene comunicata al pubblico su filo o senza filo ai sensi dell’art. 3 della direttiva 2001/29, qualora una trasmissione satellitare venga ricevuta in locali commerciali (ad esempio un bar) e rappresentata o proiettata in quei locali mediante un singolo schermo televisivo e altoparlanti al pubblico ivi presente.

C –    Sulla direttiva 93/83

148. La settima questione della causa C‑403/08 consiste, nella sua prima parte, nello stabilire se sia compatibile con la direttiva 93/83 il fatto che il diritto d’autore nazionale preveda che, qualora copie transitorie di opere inserite in una trasmissione via satellite vengano create all’interno di un decodificatore satellitare o su uno schermo televisivo, sussista una violazione del diritto d’autore in base alla normativa del paese di ricezione della trasmissione. Il giudice chiede altresì se rilevi il fatto che la trasmissione venga decodificata mediante una scheda di decodificazione satellitare rilasciata dal prestatore di un servizio di trasmissione via satellite in un altro Stato membro, subordinatamente alla condizione che la scheda di decodificazione satellitare venga autorizzata solo perché sia usata in tale altro Stato membro.

149. L’art. 2 della direttiva 93/83 impone agli Stati membri di prevedere il diritto esclusivo dell’autore di autorizzare la comunicazione al pubblico via satellite di opere protette dal diritto d’autore.

150. Ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 93/83, la comunicazione al pubblico via satellite ha luogo unicamente nello Stato membro in cui, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi sono inseriti in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra.

151. Lo Stato interessato sarebbe, nella specie, la Grecia. I segnali sono stati trasmessi da questo Paese al satellite e ivi nuovamente inviati. Per quanto attiene all’utilizzazione di schede di decodificazione arabe, la direttiva 93/83 resta, invece, irrilevante.

152. Tali disposizioni sembrano non riguardare affatto la ricezione transfrontaliera di trasmissioni via satellite, in particolare la ricezione del segnale greco da parte dei locali pubblici situati nel Regno Unito. Dal quattordicesimo ‘considerando’ della direttiva 93/83 emerge, peraltro, che tale norma mira ad evitare che a un solo atto di radiodiffusione vengano cumulativamente applicate più leggi nazionali.

153. Come indicato dal settimo ‘considerando’ della direttiva 93/83, prima dell’adozione della direttiva sussistevano incertezze sul piano giuridico in relazione alla necessità di stabilire se, per la diffusione di programmi via satellite i cui segnali possono essere ricevuti direttamente, i diritti debbano essere acquisiti esclusivamente nel paese di emissione ovvero se debbano essere acquisiti in tutti i paesi in cui ha luogo la ricezione. Un acquisto cumulativo comporterebbe non solo la simultanea applicazione di diversi ordinamenti giuridici. I diritti sulla diffusione potrebbero inoltre spettare a diversi titolari nei diversi Stati membri. Un acquisto cumulativo potrebbe pertanto rendere significativamente più difficile o persino impossibile la diffusione di programmi via satellite.

154. La direttiva 93/83 mira, pertanto, a garantire, ai sensi del quindicesimo ‘considerando’, che i diritti sulle emissioni di radiodiffusione devono essere assegnati nel rispetto del diritto di un solo Stato membro, vale a dire dello Stato in cui ha luogo l’emissione conformemente all’art. 1, n. 2, lett. b). Tale principio del paese d’origine (diciottesimo ‘considerando’) implica che il diritto di emissione di radiodiffusione per tale Stato includa il diritto di diffusione anche in altri Stati membri.

155. Per contro, la tesi della FAPL, secondo cui la direttiva 93/83 non consentirebbe di violare altri diritti sulle opere trasmesse, è, in linea di principio, corretta. Ai sensi dell’art. 5, la protezione dei diritti connessi al diritto d’autore a norma della direttiva lascia del tutto impregiudicata la tutela del diritto d’autore (53).

156. La direttiva 93/83 non mette esplicitamente in questione, nello specifico, il diritto alla riproduzione dell’emissione. Il giudice del rinvio e diverse parti del procedimento sostengono, di conseguenza, che il diritto di radiodiffusione nulla prevede sul diritto di creare copie transitorie dell’emissione all’atto della sua ricezione e della sua comunicazione (54).

157. La direttiva 93/83 si applica però espressamente, in forza dell’art. 1, n. 2, lett. a), solo ai segnali destinati ad essere ricevuti dal pubblico. Il consenso alla trasmissione dell’emissione deve quindi includere anche il diritto agli atti di riproduzione necessari per la sua ricezione.

158. La FAPL si richiama d’altra parte al sedicesimo ‘considerando’ della direttiva 93/83, secondo cui il principio dell’autonomia contrattuale, sul quale si fonda la direttiva, consente di limitare lo sfruttamento dei diritti, con particolare riferimento a determinati metodi tecnici di trasmissione o a determinate versioni linguistiche.

159. Il menzionato ‘considerando’ riguarda, tuttavia, le limitazioni imposte in via contrattuale che, per loro natura, producano solo effetti inter partes. Pertanto vengono ivi menzionate, indicativamente, solo misure che le parti contrattuali possono adottare, vale a dire specifiche tecniche dell’emissione di radio diffusione, come ad esempio la codifica e la versione linguistica dell’emissione. Dal detto ‘considerando’ non possono essere quindi derivati diritti che possano essere fatti valere nei confronti di destinatari di emissioni non vincolati in via contrattuale.

160. Il diciassettesimo ‘considerando’ della direttiva 93/83 corrobora tale interpretazione. In base ad esso, all’atto dell’acquisto dei diritti le parti devono tener conto, ai fini della determinazione del compenso, di tutti gli aspetti dell’emissione di radiodiffusione, quali il numero effettivo e il numero potenziale dei telespettatori e la versione linguistica dell’emissione. Il legislatore ha pertanto ritenuto che nella diffusione di un’emissione via satellite sia inclusa anche la sua ricezione e che il compenso debba tener conto di tale sfruttamento, coprendo evidentemente anche la ricezione al di fuori dello Stato di emissione, ove tale ricezione sia prevista, in particolare, in considerazione della versione linguistica dell’emissione.

161. È pertanto incluso nel diritto sulla comunicazione via satellite di opere protette dal diritto d’autore ai sensi dell’art. 2 della direttiva 93/83 il diritto del destinatario di ricevere e seguire tali emissioni di radiodiffusione.

162. È dubbio se le osservazioni fin qui svolte si estendano anche alle emissioni codificate via satellite. Dato che la codifica consente un accesso condizionato, si potrebbe immaginare che il diritto di radiodiffusione sia limitato al territorio di ricezione concordato tra il titolare dei diritti e l’organismo di radiodiffusione. L’art. 1, n. 2, lett. c), della direttiva 93/83 dispone, tuttavia, che vi è comunicazione al pubblico via satellite a condizione che i mezzi per la decriptazione della trasmissione siano messi a disposizione del pubblico a cura dell’organismo di radiodiffusione stesso o di terzi con il suo consenso. Se ricorrono le condizioni, come nel caso di specie, l’emissione codificata via satellite equivale ad un’emissione non codificata. La codifica non incide, pertanto, sulla portata del diritto di radiodiffusione che legittima la ricezione.

163. Il diritto di radiodiffusione non è limitato neanche dalle condizioni applicabili all’emissione di schede di decodificazione. Tali condizioni possono tutt’al più produrre effetti vincolanti sul piano contrattuale, ma non impongono obblighi a carico di terzi.

164. Per quanto riguarda la direttiva 93/83, suggerisco, per i detti motivi, di risolvere la settima questione nella causa C‑403/08 nel senso che il diritto sulla comunicazione via satellite di opere protette dal diritto d’autore, ai sensi dell’art. 2 della direttiva 93/83, comprende il diritto di ricevere e seguire tale emissione anche all’estero.

D –    Sulle libertà fondamentali

165. L’importanza delle libertà fondamentali con riguardo all’utilizzazione delle schede di decodificazione greche viene affrontata, in particolare, nelle questioni sesta e settima della causa C‑429/08, ma anche nelle questioni settima e ottava, lett. b) e c), della causa C‑403/08. La High Court chiede se gli artt. 28 CE, 30 CE e/o 49 CE ostino all’applicazione di una disposizione nazionale che sanzioni ovvero consideri violazione del diritto d’autore la ricezione di un programma facente parte di un servizio di trasmissione fornito da un luogo nel Regno Unito con l’intento di evitare il pagamento di qualsiasi diritto applicabile alla ricezione del programma. A tal riguardo, ad avviso del detto giudice, nella causa C‑429/08 si configurano tre fattispecie che possono sussistere alternativamente ovvero cumulativamente:

i)      il dispositivo per l’accesso condizionato è stato elaborato da un prestatore di servizi, o con il suo consenso, sia stato originariamente fornito subordinatamente ad autorizzazione contrattuale limitata di utilizzo del dispositivo per accedere ad un servizio protetto solo in un primo Stato membro. Tuttavia esso è stato utilizzato per accedere a tale servizio protetto ricevuto in un secondo Stato membro, in questo caso il Regno Unito [in tal senso anche l’ottava questione, lett. b), della causa C‑403/08];

ii)      il dispositivo per l’accesso condizionato è stato elaborato da un prestatore di servizi, o con il suo consenso, ed è stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo falso nome e indirizzo di residenza nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le restrizioni territoriali contrattuali imposte all’esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro;

iii)      il dispositivo per l’accesso condizionato è stato elaborato da un prestatore di servizi, o con il suo consenso, ed è stato originariamente fornito subordinatamente alla condizione contrattuale di un esclusivo uso domestico o privato e non per un uso commerciale (per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato). Esso è stato tuttavia utilizzato nel Regno Unito per scopi commerciali, e precisamente per trasmettere partite di calcio in diretta in un locale pubblico [in tal senso anche l’ottava questione, lett. c), della causa C‑403/08].

166. Mi soffermerò anzitutto sulla prima ipotesi e di seguito discuterò se le altre due ipotesi conducano ad una diversa conclusione.

a)      Sulla libertà fondamentale applicabile

167. Dato che le schede di decodificazione sono importate dalla Grecia nel Regno Unito, potrebbe essere applicabile la libera circolazione delle merci sancita dall’art. 34 TFUE (ex art. 28 CE) (55). In concreto, tali carte costituiscono però un mezzo, in un certo qual modo la chiave, per accedere nel Regno Unito ad un programma televisivo trasmesso dalla Grecia. La messa a disposizione di tale programma costituisce una prestazione di servizi ai sensi dell’art. 56 TFUE (ex art. 49 CE) (56).

168. Qualora un provvedimento nazionale costituisca una restrizione sia alla libera prestazione dei servizi sia alla libera circolazione delle merci, la Corte, in realtà, procede al suo esame, in linea di principio, solamente con riguardo ad una delle due dette libertà fondamentali qualora risulti che, alla luce delle circostanze della specie, una delle due sia del tutto secondaria rispetto all’altra e possa essere a questa ricollegata (57).

169. Per quanto riguarda la vendita di decodificatori per le trasmissioni codificate via satellite, la Corte, in effetti – come giustamente messo in luce dalla Commissione –, ha già avuto modo di affermare che non si può accertare in termini generali se prevalga l’aspetto della libera circolazione delle merci o quello della libera prestazione dei servizi (58). Il caso in questione riguardava però restrizioni specificamente concernenti il commercio di apparecchiature di decodificazione che dunque, nel contempo, rendevano indirettamente più gravoso l’accesso al servizio di trasmissione televisiva via satellite.

170. Nel caso in esame, invece, non è controverso in primo luogo il commercio delle schede, ma piuttosto il loro utilizzo finalizzato ad ottenere l’accesso nel Regno Unito a programmi soggetti a codifica. Del resto, se solo si confronta il valore materiale delle schede con i prezzi pagati per l’accesso al programma, la scheda risulta avere un rilievo del tutto secondario. Occorre pertanto valutare le domande di pronuncia pregiudiziale alla luce della libera prestazione dei servizi.

b)      Sulla restrizione alla libera prestazione dei servizi

171. La libertà di prestazione dei servizi impone l’eliminazione di qualsiasi restrizione alla libera prestazione dei servizi, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi. Inoltre, la libertà di prestazione dei servizi è a favore tanto del fornitore quanto del destinatario degli stessi (59).

172. Nel caso di specie non si pone la questione se i fornitori di programmi televisivi siano obbligati ad assicurare agli interessati di altri Stati membri l’accesso a condizioni analoghe a quelle dei residenti. Un siffatto obbligo presupporrebbe un effetto verso terzi della libera prestazione dei servizi che la Corte – almeno in tale forma (60) – non ha ancora affermato.

173. Non si tratta neppure di stabilire se i fornitori di programmi televisivi possano limitare in via contrattuale a determinati territori l’accesso ai loro programmi (61). Clausole contrattuali di questo tipo possono produrre effetti solo inter partes. Nel caso di specie, non sussiste alcun rapporto contrattuale tra i titolari dei diritti e i fornitori delle schede di decodificazione nel Regno Unito ovvero i gestori dei locali.

174. È anzi controverso se la libertà di prestazione dei servizi consenta di riconoscere ed affermare diritti sulle trasmissioni via satellite in forza dei quali i rispettivi titolari possano impedire per contratto a terzi con cui non abbiano rapporti di vedere e mostrare tali programmi in Stati membri diversi da quelli previsti. Per effetto di diritti del genere verrebbe proibita la prestazione di servizi da parte di altri Stati membri, segnatamente l’accesso alle emissioni televisive.

175. Tale pregiudizio alla libertà di prestazione dei servizi è particolarmente intenso, dato che i diritti in questione non solo ne rendono più gravosa l’attuazione, ma producono una compartimentazione del mercato interno in mercati nazionali separati l’uno dall’altro. Analoghi problemi sussistono con riguardo all’accesso ad altre prestazioni, quali la vendita via internet di programmi per computer, opere musicali, libri elettronici o film.

176. Sussiste dunque un grave pregiudizio della libertà di prestazione dei servizi.

c)      Sulla giustificazione della restrizione

177. Essendo la libera prestazione dei servizi un principio fondamentale dell’Unione, una restrizione a tale libertà può essere ammessa soltanto se essa persegue un obiettivo legittimo compatibile con il Trattato ed è giustificata da ragioni imperative di interesse generale. In tal caso, la restrizione deve essere inoltre idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non può andare al di là di ciò che è necessario per raggiungerlo (62).

178. L’art. 52, n. 1, TFUE (ex art. 46, n. 1, CE), che, ai sensi dell’art. 62 TFUE (ex art. 55 CE), si applica alla libera prestazione dei servizi, ammette restrizioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica. Inoltre, la giurisprudenza della Corte ha individuato un certo numero di motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare restrizioni alla libera prestazione dei servizi (63).

Sulla tutela della proprietà industriale e commerciale

179. Nel caso di specie viene in considerazione anzitutto la tutela della proprietà industriale e commerciale (64). Essa giustifica le restrizioni necessarie a garantire l’oggetto specifico del diritto in questione (65). Va dunque esaminato se sussistano diritti sulle trasmissioni via satellite di partite di calcio il cui specifico oggetto esiga una ripartizione del mercato interno.

180. Nel settore della circolazione delle merci ha un’importanza primaria lo sfruttamento di diritti attraverso la vendita di copie dell’opera. Tale sfruttamento si basa sul diritto esclusivo di riprodurre l’opera e di mettere in circolazione le copie. Detto diritto esclusivo si esaurisce nel momento in cui un prodotto sul mercato di uno Stato membro sia stato immesso legittimamente in circolazione dallo stesso titolare del diritto o con il suo consenso (66). A prescindere da particolari ipotesi, come il diritto di seguito dell’autore di un’opera d’arte originale (67), non esistono diritti che ostino alla rivendita di siffatte merci nel mercato interno (68). Il titolare del diritto invero ha già realizzato, tramite la vendita, il valore economico della proprietà intellettuale in questione (69).

181. I diritti d’autore sui dischi immessi legittimamente in circolazione in uno Stato membro, pertanto, non ostano alla loro vendita in un altro Stato membro (70). La QC Leisure e la sig.ra Murphy invocano tale giurisprudenza per giustificare le loro pratiche commerciali.

182. La FAPL sostiene, invece, che nel settore della libera prestazione dei servizi non ci sia alcun esaurimento paragonabile alla libera circolazione delle merci.

183. Ciò sorprende in quanto, in via di principio, le restrizioni alle libertà fondamentali devono essere giustificate sulla base dei medesimi principi.

184. Come si è detto, talune prestazioni di servizi si differenziano dalle merci per il fatto che non possono essere ulteriormente utilizzate come tali, si pensi ad esempio ai servizi dei parrucchieri. Il valore economico viene realizzato tramite il compenso per la prestazione, ma il servizio, di per sé, non può essere ulteriormente ceduto. In tal senso, non è possibile un «esaurimento» del diritto sulla prestazione di servizi.

185. Altre prestazioni di servizi non si differenziano invece in maniera netta dalle merci. I programmi per computer, le opere musicali, i libri elettronici, i film ecc., che si scaricano da internet, possono essere trasferiti in forma elettronica senza problemi. Ciò si evince anche dalla circostanza che, per impedirne il trasferimento, sono necessarie ulteriori misure di gestione dei diritti digitali. Nei detti settori una separazione così severa di entrambe le libertà fondamentali risulterebbe arbitraria.

186. Gli esempi citati – musica, film o libri – mostrano, inoltre, che la questione in esame assume un’importanza significativa per il funzionamento del mercato interno che va al di là delle fattispecie di cui alle cause principali. Una compartimentazione dei mercati fondata sui diritti di proprietà intellettuale comporta, nella migliore delle ipotesi, che l’accesso ai beni in questione venga consentito a condizioni diverse, in particolare con riguardo ai prezzi o alla gestione dei diritti digitali. Spesso, però, può avvenire che l’accesso a tali beni su taluni mercati venga del tutto precluso, sia perché vengono offerte determinate versioni linguistiche solo a clienti di determinati Stati membri, sia perché i clienti di certi Stati membri non possono acquistare affatto il prodotto. Così, ad esempio, i commercianti del Regno Unito hanno annunciato, nell’autunno 2010, di non poter più vendere libri elettronici a clienti al di fuori del detto Stato membro (71). Per molti libri in lingua inglese non sussiste un’offerta comparabile in altri Stati membri.

187. Nel contempo, a fronte di offerte basate su un accesso condizionato, come nel caso delle cause principali, o effettuate solo via internet, una compartimentazione del mercato può essere realizzata in maniera considerevolmente più efficace rispetto ai beni materiali, come ad esempio i libri o i CD. Infatti, questi ultimi possono essere commercializzati in ragione dell’esaurimento nel mercato interno. Siffatte barriere incentivano i consumatori a procurarsi illegalmente i relativi beni, segnatamente senza alcun compenso per i titolari dei diritti.

188. Va pertanto esaminato accuratamente se il principio dell’esaurimento si applichi ugualmente nel caso di specie, vale a dire se l’oggetto specifico dei diritti in questione richieda una ripartizione del mercato interno.

189. La FAPL si richiama, per ciascuna trasmissione, ai suoi diritti su circa venticinque opere, tra cui video, opere artistiche, registrazioni e musica. La tutela di tali opere deriva, in parte, dal diritto dell’Unione, in parte dal diritto nazionale.

190. Sebbene i diritti su singole prestazioni, coesistenti nell’emissione, siano controversi nel procedimento in esame, può soprassedersi all’approfondimento di tale questione. Ai fini della presente analisi si può parlare, in sintesi, di diritti sull’emissione. Da una parte, esistono incontestabilmente quantomeno taluni diritti sull’emissione, dall’altra si deve ritenere che l’emissione venga diffusa con il consenso di tutti i titolari interessati. L’oggetto specifico di tali diritti aggregati risulta – a ogni modo per quanto rileva nella specie – dal loro sfruttamento economico (72).

191. La trasmissione delle partite di calcio viene sfruttata commercialmente attraverso il canone relativo alle schede di decodificazione. Tale sfruttamento non viene eluso tramite l’utilizzazione delle carte greche, poiché, per tali carte, sono stati pur sempre corrisposti canoni.

192. È pur vero che tali canoni non sono di importo così elevato come quelli richiesti nel Regno Unito, ma non esiste alcun diritto specifico di poter praticare in ciascuno Stato membro prezzi diversi per la stessa prestazione. Risponde, piuttosto, alla logica del mercato interno che le differenze di prezzi tra Stati membri diversi vengano compensate tramite il commercio (73). La possibilità di commercializzare i diritti di radiodiffusione sulla base di un’esclusiva territoriale richiesta dalla FAPL è intesa a conseguire utili dall’eliminazione del mercato interno. In tal senso, il caso in esame ricade, contrariamente a quanto affermato dalla FAPL, nella giurisprudenza sull’esaurimento dei diritti sulle merci.

193. La FAPL sostiene peraltro che, alla luce del caso Coditel I (74), i diritti da essa vantati siano compatibili con la libera prestazione dei servizi. Tale causa verteva sulla diffusione della televisione tedesca attraverso la rete via cavo belga. In tale contesto, in particolare, veniva trasmesso un film diffuso in Germania con il consenso dei titolari dei relativi diritti. Vi si opponeva, peraltro, un’impresa che aveva acquisito i diritti di trasmissione del detto film in Belgio sia nei cinema sia in televisione.

194. La Corte ha sottolineato in tale occasione che la possibilità spettante al titolare del diritto d’autore di richiedere un compenso per ogni rappresentazione di una pellicola cinematografica ricade nel contenuto sostanziale del diritto d’autore (75). Compartimentare territorialmente l’ambito del detto sfruttamento – magari facendolo persino coincidere con i confini nazionali – non potrebbe essere, in linea di principio, contestato (76).

195. Ciò non può però inficiare le considerazioni finora esposte con riguardo al caso in esame. L’emissione è stata infatti trasmessa come concordato tra il titolare dei diritti e l’organismo di radiodiffusione greco. D’altra parte, l’emissione è stata remunerata per ogni sua trasmissione, quand’anche in base ai canoni greci.

196. La causa Coditel I non concerneva, peraltro, direttamente la proiezione al cinema non autorizzata e non remunerata, quanto piuttosto la ritrasmissione di una legittima trasmissione in televisione. A tal riguardo, la Corte ha ritenuto che la trasmissione televisiva possa pregiudicare lo sfruttamento dei diritti sulla proiezione nei cinema ed è pertanto ovvio che una trasmissione televisiva possa essere consentita soltanto dopo un certo lasso di tempo. In una prospettiva degli anni ‘70 la Corte ha aggiunto che le trasmissioni televisive sarebbero già possibili, in pratica, solo nell’ambito di monopoli nazionali (77). Sulla base delle specifiche condizioni del mercato televisivo e cinematografico di allora, la Corte è pervenuta alla conclusione che fosse giustificato ripartire territorialmente i diritti televisivi.

197. Tale controversia non può essere paragonata a quella in questione. La compartimentazione del mercato interno relativamente alle trasmissioni in diretta delle partite di calcio non mira affatto a proteggere una diversa forma di sfruttamento della partita trasmessa. Piuttosto, si tratta proprio di ottimizzare lo sfruttamento della medesima prestazione nei diversi mercati.

198. Si deve altresì considerare lo sviluppo compiuto medio tempore del diritto dell’Unione: il diritto sulla trasmissione via satellite in uno Stato membro include, ai sensi della direttiva 93/83, l’emissione in altri Stati membri oltre a quello di origine e deve essere inoltre adeguatamente remunerato. Giacché l’accesso all’emissione, nel caso di specie, presuppone anche l’acquisto di una scheda di decodificazione, ogni singolo destinatario paga un compenso.

199. Quale ulteriore elemento – implicito – la sentenza Coditel I ha riguardato, infine, l’utilizzo nella rete cablata belga della pellicola cinematografica già diffusa nella televisione tedesca, senza che fosse stato corrisposto alcun compenso. Ciò potrebbe essere oggi qualificato come (ulteriore) comunicazione al pubblico ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 (78) nonché dell’art. 8, n. 3, della direttiva 2006/115, alla quale il titolare dei diritti può opporsi. Sarebbe pertinente la comunicazione effettuata da un altro organismo di radiodiffusione (79). Nell’ipotesi di una semplice comunicazione non è tuttavia necessaria una limitazione della libera prestazione dei servizi per tutelare l’oggetto specifico del diritto alla detta comunicazione al pubblico.

200. In sintesi va tenuto fermo che non è necessaria una compartimentazione del mercato interno della ricezione di trasmissioni via satellite allo scopo di tutelare l’oggetto specifico dei diritti sulle trasmissioni in diretta delle partite di calcio.

201. Contro tale soluzione si potrebbe infine ancora eccepire che essa potrebbe rendere più gravoso l’accesso alla trasmissione delle partite di calcio. Qualora la FAPL non sia in condizione di impedire l’uso di schede di decodificazione meno costose provenienti da altri Stati membri, non è da escludere che essa possa offrire in futuro i diritti di trasmissione solo sul mercato più redditizio dell’Unione europea, cioè nel Regno Unito, ovvero collegare l’offerta sugli altri mercati alla condizione di fissare prezzi analoghi a quelli praticati nel Regno Unito. Sarebbe insomma più difficile, in Stati membri come la Grecia, accedere alle trasmissioni.

202. Ciò costituirebbe, tuttavia, una scelta economica che spetta al titolare dei diritti. Essa dipenderà in ultima analisi da come il titolare riuscirà a far fruttare nel complesso al meglio i suoi diritti. A tal riguardo, potrebbe, in particolare, risultare determinante la possibilità di sviluppo di modelli alternativi di distribuzione, come chiede la Commissione, ovvero una compartimentazione pratica del mercato sufficientemente efficace determinata da un’offerta selettiva del commento della partita solo in determinate versioni linguistiche, che consenta di servire i diversi mercati nazionali a prezzi diversi.

Sui periodi di interdizione

203. Quale ulteriore causa di giustificazione, che non costituisce tuttavia oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale, la FAPL invoca il fatto che le federazioni calcistiche possono fissare una fascia protetta di due ore e mezza, durante la quale non deve essere trasmessa alcuna partita. Si tratta della fascia oraria centrale in cui viene disputata la maggior parte delle partite delle maggiori serie. La fascia protetta è differente da Paese a Paese, in quanto dipende dalle diverse consuetudini di fissazione delle date di svolgimento delle partite. La ripartizione territoriale dei diritti di trasmissione può garantire alle società e alle emittenti televisive che nessuna trasmissione violi la fascia protetta fissata a livello nazionale.

204. La FAPL osserva, in maniera persuasiva, che l’importazione di schede di decodificazione rende più difficile l’applicazione di tale periodo di interdizione quando addirittura non la renda impossibile. Nel paese di origine della scheda possono, infatti, essere protette fasce orarie diverse da quelle vigenti nel luogo in cui la scheda viene utilizzata o può persino non essere prevista una siffatta protezione. Nel contempo, la concorrenza tra i locali pubblici risulterebbe compromessa. Gli utilizzatori di schede di decodificazione nazionali non possono mostrare alcuna partita durante i periodi di interdizione, quelli di schede importate invece sì. L’eliminazione di una siffatta distorsione della concorrenza costituisce parimenti un legittimo interesse.

205. Tuttavia, i periodi di interdizione in tanto possono giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi in quanto siano idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito senza esorbitare da quanto è necessario per il raggiungimento dello stesso (80). Inoltre, i provvedimenti di attuazione di tale politica non possono in nessun caso essere sproporzionati rispetto a tale obiettivo (81).

206. Il periodo di interdizione è diretto ad impedire che gli spettatori siano dissuasi dall’andare ad assistere alle partite di calcio locali e/o dal partecipare a partite a livello dilettantistico e giovanile, a causa delle concomitanti trasmissioni di incontri di calcio (82). La pratica dello sport del calcio e il suo carattere di spettacolo dal vivo non devono essere compromessi dalle trasmissioni televisive.

207. Contrariamente a quanto sostenuto da QC Leisure, non si tratta di un interesse individuale di tipo commerciale, ma di un interesse primariamente sportivo che deve essere riconosciuto, in via di principio, nel diritto dell’Unione. Ciò si evince già dalle competenze di promozione dell’Unione nel settore della politica dello sport introdotte con il Trattato di Lisbona [artt. 6, lett. e), e 165 TFUE]. Esse obbligano, in particolare, a tener conto delle specificità dello sport e delle sue strutture fondate sull’impegno volontario (83). Dal punto di vista economico sarebbe sicuramente più attraente consentire la trasmissione in diretta (84).

208. Il legittimo ricorso a tale obiettivo come giustificazione della compartimentazione del mercato interno risulta però messo in discussione, nel caso in esame, dai concomitanti interessi economici alla compartimentazione del mercato. È pur vero che le federazioni calcistiche sono chiamate a valutare la necessità dei periodi di interdizione e dovrebbero disporre al riguardo, in linea di principio, di un ampio potere discrezionale. Non può tuttavia essere escluso a priori che la scelta della federazione calcistica inglese relativa alla determinazione di un periodo di interdizione si basi quantomeno anche sull’esigenza di garantire l’interesse economico dei più importanti membri dell’associazione alla compartimentazione del mercato interno in riferimento alle trasmissioni in diretta delle partite di calcio. Occorre quindi applicare parametri particolarmente severi alla valutazione della necessità di periodi di interdizione.

209. Già la stessa idoneità dei periodi di interdizione ad incentivare l’affluenza del pubblico agli incontri e la partecipazione a partite di calcio risulta dubbia. Entrambe le attività hanno una natura completamente diversa dal seguire in televisione una trasmissione in diretta. Non è stato sufficientemente dimostrato dinanzi alla Corte che i periodi di interdizione promuovano effettivamente l’affluenza del pubblico negli stadi e la partecipazione alle partite. Esistono piuttosto elementi che contraddicono tale affermazione: la Commissione ha accertato, nel corso di un’indagine sui periodi di interdizione, riferita al diritto della concorrenza, che solo dieci federazioni su ventidue hanno fissato un periodo di interdizione. In Francia, Germania, Italia e Spagna, ma anche nell’Irlanda del Nord, vale a dire nell’orbita di influenza del calcio inglese, non era stato determinato alcun periodo di interdizione (85). In Germania vengono attualmente trasmesse in diretta tutte le partite della Bundesliga senza che l’affluenza del pubblico agli incontri delle due maggiori federazioni ne abbia risentito (86).

210. Ciò non esime dalla dimostrazione nel procedimento dinanzi alla High Court, che nel calcio inglese si applichino condizioni diverse che impongano la protezione tramite il ricorso ai periodi di interdizione. Tali prove dovrebbero però evidenziare che le trasmissioni in diretta incidano in senso considerevolmente negativo sull’assistere agli incontri dal vivo e/o sulla partecipazione a partite di calcio, affinché l’applicazione di periodi di interdizione possa prevalere sul pregiudizio arrecato al mercato interno.

Conclusione provvisoria

211. Pertanto, né lo specifico oggetto dei diritti sulla trasmissione delle partite di calcio né – in base alle informazioni a disposizione della Corte – i periodi di interdizione di trasmissioni in diretta giustificano una compartimentazione del mercato interno.

d)      Sulla giustificazione in caso di false dichiarazioni all’atto dell’acquisto delle schede di decodificazione

212. La domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑429/08 solleva inoltre la questione se la conclusione sin qui raggiunta possa cambiare qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo falso nome e indirizzo di residenza nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le limitazioni territoriali contrattuali imposte all’esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro.

213. Tali circostanze non sono divenute evidentemente oggetto del procedimento alla base della causa C‑403/08 (87). La sig.ra Murphy espone di non averne avuto alcuna conoscenza.

214. Come correttamente rilevato dalla sig.ra Murphy, tali circostanze non possono incidere sull’applicazione delle libertà fondamentali con riguardo all’acquirente finale di schede di decodificazione. Gli accordi tra i singoli e le relative circostanze non possono limitare l’esercizio delle libertà fondamentali da parte di terzi – poiché si tratterebbe altrimenti di contratti che impongono obblighi a carico di terzi. Questi ultimi, inoltre, non possono, di norma, essere a conoscenza di come siano state acquisite le schede, e non avrebbero alcuna possibilità di valutare la possibilità di invocare le libertà fondamentali nel caso in cui tali accordi fossero rilevanti.

215. È dunque irrilevante la circostanza se le schede di decodificazione siano state ottenute e/o attivate fornendo falso nome e indirizzo di residenza.

e)      Effetti della restrizione sull’uso privato o domestico

216. Infine, si chiede sia nella causa C‑429/08 [sesta questione, punto iii)], sia nella causa C‑403/08 [ottava questione, lett. c)] di accertare la rilevanza di una limitazione contrattuale di un uso esclusivamente domestico o privato delle schede di decodificazione nello Stato di origine e non per un uso commerciale, per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato.

217. Tale pratica può parimenti produrre effetti, come tale, solo inter partes.

218. Come rilevato in precedenza, neanche l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 impone in tal senso la costituzione di diritti opponibili ai terzi (88).

219. Il giudice del rinvio nella causa C‑403/08 ritiene però possibile che, in base al diritto nazionale, possano esistere analoghi diritti, in particolare con riguardo all’inno della Premier League suonato nell’ambito delle emissioni. Le disposizioni di diritto d’autore dell’Unione, in particolare la direttiva 2001/29, non osterebbero ad una siffatta disciplina in quanto essa si limiterebbe a stabilire un quadro normativo. Come sottolineato in particolare dal settimo ‘considerando’ della direttiva citata, non è necessario eliminare o prevenire le differenze tra le norme nazionali che non incidono negativamente sul funzionamento del mercato interno.

220. Pertanto, occorre verificare se la libera prestazione dei servizi osti ai corrispondenti diritti nazionali

221. Se le schede possono essere usate in Grecia esclusivamente per fini domestici o privati, impedirne l’utilizzo nei locali pubblici britannici non sarebbe discriminatorio. Si tratterebbe tuttavia di una restrizione alla libera prestazione dei servizi in quanto i locali pubblici non potrebbero ricorrere a tale servizio.

222. Tale restrizione risulterebbe giustificata se nel mercato interno venisse riconosciuto il diritto di limitare il consenso relativo alla ricezione di trasmissioni televisive alla sola ricezione domestica o privata. In linea di principio, gli autori sono interessati a partecipare agli utili ottenuti sulla base di un utilizzo redditizio delle loro opere. Se è pur vero che l’Unione non tutela tale interesse, essa lo ha però riconosciuto sul piano del diritto internazionale (89). Qualora il legislatore nazionale riconosca, per quanto riguarda un siffatto utilizzo, un diritto degli autori avente un oggetto specifico corrispondente, tale diritto potrebbe giustificare una limitazione della libera prestazione dei servizi.

223. Sebbene una restrizione contrattuale dell’uso di schede di decodificazione nello Stato di origine ad esclusivi fini domestici o privati non possa giustificare una restrizione territoriale della libera prestazione dei servizi, lo Stato membro interessato può tuttavia consentire agli autori, in linea di principio, di opporsi alla comunicazione delle loro opere nei locali pubblici.

f)      Sulla nona questione nella causa C‑403/08

224. Dalle considerazioni suesposte deriva la soluzione alla nona questione nella causa C‑403/08.

225. La High Court chiede, anzitutto, se la libera prestazione dei servizi osti all’applicazione di una disposizione del diritto d’autore nazionale che vieti l’esecuzione o la rappresentazione in pubblico di un’opera musicale qualora tale opera sia inserita in un servizio protetto cui possa accedersi e che possa essere rappresentato in pubblico mediante una scheda di decodificazione satellitare qualora tale scheda sia stata emessa dal prestatore del servizio in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la scheda di decodificazione venga autorizzata solo affinché sia usata in tale altro Stato membro.

226. Valgono al riguardo le osservazioni svolte al resto dell’emissione: da un lato, la libera prestazione dei servizi osta ad una siffatta compartimentazione del mercato interno, dall’altro, gli Stati membri possono disporre una protezione più estesa dei titolari di diritti per quanto riguarda la comunicazione al pubblico, ad esempio delle opere musicali.

227. Maggiori difficoltà presenta la seconda parte di tale questione, vale a dire se abbia una certa incidenza il fatto che l’opera musicale rappresenti un elemento irrilevante del servizio protetto nel suo insieme e il diritto nazionale d’autore non si opponga alla rappresentazione e all’esecuzione in pubblico degli altri elementi del servizio.

228. La tutela di tali diritti, affidata esclusivamente al diritto nazionale, determina, nella fattispecie oggetto delle cause principali, una restrizione alla libera prestazione dei servizi. Essa può essere giustificata ove risulti proporzionata con riguardo alla tutela dei diritti in questione (90).

229. Un divieto di ricezione sarebbe evidentemente adeguato se sussistessero diritti sull’emissione nel suo insieme, ovvero su parti sostanziali di essa, che consentissero di opporsi alla loro comunicazione in un locale pubblico.

230. Se si trattasse, invece, di elementi accessori il cui valore economico costituisca solo una minima parte del valore complessivo dell’emissione e che abbiano un’importanza molto minore o addirittura nulla per i telespettatori, sarebbe sproporzionato vietasse, ai fini della loro tutela, la ricezione dell’intera emissione (91). Ciò non esclude di garantire un adeguato compenso in altro modo. Si potrebbe immaginare, ad esempio, un versamento forfettario alla società di gestione collettiva da parte dei titolari dei locali in cui vengono proiettati i programmi televisivi (92).

231. Quale dei due casi sussista deve essere accertato dal giudice del rinvio.

232. La libera prestazione dei servizi non osta pertanto a disposizioni di diritto nazionale che permettano al titolare di diritti su un’emissione – ad esempio in attuazione dell’art. 14, n. 3, dell’Accordo TRIPs – di opporsi alla comunicazione dell’emissione in un locale pubblico, a condizione che la restrizione alla libera prestazione dei servizi conseguente all’esercizio di tale diritto non risulti sproporzionata rispetto ai diritti sull’emissione oggetto di tutela.

g)      Sulla settima questione nella causa C‑429/08

233. Tale questione riguarda il divieto di discriminazione in base alla cittadinanza ai sensi dell’art. 18 TFUE (ex art. 12 CE). Una discriminazione del genere potrebbe consistere nel fatto che la norma penale contestata alla sig.ra Murphy si applichi solo ai programmi forniti dal Regno Unito, mentre i programmi forniti da un qualsiasi altro Stato membro non beneficerebbero di protezione. Sembra che, ai fini dell’applicazione di tale disposizione di diritto interno, non si faccia riferimento all’emittente greca, bensì al fatto che il programma sia stato prodotto originariamente nel Regno Unito.

234. Tale questione rileva solo nella misura in cui la libera prestazione dei servizi e la direttiva 93/83/CEE non ostino già alla disposizione di diritto interno.

235. La Commissione osserva giustamente che l’art. 18 TFUE, in via di principio, non ha una portata autonoma oltre a sancire la libera prestazione dei servizi (93). Occorre pertanto esaminare tale questione dalla prospettiva della libera prestazione dei servizi.

236. Il menzionato pregiudizio potrebbe derivare dal fatto che i fornitori di servizi operanti nel Regno Unito beneficino di una protezione, diversamente da quelli operanti negli altri Stati membri. Questi ultimi dovrebbero temere che nel Regno Unito i loro servizi vengano usati senza corrispettivo o quantomeno che, per effetto dell’importazione di schede di decodificazione da altri Stati membri, i loro canoni vengano elusi. Non si ravvisa una giustificazione per il pregiudizio subito dai fornitori stranieri. Ciò non dovrebbe però costituire oggetto di ulteriore analisi da parte della Corte nel presente procedimento.

237. La questione non riguarda, infatti, diritti dei fornitori stranieri, bensì di stabilire se i fornitori nazionali possano invocare tali norme di protezione. Anche qualora la conformazione della protezione discriminasse i fornitori stranieri, ciò non potrebbe escludere che i fornitori nazionali invochino la protezione loro conferita dal diritto interno. Occorrerebbe piuttosto chiedersi se la protezione possa estendersi anche ai fornitori stranieri (94).

238. È dunque irrilevante ai fini della presente domanda di pronuncia pregiudiziale la questione se la legislazione nazionale violi la libera prestazione dei servizi in quanto applicabile ai programmi inclusi in un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito, ma non a servizi forniti da un qualsiasi altro Stato membro.

h)      Conclusione sulle questioni sesta e settima nella causa C‑429/08, nonché sulle questioni settima, ottava, lett. c), e nona nella causa C‑403/08

239. A titolo di conclusione intermediaria va tenuto fermo che la libera prestazione dei servizi di cui all’art. 56 TFUE osta a disposizioni che vietino, per motivi di tutela della proprietà intellettuale, di usare in uno Stato membro per le trasmissioni televisive codificate via satellite dispositivi per l’accesso condizionato, che siano stati commercializzati in un altro Stato membro con il consenso del titolare del diritto. È irrilevante se tali dispositivi siano stati ottenuti e/o attivati fornendo falso nome e indirizzo di residenza nell’altro Stato membro. Neanche un accordo risultante da un contratto individuale relativo all’uso delle schede di decodificazione esclusivamente per fini domestici o privati, può giustificare una restrizione territoriale alla libera prestazione dei servizi.

240. La libera prestazione dei servizi non osta a disposizioni nazionali che consentono al titolare di diritti su un’emissione di opporsi alla sua comunicazione in un locale pubblico, subordinatamente alla condizione che la restrizione alla libera prestazione dei servizi conseguente all’esercizio di tale diritto non risulti sproporzionata in rapporto ai diritti sull’emissione oggetto di tutela.

241. Non è rilevante, ai fini delle presenti domande di pronuncia pregiudiziale, accertare se la disposizione nazionale violi la libera prestazione dei servizi in quanto applicabile ai programmi inclusi in un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito ma non a servizi forniti da un qualsiasi altro Stato membro.

242. Infine occorre osservare che la decisione della Commissione sulla vendita congiunta su base esclusiva dei diritti di trasmissione alla FA Premier League (95) non può inficiare la conclusione qui formulata. Quand’anche la decisione venisse intesa nel senso che la Commissione considera la compartimentazione territoriale del mercato interno come un presupposto dell’autorizzazione, la Commissione non potrebbe stabilire limitazioni della libera prestazione dei servizi che esorbitino dai Trattati (96).

E –    Sul diritto della concorrenza

243. La decima questione nella causa C‑403/08 e l’ottava questione nella causa C‑429/08 sono identiche. Ai fini dell’applicazione del divieto di comportamenti anticoncorrenziali di cui all’art. 101, n. 1, TFUE (ex art. 81, n. 1, CE), i giudici del rinvio chiedono se sia sufficiente che un accordo di licenza avente ad oggetto la diffusione, territorialmente limitata, di un programma sia volto ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza ovvero se debba essere dimostrato un effettivo pregiudizio della concorrenza.

244. Una pratica concordata ha un oggetto anticoncorrenziale ai sensi dell’art. 101, n. 1, TFUE qualora, in ragione del suo tenore nonché delle sue finalità, e tenuto conto del contesto economico e giuridico nel quale si inserisce, sia concretamente idonea ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato comune. Non è necessario che la concorrenza sia effettivamente impedita, ristretta o falsata, né che sussista un nesso diretto fra tale pratica concordata e i prezzi al dettaglio (97). Non occorre esaminare gli effetti di una pratica concordata una volta che ne sia stato accertato l’oggetto anticoncorrenziale (98).

245. Nel caso di specie va accertato se gli accordi di licenza abbiano un oggetto anticoncorrenziale allorché un fornitore di contenuti di programmi rilasci una serie di licenze esclusive, ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri, in base alle quali l’emittente è autorizzata a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e ogni licenza preveda un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente deve evitare che le sue schede di decodificazione satellitari che consentono la ricezione dei contenuti dei programmi oggetto di licenza vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza.

246. Al fine di valutare il carattere anticoncorrenziale di un accordo, occorre far riferimento, segnatamente, al tenore delle sue disposizioni, agli obiettivi dallo stesso perseguiti nonché al contesto economico e giuridico in cui esso si colloca (99).

247. Un accordo tra produttore e distributore allo scopo di ristabilire le barriere nazionali nel commercio tra Stati membri può essere tale da impedire il perseguimento dell’obiettivo del Trattato diretto a realizzare l’integrazione dei mercati nazionali tramite la creazione di un mercato unico. In tal senso, la Corte ha ripetutamente qualificato gli accordi diretti a compartimentare i mercati nazionali secondo le frontiere nazionali o rendendo più ardua l’integrazione dei mercati nazionali, segnatamente quelli diretti a vietare o a limitare le esportazioni parallele, come accordi aventi ad oggetto la limitazione della concorrenza ai sensi dell’art. 101, n. 1, TFUE (100).

248. Un obbligo contrattuale previsto in una licenza di trasmissione, in base al quale l’emittente deve evitare che le sue schede di decodificazione satellitari che consentono la ricezione dei contenuti dei programmi oggetto di licenza vengano usate al di fuori del territorio oggetto della licenza, produce lo stesso effetto degli accordi volti ad evitare o limitare le esportazioni parallele. Il detto obbligo mira ad escludere ogni concorrenza tra emittenti attraverso una compartimentazione dei territori oggetti delle licenze. Licenze di tal genere, che prevedono una tutela territoriale assoluta, risultano incompatibili con il mercato unico (101). Di conseguenza, non sussiste alcun elemento per trattare siffatti accordi diversamente da quelli diretti contro il commercio parallelo.

249. L’esame della libera prestazione dei servizi (102) conferma questa conclusione in quanto, in linea di principio, non devono esistere valutazioni contraddittorie tra le libertà fondamentali e il diritto della concorrenza (103).

250. Inoltre, va sottolineato che un accordo anticoncorrenziale, ai sensi dell’art. 101, n. 1, TFUE, può essere giustificato in base al n. 3 della detta norma. Tuttavia, il soggetto che si avvalga di tale disposizione deve dimostrare, sulla base di argomenti ed elementi di prova convincenti, la sussistenza dei requisiti richiesti per beneficiare dell’esenzione (104). A tal riguardo, potrebbero valere considerazioni analoghe a quelle relative all’esame se la restrizione alla libera prestazione dei servizi sia giustificata.

251. La decima questione della causa C‑403/08, nonché l’ottava questione della causa C‑429/08 devono essere pertanto risolte nel senso che, allorché un fornitore di contenuti di programmi rilasci una serie di licenze esclusive, ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri, in base alle quali l’emittente è autorizzata a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e ogni licenza preveda un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente deve evitare che le sue schede di decodificazione satellitari, che consentono la ricezione dei contenuti dei programmi oggetto di licenza, vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, tali accordi di licenza sono idonei a impedire, restringere e falsare il gioco della concorrenza. Essi non sono pertanto compatibili con l’art. 101, n. 1, TFUE; non è necessaria la prova che siffatti effetti si siano concretamente verificati.

V –    Conclusione

252. Propongo pertanto alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali nei termini seguenti:

1. Sulla prima questione della causa C‑403/08

Ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva 98/84, il «concepire» o l’«adattare» consiste nella fabbricazione o nella modifica di un’apparecchiatura, al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del prestatore del servizio. In tal modo, un dispositivo per l’accesso condizionato, fabbricato dal prestatore del servizio ovvero con il suo consenso e venduto con un’autorizzazione ristretta in modo che il dispositivo possa essere utilizzato solo per accedere, a determinare condizioni, al servizio protetto, non diviene un «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva 98/84, qualora venga impiegato per consentire l’accesso al detto servizio protetto in un luogo, con modalità ovvero da parte di una persona non contemplati nell’autorizzazione del prestatore del servizio.

2. Sulla terza questione nella causa C‑429/08

L’art. 3, n. 2, della direttiva 98/84 non impedisce ad uno Stato membro l’applicazione di una disposizione nazionale che vieti l’uso di un dispositivo per l’accesso condizionato in violazione di accordi contrattuali sull’accessibilità di programmi in determinati Stati membri, il suo acquisto effettuato fornendo nomi e/o indirizzi falsi ovvero l’uso a fini commerciali di un dispositivo per l’accesso destinato ad uso privato o domestico.

3. Sulla quarta questione nella causa C‑403/08

a)      La questione intesa ad accertare se tali opere siano state riprodotte nel loro insieme o in parte deve essere risolta alla luce dell’interpretazione dell’art. 2 della direttiva 2001/29.

b)      Sussistono atti di riproduzione nel caso in cui frammenti di composizioni di audio e video digitali vengano creati all’interno della memoria del decodificatore, in quanto tali frammenti costituiscono parte dell’opera dell’ingegno propria dell’autore

c)      Anche la rappresentazione di una trasmissione sullo schermo costituisce una riproduzione.

4. Sulla quinta questione nella causa C-403/08

Le copie transitorie di un’opera, create su uno schermo televisivo collegato ad un decodificatore, presentano una rilevanza economica propria ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29, le copie create all’interno della memoria del decodificatore, invece, non ne possiedono alcuna.

5. Sulla sesta questione nella causa C-403/08

Un’opera tutelata dal diritto d’autore viene comunicata al pubblico su filo o senza filo ai sensi dell’art. 3 della direttiva 2001/29, qualora una trasmissione satellitare venga ricevuta in locali commerciali (ad esempio un bar) e rappresentata o proiettata in quei locali mediante un singolo schermo televisivo e altoparlanti al pubblico ivi presente.

6. Sulla settima questione nella causa C-403/08

Il diritto sulla comunicazione via satellite di opere protette dal diritto d’autore, ai sensi dell’art. 2 della direttiva 93/83, comprende il diritto di ricevere e seguire tale trasmissione all’estero.

7.      Sulle questioni sesta e settima nella causa C‑429/08, nonché sulle questioni settima, ottava, lett. c), e nona nella causa C‑403/08

a)      La libera prestazione dei servizi ai sensi dell’art. 56 TFUE (ex art. 49 CE) osta a disposizioni che vietino, per motivi di tutela della proprietà intellettuale, di usare in uno Stato membro per le trasmissioni televisive codificate via satellite dispositivi per l’accesso condizionato, che siano stati commercializzati in un altro Stato membro con il consenso del titolare del diritto. È irrilevante se tali dispositivi siano stati ottenuti e/o attivati fornendo falso nome e indirizzo di residenza nell’altro Stato membro. Neanche un accordo contenuto in un contratto individuale relativo all’uso delle schede di decodifica esclusivamente per fini domestici o privati è idoneo ad inficiare tale conclusione.

b)      La libera prestazione dei servizi non osta a disposizioni nazionali che consentano al titolare di diritti su un’emissione di opporsi alla sua comunicazione in un locale pubblico, subordinatamente alla condizione che la restrizione alla libera prestazione dei servizi conseguente all’esercizio di tale diritto non risulti sproporzionata in rapporto ai diritti sull’emissione oggetto di tutela.

c)      Non è rilevante ai fini delle presenti domande di pronuncia pregiudiziale accertare se la disposizione nazionale violi la libera prestazione dei servizi in quanto applicabile ai programmi inclusi in un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito ma non a servizi forniti da un qualsiasi altro Stato membro.

8. Sulla decima questione nella causa C-403/08 e sull’ottava questione nella causa C-429/08

Allorché un fornitore di contenuti di programmi rilasci una serie di licenze esclusive, ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri, in base alle quali l’emittente è autorizzata a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e ogni licenza preveda un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente deve evitare che le sue schede di decodificazione satellitari, che consentono la ricezione dei contenuti dei programmi oggetto di licenza, vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, tali accordi di licenza sono idonei a impedire, restringere e falsare il gioco della concorrenza. Essi non sono pertanto compatibili con l’art. 101, n. 1, TFUE; non è necessaria la prova che siffatti effetti si siano concretamente verificati.


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1 – Lingua originale: il tedesco.


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2 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 novembre 1998 (GU L 320, pag. 54).


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3 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001 (GU L 167, pag. 10).


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4 – Direttiva del Consiglio 27 settembre 1993 (GU L 248, pag. 15).


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5 – GU L 336, pag. 1.


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6 – GU L 89, pag. 6.


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7 – Secondo la versione pubblicata nel Bundesgesetzblatt tedesco 1965 II, pag. 1245.


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8 – GU 1994, L 1, pag. 194.


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9 – GU L 346, pag. 61.


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10 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (versione codificata) (GU L 376, pag. 28).


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11 – V. artt. 6 e 165 TFUE, nonché ancora la dichiarazione n. 29 adottata dalla conferenza governativa relativamente al Trattato di Amsterdam sottoscritto il 2 ottobre 1997 (GU C 340, pag. 136) e la «Dichiarazione relativa alle caratteristiche specifiche dello sport e alle sue funzioni sociali in Europa di cui tener conto nell’attuazione delle politiche comuni», Consiglio europeo di Nizza (7, 8 e 9 dicembre 2000), conclusioni della Presidenza (punto 52 e allegato IV; v., in particolare, i nn. 1, 7 e 17 della dichiarazione ivi riportata).


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12 – Sentenza 1° luglio 2008, causa C‑49/07, MOTOE (Racc. pag. I‑4863, punto 22 e la giurisprudenza ivi citata).


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13 – Sentenza 3 giugno 2008, causa C‑308/06, Intertanko e a. (Racc. pag. I‑4057, punto 69).


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14 – Sentenza Intertanko e a., cit. supra alla nota 14 (punti 70 e seg.).


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15 – Sentenza 16 aprile 2009, causa C‑5/08, Infopaq International (Racc. pag. I‑6569, punti 27 e segg.); v. in generale sulla direttiva 2001/29 anche la sentenza 21 ottobre 2010, causa C‑467/08, Padawan (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 32 e 35).


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16 – Sentenza Infopaq International, cit. supra alla nota 16 (in particolare punti 37 e segg.).


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17 – Sentenza Infopaq International, cit. supra alla nota 16 (punto 45).


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18 – Sentenza Infopaq International, cit. supra alla nota 16 (punto 55).


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19 – Sentenza Infopaq International, cit. supra alla nota 16 (punto 64).


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20 – Sentenza Infopaq International, cit. supra alla nota 16 (punti 56 e seg.).


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21 – Sentenza Infopaq International, cit. supra alla nota 16 (punto 58).


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22 – COM(97) 628, art. 5, punto 3 (pag. 35 della versione italiana).


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23 – V. infra, paragrafi 105 e 108 e segg.


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24 – V. supra, paragrafi 68 e segg.


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25 – Sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall (Racc. pag. 723, punto 48); 14 luglio 1994, causa C‑91/92, Faccini Dori (Racc. pag. I‑3325, punto 20), nonché 19 gennaio 2010, causa C‑555/07, Kücükdeveci (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 46).


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26 – V., inter alia, sentenze 15 dicembre 1995, causa C‑415/93, Bosman (Racc. pag. I‑4921, punto 59), e 13 luglio 2006, cause riunite da C‑295/04 a C‑298/04, Manfredi e a. (Racc. pag. I‑6619, punto 26).


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27 – Sentenze 16 giugno 2005, causa C‑105/03, Pupino (Racc. pag. I‑5285, punto 30); 9 ottobre 2008, causa C‑404/07, Katz (Racc. pag. I‑7607, punto 31), nonché 22 aprile 2010, causa C‑82/09, Dimos Agiu Nikolau (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 15).


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28 – V., inter alia, sentenze Bosman, cit. supra alla nota 27 (punto 61), e 10 gennaio 2006, causa C‑344/04, IATA e ELFAA (Racc. pag. I‑403, punto 24).


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29 – COM(97) 628, art. 3, punti 2 e seg. (pagg. 30 e seg. della versione italiana).


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30 – COM(97) 628, art. 3, punto 3 (pag. 31 della versione italiana).


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31 – Sentenza 7 dicembre 2006, causa C‑306/05, SGAE (Racc. pag. I‑11519), e ordinanza 18 marzo 2010, causa C‑136/09, Organismos Sillogikis Diacheirisis Dimiourgon Theatrikon kai Optikoakoustikon Ergon (non ancora pubblicata nella Raccolta).


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32 – V. sentenza SGAE, cit. supra alla nota 32 (punti 37 e segg.).


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33 – Sentenza SGAE, cit. supra alla nota 32 (punto 44).


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34 – Guide to the Berne Convention (Ginevra, 1978).


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35 – Guida dell’OMPI, note 11 bis e segg.


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36 – COM(97) 628, art. 3, punto 1 (pag. 30 della versione italiana).


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37 – COM(97) 628, art. 3, punto 1 (pag. 30 della versione italiana).


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38 – Documento A4-0026/99, emendamento 13 (GU 1999, C 150, pagg. 171, 174).


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39 – Proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, COM(1999) 250 def. (GU 1999, C 180, pag. 6, sedicesimo ‘considerando’).


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40 – V. i documenti del Consiglio 22 dicembre 1999, n. 14238/99, pag. 5, note 6 e 7; 10 gennaio 2000, n. 5168/00, pag. 4, nonché 24 gennaio 1999, n. 5499/00, pagg. 2 e seg.


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41 – Documento del Consiglio 10 gennaio 2000, n. 5168/00, pag. 4, punto 9.


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42 – Documento del Consiglio 10 gennaio 2000, n. 5168/00, pag. 4, punto 11.


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43 – GU 1994, L 1, pag. 194.


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44 – V. sull’efficacia del detto protocollo le conclusioni dell’avvocato generale La Pergola presentate il 9 settembre 1999, causa C‑293/98, Egeda (Racc. pag. I‑629, paragrafo 17).


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45 – V. art. 87, n. 1, punto 3, della legge tedesca sul diritto d’autore e ancora Wandtke/Bullinger-Erhard, Urheberrecht, terza edizione 2009, paragrafo 23, e Diesbach/Bormann/Vollrath, «Public-Viewing» als Problem des Urheber- und Wettbewerbsrechts, Zeitschrift für Urheber- und Medienrecht 2006, pagg. 265 (266 e segg.).


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46 – Sembra tuttavia sufficiente che un locale pubblico corrisponda una percentuale ad una società di gestione collettiva per adempiere gli obblighi posti da tale norma; v. il prospetto delle tariffe della Gesellschaft für musikalische Aufführungs- und mechanische Vervielfältigungsrechte, http://www.gema.de/fileadmin/inhaltsdateien/musiknutzer/tarife/tarife_ad/tarifuebersicht_gaststaetten.pdf.


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47 – V., da ultimo, sentenza 6 luglio 2010, causa C‑428/08, Monsanto Technology (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 71).


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48 – V. sentenza 3 febbraio 2000, causa C‑293/98, Egeda (Racc. pag. I‑629) in rapporto con le conclusioni dell’avvocato generale La Pergola, cit. supra alla nota 45 (paragrafi 17 e segg.), e 30 giugno 2005, causa C‑28/04, Tod’s e Tod’s Frankreich (Racc. pag. I‑5781, punto 14).


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49 – Sentenza SGAE, cit. supra alla nota 32 (punto 41).


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50 – Sentenza SGAE, cit. supra alla nota 32 (punto 30).


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51 – Sentenza SGAE, cit. supra alla nota 32 (punto 40).


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52 – V. le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston presentate il 13 luglio 2006, causa C‑306/05, SGAE (Racc. pag. I‑11519, paragrafo 63).


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53 – V. sul contenuto normativo della direttiva 93/83 con riguardo alla comunicazione al pubblico, sentenze Egeda, cit. supra alla nota 49 (punto 25), e SGAE, cit. supra alla nota 32 (punto 30).


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54 – V. supra, paragrafi 82 e segg. e 95 e segg.


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55 – Sull’applicazione delle disposizioni del Trattato di Lisbona v. le mie conclusioni presentate l’11 novembre 2010, causa C‑379/09, Casteels (non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafo 25).


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56 – Sentenza 29 novembre 2001, causa C‑17/00, De Coster (Racc. pag. I‑9445, punto 28).


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57 – Sentenza 14 ottobre 2004, causa C‑36/02, Omega (Racc. pag. I‑9609, punto 26 e la giurisprudenza ivi citata).


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58 – Sentenza 22 gennaio 2002, causa C‑390/99, Canal Satélite Digital (Racc. pag. I‑607, punto 32).


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59 – Sentenze 8 settembre 2009, causa C‑42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International (Racc. pag. I‑7633, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata), nonché 8 luglio 2010, cause riunite C‑447/08 e C‑448/08, Sjöberg (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32).


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60 – V. tuttavia le conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi presentate il 23 maggio 2007, causa C‑341/05, Laval un Partneri (Racc. pag. I‑11767, paragrafi 156 e segg., in particolare paragrafo 159), e la giurisprudenza ivi citata in riferimento alla regolamentazione collettiva.


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61 – Questa è una questione di diritto della concorrenza, che esaminerò nei paragrafi 243 e segg. delle presenti conclusioni.


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62 – V. ad esempio sentenza 18 dicembre 2007, causa C‑341/05, Laval un Partneri (Racc. pag. I‑11767, punto 101 e la giurisprudenza ivi citata).


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63 – Sentenza Sjöberg, cit. supra alla nota 60 (punto 36).


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64 – Sentenze 6 ottobre 1982, causa 262/81, Coditel e a. II (Racc. pag. 3381, punto 13), e 11 maggio 1999, causa C‑255/97, Pfeiffer (Racc. pag. I‑2835, punto 21).


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65 – Sentenza Pfeiffer, cit. supra alla nota 65 (punto 22) e, sulla libera circolazione delle merci, sentenze 31 ottobre 1974, causa 16/74, Centrafarm e de Peijper (Racc. pag. 1183, punto 7); 17 ottobre 1990, causa C‑10/89, HAG GF (Racc. pag. I‑3711, punto 12), nonché 23 ottobre 2003, causa C‑115/02, Rioglass e Transremar (Racc. pag. I‑12705, punto 23).


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66 – Sentenze 22 giugno 1976, causa 119/75, Terrapin (Overseas) (Racc. pag. 1039, punto 6); 20 gennaio 1981, cause riunite 55/80 e 57/80, Musik‑Vertrieb membran e K‑tel International (Racc. pag. 147, punto 10), nonché 28 aprile 1998, causa C‑200/96, Metronome Musik (Racc. pag. I‑1953, punto 14).


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67 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 settembre 2001, 2001/84/CE, relativa al diritto dell’autore di un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale (GU L 272, pag. 32), v., inoltre, sentenza 15 aprile 2010, causa C‑518/08, Gala-Salvador Dalí e Visual Entidad de Gestión de Artistas Plásticos (non ancora pubblicata nella Raccolta).


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68 – La Corte non ha invece riconosciuto, nelle sentenze 16 luglio 1998, causa C‑355/96, Silhouette International Schmied (Racc. pag. I‑4799, punto 22), e 30 novembre 2004, causa C‑16/03, Peak Holding (Racc. pag. I‑11313), un esaurimento internazionale attraverso l’immissione in commercio al di fuori del mercato interno.


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69 – V., sul diritto dei marchi, sentenza Peak Holding, cit. supra alla nota 69 (punto 40).


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70 – Sentenza Musik‑Vertrieb membran e K‑tel International, cit. supra alla nota 67 (punto 10).


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71 – Gallagher, Waterstone’s halts overseas e-book sales, notizia del 26 ottobre 2010, http://www.thebookseller.com/news/132290-waterstones-halts-overseas-e-book-sales.html, visitato il 9 novembre 2010.


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72 – V. sentenze Musik‑Vertrieb membran e K‑tel International, cit. supra alla nota 67 (punti 12 e seg.), e 17 maggio 1988, causa 158/86, Warner Brothers e Metronome Video (Racc. pag. 2605, punti 13 e seg.).


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73 – V. ancora la sentenza Musik‑Vertrieb membran e K‑tel International, cit. supra alla nota 67 (punto 24), per quanto attiene alla circolazione delle merci.


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74 – Sentenza 18 marzo 1980, causa 62/79, Coditel e a. I (Racc. pag. 881).


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75 – Sentenza Coditel I, cit. supra alla nota 75 (punto 14).


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76 – Sentenza Coditel I, cit. supra alla nota 75 (punto 16), analogamente per il diritto di noleggio v. le conclusioni dell’avvocato generale La Pergola presentate il 26 maggio 1998 nella causa C‑61/97, FDV (Racc. pag. I‑5171, paragrafo 15).


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77 – Sentenza Coditel I, cit. supra alla nota 75 (punto 16).


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78 – Per quanto attiene alla valutazione del caso in esame in base alla detta disposizione, v. supra, paragrafi 107 e segg.


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79 – L’obiettivo della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa Coditel I era l’affermazione di tale diritto, sancito dall’art. 11 bis, n. 1, punto ii), della Convenzione di Berna, v. il verbale di udienza relativo alla detta sentenza, cit. supra alla nota 75 (pag. 884).


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80 – V. sentenze 25 luglio 1991, causa C‑76/90, Säger (Racc. pag. I‑4221, punto 15); 8 settembre 2010, causa C‑46/08, Carmen Media Group (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 60), nonché 7 ottobre 2010, causa C‑515/08, Santos Palhota e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 45).


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81 – Sentenze Säger, cit. supra alla nota 81 (punto 17); 11 settembre 2007, causa C‑318/05, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑6957, punti 133 e 136), e 13 dicembre 2007, causa C‑250/06, United Pan‑Europe Communications Belgium e a. (Racc. pag. I‑11135, punto 44).


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82 – V., inoltre, il decimo ‘considerando’ della decisione della Commissione 19 aprile 2001 in un procedimento ai sensi dell’art. 81 del Trattato CE e dell’art. 53 dell’Accordo SEE (caso n. 37.576 – regolamento UEFA in materia di trasmissione radiotelevisiva, GU L 171, pag. 12).


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83 – V. anche le dichiarazioni, citate supra alla nota 12, sul Trattato di Amsterdam e del Consiglio europeo.


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84 – Come già si evince dal reclamo da parte di diverse emittenti televisive che ha portato alla decisione della Commissione, cit. supra alla nota 83.


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85 – V. la decisione cit. supra alla nota 83, cinquantacinquesimo ‘considerando’ e allegato II.


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86 – Per quanto riguarda i dati relativi all’affluenza del pubblico negli stadi, cfr., DFL Deutsche Fußball Liga GmbH, Bundesliga 2010, Die wirtschaftliche Situation im Lizenzfußball, pagg. 20 e seg.


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87 – V. punto 66 della domanda di pronuncia pregiudiziale.


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88 – V. supra, paragrafi 107 e segg.


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89 – V. supra, paragrafi 121 e segg.


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90 – V. i riferimenti indicati supra alla nota 82.


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91 – V. sentenza 20 settembre 1988, causa 302/86, Commissione/Danimarca (Racc. pag. 4607, punto 21).


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92 – V. il prelievo esaminato nella sentenza Padawan, cit. supra alla nota 16.


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93 – Sentenze 6 febbraio 2003, causa C‑92/01, Stylianakis (Racc. pag. I‑1291, punto 18); 11 settembre 2007, causa C‑76/05, Schwarz e Gootjes-Schwarz (Racc. pag. I‑6849, punto 34), nonché 20 maggio 2010, causa C‑56/09, Zanotti (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 24).


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94 – V. sentenza 20 ottobre 1993, cause riunite C‑92/92 e C‑326/92, Phil Collins e a. (Racc. pag. I‑5145, punti 34 e seg.).


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95 – Allegato 23 alla memoria della FAPL, v. comunicazione in GU 2004, C 115, pag. 3, nonché il comunicato stampa IP/06/356 del 22 marzo 2006.


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96 – V. sentenza 26 ottobre 2010, causa C-97/09, Schmelz (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 50). V. anche artt. 13, n. 2, TUE, e 17, n. 1, secondo periodo, TUE.


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97 – Sentenza 4 giugno 2009, causa C‑8/08, T‑Mobile Netherlands e a. (Racc. pag. I‑4529, punto 43).


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98 – Sentenze T‑Mobile Netherlands e a., cit. supra alla nota 98 (punto 30); 3 settembre 2009, causa C‑534/07 P, Prym e Prym Consumer/Commissione (Racc. pag. I‑7415, punto 81), e 6 ottobre 2009, cause riunite C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, GlaxoSmithKline Services/Commissione (Racc. pag. I‑9291, punto 55).


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99 – Sentenza GlaxoSmithKline Services/Commissione, cit. supra alla nota 99 (punto 58).


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100 – Sentenze 16 settembre 2008, cause riunite da C‑468/06 a C‑478/06, Sot. Lélos kai Sia (Racc. pag. I‑7139, punto 65 e la giurisprudenza ivi citata), nonché GlaxoSmithKline Services/Commissione, cit. supra alla nota 99 (punti 59 e segg.).


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101 – Sentenza 8 giugno 1982, causa 258/78, Nungesser e Eisele/Commissione (Racc. pag. 2015, punto 61).


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102 – V. supra, paragrafi 177 e segg.


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103 – V. in tal senso, le mie conclusioni presentate il 2 luglio 2009, nella causa C‑169/08, Presidente del Consiglio dei Ministri (Racc. pag. I‑10821, paragrafi 134 e seg.).


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104 – Sentenza GlaxoSmithKline Services/Commissione, cit. supra alla nota 99 (punto 82).
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Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall' High Court of Justice (Chancery Division) (United Kingdom) il 17 settembre 2008 - Football Association Premier League Ltd, NetMed Hellas SA, Multichoice Hellas SA / QC Leisure, David Richardson, AV Station plc, Malcolm Chamberlain, Michael Madden, SR Leisure Ltd, Phillip George Charles Houghton, Derek Owen

(Causa C-403/08)

Lingua processuale: l'inglese

Giudice del rinvio

High Court of Justice (Chancery Division)

Parti

Ricorrenti: Football Association Premier League Ltd, NetMed Hellas SA, Multichoice Hellas SA

Convenuti: QC Leisure, David Richardson, AV Station plc, Malcolm Chamberlain, Michael Madden, SR Leisure Ltd, Phillip George Charles Houghton, Derek Owen

Questioni pregiudiziali

A. Sull'interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 novembre 1998, 98/84/CE sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato 1

Dispositivo illecito

a)    Se, nel caso in cui un dispositivo di accesso condizionato viene elaborato da o col consenso di un prestatore del servizio e venduto subordinatamente ad un'autorizzazione limitata ad utilizzare il dispositivo solo per ottenere l'accesso al servizio protetto in circostanze particolari, tale dispositivo diventi un "dispositivo illecito" ai sensi dell'art. 2, lett. e) della direttiva 98/84/CE qualora esso venga usato per dare accesso a questo servizio protetto in un luogo o in un modo o da parte di un soggetto al di fuori dell'autorizzazione del prestatore del servizio.

b)    Cosa si intenda per "concepiti o adattati" ai sensi dell'art. 2, lett. e) della direttiva.

Oggetto della domanda

Nel caso in cui un primo prestatore del servizio trasmette il contenuto di un programma in forma codificata a un secondo prestatore del servizio il quale ritrasmette tale contenuto mediante un sistema di accesso condizionato, quali elementi debbano essere presi in considerazione nel determinare se gli interessi del primo prestatore di un servizio protetto vengano pregiudicati, ai sensi dell'art. 5 della direttiva 98/84/CE.

In particolare:

nel caso in cui una prima impresa trasmette il contenuto di un programma, (compreso immagini, suono e commento in inglese) sotto forma codificata ad una seconda impresa la quale a sua volta ritrasmette al pubblico il contenuto del programma (al quale ha aggiunto il suo logo e, eventualmente, un commento audio aggiuntivo):

a)    Se la trasmissione da parte della prima impresa costituisca un servizio protetto di "trasmissioni televisive" ai sensi dell'art. 2, lett. a) della direttiva 98/84/CE e dell'art. 1, lett. a) della direttiva 89/552/CEE 2.

b)    Se sia necessario che la prima impresa sia un'emittente ai sensi dell'art. 1, lett. b) della direttiva 89/552/CEE affinché si possa considerare che fornisca un servizio protetto di "trasmissioni televisive" ai sensi del primo trattino dell'art. 2, lett. a) della direttiva 98/84/CE.

c)    Se l'art. 5 della direttiva 98/84/CE debba essere interpretato nel senso che conferisca alla prima impresa la legittimazione ad agire relativamente al dispositivo illecito che dà accesso al programma come ritrasmesso dalla seconda impresa, o:

i)    perché si deve ritenere che tale dispositivo dia accesso attraverso il segnale di trasmissione al servizio proprio della prima impresa; o

ii)    perché la prima impresa è il prestatore di un servizio protetto i cui interessi sono pregiudicati da un'attività illecita (in quanto tali dispositivi conferiscono un accesso non autorizzato al servizio protetto fornito dalla seconda impresa)

d)    Se sulla soluzione della questione sub c) incida il fatto che il primo e il secondo prestatore del servizio usino differenti sistemi di decodifica e dispositivi di accesso condizionati differenti.

Fini commerciali

Se il "possesso a fini commerciali" di cui all'art. 4, lett. a) della direttiva si riferisca solo al possesso finalizzato al commercio (ad esempio, la vendita) di dispositivi illeciti,

o si estenda al possesso di un dispositivo da parte di un utilizzatore finale nel corso di un'attività di qualsiasi tipo.

B. Sull'interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione 3

Diritto di riproduzione

Nel caso in cui frammenti sequenziali di un film, di un'opera musicale o di una registrazione sonora (in questo caso composizioni di audio e video digitali) vengono creati i) all'interno della memoria di un decodificatore o ii) nel caso di un film su uno schermo televisivo, e l'intera opera viene riprodotta se i frammenti sequenziali vengono considerati nel loro insieme ma solo un numero limitato di frammenti esiste contemporaneamente:

a)    Se la questione intesa ad accertare se tali opere siano state riprodotte in tutto o in parte debba essere risolta in base alle norme del diritto d'autore nazionale relative a cosa costituisca un'illecita riproduzione di un'opera tutelata dal diritto d'autore, o se dipenda dall'interpretazione dell'art. 2 della direttiva 2001/29/CE.

b)    Qualora dipenda dall'interpretazione dell'art. 2 della direttiva 2001/29/CE, se il giudice nazionale debba prendere in considerazione tutti i frammenti di ciascuna opera nella sua totalità o solo il numero limitato di frammenti che esistono contemporaneamente. In quest'ultimo caso, a quale test il giudice nazionale debba sottoporre la questione intesa ad accertare se le opere siano state riprodotte parzialmente ai sensi di tale articolo.

c)    Se il diritto di riproduzione di cui all'art. 2 si estenda alla creazione di immagini transitorie su uno schermo televisivo.

Rilievo economico proprio

a)    Se si debba ritenere che copie di un'opera create all'interno di un decodificatore televisivo satellitare o su uno schermo televisivo collegato al decodificatore, e il cui unico intento è di consentire un uso dell'opera non altrimenti limitato dalla legge, abbiano un "rilievo economico proprio" ai sensi dell'art. 5, n. 1 della direttiva 2001/29/CE per il fatto che tali copie forniscono l'unica base dalla quale il titolare dei diritti può derivare un compenso per l'uso dei suoi diritti.

b)    Se sulla soluzione della questione 5 a) incida il fatto che i) le copie transitorie abbiano un valore intrinseco; o ii) le copie transitorie comprendano una piccola parte di una raccolta di opere e/o di altri materiali che altrimenti potrebbero essere usati senza violare il diritto d'autore; o iii) il licenziatario esclusivo del titolare dei diritti in un altro Stato membro abbia già ricevuto un compenso per l'uso dell'opera in tale Stato membro.

Comunicazione al pubblico su filo o senza filo

a)    Se un'opera tutelata dal diritto d'autore venga comunicata al pubblico su filo o senza filo ai sensi dell'art. 3 della direttiva 2001/29/CE, qualora una trasmissione satellitare venga ricevuta in locali commerciali (ad esempio un bar) e comunicata o mostrata in quei locali mediante un singolo schermo televisivo e altoparlanti al pubblico ivi presente.

b)    Se sulla soluzione della questione 6 a) incida il fatto che:

i)    il pubblico presente costituisca un nuovo pubblico non contemplato dall'emittente (in questo caso perché una carta di decodificazione nazionale che deve essere utilizzata in uno Stato membro viene utilizzata per un ascolto commerciale in un altro Stato membro);

ii)    il pubblico non costituisce un pubblico pagante in base al diritto nazionale;

iii)    il segnale televisivo viene ricevuto da un'antenna o da un ricevitore satellitare sul tetto dei locali dove si trova il televisore o nelle loro adiacenze.

c)    In caso di soluzione affermativa di una delle parti sub b), quali elementi debbano essere presi in considerazione nel determinare se vi sia una comunicazione dell'opera che ha avuto origine da un luogo in cui il pubblico non è presente.

C. Sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 27 settembre 1993, 93/83/CEE, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d'autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo 4 e degli artt. 28, 30 e 49 del Trattato CE

Protezione in base alla direttiva 93/83

Se sia compatibile con la direttiva 93/83/CEE o con gli artt. 28, 30 o 49 del Trattato CE il fatto che il diritto d'autore nazionale preveda che, qualora copie transitorie di opere inserite in una trasmissione via satellite vengano create all'interno di un decodificatore satellitare o su uno schermo televisivo, vi sia una violazione del diritto d'autore in base alla normativa del paese di ricezione della trasmissione. Se abbia un'incidenza il fatto che la trasmissione venga decodificata mediante una carta di decodificazione satellitare che è stata rilasciata dal prestatore di un servizio di trasmissione via satellite in un altro Stato membro alla condizione che la carta di decodificazione satellitare venga autorizzata solo perché sia usata in tale altro Stato membro.

D.    Sull'interpretazione delle norme del Trattato sulla libera circolazione delle merci e dei servizi di cui agli artt. 28, 30 e 49 CE nel constesto della [direttiva sull'accesso condizionato]

Tutela in base agli artt. 28 e/o 49 CE

a)    Nel caso in cui la soluzione della questione 1 sia nel senso che un dispositivo per l'accesso condizionato elaborato dal prestatore del servizio o con il suo consenso diventa un "dispositivo illecito" ai sensi dell'art. 2, lett. e) della direttiva 98/84/CE allorché viene usato oltrepassando l'autorizzazione concessa dal prestatore del servizio a dare accesso ad un servizio protetto, quale sia l'oggetto specifico del diritto con il riferimento alla sua funzione essenziale conferita dalla direttiva sull'accesso condizionato.

b)    Se gli artt. 28 o 49 del Trattato CE si oppongano all'esecuzione di una disposizione del diritto nazionale in un primo Stato membro che rende illecito importare o vendere una carta di decodificazione satellitare che è stata rilasciata dal prestatore di un servizio di trasmissione via satellite in un altro Stato membro alla condizione che la carta di decodificazione satellitare venga autorizzata solo affinché sia usata in tale altro Stato membro.

c)    Se sulla soluzione di tale questione incida il fatto che la carta di decodificazione satellitare sia autorizzata solo per uso privato e nazionale in questo altro Stato membro ma venga utilizzata per fini commerciali nel primo Stato membro.

Se la protezione concessa all'Anthem possa essere più ampia di quella concessa al resto della trasmissione

Se gli artt. 28, 30 o 49 del Trattato CE ostino all'esecuzione di una disposizione di diritto d'autore nazionale che renda illecito eseguire o rappresentare in pubblico un'opera musicale allorché tale opera è inserita in un servizio protetto che viene raggiunto e rappresentato in pubblico mediante una carta di decodificazione satellitare allorché tale carta è stata emessa dal prestatore del servizio in un altro Stato membro alla condizione che la carta di decodificazione venga autorizzata solo affinché sia usata in tale altro Stato membro. Se abbia una certa incidenza il fatto che l'opera musicale sia un elemento irrilevante del servizio protetto nel suo insieme e il diritto nazionale d'autore non si oppone alla rappresentazione e all'esecuzione in pubblico degli altri elementi del servizio.

E. Sull'interpretazione delle norme del Trattato sulla concorrenza ai sensi dell'art. 81 CE

Tutela in base all'art. 81 CE

Allorché un fornitore di programma rilascia una serie di licenze esclusive ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri in base alle quali l'emittente è autorizzato a trasmettere il contenuto del programma solo nell'ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e in ogni licenza è contenuto un obbligo contrattuale in base al quale l'emittente deve evitare che le sue carte di decodificazione satellitare che consentono la ricezione dei programmi oggetto di licenza vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, quale criterio giuridico deve applicare il giudice nazionale e quali circostanze deve prendere in considerazione nel decidere se la restrizione contrattuale sia incompatibile con il divieto imposto dall'art. 81, n. 1.

In particolare:

a)    se l'art. 81, n. 1 debba essere interpretato nel senso che si applichi a tale obbligo per il solo motivo che si ritiene che esso abbia per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza;

b)    in tal caso, se si debba anche dimostrare che l'obbligo contrattuale impedisca, restringa o falsi considerevolmente il gioco della concorrenza per poter rientrare nel divieto imposto dall'art. 81, n. 1.


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1 - GU L 320, pag. 54.

2 - Direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (GU L 298, pag. 23).

3 - GU L 167, pag. 10.

4 - GU L 248, pag. 15.
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SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

4 ottobre 2011 (*)




Indice




I –  Il contesto normativo

A –  La normativa internazionale

B –  La normativa dell’Unione

1.  Le direttive in materia di radiodiffusione

2.  Le direttive in materia di proprietà intellettuale

C –  La normativa nazionale

II –  I procedimenti principali e le questioni pregiudiziali

A –  La concessione in licenza dei diritti di diffusione degli incontri della «Premier League»

B –  La trasmissione televisiva degli incontri della «Premier League»

III –  Sulle questioni pregiudiziali

A –  Sulle norme relative alla ricezione di programmi codificati provenienti da altri Stati membri

1.  Considerazioni preliminari

2.  La direttiva sull’accesso condizionato

a)  Sull’interpretazione della nozione di «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva sull’accesso condizionato (prima questione nel procedimento C‑403/08, nonché prima e seconda questione nel procedimento C‑429/08)

b)  Sull’interpretazione dell’art. 3, n. 2, della direttiva sull’accesso condizionato (terza questione nella causa C‑429/08)

c)  Sulle altre questioni riguardanti la direttiva sull’accesso condizionato

3.  Le norme del Trattato FUE in materia di libera circolazione delle merci e dei servizi

a)  Sul divieto di importazione, di vendita e di utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri [ottava questione, lett. b), e prima parte della nona questione nel procedimento C‑403/08, nonché sesta questione, i), nel procedimento C‑429/08]

i)  Sull’individuazione delle disposizioni applicabili

ii)  Sulla sussistenza di una restrizione alla libera prestazione di servizi

iii)  Sulla giustificazione di una restrizione alla libera prestazione dei servizi rispetto all’obiettivo di tutela dei diritti di proprietà intellettuale

–  Osservazioni presentate alla Corte

–  Risposta della Corte

iv)  Sulla giustificazione di una restrizione alla libera prestazione dei servizi consistente nell’obiettivo di incoraggiare la presenza del pubblico negli stadi

b)  Sull’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri a seguito dell’indicazione di una falsa identità e di un falso recapito e sull’utilizzazione di tali dispositivi a fini commerciali [ottava questione, lett. c), nel procedimento C‑403/08 e sesta questione, ii) e iii), nel procedimento C‑429/08]

c)  Sulle altre questioni relative alla libera circolazione (seconda parte della nona questione nel procedimento C‑403/08 e settima questione nel procedimento C‑429/08)

4.  Le norme del Trattato TFUE in materia di concorrenza

B –  Sulle norme connesse all’utilizzazione delle trasmissioni a seguito della loro ricezione

1.  Osservazioni preliminari

2.  Sul diritto di riproduzione previsto dall’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore (quarta questione nel procedimento C‑403/08)

3.  Sull’eccezione al diritto di riproduzione prevista dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore (quinta questione nel procedimento C‑403/08)

a)  Osservazioni preliminari

b)  Sul rispetto dei requisiti previsti dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore

4.  Sulla «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore (sesta questione nel procedimento C‑403/08)

5.  Sull’incidenza della direttiva sulla radiodiffusione via satellite (settima questione nel procedimento C‑403/08)

IV –  Sulle spese




«Radiodiffusione televisiva via satellite – Diffusione di incontri di calcio – Ricezione della radiodiffusione per mezzo di schede di decodificatori satellitari – Schede di decodificatori satellitari legalmente immesse sul mercato di uno Stato membro ed utilizzate in un altro Stato membro – Divieto di commercializzazione ed utilizzazione in uno Stato membro – Visualizzazione delle emissioni in violazione dei diritti esclusivi concessi – Diritto di autore – Diritto di radiodiffusione televisiva – Licenze esclusive per la radiodiffusione televisiva sul territorio di un solo Stato membro – Libera prestazione di servizi – Art. 56 TFUE – Concorrenza – Art. 101 TFUE – Restrizione della concorrenza per oggetto – Tutela dei servizi ad accesso condizionato – Dispositivo illecito – Direttiva 98/84/CE – Direttiva 2001/29/CE – Riproduzione di opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su schermo televisivo – Deroga al diritto di riproduzione – Comunicazione al pubblico delle opere in locali di ristorazione – Direttiva 93/83/CEE»

Nei procedimenti riuniti C‑403/08 e C‑429/08,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Regno Unito) nonché dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito), con decisioni 11 e 28 luglio 2008, pervenute in cancelleria, rispettivamente, in data 17 e 29 settembre 2008, nelle cause

Football Association Premier League Ltd,

NetMed Hellas SA,

Multichoice Hellas SA

contro

QC Leisure,

David Richardson,

AV Station plc,

Malcolm Chamberlain,

Michael Madden,

SR Leisure Ltd,

Philip George Charles Houghton,

Derek Owen (C‑403/08)

e

Karen Murphy

contro

Media Protection Services Ltd (C‑429/08)

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev e J.‑J. Kasel, presidenti di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, M. Ilešič, J. Malenovský (relatore) e T. von Danwitz, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 ottobre 2010,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Football Association Premier League Ltd, la NetMed Hellas SA e la Multichoice Hellas SA, dai sigg. J. Mellor, QC, N. Green, QC, dalla sig.ra C. May, dal sig. A. Robertson, barristers, dai sigg. S. Levine, M. Pullen e dalla sig.ra R. Hoy, solicitors;

–        per la QC Leisure, il sig. M. Richardson, la AV Station plc, i sigg. M. Chamberlain e M. Madden, la SR Leisure Ltd, i sigg. P.G.C. Houghton e D. Owen, dal sig. M. Howe, QC, dai sigg. A. Norris, S. Vousden, T. St Quentin, nonché dalla sig.ra M. Demetriou, barristers, dai sigg. P. Dixon e P. Sutton, solicitors;

–        per la sig.ra Murphy, dal sig. M. Howe, QC, dal sig. W. Hunter, QC, dalla sig.ra M. Demetriou, barrister, e dal sig. P. Dixon, solicitor;

–        per la Media Protection Services Ltd, dal sig. J. Mellor, QC, dal sig. N. Green, QC, dalla sig.ra H. Davies, QC, dalla sig.ra C. May nonché dai sigg. A. Robertson e P. Cadman, barristers;

–        per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra V. Jackson e dal sig. S. Hathaway, in qualità di agenti, assistiti dalla sig.ra J. Stratford, QC;

–        per il governo ceco, dalla sig.ra K. Havlíčková, in qualità di agente;

–        per il governo spagnolo, dalla sig.ra N. Díaz Abad, in qualità di agente;

–        per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra B. Beaupère-Manokha, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. L. D’Ascia, avvocato dello Stato;

–        per il Parlamento europeo, dai sigg. J. Rodrigues e L. Visaggio, in qualità di agenti;

–        per il Consiglio dell’Unione europea, dal sig. F. Florindo Gijón e dalla sig.ra G. Kimberley, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, dai sigg. X. Lewis, H. Krämer, I.V. Rogalski, J. Bourke, nonché dalla sig.ra J. Samnadda, in qualità di agenti;

–        per l’Autorità di vigilanza EFTA, dai sigg. O.J. Einarsson e M. Schneider, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 febbraio 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione

–        della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 novembre 1998, 98/84/CE, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (GU L 320, pag. 54; in prosieguo: la «direttiva sull’accesso condizionato»),

–        della direttiva del Consiglio 27 settembre 1993, 93/83/CEE, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo (GU L 248, pag. 15; in prosieguo: la «direttiva sulla radiodiffusione via satellite»),

–        della direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU L 298, pag. 23), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 giugno 1997, 97/36/CE (GU L 202, pag. 60; in prosieguo: la «direttiva “televisione senza frontiere”»),

–        della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU L 167, pag. 10; in prosieguo: la «direttiva sul diritto d’autore»),

–        nonché degli artt. 34 TFUE, 36 TFUE, 56 TFUE e 101 TFUE.

2        Tali domande sono state proposte nell’ambito di controversie sorte tra la Football Association Premier League Ltd. (in prosieguo: la «FAPL»), la NetMed Hellas SA (in prosieguo: la «NetMed Hellas») e la Multichoice Hellas SA (in prosieguo: la «Multichoice Hellas») (in prosieguo, congiuntamente: la «FAPL e a.»), da un lato, e la QC Leisure, il sig. Richardson, la AV Station plc (in prosieguo: la «AV Station»), i sigg. Chamberlain e Madden, la SR Leisure Ltd, i sigg. Houghton e Owen (in prosieguo, congiuntamente: la «QC Leisure e a.») dall’altro, (causa C‑403/08), nonché tra la sig.ra Murphy e la Media Protection Services Ltd. (in prosieguo: la «MPS») (causa C‑429/08), in merito alla commercializzazione e all’utilizzazione, nel Regno Unito, di dispositivi di decodificazione che danno accesso ai servizi di radiodiffusione via satellite di un ente di radiodiffusione, prodotti e commercializzati con l’autorizzazione di tale ente, ma utilizzati, contro la volontà di quest’ultimo, al di fuori della zona geografica per la quale sono stati forniti (in prosieguo: i «decoder stranieri»).

I –  Il contesto normativo

A –  La normativa internazionale

3        L’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, che costituisce l’allegato 1 C dell’Accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech il 15 aprile 1994, è stato approvato con decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994) (GU L 336, pag. 1).

4        L’art. 9, n. 1, dell’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio così dispone:

«I membri si conformano agli articoli da 1 a 21 della Convenzione di Berna (1971) e al suo annesso. Tuttavia, essi non hanno diritti né obblighi in virtù del presente Accordo in relazione ai diritti conferiti dall’art. 6 bis della medesima Convenzione o ai diritti da esso derivanti».

5        Ai sensi dell’art. 11, primo comma, della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (Atto di Parigi del 24 luglio 1971), nella versione risultante dalla modifica del 28 settembre 1979 (in prosieguo: la «Convenzione di Berna»):

«1. Gli autori di opere drammatiche, drammatico‑musicali e musicali hanno il diritto esclusivo di autorizzare:

i)      la rappresentazione e l’esecuzione pubbliche delle loro opere, comprese la rappresentazione e l’esecuzione pubbliche con qualsiasi mezzo o procedimento;

ii)      la trasmissione pubblica, con qualsiasi mezzo, della rappresentazione e dell’esecuzione delle loro opere».

6        L’art. 11 bis, primo comma, della Convenzione di Berna così recita:

«Gli autori di opere letterarie ed artistiche hanno il diritto esclusivo di autorizzare:

i)      la radiodiffusione delle loro opere o la comunicazione al pubblico di esse mediante qualsiasi altro mezzo atto a diffondere senza filo segni, suoni od immagini;

ii)      ogni comunicazione al pubblico, con o senza filo, dell’opera radiodiffusa, quando tale comunicazione sia eseguita da un ente diverso da quello originario;

iii) la comunicazione al pubblico, mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, dell’opera radiodiffusa».

7        L’Organizzazione mondiale sulla proprietà intellettuale (OMPI) ha adottato a Ginevra, il 20 dicembre 1996, il trattato dell’OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi (in prosieguo: il «Trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi») nonché il Trattato dell’OMPI sul diritto d’autore (in prosieguo: il «Trattato sul diritto d’autore»). Questi due trattati sono stati approvati a nome della Comunità con la decisione del Consiglio 16 marzo 2000, 2000/278/CE (GU L 89, pag. 6).

8        A termini dell’art. 2, lett. g), del Trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi:

«Ai sensi del presente trattato, si intende per:

(...)

g)      “comunicazione al pubblico” di un’esecuzione o di un fonogramma, la trasmissione al pubblico mediante qualunque mezzo diverso dalla radiodiffusione, dei suoni di una esecuzione ovvero dei suoni o di una rappresentazione di suoni fissati in un fonogramma. Ai sensi dell’articolo 15, si intende per “comunicazione al pubblico” anche l’atto di rendere udibili al pubblico i suoni o la rappresentazione di suoni fissati in un fonogramma».

9        Il successivo art. 15, n. 1, così dispone:

«Quando un fonogramma pubblicato a fini di commercio è utilizzato direttamente o indirettamente per la radiodiffusione o per una qualunque comunicazione al pubblico, gli artisti interpreti o esecutori e i produttori di fonogrammi hanno diritto a un compenso equo e unico».

10      Il Trattato sul diritto d’autore prevede, all’art. 1, n. 4, che le parti contraenti devono conformarsi agli artt. 1‑21 nonché all’allegato della Convenzione di Berna.

B –  La normativa dell’Unione

1.              Le direttive in materia di radiodiffusione

11      Il terzo ‘considerando’ della direttiva «televisione senza frontiere» così recita:

«(...) le trasmissioni transfrontaliere diffuse con le diverse tecnologie costituiscono un mezzo per il conseguimento degli obiettivi della Comunità[;] (...) si devono adottare misure che assicurino il passaggio dai mercati nazionali ad un mercato comune della produzione e distribuzione dei programmi e creino condizioni di concorrenza leale, senza pregiudicare la funzione di pubblico interesse che compete ai servizi televisivi».

12      A termini del ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 97/36:

«(…) ai fini della presente direttiva, gli eventi di particolare rilevanza per la società devono rispondere a determinati criteri, ossia essere eventi di straordinaria importanza che presentano interesse per il pubblico in generale nell’Unione europea o in un determinato Stato membro o in una parte […] significativa di uno Stato membro e sono organizzati in anticipo da un organizzatore legittimato a vendere i diritti relativi a tali eventi».

13      I ‘considerando’ terzo, quinto, settimo, quattordicesimo, quindicesimo e diciassettesimo della direttiva sulla radiodiffusione via satellite così recitano:

«(3)      (…) la diffusione di programmi oltre frontiera all’interno della Comunità, effettuata in particolare via satellite e via cavo, rappresenta uno dei principali mezzi per il conseguimento [degli] obiettivi della Comunità che sono al tempo stesso di ordine politico, economico, sociale, culturale e giuridico;

(…)

(5)      i titolari dei diritti sono quindi esposti al rischio che le loro opere vengano utilizzate senza compenso o che ne venga bloccata l’utilizzazione in alcuni Stati membri ad opera di singoli titolari dei diritti di esclusiva; (…) tale incertezza normativa rappresenta un ostacolo diretto alla libera circolazione dei programmi all’interno della Comunità;

(…)

(7)      (…) la libera diffusione di programmi risulta ulteriormente ostacolata dalle incertezze che sussistono attualmente sul piano giuridico in relazione alla necessità di stabilire se, per la diffusione di programmi via satellite i cui segnali possono essere ricevuti direttamente, i diritti debbano essere acquisiti esclusivamente nel paese di emissione oppure se debbano essere acquisiti in tutti i paesi in cui avviene la ricezione; (…)

(…)

(14)      (…) l’incertezza giuridica esistente in relazione ai diritti di acquisire, che ostacola la diffusione transnazionale di programmi via satellite, dovrà essere eliminata attraverso la definizione del concetto di comunicazione al pubblico via satellite all’interno della Comunità; (…) questa definizione preciserà anche quale sia il luogo in cui avviene l’atto di comunicazione; (…) tale definizione è necessaria al fine di evitare che a un solo atto di radiodiffusione vengano cumulativamente applicate più leggi nazionali; (…)

(15)      (…) l’acquisto in via contrattuale dei diritti di esclusiva sulle emissioni di radiodiffusione deve avvenire nell’osservanza della normativa sul diritto d’autore e i diritti connessi vigente nello Stato membro in cui ha luogo la comunicazione al pubblico via satellite;

(…)

(17)      (…) all’atto dell’acquisto dei diritti le parti devono tener conto, ai fini della determinazione del compenso, di tutti gli aspetti dell’emissione di radiodiffusione, quali il numero effettivo e il numero potenziale dei telespettatori e la versione linguistica dell’emissione».

14      A termini dell’art. 1, n. 2, lett. a-c), della direttiva medesima:

«a)      Ai fini della presente direttiva, “comunicazione al pubblico via satellite” è l’atto di inserire, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi destinati ad essere ricevuti dal pubblico in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra.

b)      La comunicazione al pubblico via satellite si configura unicamente nello Stato membro in cui, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi sono inseriti in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra.

c)      Qualora i segnali portatori di programmi siano diffusi in forma criptata, vi è comunicazione al pubblico via satellite a condizione che i mezzi per la decriptazione della trasmissione siano messi a disposizione del pubblico a cura dell’organismo di radiodiffusione stesso o di terzi con il suo consenso».

15      L’art. 2 della direttiva sulla radiodiffusione via satellite così dispone:

«In conformità delle disposizioni del presente capo, gli Stati membri riconoscono all’autore il diritto esclusivo di autorizzare la comunicazione al pubblico via satellite di opere protette dal diritto d’autore».

16      I ‘considerando’ secondo, terzo, sesto e tredicesimo della direttiva sull’accesso condizionato così recitano:

«(2)      (…) la prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione e dei servizi della società dell’informazione può contribuire, a livello individuale, alla piena attuazione della libertà d’espressione in quanto diritto fondamentale e, a livello collettivo, al raggiungimento degli obiettivi definiti nel trattato;

(3)      (…) il trattato prevede la libera circolazione di tutti i servizi normalmente forniti dietro retribuzione; (...) questo diritto, applicato ai servizi di radiodiffusione e ai servizi della società dell’informazione, costituisce inoltre una traduzione specifica nel diritto comunitario del più generale principio della libertà di espressione sancito dall’articolo 10 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; (...) questo articolo riconosce esplicitamente il diritto dei cittadini di ricevere o di comunicare informazioni senza tener conto delle frontiere e (...) eventuali restrizioni di tale diritto si giustificano solo se determinate da altri interessi giuridicamente riconosciuti degni di tutela;

(…)

(6)      (…) le opportunità dischiuse dalle tecnologie digitali potrebbero ampliare le possibilità di scelta dei consumatori e contribuire al pluralismo culturale grazie alla creazione di una gamma ancora più ampia di servizi ai sensi degli articoli [56 TFUE e 57 TFUE]; (…) la redditività di questi servizi dipende spesso dal ricorso a tecniche di accesso condizionato al fine di garantire la remunerazione del prestatore del servizio; (…) risulta pertanto necessario, per assicurare la redditività di tali servizi, la protezione giuridica dei prestatori di servizi contro i dispositivi illeciti che consentono l’accesso senza pagamento del servizio;

(…)

(13)      (…) appare necessario far sì che gli Stati membri forniscano un’adeguata tutela giuridica contro l’immissione sul mercato, ai fini di un profitto economico diretto o indiretto, di un dispositivo illecito che renda possibile o facile eludere, senza esservi autorizzato, qualsiasi misura tecnologica a protezione della remunerazione di un servizio fornito in modo lecito».

17      L’art. 2 della direttiva medesima così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)      “servizio protetto”, uno dei servizi seguenti laddove sia fornito a pagamento e mediante un sistema di accesso condizionato:

–        trasmissioni televisive, ai sensi dell’articolo 1, lett. a), della [direttiva “televisione senza frontiere”],

–        (…)

b)      “accesso condizionato”, misure e/o sistemi tecnici in base ai quali l’accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva autorizzazione individuale;

c)      “dispositivo per l’accesso condizionato”, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di consentire l’accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto;

(…)

e)      “dispositivo illecito”, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del prestatore del servizio;

f)      “settore coordinato dalla presente direttiva”, quello disciplinato da qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui all’articolo 4».

18      Ai sensi del successivo art. 3:

«1.      Gli Stati membri prendono le misure necessarie a vietare sul loro territorio le attività di cui all’articolo 4 ed a prevedere le sanzioni e i mezzi di tutela di cui all’articolo 5.

2.      Salvo il disposto del paragrafo 1, gli Stati membri non possono:

a)      limitare la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro Stato membro; oppure

b)      limitare la libera circolazione dei dispositivi per l’accesso condizionato, per motivi rientranti nel settore coordinato dalla presente direttiva».

19      Il successivo art. 4 dispone quanto segue:

«Gli Stati membri vietano sul loro territorio le seguenti attività:

a)      la fabbricazione, l’importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di dispositivi illeciti;

b)      l’installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti;

c)      l’impiego di comunicazioni commerciali per promuovere dispositivi illeciti».

2.              Le direttive in materia di proprietà intellettuale

20      La direttiva sul diritto d’autore afferma, ai ‘considerando’ nono, decimo, quindicesimo, ventesimo, ventitreesimo, trentunesimo, nonché trentatreesimo, quanto segue:

«(9)      Ogni armonizzazione del diritto d’autore e dei diritti connessi dovrebbe prendere le mosse da un alto livello di protezione, dal momento che tali diritti sono essenziali per la creazione intellettuale (…)

(10)      Per continuare la loro attività creativa e artistica, gli autori e gli interpreti o esecutori debbono ricevere un adeguato compenso per l’utilizzo delle loro opere (…)

(...)

(15)      (…) La presente direttiva serve (...) ad attuare una serie [dei] nuovi obblighi internazionali [che scaturiscono dal Trattato sul diritto d’autore e dal Trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi].

(…)

(20)      La presente direttiva si basa su principi e regole già definiti dalle direttive in vigore [nel campo della proprietà intellettuale] [in particolare, dalla direttiva del Consiglio 19 novembre 1992, 92/100/CE, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (GU L 346, pag. 61)] e sviluppa detti principi e regole e li integra nella prospettiva della società dell’informazione. Le disposizioni della presente direttiva devono lasciare impregiudicate le disposizioni di dette direttive, salvo quanto diversamente previsto nella presente direttiva.

(...)

(23)      La presente direttiva dovrebbe armonizzare ulteriormente il diritto d’autore applicabile alla comunicazione di opere al pubblico. Tale diritto deve essere inteso in senso lato in quanto concernente tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine. Detto diritto dovrebbe comprendere qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione, e non altri atti.

(…)

(31)      Deve essere garantito un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi delle varie categorie di titolari nonché tra quelli dei vari titolari e quelli degli utenti dei materiali protetti. (…)

(…)

(33)      Si dovrebbe prevedere un’eccezione al diritto esclusivo di riproduzione per consentire taluni atti di riproduzione temporanea, che sono riproduzioni transitorie o accessorie, le quali formano parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico e effettuate all’unico scopo di consentire la trasmissione efficace in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o l’utilizzo legittimo di un’opera o di altri materiali. Gli atti di riproduzione in questione non dovrebbero avere un proprio valore economico distinto. [Sempreché] siano soddisfatte queste condizioni, tale eccezione include atti che facilitano la navigazione in rete e la realizzazione di copie “cache”, compresi gli atti che facilitano l’effettivo funzionamento dei sistemi di trasmissione, purché l’intermediario non modifichi le informazioni e non interferisca con l’uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciuta e utilizzata nel settore per ottenere dati sull’impiego delle informazioni. L’utilizzo è da considerare legittimo se è autorizzato dal titolare del diritto o non è limitato dalla legge».

21      Ai sensi dell’art. 2, lett. a) ed e), della direttiva medesima:

«Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte:

a)      agli autori, per quanto riguarda le loro opere;

(…)

e)      agli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni, siano esse effettuate su filo o via etere, comprese le trasmissioni via cavo o via satellite».

22      Il successivo art. 3, n. 1, così dispone:

«Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente».

23      A termini del successivo art. 5:

«1.      Sono esentati dal diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 gli atti di riproduzione temporanea di cui all’articolo 2 privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori, e parte integrante e essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all’unico scopo di consentire:

a)      la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o

b)      un utilizzo legittimo

di un’opera o di altri materiali.

(…)

3.      Gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni ai diritti di cui agli articoli 2 e 3 nei casi seguenti:

(…)

i)      in caso di inclusione occasionale di opere o materiali di altro tipo in altri materiali;

(…)

5.      Le eccezioni e limitazioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare».

24      A termini del quinto ‘considerando’ della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, 2006/115/CE, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (versione codificata) (GU L 376, pag. 28, in prosieguo: la «direttiva sui diritti connessi»):

«Le opere creative e artistiche degli autori e degli artisti interpreti o esecutori richiedono la percezione di un reddito adeguato quale base per l’ulteriore attività creativa e artistica, e gli investimenti occorrenti, segnatamente per la produzione di fonogrammi e pellicole, sono particolarmente rischiosi ed elevati.(...)».

25      Ai sensi dell’art. 7, n. 2, di detta direttiva, gli Stati membri riconoscono agli enti di radiodiffusione il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la fissazione delle loro emissioni, siano esse trasmesse su filo o via etere, incluse le emissioni via cavo o via satellite.

26      A termini del successivo art. 8, n. 3,:

«Gli Stati membri riconoscono agli organismi di radiodiffusione il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la ritrasmissione via etere delle loro emissioni, nonché la loro comunicazione al pubblico se questa comunicazione avviene in luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto d’ingresso».

27      Il quinto ‘considerando’ e gli artt. 7, n. 2, e 8, n. 3, della direttiva sui diritti connessi ricalcano, sostanzialmente, il settimo ‘considerando’ e gli artt. 6, n. 2, e 8, n. 3, della direttiva 92/100.

C –  La normativa nazionale

28      A termini dell’art. 297, n. 1, della legge del 1988 in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti (Copyright, Designs and Patents Act 1988; in prosieguo: la «legge in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti»):

«Una persona che riceva in modo fraudolento un programma facente parte di un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito, con l’intento di evitare il pagamento dei diritti applicabili alla ricezione del programma, commette un reato e potrà essere condannato con procedimento sommario ad una multa non superiore al quinto livello della tabella di riferimento».

29      Il successivo art. 298 così recita:

«1.      Colui che

a)      chieda il pagamento di diritti ai fini della ricezione di programmi contenuti in servizi televisivi forniti da un luogo sito nel Regno Unito o in altro Stato membro, ovvero

b)      emetta trasmissioni criptate di qualsiasi altro genere da un luogo sito nel Regno Unito o in altro Stato membro,

(…)

beneficia dei seguenti diritti e strumenti di tutela.

2.      Dispone degli stessi diritti e strumenti di tutela rispetto a

a)      colui che

i)      fabbrichi, importi, distribuisca, venda o noleggi, offra o esponga alla vendita o al noleggio, ovvero pubblicizzi ai fini della vendita o del noleggio,

ii)      detenga a fini commerciali, o

iii)      istalli, manutenga o sostituisca a fini commerciali,

qualsiasi apparecchio concepito o adattato per consentire a persone l’accesso a programmi o altre trasmissioni o per loro fornire assistenza a tal fine ovvero per aggirare la tecnologia di accesso condizionato connesso ai programmi o a altre trasmissioni qualora esse non siano autorizzate, (…)

(…)

di cui dispone il titolare di diritti d’autore a fronte di una violazione del diritto d’autore.

(…)»

II –  I procedimenti principali e le questioni pregiudiziali

30      La FAPL gestisce la «Premier League», principale campionato di calcio professionistico per società calcistiche stabilite in Inghilterra.

31      Le attività della FAPL comprendono, in particolare, l’organizzazione del calendario degli incontri della «Premier League» e la gestione, per quanto riguarda detti incontri, dei diritti di diffusione televisiva, vale a dire dei diritti di messa a disposizione del pubblico del contenuto audiovisivo degli incontri sportivi per mezzo di diffusione televisiva (in prosieguo: i «diritti di diffusione»).

A –  La concessione in licenza dei diritti di diffusione degli incontri della «Premier League»

32      La FAPL procede alla concessione in licenza di tali diritti di diffusione, in diretta, su base territoriale e per periodi triennali. A tal riguardo, la strategia perseguita dalla FAPL consiste nell’offrire ai telespettatori del mondo intero la visione del proprio campionato, massimizzando in tal modo il valore dei diritti stessi a favore delle società ad essa aderenti.

33      Tali diritti vengono quindi concessi agli enti di radiodiffusione televisiva per mezzo di una procedura di gara aperta che inizia con l’invito a presentare offerte su base mondiale, regionale, ovvero zona per zona. La domanda determina quindi la base territoriale sulla quale la FAPL cede i propri diritti internazionali. Tuttavia, in linea di principio, tale base è nazionale, considerato che esiste solamente una domanda limitata, da parte delle imprese offerenti, per i diritti mondiali o paneuropei, in quanto gli enti radiotelevisivi funzionano abitualmente su base territoriale ed alimentano il mercato interno o nel rispettivo paese o in un piccolo gruppo di paesi limitrofi di lingua comune.

34      All’impresa offerente che acquisti, per una determinata zona, un pacchetto («bouquet») di diritti di diffusione in diretta degli incontri della «Premier League», viene concesso il diritto esclusivo di diffusione radiotelevisiva in tale zona. Ciò sarebbe necessario, ad avviso della FAPL, per realizzare il valore commerciale ottimale di tutti i detti diritti, tenuto conto che gli enti radiotelevisivi sono disposti a versare un supplemento per acquistare tale esclusività, che è quella che consente loro di distinguere i loro servizi da quelli forniti dai concorrenti e di accrescere in tal modo la propria redditività.

35      Orbene, al fine di proteggere l’esclusività territoriale di tutti gli enti di radiodiffusione, ognuno di essi si impegna, nel proprio accordo di licenza con la FAPL, ad impedire al pubblico la ricezione delle proprie emissioni al di fuori della zona per la quale detiene la rispettiva licenza. Ciò presuppone, da un lato, che ogni ente faccia in modo che tutte le proprie emissioni che possono essere captate al di fuori di tale territorio – in particolare quelle emesse via satellite – vengano criptate in modo assolutamente sicuro e non possano essere captate in modo non criptato. Dall’altro, gli enti radiotelevisivi devono assicurarsi che nessun dispositivo venga scientemente autorizzato al fine di consentire a qualsivoglia soggetto la visione delle loro trasmissioni al di fuori del territorio interessato. Conseguentemente, a detti enti viene vietato di fornire dispositivi di decodificazione che consentano di decriptare le loro trasmissioni ai fini della loro utilizzazione al di fuori del territorio per il quale detengono la licenza.

B –  La trasmissione televisiva degli incontri della «Premier League»

36      Nell’ambito delle proprie attività, la FAPL è parimenti incaricata di provvedere all’organizzazione del calendario degli incontri della «Premier League» e della trasmissione del segnale televisivo agli enti detentori del diritto di trasmissione.

37      A tal fine, le immagini e i rumori di sottofondo catturati in occasione dell’incontro vengono trasmessi ad un’unità di produzione che aggiunge i logo, le sequenze video, le soluzioni grafiche sullo schermo, la musica ed il commento in lingua inglese.

38      Il segnale viene quindi inviato, via satellite, ad un ente di radiodiffusione televisiva che aggiunge il proprio logo e, eventualmente, i propri commenti. Il segnale viene poi compresso e criptato, quindi trasmesso via satellite agli abbonati che lo ricevono per mezzo di un’antenna parabolica. Il segnale viene infine decriptato e decompresso in un decodificatore satellitare che necessita, ai fini del funzionamento, di un dispositivo di decodificazione quale una scheda di decodificazione.

39      In Grecia, il titolare della sublicenza di trasmissione televisiva degli incontri della «Premier League» è la NetMed Hellas. Gli incontri vengono teletrasmessi via satellite sui canali «SuperSport» della piattaforma «NOVA» il cui proprietario e gestore è la Multichoice Hellas.

40      I telespettatori abbonati al bouquet satellitare della NOVA possono accedere a tali canali. Ogni abbonato dev’essere stato in grado di fornire un nominativo nonché un recapito ed un numero di telefono in Grecia. Tale abbonamento può essere sottoscritto a fini sia privati sia commerciali.

41      Nel Regno Unito, all’epoca dei fatti nelle cause principali, il titolare esclusivo dei diritti di licenza per la radiodiffusione in diretta della «Premier League» era la BSkyB Ltd. Nel caso in cui una persona fisica o giuridica intenda diffondere nel Regno Unito gli incontri della «Premier League», può sottoscrivere un abbonamento commerciale presso tale società.

42      Tuttavia, taluni centri di ristorazione hanno iniziato, nel Regno Unito, ad utilizzare, al fine di accedere agli incontri della «Premier League», dispositivi di decodificazione stranieri. Essi acquistano presso un distributore una scheda ed un apparecchio di decodificazione che consentono la ricezione di un canale satellitare diffuso in un altro Stato membro, quali i canali della NOVA, il cui abbonamento è più conveniente rispetto all’abbonamento della BSkyB Ltd. Tali schede di decodificazione sono state prodotte e commercializzate con l’autorizzazione del prestatore dei servizi, ma sono state successivamente utilizzate in modo non autorizzato, in quanto gli enti di radiodiffusione hanno subordinato la loro cessione alla condizione – ai sensi degli impegni indicati supra al punto 35 – che i clienti non utilizzino tali schede al di fuori del territorio nazionale interessato.

43      La FAPL ritiene che tali attività siano pregiudizievoli ai propri interessi, in quanto pregiudicherebbero l’esclusività dei diritti concessi in base a licenza su un territorio determinato e, conseguentemente, il valore dei diritti medesimi. Infatti, l’ente di radiodiffusione televisiva che vende le schede di decodificazione a prezzo più conveniente disporrebbe del potenziale per divenire, in pratica, l’ente di radiodiffusione televisiva su scala europea, il che produrrebbe la conseguenza che i diritti di radiodiffusione nell’Unione europea dovrebbero essere concessi su scala europea. Ciò implicherebbe una rilevante perdita di introiti tanto per la FAPL quanto per gli enti di radiodiffusione televisiva, riducendo in tal modo le fonti di redditività dei servizi da essi forniti.

44      Conseguentemente, la FAPL e altri hanno avviato, nel procedimento C‑403/08, quelle che esse considerano tre cause pilota dinanzi la High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Intellectual Property). Di queste, due azioni riguardano la QC Leisure, il sig. Richardson, la AV Station ed il sig. Chamberlain, i quali forniscono, in bar-ristoranti, materiale e schede di decodificazione satellitare che consentono la ricezione dei programmi di radiodiffusione stranieri, tra cui la NOVA, che trasmettono gli incontri di «Premier League» in diretta.

45      La terza azione è rivolta contro il sig. Maden, la SR Leisure Ltd, nonché i sigg. Houghton e Owen, fornitori di bevande o gestori di quattro bar-ristoranti in cui sono stati proiettati incontri di «Premier League» in diretta utilizzando un dispositivo di decodificazione straniero.

46      La FAPL e a. sostengono che tali soggetti violano i loro diritti protetti dall’art. 298 della legge in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti in quanto effettuano operazioni commerciali ovvero, come nel caso dei tre convenuti nel terzo procedimento, in quanto detengono a fini commerciali dispositivi di decodificazione stranieri concepiti o adattati per consentire l’accesso ai servizi della FAPL e a. senza autorizzazione.

47      Inoltre, i convenuti nel terzo procedimento violerebbero i diritti d’autore degli attori creando copie di opere nell’ambito del funzionamento interno del decodificatore satellitare e riproducendo le opere sullo schermo nonché eseguendo, diffondendo o mostrando le opere in pubblico e comunicandole al medesimo.

48      Inoltre, la QC Leisure e la AV Station violerebbero i diritti d’autore per aver autorizzato le azioni compiute dai tre convenuti nel terzo procedimento nonché da altri soggetti ai quali hanno fornito schede di decodificazione.

49      A parere della QC Leisure e a., le azioni sono infondate, in quanto non vengono utilizzate schede di decodificazione pirata, atteso che tutte le schede interessate sono state distribuite ed immesse sul mercato, in un altro Stato membro, dall’ente di radiodiffusione televisiva satellitare interessato.

50      Nel procedimento C‑429/08, la sig.ra Murphy, gestore di un bar-ristorante, si è procurata una scheda di decodificazione NOVA per proiettare incontri della «Premier League».

51      Gli agenti della MPS, ente incaricato dalla FAPL per avviare una campagna di procedimenti penali nei confronti dei gestori dei bar-ristoranti che utilizzino dispositivi di decodificazione stranieri, rilevavano che la sig.ra Murphy riceveva, nel proprio bar-ristorante, le trasmissioni degli incontri della «Premier League» effettuate dalla NOVA.

52      Conseguentemente, la MPS denunciava la sig.ra Murphy dinanzi alla Portsmouth Magistrates’ Court che condannava la medesima per due reati ai sensi dell’art. 297, n. 1, della legge in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti, per aver essa captato, in modo fraudolento, un programma contenuto in un servizio di radiodiffusione fornito da un luogo al di fuori del Regno Unito, con l’intento di evitare il pagamento di qualsivoglia corrispettivo connesso alla ricezione dei programmi trasmessi.

53      La sig.ra Murphy, a seguito del sostanziale rigetto, da parte della Portsmouth Crown Court, dell’appello proposto contro la condanna, presentava ricorso dinanzi alla High Court of Justice, sostenendo tesi analoghe a quelle esposte dalla QC Leisure e a.

54      Ciò premesso, la High Court of Justice (England and Wales), Chancery Division (Intellectual Property), decideva, nel procedimento C‑403/08, di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)     Se, nel caso in cui un dispositivo di accesso condizionato venga elaborato da o col consenso di un prestatore del servizio e venduto subordinatamente ad un’autorizzazione limitata ad utilizzare il dispositivo solo per ottenere l’accesso al servizio protetto in circostanze particolari, tale dispositivo diventi un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato], qualora esso venga usato per dare accesso a questo servizio protetto in un luogo o in un modo o da parte di un soggetto al di fuori dell’autorizzazione del prestatore del servizio.

b)      Cosa si intenda per «concepiti o adattati» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva.

2)      Nel caso in cui un primo prestatore del servizio trasmetta il contenuto di un programma in forma codificata a un secondo prestatore del servizio il quale ritrasmetta tale contenuto mediante un sistema di accesso condizionato, quali elementi debbano essere presi in considerazione nel determinare se gli interessi del primo prestatore di un servizio protetto vengano pregiudicati, ai sensi dell’art. 5 della [direttiva sull’accesso condizionato].

In particolare:

nel caso in cui una prima impresa trasmetta il contenuto di un programma (compreso immagini, rumori di sottofondo e commento in inglese) sotto forma codificata ad una seconda impresa la quale a sua volta ritrasmetta al pubblico il contenuto del programma (al quale abbia aggiunto il suo logo e, eventualmente, un commento audio aggiuntivo):

a)      se la trasmissione da parte della prima impresa costituisca un servizio protetto di “trasmissioni televisive” ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato] e dell’art. 1, lett. a), della direttiva [“televisione senza frontiere”];

b)      se sia necessario che la prima impresa sia un’emittente ai sensi dell’art. 1, lett. b), della direttiva [“televisione senza frontiere”] affinché si possa considerare che fornisca un servizio protetto di “trasmissioni televisive” ai sensi del primo trattino dell’art. 2, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato];

c)      se l’art. 5 della direttiva [sull’accesso condizionato] debba essere interpretato nel senso che conferisca alla prima impresa la legittimazione ad agire relativamente al dispositivo illecito che dà accesso al programma come ritrasmesso dalla seconda impresa, o:

         i)     perché si deve ritenere che tale dispositivo dia accesso attraverso il segnale di trasmissione al servizio proprio della prima impresa; o

         ii)   perché la prima impresa è il prestatore di un servizio protetto i cui interessi sono pregiudicati da un’attività illecita (in quanto tali dispositivi conferiscono un accesso non autorizzato al servizio protetto fornito dalla seconda impresa).

d)      se sulla soluzione della questione c) incida il fatto che il primo e il secondo prestatore del servizio usino differenti sistemi di decodificazione e dispositivi di accesso condizionati differenti.

3)      Se il “possesso a fini commerciali” di cui all’art. 4, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato] si riferisca solo al possesso finalizzato al commercio (ad esempio, la vendita) di dispositivi illeciti, o si estenda al possesso di un dispositivo da parte di un utilizzatore finale nel corso di un’attività di qualsiasi tipo.

4)      Nel caso in cui frammenti sequenziali di un film, di un’opera musicale o di una registrazione sonora (nella specie, composizioni di audio e video digitali) vengano creati i) all’interno della memoria di un decodificatore o ii) nel caso di un film su uno schermo televisivo, e l’intera opera venga riprodotta, qualora i frammenti sequenziali vengano considerati nel loro insieme ma solo un numero limitato di frammenti sussista contemporaneamente in un dato momento:

a)      se la questione intesa ad accertare se tali opere siano state riprodotte in tutto o in parte debba essere risolta in base alle norme del diritto d’autore nazionale relative a cosa costituisca un’illecita riproduzione di un’opera tutelata dal diritto d’autore, o se dipenda dall’interpretazione dell’art. 2 della direttiva [sul diritto d’autore].

b)      qualora dipenda dall’interpretazione dell’art. 2 della direttiva [sul diritto d’autore], se il giudice nazionale debba prendere in considerazione tutti i frammenti di ciascuna opera nella sua totalità o solo il numero limitato di frammenti che esistono contemporaneamente. In quest’ultimo caso, a quale test il giudice nazionale debba sottoporre la questione intesa ad accertare se le opere siano state riprodotte parzialmente ai sensi di tale articolo.

c)      se il diritto di riproduzione di cui al detto art. 2 si estenda alla creazione di immagini transitorie su uno schermo televisivo.

5)      a)     Se si debba ritenere che copie transitorie di un’opera create all’interno di un decodificatore televisivo satellitare o su uno schermo televisivo collegato al decodificatore, e il cui unico intento sia di consentire un uso dell’opera non altrimenti limitato dalla legge, abbiano un “rilievo economico proprio” ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva [sul diritto d’autore] per il fatto che tali copie forniscano l’unica base dalla quale il titolare dei diritti possa derivare un compenso per l’uso dei suoi diritti.

b)      Se sulla soluzione della questione 5 a) incida il fatto che i) le copie transitorie abbiano un valore intrinseco; o ii) le copie transitorie comprendano una piccola parte di una raccolta di opere e/o di altri materiali che altrimenti potrebbero essere usati senza violare il diritto d’autore; o iii) il licenziatario esclusivo del titolare dei diritti in un altro Stato membro abbia già ricevuto un compenso per l’uso dell’opera in tale Stato membro.

6)      a)     Se un’opera tutelata dal diritto d’autore venga comunicata al pubblico su filo o senza filo ai sensi dell’art. 3 della direttiva [sul diritto d’autore], qualora una trasmissione satellitare venga ricevuta in locali commerciali (ad esempio, un bar) e comunicata o mostrata in quei locali mediante un singolo schermo televisivo e altoparlanti al pubblico ivi presente.

b)      Se sulla soluzione della questione 6 a) incida il fatto che:

i)      il pubblico presente costituisca un nuovo pubblico non contemplato dall’emittente (in questo caso perché una scheda di decodificazione nazionale che deve essere utilizzata in uno Stato membro viene utilizzata per un ascolto commerciale in un altro Stato membro);

ii)      il pubblico non costituisca un pubblico pagante in base al diritto nazionale;

iii)      il segnale televisivo venga ricevuto da un’antenna o da un ricevitore satellitare sul tetto dei locali dove si trova il televisore o nelle loro adiacenze.

c)      In caso di soluzione affermativa di uno dei quesiti b), quali elementi debbano essere presi in considerazione nel determinare se vi sia una comunicazione dell’opera che ha avuto origine da un luogo in cui il pubblico non è presente.

7)      Se sia compatibile con la direttiva [sulla radiodiffusione via satellite] o con gli artt. 28 CE, 30 CE o 49 CE il fatto che la normativa nazionale in materia di diritto d’autore preveda che, qualora copie transitorie di opere inserite in una trasmissione via satellite vengano create all’interno di un decodificatore satellitare o su uno schermo televisivo, sussista una violazione del diritto d’autore in base alla normativa del paese di ricezione della trasmissione. Se abbia un’incidenza il fatto che la trasmissione venga decodificata mediante una scheda di decodificazione satellitare rilasciata dal prestatore di un servizio di trasmissione via satellite in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la scheda di decodificazione satellitare venga autorizzata solo perché sia usata in tale altro Stato membro.

8)      a)     Nel caso in cui la soluzione della questione 1 sia nel senso che un dispositivo per l’accesso condizionato elaborato dal prestatore del servizio o con il suo consenso divenga un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato] allorché venga usato al di là dell’autorizzazione concessa dal prestatore del servizio a dare accesso ad un servizio protetto, quale sia l’oggetto specifico del diritto con il riferimento alla sua funzione essenziale conferita dalla direttiva sull’accesso condizionato.

b)      Se gli artt. 28 CE o 49 CE si oppongano all’esecuzione di una disposizione del diritto nazionale in un primo Stato membro che renda illecita l’importazione o la vendita di una scheda di decodificazione satellitare rilasciata dal prestatore di un servizio di trasmissione via satellite in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la carta di decodificazione satellitare venga autorizzata solo affinché sia usata in tale altro Stato membro.

c)      Se sulla soluzione di tale questione incida il fatto che la scheda di decodificazione satellitare sia autorizzata solo per uso privato e nazionale in questo altro Stato membro ma venga utilizzata per fini commerciali nel primo Stato membro.

9)      Se gli artt. 28 CE e 30 CE o 49 CE ostino all’attuazione di una disposizione della normativa nazionale in materia di diritto d’autore che renda illecito eseguire o rappresentare in pubblico un’opera musicale allorché tale opera sia inserita in un servizio protetto cui sia consentito l’accesso – e che [l’opera] venga rappresentata in pubblico – mediante una scheda di decodificazione satellitare allorché tale scheda sia stata emessa dal prestatore del servizio in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la scheda di decodificazione venga autorizzata solo affinché sia usata in tale altro Stato membro. Se abbia una certa incidenza il fatto che l’opera musicale sia un elemento irrilevante del servizio complessivamente protetto e il diritto nazionale d’autore non si opponga alla rappresentazione e all’esecuzione in pubblico degli altri elementi del servizio.

10)      Allorché un fornitore di contenuti di un programma rilasci una serie di licenze esclusive ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri in base alle quali l’emittente sia autorizzato a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e in ogni licenza sia contenuto un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente debba evitare che le sue schede di decodificazione satellitare, che consentono la ricezione dei programmi oggetto di licenza, vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, quale criterio giuridico debba applicare il giudice nazionale e quali circostanze debba prendere in considerazione nel decidere se la restrizione contrattuale sia incompatibile con il divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE.

In particolare:

a)      se l’art. 81, n. 1, CE debba essere interpretato nel senso che si applichi a tale obbligo per il solo motivo che debba ritenersi che esso abbia per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza;

b)      in tal caso, se si debba anche dimostrare che l’obbligo contrattuale per poter ricadere nel divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE impedisca, restringa o falsi considerevolmente il gioco della concorrenza».

55      Nel procedimento C‑429/08, la High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) decideva di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1)      Quali siano le circostanze in cui un dispositivo per l’accesso condizionato costituisca un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato].

2)      In particolare, se un dispositivo per l’accesso condizionato costituisca un “dispositivo illecito” ove sia stato acquisito in circostanze in cui:

i)      il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente ad autorizzazione contrattuale limitata di utilizzo del dispositivo per accedere ad un servizio protetto solo in un primo Stato membro e sia stato utilizzato per accedere a tale servizio protetto ricevuto in un altro Stato membro, e/o

ii)      il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo nome e residenza falsi nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le limitazioni territoriali contrattuali imposte all’esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro, e/o

iii)      il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente alla condizione contrattuale di un esclusivo uso domestico o privato e non per un uso commerciale (per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato), ma sia stato utilizzato nel Regno Unito per scopi commerciali, e precisamente per trasmettere partite di calcio in diretta in un locale pubblico.

3)      In caso di risposta negativa a qualsiasi quesito della questione 2), se l’art. 3, n. 2, della direttiva [sull’accesso condizionato] osti a che uno Stato membro invochi una disposizione nazionale che impedisca l’uso di tali dispositivi per l’accesso condizionato nelle circostanze di cui alla summenzionata questione 2).

4)      In caso di risposta negativa a qualsiasi quesito della questione 2), se l’art. 3, n. 2), della direttiva medesima sia invalido:

a)      in quanto discriminatorio e/o sproporzionato; e/o

b)      in quanto in contrasto con i diritti alla libera circolazione sanciti dal Trattato e/o

c)      per qualsivoglia altra ragione.

5)      In caso di risposta affermativa alla questione 2), se gli artt. 3, n. 1, e 4 della direttiva stessa siano invalidi, in quanto impongono agli Stati membri di imporre restrizioni all’importazione di “dispositivi illeciti” da altri Stati membri e ad altre operazioni con dispositivi medesimi, anche nel caso in cui siffatti dispositivi possano essere legittimamente importati e/o utilizzati per ricevere servizi di diffusione via satellite transfrontalieri in forza delle norme sulla libera circolazione delle merci ai sensi degli artt. 28 CE e 30 CE e/o sulla libertà di fornire e ricevere servizi ai sensi dell’art. 49 CE.

6)      Se gli artt. 28 CE, 30 CE e/o 49 CE ostino all’applicazione di una disposizione nazionale, quale l’art. 297 della [legge in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti], che qualifichi come reato la ricezione fraudolenta di un programma nell’ambito di un servizio di trasmissione fornito da un luogo situato nel Regno Unito con l’intento di evitare il pagamento di qualsiasi diritto applicabile alla ricezione del programma, in una qualsiasi delle seguenti circostanze:

i)      qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente ad autorizzazione contrattuale limitata di utilizzo del dispositivo per accedere ad un servizio protetto solo in un primo Stato membro e sia stato utilizzato per accedere a tale servizio protetto ricevuto in un altro Stato membro (in questo caso, il Regno Unito), e/o

ii)      qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo nome e residenza falsi nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le limitazioni territoriali contrattuali imposte all’esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro, e/o

iii)      qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente alla condizione contrattuale di un esclusivo uso domestico o privato e non per un uso commerciale (per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato), ma sia stato utilizzato nel Regno Unito per scopi commerciali, e precisamente per trasmettere partite di calcio in diretta in un locale pubblico.

7)      Se l’applicazione della disposizione nazionale in questione possa essere in ogni caso esclusa per violazione del divieto di discriminazione di cui all’art. 12 CE o in quanto la legislazione nazionale è applicabile ai programmi trasmessi nell’ambito di un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito ma non a servizi forniti da un qualsiasi altro Stato membro.

8)      Allorché un fornitore di contenuti di programmi rilasci una serie di licenze esclusive, ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri, in base alle quali l’emittente è autorizzata a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e ogni licenza preveda un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente deve evitare che le sue schede di decodificazione satellitari, che consentono la ricezione dei contenuti dei programmi oggetto di licenza, vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, quale criterio giuridico debba applicare il giudice nazionale e quali circostanze debba prendere in considerazione nel decidere se la restrizione contrattuale violi il divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE.

In particolare:

a)      se l’art. 81, n. 1, CE debba essere interpretato nel senso che si applichi a tale obbligo per il solo motivo che debba ritenersi che esso abbia per oggetto impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza,

b)      in caso affermativo, se debba essere altresì dimostrato che l’obbligo contrattuale impedisca, restringa o falsi sensibilmente il gioco della concorrenza per poter rientrare nel divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE».

56      Con ordinanza del Presidente della Corte 3 dicembre 2008 i procedimenti C‑403/08 e C‑429/08 sono stati riuniti ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento nonché della sentenza.

III –  Sulle questioni pregiudiziali

A –  Sulle norme relative alla ricezione di programmi codificati provenienti da altri Stati membri

1.              Considerazioni preliminari

57      Si deve precisare, in limine, che i procedimenti in esame riguardano unicamente la trasmissione via satellite al pubblico di programmi contenenti gli incontri della «Premier League» da parte degli enti di radiodiffusione quali la Multichoice Hellas. In tal senso, la sola parte della comunicazione audiovisiva pertinente nella specie è quella consistente nella trasmissione al pubblico di tali programmi da parte degli enti di radiodiffusione ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. a) e b), della direttiva sulla radiodiffusione via satellite, ove tale operazione viene effettuata da uno Stato membro in cui i segnali portatori dei programmi sono inseriti in un canale di trasmissione via satellite (in prosieguo: lo «Stato membro di emissione»), nella specie, segnatamente, la Repubblica ellenica.

58      Per contro, la parte della comunicazione a monte, tra la FAPL e detti enti, consistente nella trasmissione di dati audiovisivi contenenti gli incontri medesimi, è priva di pertinenza nella specie, considerato che tale comunicazione può essere d’altronde effettuata con altri strumenti di telecomunicazione rispetto a quelli utilizzati dalle parti nei procedimenti principali.

59      Dagli atti di causa emerge inoltre che, a termini dei contratti di licenza conclusi tra la FAPL e gli enti di radiodiffusione interessati, i programmi in questione sono destinati al solo pubblico dello Stato membro di emissione e che gli enti stessi devono far sì che le loro trasmissioni via satellite possano essere captate solamente in tale Stato. Conseguentemente, gli enti di cui trattasi devono provvedere a criptare le loro trasmissioni ed a fornire i dispositivi di decodificazione solamente a soggetti residenti sul territorio dello Stato membro di emissione.

60      Infine, è pacifico che i proprietari dei bar-ristoranti utilizzino tali dispositivi di decodificazione al di fuori del territorio di tale Stato membro, utilizzandoli pertanto in contrasto con la volontà degli enti di radiodiffusione.

61      Ciò premesso, i giudici del rinvio si chiedono, con la prima parte delle loro questioni, se una siffatta utilizzazione di dispositivi di decodificazione ricada nella sfera d’applicazione della direttiva sull’accesso condizionato e in qual misura questa incida su tale utilizzazione. Nell’ipotesi, poi, in cui tale aspetto non fosse armonizzato da detta direttiva, i giudici medesimi chiedono se gli artt. 34 TFUE, 36 TFUE, 56 TFUE e 101 TFUE ostino ad una normativa nazionale e a contratti di licenza che impediscano l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri.

2.              La direttiva sull’accesso condizionato

a)               Sull’interpretazione della nozione di «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva sull’accesso condizionato (prima questione nel procedimento C‑403/08, nonché prima e seconda questione nel procedimento C‑429/08)

62      Con tali questioni, i giudici del rinvio chiedono, sostanzialmente, se la nozione di «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva sull’accesso condizionato debba essere interpretata nel senso che essa ricomprenda parimenti i dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, e quelli utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati.

63      A tal riguardo, si deve rammentare, da un lato, che l’art. 2, lett. e), della direttiva sull’accesso condizionato definisce la nozione di «dispositivo illecito» nel senso di qualsivoglia apparecchiatura o programma per elaboratore elettronico «concepiti» o «adattati» al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intellegibile senza l’autorizzazione del prestatore del servizio.

64      Il tenore di tale disposizione si limita quindi alle sole apparecchiature che abbiano costituito oggetto di operazioni manuali o automatizzate anteriormente al loro impiego e che consentano la ricezione di servizi protetti senza il consenso del prestatore dei servizi medesimi. Conseguentemente, tale disposizione riguarda unicamente apparecchiature che siano state fabbricate, manipolate, adattate o riadattate senza l’autorizzazione del prestatore dei servizi e non ricomprende l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri.

65      Dall’altro, si deve rilevare che il sesto ed il tredicesimo ‘considerando’ della direttiva sull’accesso condizionato, che contengono precisazioni in merito alla nozione di «dispositivo illecito», fanno riferimento alla necessità di lottare contro i dispositivi illeciti che «consentono l’accesso senza pagamento» dei servizi protetti nonché contro l’immissione sul mercato di dispositivi illeciti che rendono possibile o facile «eludere, senza esservi autorizzato, qualsiasi misura tecnologica» a protezione della remunerazione di un servizio fornito in modo del tutto lecito.

66      Orbene, non ricadono in alcuna di dette categorie né i dispositivi di decodificazione stranieri, né quelli ottenuti o attivati mediante indicazione di un falso nome o di un falso recapito, né quelli che siano stati utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne limiti l’utilizzazione unicamente a fini privati. Infatti, tutti questi dispositivi sono fabbricati ed immessi sul mercato con l’autorizzazione del prestatore del servizio, essi non consentono un accesso gratuito ai servizi protetti e non rendono possibile o più agevole eludere una misura tecnologica adottata per proteggere la remunerazione dei servizi stessi, atteso che, nello Stato membro di immissione sul mercato, il corrispettivo è stato assolto.

67      Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni poste devono essere risolte nel senso che la nozione di «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva sull’accesso condizionato deve essere interpretata nel senso che essa non ricomprende né i dispositivi di decodificazione stranieri, né quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, né quelli che siano stati utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati.

b)              Sull’interpretazione dell’art. 3, n. 2, della direttiva sull’accesso condizionato (terza questione nella causa C‑429/08)

68      Con tale questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 3, n. 2, della direttiva sull’accesso condizionato osti ad una normativa nazionale che impedisca l’utilizzazione dei dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante indicazione di un falso nome e di un falso recapito, ovvero quelli che siano stati utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati.

69      Ai sensi dell’art. 3, n. 2, della direttiva sull’accesso condizionato, gli Stati membri non sono autorizzati a limitare, per motivi rientranti nel settore coordinato dalla direttiva stessa, la libera circolazione dei servizi protetti e dei dispositivi di accesso condizionato, fermi restando gli obblighi fissati dall’art. 3, n. 1, della direttiva medesima.

70      A tal riguardo, si deve rilevare che quest’ultima disposizione impone obblighi nel settore coordinato della direttiva sull’accesso condizionato – definito dal suo art. 2, lett. f), nel senso di qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui al successivo art. 4 –, imponendo, segnatamente, agli Stati membri, di vietare le attività indicate al detto art. 4.

71      Tuttavia, il menzionato art. 4 riguarda unicamente le attività illecite, implicando l’utilizzazione di dispositivi illeciti ai sensi della direttiva stessa.

72      Orbene, i dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, e quelli utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consente l’utilizzazione unicamente a fini privati, non costituiscono, come emerge dai punti 62‑66 supra, dispositivi illeciti di tal genere.

73      Conseguentemente, né le attività che implichino l’utilizzazione di tali dispositivi né una normativa nazionale che vieti tali attività ricadono nel settore coordinato dalla direttiva sull’accesso condizionato.

74      La questione posta dal giudice a quo deve essere pertanto risolta nel senso che l’art. 3, n. 2, della direttiva sull’accesso condizionato non osta ad una normativa nazionale che impedisca l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, ovvero quelli utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consente l’utilizzazione unicamente a fini privati, atteso che una normativa di tal genere non ricade nel settore coordinato da tale direttiva.

c)              Sulle altre questioni riguardanti la direttiva sull’accesso condizionato

75      Alla luce delle soluzioni fornite alla prima questione nel procedimento C‑403/08, nonché alle questioni prima, seconda e terza nel procedimento C‑429/08, non occorre procedere all’esame della seconda, terza e ottava questione, lett. a), nel procedimento C‑403/08, né delle questioni quarta e quinta nel procedimento C‑429/08.

3.              Le norme del Trattato FUE in materia di libera circolazione delle merci e dei servizi

a)              Sul divieto di importazione, di vendita e di utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri [ottava questione, lett. b), e prima parte della nona questione nel procedimento C‑403/08, nonché sesta questione, i), nel procedimento C‑429/08]

76      Con tali questioni i giudici del rinvio chiedono, sostanzialmente, se gli artt. 34 TFUE, 36 TFUE e 56 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostino ad una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale risulti illecita l’importazione, la vendita e l’utilizzazione, nello Stato medesimo, di dispositivi di decodificazione stranieri che consentano l’accesso ad un servizio codificato di radiodiffusione via satellite proveniente da un altro Stato membro comprendente oggetti protetti dalla normativa di tale primo Stato.

i)              Sull’individuazione delle disposizioni applicabili

77      Una normativa nazionale, come quella oggetto delle cause principali, riguarda tanto la prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione codificati quanto la circolazione, nell’ambito dell’Unione, di dispositivi di decodificazione stranieri che consentono di decodificare tali servizi. Ciò premesso, sorge la questione se tale normativa debba essere esaminata sotto il profilo della libera prestazione dei servizi ovvero sotto quello della libera circolazione delle merci.

78      A tal riguardo, dalla giurisprudenza risulta che, quando un provvedimento nazionale si ricollega sia alla libera circolazione delle merci sia alla libera prestazione dei servizi, la Corte l’esamina, in linea di principio, con riferimento ad una sola delle due libertà fondamentali qualora emerga che una delle due è del tutto secondaria rispetto all’altra e possa esserle ricollegata (v. sentenze 24 marzo 1994, causa C‑275/92, Schindler, Racc. pag. I‑1039, punto 22, e 2 dicembre 2010, causa C‑108/09, Ker-Optika, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 43).

79      Tuttavia, in materia di telecomunicazioni, questi due aspetti sono spesso strettamente connessi, senza che l’uno possa essere considerato del tutto secondario rispetto all’altro. Ciò vale, in particolare, nel caso in cui una normativa nazionale disciplini la fornitura di apparecchiature di telecomunicazione, quali i dispositivi di decodificazione, al fine di precisare i requisiti cui tali apparecchiature devono rispondere, ovvero al fine di fissare le modalità di vendita dei medesimi, ragion per cui, in un’ipotesi di tal genere, occorre esaminare simultaneamente entrambe le libertà fondamentali (v., in tal senso, sentenza 22 gennaio 2002, causa C‑390/99, Canal Satélite Digital, Racc. pag. I‑607, punti 29‑33).

80      Ciò premesso, nel caso in cui una normativa riguardi, in materia, un’attività particolarmente caratterizzata a livello dei servizi forniti dagli operatori economici, laddove la fornitura delle apparecchiature di telecomunicazione vi si ricolleghi solamente in termini puramente secondari, occorrerà esaminare tale attività con riguardo alla sola libertà di prestazione di servizi.

81      Ciò vale, segnatamente, qualora la messa a disposizione di apparecchiature di tal genere costituisca solamente una modalità concreta di organizzazione o di funzionamento di tale servizio e qualora tale attività non presenti finalità proprie, ma sia volta a consentire di beneficiare del servizio stesso. Ciò premesso, l’attività consistente nella messa a disposizione di apparecchiature di tal genere non può essere valutata a prescindere dall’attività connessa al servizio cui la prima attività si ricollega (v., per analogia, sentenza Schindler, cit., punti 22‑25).

82      Nei procedimenti principali si deve rilevare che la normativa nazionale non è volta a disciplinare i dispositivi di decodificazione al fine di stabilire i requisiti cui essi devono rispondere ovvero di fissare le condizioni di vendita dei medesimi. Infatti, essa li disciplina solamente nella loro qualità di strumenti che consentono agli abbonati di beneficiare dei servizi di radiodiffusione codificati.

83      Considerato che tale normativa riguarda quindi, in primis, la libera prestazione dei servizi, laddove l’aspetto della libera circolazione delle merci risulta del tutto secondario rispetto alla libera prestazione dei servizi, la normativa medesima deve essere esaminata alla luce di quest’ultima libertà.

84      Ne consegue che una normativa di tal genere deve essere valutata con riguardo all’art. 56 TFUE.

ii)           Sulla sussistenza di una restrizione alla libera prestazione di servizi

85      L’art. 56 TFUE impone l’eliminazione di qualsiasi restrizione alla libera prestazione dei servizi, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisca legittimamente servizi analoghi. Peraltro, della libertà di prestazione di servizi beneficia tanto il prestatore quanto il destinatario dei servizi (v., in particolare, sentenza 8 settembre 2009, causa C‑42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, Racc. pag. I‑7633, punto 51, e la giurisprudenza ivi richiamata).

86      Nelle cause principali la normativa nazionale vieta l’importazione, la vendita e l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri sul territorio nazionale che diano accesso ai servizi di radiodiffusione via satellite provenienti da un altro Stato membro.

87      Orbene, atteso che l’accesso ai servizi di trasmissione via satellite, come quelli oggetto delle cause principali, è subordinato alla detenzione di un dispositivo di tal genere, la cui fornitura è soggetta alla restrizione contrattuale secondo cui il dispositivo stesso può essere utilizzato solamente sul territorio dello Stato membro di emissione, la normativa nazionale interessata osta alla ricezione di tali servizi da parte di soggetti residenti al di fuori dello Stato membro di emissione, nella specie, al di fuori del Regno Unito. Conseguentemente, tale normativa produce l’effetto di impedire a tali persone di accedere ai servizi di cui trattasi.

88      È pur vero che l’ostacolo alla ricezione di tali servizi scaturisce, in primo luogo, dai contratti conclusi tra gli enti di radiodiffusione ed i rispettivi clienti, i quali riflettono, a loro volta, le clausole di restrizione territoriale inserite nei contratti conclusi tra detti enti ed i titolari dei diritti di proprietà intellettuale. Tuttavia, tale normativa, poiché riconosce a dette restrizioni una tutela giuridica e ne impone il rispetto a pena di sanzioni civili e pecuniarie, restringe di per sé la libera prestazione dei servizi.

89      Ne consegue che la normativa de qua costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi vietata dall’art. 56 TFUE, a meno che essa non possa risultare oggettivamente giustificata.

iii)           Sulla giustificazione di una restrizione alla libera prestazione dei servizi rispetto all’obiettivo di tutela dei diritti di proprietà intellettuale

–       Osservazioni presentate alla Corte

90      La FAPL e a., la MPS, il governo del Regno Unito nonché i governi francese e italiano deducono che la restrizione sottesa alla normativa oggetto dei procedimenti principali può essere giustificata con riguardo ai diritti dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale, in quanto risulterebbe necessaria per garantire la tutela di un’adeguata remunerazione dei titolari medesimi, ove tale remunerazione presuppone che questi ultimi dispongano del diritto di rivendicarla per l’utilizzazione delle loro opere o di altri oggetti protetti in ogni singolo Stato membro e di concedere al riguardo un’esclusività territoriale.

91      A tal proposito, dette parti interessate ritengono, in particolare, che, in assenza di qualsiasi protezione di tale esclusività territoriale, il titolare dei diritti di proprietà intellettuale non sia più in grado di ottenere remunerazioni adeguate delle licenze da parte degli enti di radiodiffusione, atteso che la diffusione in diretta degli incontri sportivi avrebbe perso parte del proprio valore. Infatti, gli enti di radiodiffusione non sarebbero interessati all’acquisto di licenze al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione. L’acquisizione di licenze per tutti i territori nazionali in cui risiedano clienti potenziali non risulterebbe interessante dal punto di vista economico, in considerazione del prezzo estremamente elevato di tali licenze. Detti organismi acquisterebbero quindi le licenze per diffondere le opere interessate sul territorio di un solo Stato membro. Orbene, essi sarebbero disposti a corrispondere un supplemento rilevante subordinatamente alla condizione di disporre della garanzia dell’esclusività territoriale, in quanto questa consentirebbe loro di distinguersi dai concorrenti e di attrarre, in tal modo, ulteriore clientela.

92      La QC Leisure e a., la sig.ra Murphy, la Commissione e l’Autorità di vigilanza EFTA sostengono che una siffatta restrizione alla libera prestazione di servizi di radiodiffusione non può essere giustificata, in quanto si risolve in un contingentamento del mercato interno.

–       Risposta della Corte

93      Al fine di esaminare la giustificazione di una restrizione come quella oggetto dei procedimenti principali, si deve rammentare che una restrizione a libertà fondamentali garantite dal Trattato non può essere giustificata, a meno che essa risponda a ragioni imperative di interesse pubblico, sia idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vada oltre quanto è necessario per il raggiungimento dello scopo medesimo (v., in tal senso, sentenza 5 marzo 2009, causa C‑222/07, UTECA, Racc. pag. I‑1407, punto 25, e la giurisprudenza ivi richiamata).

94      Per quanto attiene alle giustificazioni ammissibili, da costante giurisprudenza emerge che tale restrizione può risultare giustificata, in particolare, da ragioni imperative di interesse generale consistenti nella tutela dei diritti di proprietà intellettuale (v., in tal senso, sentenze 18 marzo 1980, causa 62/79, Coditel e a., detta «Coditel I», Racc. pag. 881, punti 15 e 16, nonché 20 gennaio 1981, cause riunite 55/80 e 57/80, Musik-Vertrieb membran e K-tel International, Racc. pag. 147, punti 9 e 12).

95      Occorre quindi anzitutto accertare se la FAPL possa invocare tali diritti per giustificare il fatto che la normativa nazionale oggetto della causa principale istituisce una tutela a suo favore costitutiva di una restrizione alla libera prestazione di servizi.

96      A tal riguardo, si deve rilevare che la FAPL non può far valere un diritto d’autore sugli incontri stessi della «Premier League», atteso che questi non possono essere qualificati come «opere».

97      Infatti, per poter rivestire tale qualificazione, occorrerebbe che l’oggetto interessato fosse originale, nel senso che costituisse una creazione intellettuale propria del suo autore (v., in tal senso, sentenza 16 luglio 2009, causa C‑5/08, Infopaq International, Racc. pag. I‑6569, punto 37).

98      Orbene, gli incontri sportivi non possono essere considerati quali creazioni intellettuali qualificabili come opere ai sensi della direttiva sul diritto d’autore. Ciò vale, in particolare, per gli incontri di calcio, i quali sono disciplinati dalle regole del gioco, che non lasciano margine per la libertà creativa ai sensi del diritto d’autore.

99      Ciò premesso, gli incontri di calcio non possono essere tutelati sulla base del diritto d’autore. È peraltro pacifico che il diritto dell’Unione non li tuteli ad alcun altro titolo nell’ambito della proprietà intellettuale.

100    Ciò premesso, gli incontri sportivi rivestono, in quanto tali, un carattere unico e, sotto tal profilo, originale, che può trasformarli in oggetti meritevoli di tutela analoga alla tutela delle opere, ove tale tutela può essere concessa, eventualmente, dai singoli ordinamenti giuridici interni.

101    A tal riguardo, si deve rilevare che, a termini dell’art. 165, n. 1, secondo comma, TFUE, l’Unione contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa.

102    Ciò premesso, uno Stato membro può legittimamente tutelare gli incontri sportivi, eventualmente a titolo di tutela della proprietà intellettuale, istituendo una normativa nazionale specifica ovvero riconoscendo, nel rispetto del diritto dell’Unione, una tutela per tali incontri garantita da strumenti convenzionali conclusi tra i soggetti legittimati a mettere a disposizione del pubblico il contenuto audiovisivo degli incontri stessi e i soggetti che intendano diffondere tale contenuto al pubblico di loro scelta.

103    A tal riguardo, si deve aggiungere che il legislatore dell’Unione ha previsto l’esercizio di tale facoltà da parte di uno Stato membro laddove fa riferimento, al ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 97/36, ad eventi organizzati da un organizzatore legittimato a vendere i diritti relativi agli eventi medesimi.

104    Pertanto, nell’ipotesi in cui la normativa nazionale di cui trattasi sia volta a tutelare gli incontri sportivi – verifica che spetterebbe al giudice del rinvio – il diritto dell’Unione non osta, in linea di principio, a tale tutela ed una siffatta normativa può quindi giustificare una restrizione alla libera circolazione dei servizi come quella oggetto della causa principale.

105    Tuttavia, occorre inoltre che tale restrizione non vada al di là di quanto necessario per il conseguimento dell’obiettivo di tutela della proprietà intellettuale di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza UTECA, cit., punti 31 e 36).

106    A tal riguardo, si deve rammentare che deroghe al principio della libera circolazione sono ammissibili solo se siano giustificate dalla tutela dei diritti costituenti lo specifico oggetto della proprietà intellettuale di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza 23 ottobre 2003, causa C‑115/02, Rioglass e Transremar, Racc. pag. I‑12705, punto 23, e la giurisprudenza ivi richiamata).

107    In proposito, secondo costante giurisprudenza, tale oggetto specifico mira, segnatamente, a garantire ai titolari dei diritti interessati la tutela della facoltà di sfruttare commercialmente la messa in circolazione o la messa a disposizione degli oggetti protetti, concedendo licenze dietro il pagamento di un compenso (v., in tal senso, sentenze Musik-Vertrieb membran e K-tel International, cit., punto 12, nonché 20 ottobre 1993, cause riunite C‑92/92 e C‑326/92, Phil Collins e a., Racc. pag. I‑5145, punto 20).

108    Tuttavia, si deve necessariamente rilevare che tale oggetto specifico non garantisce ai titolari dei diritti interessati la possibilità di chiedere il più alto compenso possibile. Infatti, in considerazione di tale oggetto, quel che è loro garantito – come previsto dal decimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore e dal quinto ‘considerando’ della direttiva sui diritti connessi – è solamente un compenso adeguato per ogni utilizzazione degli oggetti protetti.

109    Orbene, per poter risultare adeguato, tale compenso deve collocarsi in un rapporto ragionevole con il valore economico della prestazione fornita. In particolare, deve presentare un rapporto ragionevole con il numero reale o potenziale di soggetti che ne fruiscano o intendano fruirne (v., per analogia, sentenze 22 settembre 1998, causa C‑61/97, FDV, Racc. pag. I‑5171, punto 15, e 11 dicembre 2008, causa C‑52/07, Kanal 5 e TV 4, Racc. pag. I‑9275, punti 36‑38).

110    In tal senso, in materia di radiodiffusione televisiva, tale compenso deve collocarsi – come confermato, segnatamente, dal diciassettesimo ‘considerando’ della direttiva sulla radiodiffusione via satellite – in un rapporto ragionevole con i rispettivi parametri delle relative emissioni, quali il numero effettivo e il numero potenziale di teleascoltatori nonché la versione linguistica delle trasmissioni stesse (v., in tal senso, sentenza 14 luglio 2005, causa C‑192/04, Lagardère Active Broadcast, Racc. pag. I‑7199, punto 51).

111    Ciò premesso, si deve anzitutto sottolineare che i titolari dei diritti oggetto delle cause principali ricevono un compenso per la radiodiffusione degli oggetti protetti dallo Stato membro di emissione in cui si presume che l’atto di radiodiffusione abbia avuto luogo, ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. b), della direttiva sulla radiodiffusione via satellite, ed in cui tale compenso adeguato è quindi dovuto.

112    Inoltre, si deve rilevare che, qualora un siffatto compenso sia convenuto tra i titolari dei diritti interessati e gli enti di radiodiffusione, nell’ambito di una vendita preceduta da una gara, nulla osta a che il titolare dei diritti di cui trattasi richieda, in tale occasione, un importo che tenga conto del numero effettivo e potenziale di teleascoltatori tanto nello Stato membro di emissione quanto in tutti gli altri Stati membri in cui vengano parimenti ricevute le emissioni contenenti gli oggetti protetti.

113    A tal riguardo, si deve ricordare, in particolare, che la ricezione di una trasmissione via satellite, come quella oggetto della causa principale, è subordinata al possesso di un dispositivo di decodificazione. Conseguentemente, è possibile determinare, con un grado di precisione molto elevato, il numero complessivo di teleascoltatori effettivi e potenziali dell’emissione di cui trattasi, vale a dire dei teleascoltatori residenti tanto all’interno quanto all’esterno dello Stato membro di emissione.

114    Infine, per quanto attiene al supplemento versato dagli enti di radiodiffusione per la concessione di un’esclusività territoriale, non può essere certamente escluso che l’importo del compenso adeguato rifletta parimenti il particolare carattere delle emissioni in questione, vale a dire la loro esclusività territoriale, ragion per cui un supplemento può essere corrisposto a tal titolo.

115    Ciò detto, nella specie, un supplemento di tal genere viene corrisposto ai titolari dei diritti di cui trattasi al fine di garantire un’esclusività territoriale assoluta, da cui derivano differenze di prezzo artificiose tra i mercati nazionali compartimentati. Orbene, una siffatta compartimentazione ed una tale differenza artificiosa di prezzi che ne consegue sono inconciliabili con lo scopo essenziale del Trattato, consistente nella realizzazione del mercato interno. Ciò premesso, tale supplemento non può più essere considerato quale parte di quell’adeguato compenso che dev’essere garantito ai titolari dei diritti di cui trattasi.

116    Conseguentemente, la corresponsione di tale supplemento va al di là di quanto è necessario per garantire a tali titolari un adeguato compenso.

117    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve concludere che la restrizione consistente nel divieto di utilizzare dispositivi di decodificazione stranieri non può essere giustificata con riguardo all’obiettivo della tutela dei diritti di proprietà intellettuale.

118    Tale conclusione non è in contrasto con la citata sentenza Coditel I, invocata dalla FAPL e a. nonché dalla MPS a sostegno delle proprie tesi. È pur vero che, al punto 16 di tale sentenza, la Corte ha affermato che le norme del Trattato non possono, in linea di principio, opporsi ai limiti geografici che le parti abbiano convenuto nei contratti di cessione di diritti di proprietà intellettuale per proteggere l’autore ed i suoi aventi causa e che la sola circostanza che detti limiti geografici coincidano, eventualmente, con le frontiere degli Stati membri non implica una posizione diversa.

119    Tuttavia, tali rilievi si collocano in un contesto che non è paragonabile a quello delle cause principali. Infatti, nella causa da cui è scaturita la citata sentenza Coditel I, le società di teledistribuzione hanno effettuato una comunicazione di un’opera al pubblico senza disporre, nello Stato membro del luogo di origine di tale comunicazione, di un’autorizzazione dei titolari dei diritti de quibus e senza aver ivi versato compensi ai medesimi.

120    Per contro, nei procedimenti principali, gli enti di radiodiffusione procedono ad atti di comunicazione al pubblico ben disponendo nello Stato membro di emissione – che è lo Stato membro del luogo di origine di tale comunicazione – di un’autorizzazione da parte dei titolari dei diritti interessati, e ben versando un compenso ai medesimi, ove tale compenso può d’altronde tener conto del numero di teleascoltatori effettivo e potenziale negli altri Stati membri.

121    Infine, si deve tener conto dell’evoluzione del diritto dell’Unione intervenuta medio tempore, in particolare, per effetto dell’adozione della direttiva «televisione senza frontiere» e di quella sulla radiodiffusione via satellite, che mirano a garantire il passaggio dai mercati nazionali ad un mercato unico di produzione e di distribuzione dei programmi.

iv)           Sulla giustificazione di una restrizione alla libera prestazione dei servizi consistente nell’obiettivo di incoraggiare la presenza del pubblico negli stadi

122    La FAPL e a. nonché la MPS sostengono, in subordine, che la restrizione oggetto delle cause principali è necessaria per garantire il rispetto della cosiddetta regola del «periodo di esclusione» che vieta la radiodiffusione nel Regno Unito di incontri di calcio il sabato pomeriggio. Tale regola mirerebbe ad incoraggiare il pubblico ad assistere agli incontri di calcio, in particolare a quelli delle serie inferiori, obiettivo che non potrebbe essere conseguito, a parere della FAPL e a. e della MPS, qualora i telespettatori nel Regno Unito potessero liberamente seguire gli incontri della «Premier League» diffusi da enti di radiodiffusione da altri Stati membri.

123    A tal riguardo, anche ammesso che l’obiettivo di voler incoraggiare la presenza del pubblico negli stadi sia idoneo a giustificare una restrizione alle libertà fondamentali, è sufficiente rilevare che il rispetto di tale regola può essere assicurato, in ogni caso, mediante una limitazione contrattuale inserita nei contratti di licenza conclusi tra i titolari dei diritti e gli enti di radiodiffusione, in base alla quale tali enti siano tenuti a non trasmettere gli incontri della «Premier League» durante i periodi di esclusione. Orbene, è incontestabile che una misura di tal genere risulta meno pregiudizievole per le libertà fondamentali rispetto all’applicazione della restrizione oggetto delle cause principali.

124    Ne consegue che la restrizione consistente nel divieto di utilizzare dispositivi di decodificazione stranieri non risulta giustificata dall’obiettivo di incoraggiare l’affluenza del pubblico negli stadi.

125    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, le questioni poste devono essere risolte affermando che l’art. 56 TFUE dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa di uno Stato membro per effetto della quale siano illecite l’importazione, la vendita e l’utilizzazione, nello Stato medesimo, di dispositivi di decodificazione stranieri che consentano l’accesso ad un servizio codificato di radiodiffusione via satellite proveniente da un altro Stato membro contenente oggetti protetti dalla normativa di tale primo Stato.

b)              Sull’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri a seguito dell’indicazione di una falsa identità e di un falso recapito e sull’utilizzazione di tali dispositivi a fini commerciali [ottava questione, lett. c), nel procedimento C‑403/08 e sesta questione, ii) e iii), nel procedimento C‑429/08]

126    Con tali questioni i giudici del rinvio chiedono, sostanzialmente, se la conclusione esposta supra al punto 125 risulti inficiata dalla duplice circostanza che, da un lato, il dispositivo di decodificazione straniero sia stato ottenuto o attivato mediante l’indicazione di una falsa identità e di un falso recapito, con l’intento di eludere la restrizione territoriale oggetto delle cause principali e, dall’altro, che tale dispositivo venga utilizzato a fini commerciali laddove era riservato per una utilizzazione a carattere privato.

127    Per quanto attiene alla prima circostanza, essa è certamente idonea a produrre effetti nei rapporti contrattuali tra l’acquirente, che ha indicato una falsa identità ed un falso recapito, ed il soggetto fornitore del dispositivo medesimo, ove quest’ultimo potrà pretendere dall’acquirente, segnatamente, il risarcimento del danno nel caso in cui la falsa identità ed il falso recapito, da questi indicati, gli abbiano causato un pregiudizio ovvero ne abbiano implicato la responsabilità nei confronti di un ente quale la FAPL. Per contro, tale circostanza non inficia la conclusione esposta supra al punto 125, in quanto essa non ha alcuna incidenza sul numero di utenti che hanno versato un corrispettivo per la ricezione delle emissioni.

128    Ciò vale parimenti per quanto attiene alla seconda circostanza, quando il dispositivo di decodificazione sia utilizzato a fini commerciali laddove era riservato per una utilizzazione a fini privati.

129    A tal riguardo, si deve precisare che nulla osta a che l’importo del corrispettivo convenuto tra i titolari dei diritti interessati e gli enti di radiodiffusione venga determinato in funzione del fatto che taluni clienti utilizzino i dispositivi di decodificazione a fini commerciali mentre altri ne facciano uso a fini privati.

130    Ripercuotendo tale circostanza sui propri clienti, l’ente di radiodiffusione può così richiedere un corrispettivo diverso per l’accesso ai propri servizi a seconda del fatto che tale accesso persegua fini commerciali o privati.

131    Orbene, il rischio che taluni soggetti facciano uso dei dispositivi di decodificazione stranieri in violazione della destinazione loro riservata risulta analogo a quello che si verifica in caso di utilizzazione di dispositivi di decodificazione in situazioni puramente interne, vale a dire in caso di utilizzazione da parte di clienti residenti sul territorio dello Stato membro di emissione. Ciò premesso, la seconda circostanza summenzionata non può giustificare una restrizione territoriale alla libera prestazione dei servizi e, pertanto, non inficia la conclusione affermata supra al punto 124. Ciò non pregiudica, tuttavia, la valutazione giuridica – sotto il profilo del diritto d’autore – dell’utilizzazione delle emissioni via satellite a fini commerciali successivamente alla loro ricezione, valutazione che verrà compiuta infra, nella seconda parte della sentenza.

132    Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni poste devono essere risolte nel senso che la conclusione affermata al punto 125 supra non è inficiata né dalla circostanza che il dispositivo di decodificazione straniero sia stato ottenuto o attivato mediante l’indicazione di una falsa identità e di un falso recapito, con l’intento di eludere la restrizione territoriale in questione, né dalla circostanza che tale dispositivo venga utilizzato a fini commerciali pur essendo riservato ad un uso a fini privati.

c)              Sulle altre questioni relative alla libera circolazione (seconda parte della nona questione nel procedimento C‑403/08 e settima questione nel procedimento C‑429/08)

133    Tenuto conto della risposta fornita all’ottava questione, lett. b), e alla prima parte della nona questione nel procedimento C‑403/08, nonché alla sesta questione, i), nel procedimento C‑429/08, non occorre procedere all’esame della seconda parte della nona questione nel procedimento C‑403/08 né della settima questione nel procedimento C‑429/08.

4.              Le norme del Trattato TFUE in materia di concorrenza

134    Con la decima questione nel procedimento C‑403/08 e con l’ottava questione nel procedimento C‑429/08 i giudici del rinvio chiedono, sostanzialmente, se le clausole insite in un contratto di licenza esclusiva concluso tra un titolare di diritti di proprietà intellettuale ed un ente di radiodiffusione costituiscano una restrizione alla concorrenza vietata dall’art. 101 TFUE qualora impongano a detto ente l’obbligo di non fornire dispositivi di decodificazione che consentano l’accesso ad oggetti protetti di tale titolare al di fuori del territorio oggetto del contratto di licenza medesimo.

135    Si deve rammentare, in limine, che un accordo ricade nel divieto sancito dall’art. 101, n. 1, TFUE qualora abbia per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza. L’alternatività tra oggetto ed effetto implica che occorre, in primo luogo, verificare la presenza di un solo criterio, nella specie, dell’oggetto dell’accordo. Solamente in via subordinata, qualora l’analisi del tenore dell’accordo non abbia rivelato un pregiudizio per la concorrenza di sufficiente entità, occorrerà esaminarne gli effetti e, per poterlo vietare, dovranno sussistere tutti gli elementi che comprovino che il gioco della concorrenza sia stato di fatto impedito, ristretto o falsato in modo sensibile (v., in tal senso, sentenze 4 giugno 2009, causa C‑8/08, T‑Mobile Netherlands e a., Racc. pag. I‑4529, punto 28, nonché 6 ottobre 2009, cause riunite C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., Racc. pag. I‑9291, punto 55).

136    Orbene, per poter valutare l’oggetto eventualmente anticoncorrenziale di un accordo, occorre far riferimento, segnatamente, al tenore delle sue disposizioni, agli obiettivi dallo stesso perseguiti nonché al contesto economico e giuridico in cui esso si colloca (v., in tal senso, sentenza GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., cit., punto 58, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).

137    Quanto ai contratti di licenza di diritti di proprietà intellettuale, dalla giurisprudenza della Corte emerge che la sola circostanza che il titolare dei diritti abbia concesso ad un unico licenziatario il diritto esclusivo di radiodiffusione di un oggetto protetto a partire da uno Stato membro e, quindi, di vietarne la diffusione da parte di altri, per un periodo determinato, non è tuttavia sufficiente per affermare che tale accordo presenti un oggetto anticoncorrenziale (v., in tal senso, sentenza 6 ottobre 1982, causa 262/81, Coditel e a., detta «Coditel II», Racc. pag. 3381, punto 15).

138    Ciò premesso, ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. b), della direttiva sulla radiodiffusione via satellite, un titolare di diritti può concedere, in linea di principio, ad un licenziatario unico il diritto esclusivo di radiodiffusione via satellite, per un periodo determinato, di un oggetto protetto a partire da un solo Stato membro di emissione o a partire da più Stati membri.

139    Ciò detto, per quanto attiene alle restrizioni territoriali dell’esercizio di tale diritto, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, un accordo volto a ristabilire la compartimentazione dei mercati nazionali può essere tale da impedire il perseguimento dell’obiettivo del Trattato diretto a realizzare l’integrazione dei mercati nazionali tramite la creazione di un mercato unico. In tal senso, contratti diretti a compartimentare i mercati nazionali secondo le frontiere nazionali ovvero rendendo più ardua l’integrazione dei mercati nazionali devono essere considerati, in linea di principio, quali accordi aventi ad oggetto la restrizione della concorrenza ai sensi dell’art. 101, n. 1, TFUE (v., per analogia, nel settore dei medicinali, sentenze 16 settembre 2008, cause riunite da C‑468/06 a C‑478/06, Sot. Lélos kai Sia e a., Racc. pag. I‑7139, punto 65, nonché GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., cit., punti 59 e 61).

140    Atteso che tale giurisprudenza risulta pienamente trasponibile al settore della prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione, come emerge, segnatamente, dai punti 118‑121 supra, si deve dichiarare che qualora un contratto di licenza sia volto a vietare o a limitare la prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione, si presume che esso abbia ad oggetto di restringere la concorrenza, salvo che altre circostanze risultanti dal suo contesto economico e giuridico non consentano di ritenere che tale contratto non sia idoneo a pregiudicare la concorrenza.

141    Nelle cause principali, la concessione stessa di licenze esclusive per la diffusione di incontri della «Premier League» non è rimessa in discussione. Infatti, tali cause vertono unicamente sugli obblighi supplementari volti ad assicurare il rispetto delle limitazioni territoriali di sfruttamento di tali licenze derivanti dalle clausole insite nei contratti conclusi tra i titolari dei diritti e gli enti di radiodiffusione interessati, vale a dire l’obbligo degli enti medesimi di non fornire dispositivi di decodificazione che consentano l’accesso agli oggetti protetti ai fini della loro utilizzazione al di fuori del territorio contemplato dal contratto di licenza.

142    Per quanto attiene a tali clausole, si deve rilevare, da un lato, che esse vietano agli enti di radiodiffusione qualsiasi prestazione transfrontaliera di servizi relativa a tali incontri, il che consente di attribuire ad ogni ente di radiodiffusione un’esclusività territoriale assoluta nella zona oggetto della rispettiva licenza e di eliminare, in tal modo, qualsiasi concorrenza tra i vari enti di radiodiffusione nel settore di tali servizi.

143    Dall’altro, la FAPL e a. e la MPS non hanno dedotto alcuna circostanza risultante dal contesto economico e giuridico di dette clausole che consenta di ritenere che, malgrado le considerazioni esposte al punto precedente, le clausole medesime non siano tali da pregiudicare la concorrenza e non abbiano, pertanto, un oggetto anticoncorrenziale.

144    Ciò premesso, atteso che dette clausole insite nei contratti di licenza esclusiva hanno un oggetto anticoncorrenziale, si deve concludere che esse costituiscono una restrizione alla concorrenza vietata ai sensi dell’art. 101, n. 1, TFUE.

145    Si deve aggiungere che se, in linea di principio, l’art. 101, n. 1, TFUE non si applica ad accordi che ricadono nelle categorie indicate al n. 3 del medesimo articolo, considerato che le clausole insite nei contratti di licenza come quelle oggetto delle cause principali non risultano conformi, per i motivi precisati supra ai punti 105‑124, alle esigenze previste da quest’ultima disposizione, l’ipotesi dell’inapplicabilità dell’art. 101, n. 1, TFUE conseguentemente non si pone.

146    Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni poste devono essere risolte nel senso che le clausole insite in un contratto di licenza esclusiva concluso tra un titolare di diritti di proprietà intellettuale ed un ente di radiodiffusione costituiscono una restrizione alla concorrenza vietata dall’art. 101 TFUE qualora impongano a detto ente l’obbligo di non fornire dispositivi di decodificazione che consentano l’accesso agli oggetti protetti del titolare medesimo ai fini della loro utilizzazione al di fuori del territorio oggetto del contratto di licenza stesso.

B –  Sulle norme connesse all’utilizzazione delle trasmissioni a seguito della loro ricezione

1.              Osservazioni preliminari

147    Con la seconda parte delle questioni pregiudiziali si chiede se la ricezione delle trasmissioni contenenti gli incontri della «Premier League» nonché le opere connesse sia soggetta a restrizioni previste dalle direttive in materia di diritto d’autore e di diritti connessi in considerazione del fatto che essa si risolve in riproduzioni di tali opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, nonché in considerazione della proiezione delle opere medesime in pubblico da parte dei proprietari dei bar-ristoranti in questione.

148    A tal riguardo, si deve rammentare che, come emerge dai punti 37 e 57 supra, due categorie di soggetti possono far valere diritti di proprietà intellettuale relativi ad emissioni televisive come quelle oggetto delle cause principali, vale a dire, da un lato, gli autori delle opere interessate e, dall’altro, gli enti di radiodiffusione.

149    Per quanto attiene, anzitutto, agli autori, questi possono fondarsi sul diritto d’autore connesso alle opere sfruttate nell’ambito di tali emissioni. Nelle cause principali, è pacifico che la FAPL può far valere i diritti d’autore su varie opere contenute nelle emissioni radiodiffuse di cui trattasi, vale a dire, in particolare, sulla sequenza video di apertura, sull’inno della «Premier League», su film preregistrati che riportano i momenti più significativi di incontri recenti della «Premier League» o su una serie di soluzioni grafiche.

150    Per quanto riguarda poi, gli enti di radiodiffusione quali la Multichoice Hellas, questi possono invocare il diritto di fissazione delle loro emissioni previsto dall’art. 7, n. 2, della direttiva sui diritti connessi, o il diritto di comunicazione al pubblico delle loro emissioni ai sensi dell’art. 8, n. 3, della direttiva medesima o, ancora, il diritto di riproduzione delle fissazioni delle nuove emissioni, sancito dall’art. 2, lett. e), della direttiva sul diritto d’autore.

151    Orbene, le questioni sollevate nelle cause principali non vertono su tali diritti.

152    Ciò premesso, l’esame da parte della Corte dev’essere limitato agli artt. 2, lett. a), 3, n. 1, e 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore che tutelano il diritto d’autore sulle opere sfruttate nell’ambito delle trasmissioni televisive oggetto delle cause principali, vale a dire, segnatamente, sulla sequenza video di apertura, sull’inno della «Premier League», sui film preregistrati che riportano i momenti più significativi di recenti incontri della «Premier League» o su una serie di soluzioni grafiche.

2.              Sul diritto di riproduzione previsto dall’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore (quarta questione nel procedimento C‑403/08)

153    Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore debba essere interpretato nel senso che il diritto di riproduzione si estenda alla creazione di frammenti transitori delle opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo i quali si succedono e sono immediatamente cancellati e sostituiti dai frammenti seguenti. In tale contesto, il giudice a quo chiede, segnatamente, se le sue valutazioni debbano essere compiute con riferimento a tutti i frammenti dell’insieme composto ovvero unicamente con riferimento a quelli esistenti in un determinato momento.

154    In limine, si deve rammentare che la nozione di «riproduzione» di cui all’art. 2 di detta direttiva costituisce una nozione di diritto dell’Unione che deve essere oggetto, in tutta l’Unione, di un’interpretazione autonoma ed uniforme (sentenza Infopaq International, cit., punti 27‑29).

155    Per quanto attiene al suo contenuto, è stato già rilevato, al punto 97 supra, che il diritto d’autore ai sensi del menzionato art. 2, lett. a), può trovare applicazione unicamente con riguardo ad un oggetto che costituisca una creazione intellettuale propria del suo autore (sentenza Infopaq International, cit., punto 37).

156    La Corte ha così precisato che le singole parti di un’opera beneficiano di una tutela ai sensi di detta disposizione a condizione che esse contengano taluni degli elementi che sono espressione della creazione intellettuale dell’autore dell’opera stessa (sentenza Infopaq International, cit. supra, punto 39).

157    Ciò implica che, al fine di verificare se elementi di tal genere siano contenuti, occorre esaminare l’insieme composto dei frammenti simultaneamente riprodotti – esistenti, quindi, in un determinato momento. In caso di risposta affermativa, tale insieme dev’essere qualificato come riproduzione parziale ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore (v., in tal senso, sentenza Infopaq International, cit., punti 45 e 46). A tal riguardo, non è pertinente accertare se un’opera sia riprodotta mediante frammenti lineari che possono avere un’esistenza effimera in quanto immediatamente cancellati nell’ambito di un procedimento tecnico.

158    È alla luce di quanto precede che spetta al giudice del rinvio valutare se la creazione di frammenti transitori delle opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo si risolva in riproduzioni ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore.

159    Conseguentemente, la questione posta dev’essere risolta affermando che l’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore dev’essere interpretato nel senso che il diritto di riproduzione si estende ai frammenti transitori delle opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, a condizione che tali frammenti contengano elementi che siano espressione della creazione intellettuale propria degli autori interessati, ove, al fine di verificare la sussistenza di tali elementi, occorre esaminare l’insieme composto dei frammenti simultaneamente riprodotti.

3.              Sull’eccezione al diritto di riproduzione prevista dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore (quinta questione nel procedimento C‑403/08)

160    Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se gli atti di riproduzione del genere di quelli oggetto del procedimento C‑403/08, operati nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, rispondano ai requisiti indicati all’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore e se, conseguentemente, tali atti possano essere compiuti senza l’autorizzazione dei titolari di diritti d’autore.

a)              Osservazioni preliminari

161    Ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore, un atto di riproduzione è esente dal diritto di riproduzione previsto dall’art. 2 della medesima solo qualora soddisfi cinque requisiti, vale a dire qualora:

–        sia temporaneo;

–        sia transitorio o accessorio;

–        costituisca parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico;

–        il procedimento sia eseguito all’unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o un utilizzo legittimo di un’opera o di oggetto protetto, e

–        tale atto sia privo di rilievo economico proprio.

162    Dalla giurisprudenza emerge che i requisiti indicati supra devono costituire oggetto di un’interpretazione restrittiva, in quanto l’art. 5, n. 1, di tale direttiva costituisce una deroga alla regola generale sancita dalla medesima che impone che sia il titolare dei diritti d’autore ad autorizzare qualsiasi riproduzione delle sue opere protette (sentenza Infopaq International, cit., punti 56 e 57).

163    Ciò premesso, l’interpretazione di tali requisiti deve consentire di salvaguardare l’effetto utile dell’eccezione così istituita e di rispettarne la finalità, come emerge, segnatamente, dal trentunesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore e dalla posizione comune (CE) n. 48/2000, emanata dal Consiglio in data 28 settembre 2000 ai fini dell’adozione della direttiva medesima (GU C 344, pag. 1).

164    In considerazione del suo obiettivo, detta eccezione deve quindi consentire ed assicurare lo sviluppo ed il funzionamento di nuove tecnologie, nonché mantenere un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi dei titolari di diritti, da un lato, e degli utilizzatori delle opere protette che intendano beneficiare di tali nuove tecnologie, dall’altro.

b)              Sul rispetto dei requisiti previsti dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore

165    È pacifico che gli atti di riproduzione di cui trattasi soddisfano i primi tre requisiti elencati all’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore, atteso che tali atti sono temporanei, transitori e costituiscono parte integrante di un procedimento tecnologico, realizzato per mezzo di un decodificatore satellitare e di un apparecchio televisivo al fine di consentire la ricezione delle emissioni radiodiffuse.

166    Non resta quindi altro che procedere alla valutazione della sussistenza del quarto e del quinto requisito.

167    Per quanto attiene, anzitutto, al quarto requisito, si deve rilevare, in limine, che gli atti di riproduzione di cui trattasi non mirano a consentire una trasmissione in una rete tra terzi con l’intervento di un intermediario. Occorre quindi esaminare, alternativamente, se essi perseguano unicamente lo scopo di consentire un utilizzo legittimo di un’opera o di un oggetto protetto.

168    A tal riguardo, come emerge dal trentunesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore, si presume che un’utilizzazione sia legittima quando sia stata autorizzata dal titolare dei diritti di cui trattasi o qualora non sia limitata dalla normativa applicabile.

169    Atteso che, nella causa principale, l’utilizzazione delle opere in questione non è autorizzata dai titolari dei diritti d’autore, occorre quindi valutare se gli atti de quibus mirino a consentire un’utilizzazione di opere non limitata dalla normativa applicabile.

170    A tal riguardo, è pacifico che detti atti effimeri di riproduzione consentano il corretto funzionamento del decodificatore satellitare e dello schermo televisivo. Dal punto di vista dei telespettatori, essi consentono la ricezione delle trasmissioni contenenti opere protette.

171    Orbene, la semplice ricezione, di per sé, di tali emissioni, vale a dire la loro captazione e visualizzazione in un ambito privato, non costituisce un atto limitato dalla normativa dell’Unione o da quella del Regno Unito, come emerge d’altronde dal tenore della quinta questione pregiudiziale nel procedimento C‑403/08, ragion per cui detto atto deve ritenersi legittimo. Inoltre, dai punti 77‑132 supra emerge che una siffatta ricezione di emissioni dev’essere considerata legittima in caso di emissioni provenienti da uno Stato membro diverso dal Regno Unito qualora essa sia effettuata per mezzo di un dispositivo di decodificazione straniero.

172    Ciò premesso, si deve rilevare che tali atti di riproduzione perseguono l’unico scopo di consentire un «utilizzo legittimo» delle opere ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva sul diritto d’autore.

173    Gli atti di riproduzione del genere di quelli oggetti nella causa principale rispondono, quindi, al quarto requisito previsto da detta disposizione.

174    Per quanto attiene, infine, al quinto requisito ivi previsto, si deve rilevare che detti atti di riproduzione, realizzati nell’ambito di un procedimento tecnico, consentono l’accesso alle opere protette. Atteso che queste ultime possiedono un valore economico, l’accesso alle medesime riveste quindi necessariamente un rilievo economico.

175    Tuttavia, per non privare l’eccezione prevista dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore del suo effetto utile, occorre, inoltre, che tale rilievo sia proprio nel senso che vada al di là del vantaggio economico derivante dalla semplice ricezione di un’emissione contenente opere protette, vale a dire, al di là del vantaggio derivante dalla sua semplice captazione e visualizzazione.

176    Nella causa principale, gli atti di riproduzione temporanei, realizzati nella memoria del decodificatore satellitare e sullo schermo televisivo, costituiscono una parte inseparabile e non autonoma del processo di ricezione delle emissioni radiodiffuse contenenti le opere di cui trattasi. Tali atti sono peraltro effettuati indipendentemente dall’influenza, ovvero dalla consapevolezza, delle persone aventi in tal modo accesso alle opere protette.

177    Conseguentemente, detti atti di riproduzione temporanei non possono generare un vantaggio economico supplementare che vada al di là del vantaggio derivante dalla semplice ricezione delle emissioni di cui trattasi.

178    Conseguentemente, non si può ritenere che gli atti di riproduzione oggetto della causa principale presentino un rilievo economico proprio. Conseguentemente, essi rispondono al quinto requisito previsto dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore.

179    Tale considerazione, unitamente a quella esposta supra al punto 172, risulta d’altronde avvalorata dalla finalità di tale disposizione, volta ad assicurare lo sviluppo ed il funzionamento di nuove tecnologie. Infatti, nel caso in cui gli atti in questione non dovessero essere considerati conformi ai requisiti fissati dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore, a tutti i telespettatori che si avvalessero di apparecchi moderni, i quali necessitano, ai fini del loro funzionamento, della realizzazione di tali atti di riproduzione, risulterebbe impedita la ricezione delle emissioni contenenti opere radiodiffuse in assenza di un’autorizzazione da parte dei titolari dei diritti d’autore. Orbene, ciò ostacolerebbe, per non dire paralizzerebbe, l’espansione nonché un contributo effettivo delle nuove tecnologie, in contrasto con la volontà del legislatore dell’Unione, quale espressa al trentunesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore.

180    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve concludere che atti di riproduzione del genere di quelli oggetto della causa principale rispondono a tutti i cinque requisiti indicati all’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore.

181    Ciò premesso, per poter sollevare l’eccezione prevista dalla menzionata disposizione, occorre, inoltre, che tali atti rispondano ai requisiti di cui all’art. 5, n. 5, della direttiva sul diritto d’autore. A tal riguardo, è sufficiente rilevare che, alla luce dei rilievi svolti supra ai punti 163‑179, gli atti in questione soddisfano parimenti tali requisiti.

182    Conseguentemente, la questione posta dev’essere risolta nel senso che gli atti di riproduzione del genere di quelli oggetto del procedimento C‑403/08, effettuati nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, rispondono ai requisiti indicati all’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore e possono essere quindi compiuti senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti d’autore di cui trattasi.

4.              Sulla «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore (sesta questione nel procedimento C‑403/08)

183    Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se la nozione di «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore debba essere interpretata nel senso che ricomprenda la trasmissione di opere radiodiffuse, mediante uno schermo televisivo ed altoparlante, a clienti presenti in un bar-ristorante.

184    In limine, si deve rilevare che l’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore non precisa la nozione di «comunicazione al pubblico» (sentenza 7 dicembre 2006, causa C‑306/05, SGAE, Racc. pag. I‑11519, punto 33).

185    Ciò premesso, conformemente ad una costante giurisprudenza, occorre determinare il senso e la portata di tale disposizione in considerazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva stessa ed in considerazione del contesto in cui la disposizione interpretata si colloca (v. sentenza SGAE, cit., punto 34, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).

186    A tal proposito, si deve anzitutto rammentare che la direttiva sul diritto d’autore persegue quale obiettivo principale la realizzazione di un livello elevato di protezione a favore degli autori, consentendo ai medesimi di ottenere un adeguato compenso per l’utilizzazione delle loro opere, in particolare in occasione di una comunicazione al pubblico. Ne consegue che la nozione di comunicazione al pubblico dev’essere intesa in senso ampio, come espressamente affermato nel ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva medesima (v. sentenza SGAE, cit., punto 36).

187    Si deve inoltre rilevare che, ai sensi del ventesimo ‘considerando’ della direttiva stessa, questa si fonda su principi e regole già definiti dalle direttive in vigore nel campo della proprietà intellettuale, quali la direttiva 92/100, codificata dalla direttiva sui diritti connessi (v. sentenza Infopaq International, cit., punto 36).

188    Ciò premesso, alla luce delle esigenze di unicità e di coerenza dell’ordinamento giuridico dell’Unione, le nozioni utilizzate da tutte le dette direttive devono avere lo stesso significato, salva diversa volontà del legislatore dell’Unione espressa in un contesto legislativo preciso.

189    Infine, il menzionato art. 3, n. 1, dev’essere interpretato, nella misura del possibile, alla luce del diritto internazionale e, in particolare, tenendo conto della Convenzione di Berna e del trattato sul diritto d’autore. Infatti, la direttiva sul diritto d’autore è volta a dare esecuzione a detto trattato il quale, all’art. 1, n. 4, obbliga le parti contraenti a conformarsi agli artt. 1‑21 della Convenzione di Berna. Lo stesso obbligo è peraltro previsto dall’art. 9, n. 1, dell’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punti 35, 40 e 41, nonché la giurisprudenza ivi citata).

190    Sulla base di questi tre elementi occorre quindi interpretare la nozione di «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore esaminando se essa ricomprenda la trasmissione di opere radiodiffuse, mediante uno schermo televisivo ed altoparlante, a clienti presenti in un bar-ristorante.

191    Per quanto attiene, anzitutto, alla nozione di comunicazione, dall’art. 8, n. 3, della direttiva sui diritti connessi e dagli artt. 2, lett. g), e 15 del trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni dei fonogrammi emerge che tale nozione comprende «l’atto di rendere udibili al pubblico i suoni o la rappresentazione di suoni fissati in un fonogramma» e che essa si estende alla radiodiffusione o «qualunque comunicazione al pubblico».

192    Più precisamente e come espressamente indicato nell’art. 11 bis, primo comma, iii), della convenzione di Berna, tale nozione ricomprende la comunicazione mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, estendendosi quindi – conformemente all’esposizione della motivazione della proposta di direttiva sul diritto d’autore [COM(97) 628 def.] – ad un mezzo di comunicazione quale la rappresentazione di opere su uno schermo.

193    Ciò premesso e tenuto conto che il legislatore dell’Unione non ha espresso diversa volontà per quanto attiene all’interpretazione di tale nozione nella direttiva sul diritto d’autore e, segnatamente, all’art. 3 della medesima (v. supra, punto 188), la nozione di comunicazione dev’essere intesa in senso ampio, nel senso che ricomprende qualsiasi trasmissione delle opere protette, a prescindere dal mezzo o dal procedimento tecnico utilizzati.

194    Nel solco di tale interpretazione la Corte ha già avuto modo di affermare che il titolare di un’azienda alberghiera realizza un atto di comunicazione qualora consenta ai propri clienti di accedere alle opere radiodiffuse mediante apparecchi televisivi distribuendo nelle stanze dell’albergo, con piena cognizione di causa, il segnale ricevuto, portatore delle opere protette. A tal riguardo, la Corte ha sottolineato che un’operazione di tal genere non costituisce un semplice mezzo tecnico per garantire o migliorare la ricezione della trasmissione originaria nella sua zona di copertura, bensì un atto in assenza del quale i clienti non potrebbero usufruire delle opere diffuse, pur trovandosi all’interno della zona stessa (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punto 42).

195    Nel procedimento C‑403/08, il proprietario di un bar-ristorante consente volutamente ai propri clienti presenti nel locale stesso di accedere ad una emissione radiodiffusa, contenente opere protette, per mezzo di uno schermo televisivo e di altoparlanti, fermo restando che, senza l’intervento del proprietario stesso, i clienti non potrebbero usufruire delle opere radiodiffuse, pur trovandosi all’interno della zona di copertura dell’emissione medesima. In tal senso, le circostanze di un atto di tal genere risultano analoghe a quelle già oggetto della menzionata sentenza SGAE.

196    Ciò detto, si deve dichiarare che il proprietario di un bar-ristorante procede ad una comunicazione qualora trasmetta volutamente opere radiodiffuse, mediante uno schermo televisivo ed altoparlanti, a clienti presenti nel proprio locale.

197    Ciò premesso, per poter ricadere, in circostanze come quelle oggetto della causa principale, nella nozione di «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore occorre, inoltre, che l’opera radiodiffusa sia trasmessa ad un pubblico nuovo, vale a dire ad un pubblico che non sia stato preso in considerazione dagli autori delle opere protette nel momento in cui hanno autorizzato l’utilizzazione delle opere stesse mediante comunicazione al pubblico di origine (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punti 40 e 42, nonché ordinanza 18 marzo 2010, causa C‑136/09, Organismos Sillogikis Diacheirisis Dimiourgon Theatrikon kai Optikoakoustikon Ergon, punto 38).

198    A tal riguardo, si deve rammentare che, autorizzando la radiodiffusione delle loro opere, gli autori prendono in considerazione, in linea di principio, solo i detentori di apparecchi televisivi i quali, individualmente o nella loro sfera privata o familiare, ricevono il segnale e seguono le trasmissioni. Orbene, nel momento in cui una trasmissione di un’opera radiodiffusa viene effettuata in un luogo accessibile al pubblico e rivolta ad un pubblico ulteriore al quale viene consentito, dal detentore dell’apparecchio televisivo, di godere dell’ascolto o della visualizzazione dell’opera, tale intervento deliberato dev’essere considerato quale atto con cui l’opera in questione viene comunicata ad un pubblico nuovo (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punto 41, e ordinanza Organismos Sillogikis Diacheirisis Dimiourgon Theatrikon kai Optikoakoustikon Ergon, cit., punto 37).

199    Ciò si verifica nel caso della trasmissione di opere radiodiffuse da parte del proprietario di un bar-ristorante ai clienti presenti nel proprio locale, in quanto detti clienti costituiscono un pubblico ulteriore che non è stato preso in considerazione dagli autori all’atto dell’autorizzazione della radiodiffusione delle loro opere.

200    Inoltre, perché sussista una comunicazione al pubblico, l’opera radiodiffusa dev’essere trasmessa ad un «pubblico non presente nel luogo in cui [le comunicazioni] hanno origine», come si legge nel ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore.

201    A tal riguardo, dalla posizione comune n. 48/2000 menzionata supra emerge che tale ‘considerando’ fa seguito alla proposta del Parlamento europeo che intendeva ivi precisare che la comunicazione al pubblico ai sensi di tale direttiva non comprende «le rappresentazioni o esecuzioni dirette», nozione che rinvia a quella di «rappresentazione e esecuzione pubbliche» di cui all’art. 11, primo comma, della Convenzione di Berna, ove quest’ultima nozione ricomprende l’interpretazione di opere dinanzi al pubblico che si trovi in contatto fisico e diretto con l’autore o l’esecutore delle opere stesse (v. la guida della Convenzione di Berna, documento interpretativo elaborato dall’OMPI il quale, senza peraltro possedere efficacia vincolante, contribuisce tuttavia all’intepretazione della convenzione stessa, come rilevato dalla Corte al punto 41 della citata sentenza SGAE).

202    In tal senso, al fine di escludere la sussistenza di una tale rappresentazione ed esecuzione pubblica diretta dalla sfera della nozione di comunicazione al pubblico nell’ambito della direttiva sul diritto d’autore, il menzionato ventitreesimo ‘considerando’ ha precisato che la comunicazione al pubblico ricomprende tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine.

203    Orbene, tale elemento di contatto fisico e diretto è appunto assente in caso di trasmissione, in un luogo quale un bar-ristorante, di un’opera radiodiffusa per mezzo di uno schermo televisivo ed altoparlanti, al pubblico presente nel luogo della trasmissione ma non presente nel luogo di origine della comunicazione ai sensi del ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore, vale a dire nel luogo della rappresentazione radiodiffusa (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punto 40).

204    Si deve infine rilevare che il carattere lucrativo di una «comunicazione» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore non è privo di pertinenza (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punto 44).

205    In una fattispecie come quella oggetto della causa principale, è incontestabile che, da un lato, il titolare proceda alla trasmissione delle opere radiodiffuse nel proprio bar-ristorante al fine di trarne un vantaggio e, dall’altro, che tale trasmissione sia idonea ad attirare clienti interessati dalle opere così trasmesse. Conseguentemente, la trasmissione di cui trattasi incide sulla frequentazione del locale e, in fin dei conti, sui suoi risultati economici.

206    Ne consegue che la comunicazione al pubblico in esame riveste carattere lucrativo.

207    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la questione posta deve essere risolta dichiarando che la nozione di «comunicazione al pubblico» di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore dev’essere interpretata nel senso che comprende la trasmissione di opere radiodiffuse, per mezzo di uno schermo televisivo ed altoparlanti, ai clienti presenti in un bar-ristorante.

5.              Sull’incidenza della direttiva sulla radiodiffusione via satellite (settima questione nel procedimento C‑403/08)

208    Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se la direttiva sulla radiodiffusione via satellite incida sulla liceità di atti di riproduzione effettuati nella memoria di un decoder satellitare e su uno schermo televisivo.

209    A tal riguardo, si deve ricordare che la direttiva sulla radiodiffusione via satellite prevede solamente un’armonizzazione minima di taluni aspetti della protezione dei diritti d’autore e dei diritti connessi in caso di comunicazione al pubblico via satellite o di ritrasmissione via cavo di emissioni provenienti da altri Stati membri. Orbene, a differenza della direttiva sul diritto d’autore, tali norme di armonizzazione minima non forniscono elementi per accertare la liceità di atti di riproduzione effettuati nella memoria di un decoder satellitare e su uno schermo televisivo (v., per analogia, sentenze 3 febbraio 2000, causa C‑293/98, Egeda, Racc. pag. I‑629, punti 25 e 26, nonché SGAE, cit., punto 30).

210    Conseguentemente, la questione posta dev’essere risolta dichiarando che la direttiva sulla radiodiffusione via satellite dev’essere interpretata nel senso che essa non incide sulla liceità di atti di riproduzione effettuati nella memoria di un decoder satellitare e su uno schermo televisivo.

IV –  Sulle spese

211    Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      La nozione di «dispositivo illecito», ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 novembre 1998, 98/84/CE, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato, deve’essere interpretata nel senso che essa non ricomprende né i dispositivi di decodificazione stranieri – che consentono l’accesso ai servizi di radiodiffusione via satellite di un ente di radiodiffusione, che sono fabbricati e commercializzati con l’autorizzazione dell’ente medesimo ma vengono utilizzati, in contrasto con la volontà del medesimo, al di fuori della zona geografica per cui sono stati rilasciati –, né quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, né quelli che siano stati utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati.

2)      L’art. 3, n. 2, della direttiva 98/84 non osta ad una normativa nazionale che impedisca l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, ovvero quelli utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati, atteso che una normativa di tal genere non ricade nel settore coordinato da tale direttiva.

3)      L’art. 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che

–        esso osta ad una normativa di uno Stato membro per effetto della quale siano illecite l’importazione, la vendita e l’utilizzazione, nello Stato membro medesimo, di dispositivi di decodificazione stranieri che consentano l’accesso ad un servizio codificato di radiodiffusione via satellite proveniente da un altro Stato membro contenente oggetti protetti dalla normativa di tale primo Stato,

–        tale conclusione non è inficiata né dalla circostanza che il dispositivo di decodificazione straniero sia stato ottenuto o attivato mediante l’indicazione di una falsa identità e di un falso recapito, con l’intento di eludere la restrizione territoriale in questione, né dalla circostanza che tale dispositivo venga utilizzato a fini commerciali pur essendo riservato ad un uso a fini privati.

4)      Le clausole insite in un contratto di licenza esclusiva concluso tra un titolare di diritti di proprietà intellettuale ed un ente di radiodiffusione costituiscono una restrizione alla concorrenza vietata dall’art. 101 TFUE laddove impongano a detto ente l’obbligo di non fornire dispositivi di decodificazione che consentano l’accesso agli oggetti protetti del titolare medesimo ai fini della loro utilizzazione al di fuori del territorio oggetto del contratto di licenza stesso.

5)      L’art. 2, lett. a), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, dev’essere interpretato nel senso che il diritto di riproduzione si estende ai frammenti transitori delle opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, a condizione che tali frammenti contengano elementi che siano espressione della creazione intellettuale propria degli autori interessati, ove, al fine di verificare la sussistenza di tali elementi, occorre esaminare l’insieme composto dei frammenti simultaneamente riprodotti.

6)      Gli atti di riproduzione del genere di quelli oggetto del procedimento C‑403/08, effettuati nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, rispondono ai requisiti indicati all’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29 e possono essere quindi compiuti senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti d’autore di cui trattasi.

7)      La nozione di «comunicazione al pubblico», di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29, dev’essere interpretata nel senso che comprende la trasmissione di opere radiodiffuse, per mezzo di uno schermo televisivo ed altoparlanti, ai clienti presenti in un bar-ristorante.

8)      La direttiva del Consiglio 27 settembre 1993, 93/83/CEE, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e di diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo, dev’essere interpretata nel senso che essa non incide sulla liceità di atti di riproduzione effettuati nella memoria di un decoder satellitare e su uno schermo televisivo.

Firme


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* Lingua processuale: l’inglese.

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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 3 febbraio 2011 (1)

Cause riunite C‑403/08 e C‑429/08

Football Association Premier League Ltd e a.

contro

QC Leisure e a.

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice, Chancery Division (Regno Unito)]




Karen Murphy

contro

Media Protection Services Ltd

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice, Administrative Court (Regno Unito)]

«Trasmissione via satellite di partite di calcio – Commercializzazione di schede di decodificazione lecitamente immesse sul mercato in altri Stati membri – Direttiva 98/84/CE – Tutela dei servizi ad accesso condizionato – Dispositivi illeciti di accesso – Direttiva 2001/29/CE – Armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione – Diritto di riproduzione – Comunicazione al pubblico – Direttiva 93/83/CEE – Coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo – Libera circolazione delle merci – Libera prestazione dei servizi – Concorrenza – Art. 101, n. 1, TFUE – Pratica concordata – Pratica che abbia per oggetto o per effetto di impedire, restringere e falsare il gioco della concorrenza – Criteri di valutazione del carattere anticoncorrenziale»









Indice




I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – Diritto internazionale

1. La Convenzione di Berna per la tutela delle opere letterarie e artistiche

2. L’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio

3. Il trattato dell’OMPI sul diritto d’autore

4. La Convenzione di Roma relativa alla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione

B – Diritto dell’Unione

1. La tutela dei servizi ad accesso condizionato

2. La proprietà intellettuale nella società dell’informazione

3. La proprietà intellettuale e la radiodiffusione via satellite

III – Fatti e domande di pronuncia pregiudiziale

A – Sulla trasmissione di partite di calcio

B – Sulla causa C‑403/08

C – Sulla causa C‑429/08

IV – Valutazione giuridica

A – Sulla direttiva 98/84

B – Sulla direttiva 2001/29

1. Sul diritto alla riproduzione

a) Sulla quarta questione, lett. a), nella causa C‑403/08 – diritto nazionale o diritto dell’Unione

b) Sull’applicazione del diritto di riproduzione alle trasmissioni in diretta

c) Sulla quarta questione, lett. b), nella causa C‑403/08 – riproduzione nella memoria di cache del destinatario

d) Sulla quarta questione, lett. c), nella causa C‑403/08 – riproduzione tramite rappresentazione sullo schermo

2. Sulla quinta questione nella causa C‑403/08 – limitazione del diritto alla riproduzione

3. Sull’ulteriore comunicazione al pubblico

a) Sulla ricevibilità della questione

b) Sulla questione

i) Sulle opere protette

ii) Sull’applicabilità dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29

C – Sulla direttiva 93/83

D – Sulle libertà fondamentali

a) Sulla libertà fondamentale applicabile

b) Sulla restrizione alla libera prestazione dei servizi

c) Sulla giustificazione della restrizione

d) Sulla giustificazione in caso di false dichiarazioni all’atto dell’acquisto delle schede di decodificazione

e) Effetti della restrizione sull’uso privato o domestico

f) Sulla nona questione nella causa C‑403/08

g) Sulla settima questione nella causa C‑429/08

h) Conclusione sulle questioni sesta e settima nella causa C‑429/08, nonché sulle questioni settima, ottava, lett. c), e nona nella causa C‑403/08

E – Sul diritto della concorrenza

V – Conclusione

I –    Introduzione

1.        La tutela degli interessi economici degli autori assume un’importanza via via crescente. Le prestazioni creative devono essere adeguatamente compensate.

2.        A tal fine la Football Association Premier League Ltd (in prosieguo: la «FAPL»), l’organizzazione della Premier League (campionato di calcio di serie A britannico), si occupa della commercializzazione delle partite della detta federazione per ottimizzare lo sfruttamento dei diritti sulla trasmissione in diretta degli incontri. Essa concede ai suoi concessionari, in linea di principio, il diritto esclusivo di trasmettere le partite nel rispettivo territorio, coincidente per lo più con il rispettivo Stato, e di sfruttarle economicamente. Proprio allo scopo di garantire l’esclusiva degli altri concessionari, essi sono tenuti, nel contempo, ad impedire che le loro trasmissioni possano essere viste al di fuori del detto territorio.

3.        Le fattispecie di cui alle cause principali che hanno dato origine alle presenti domande di pronuncia pregiudiziale vertono sul tentativo di eludere tale esclusiva. Talune imprese importano nel Regno Unito schede di decodificazione dall’estero, nel caso di specie dalla Grecia e dai Paesi arabi, e possono offrire ai locali pubblici prezzi più competitivi di quelli dell’emittente televisiva operante in tale Stato. La FAPL tenta di inibire a tale pratica.

4.        I provvedimenti finalizzati al rispetto dei diritti esclusivi di trasmissione si pongono in un rapporto di possibile contrasto con il principio del mercato interno. Occorre pertanto esaminare se essi violino le libertà fondamentali o il diritto della concorrenza dell’Unione.

5.        Si pongono, tuttavia, anche questioni inerenti a diverse direttive. La direttiva 98/84/CE, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (2), è rilevante nella specie in quanto l’esclusiva sulle trasmissioni via satellite viene assicurata attraverso la codifica del segnale. La FAPL sostiene che la direttiva vieterebbe l’uso di schede di decodificazione al di fuori del territorio assegnato. Dal punto di vista degli importatori, invece, la direttiva legittimerebbe la libera circolazione delle dette schede.

6.        Ulteriori questioni riguardano la portata dei diritti di trasmissione ai sensi della direttiva 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (3), nel senso se la comunicazione delle trasmissioni incida sul diritto alla riproduzione delle opere e se la comunicazione nei locali pubblici costituisca una comunicazione al pubblico.

7.        Sorgono, infine, anche questioni relative agli effetti di una licenza concessa in base alla direttiva 93/83/CEE, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo (4). Occorrerà verificare se il consenso alla ritrasmissione via satellite in uno Stato membro attribuisca il diritto alla ricezione della trasmissione in un altro Stato membro e a mostrarla su uno schermo.

II – Contesto normativo

A –    Diritto internazionale

1.      La Convenzione di Berna per la tutela delle opere letterarie e artistiche

8.        Ai sensi dell’art. 9, n. 1, della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (Atto di Parigi del 24 luglio 1971), nella versione risultante dalla modifica del 28 settembre 1979 (in prosieguo: la «Convenzione di Berna»), gli autori di opere letterarie ed artistiche protette dalla convenzione stessa hanno il diritto esclusivo di autorizzare la riproduzione delle loro opere in qualsiasi maniera e forma.

9.        L’art. 11 bis, n. 1, della Convenzione di Berna stabilisce:

«Gli autori di opere letterarie ed artistiche hanno il diritto esclusivo di autorizzare:

i)       la radiodiffusione delle loro opere o la comunicazione al pubblico di esse mediante qualsiasi altro mezzo atto a diffondere senza filo segni, suoni od immagini;

ii)       ogni comunicazione al pubblico, con o senza filo, dell’opera radiodiffusa, quando tale comunicazione sia eseguita da un ente diverso da quello originario;

iii)  la comunicazione al pubblico, mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, dell’opera radiodiffusa».

2.      L’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio

10.      L’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, che figura all’allegato 1 C dell’Accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, è stato approvato con la decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994) (5) (in prosieguo: l’«Accordo TRIPs»).

11.      Nell’art. 9, n. 1, dell’Accordo TRIPs è contenuta una norma sul rispetto degli accordi internazionali sulla protezione del diritto d’autore:

«I membri si conformano agli articoli da 1 a 21 della convenzione di Berna (1971) e al suo annesso. Tuttavia essi non hanno diritti né obblighi in virtù del presente Accordo in relazione ai diritti conferiti dall’articolo 6 bis della medesima convenzione o ai diritti da esso derivanti».

12.      L’art. 14, n. 3, dell’Accordo TRIPs contiene norme sulla protezione dei programmi televisivi:

«Gli organismi di radiodiffusione hanno il diritto di vietare, salvo proprio consenso, le seguenti azioni: la fissazione, la riproduzione di fissazioni e la riemissione delle loro emissioni, nonché la comunicazione al pubblico delle loro emissioni televisive. Se i Membri non accordano tali diritti agli organismi di radiodiffusione, danno ai titolari del diritto d’autore sull’oggetto delle emissioni la possibilità di impedire le azioni suddette, fatte salve le disposizioni della convenzione di Berna (1971)».

3.      Il trattato dell’OMPI sul diritto d’autore

13.      L’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (in prosieguo: l’«OMPI») ha adottato a Ginevra il 20 dicembre 1996 il trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi e il trattato sul diritto d’autore. Questi due trattati sono stati approvati a nome della Comunità con la decisione del Consiglio 16 marzo 2000, 2000/278/CE (6), in riferimento ai settori rientranti nella sua competenza.

14.      Ai sensi dell’art. 1, n. 4, del trattato OMPI sul diritto d’autore, le parti contraenti si conformano agli articoli da 1 a 21 e all’annesso della Convenzione di Berna.

15.      L’art. 8 del trattato OMPI sul diritto d’autore stabilisce quanto segue:

«Fermo il disposto degli articoli 11, n. 1, punto 2, 11 bis, n. 1, punti 1 e 2, 11 ter, n. 1, punto 2, 14, n. 1, punto 2 e 14 bis, n. 1 della convenzione di Berna, gli autori di opere letterarie e artistiche hanno il diritto esclusivo di autorizzare ogni comunicazione al pubblico, su filo o via etere, delle loro opere, nonché la messa a disposizione del pubblico delle loro opere, in modo che chiunque possa liberamente accedervi da un luogo o in un momento di sua scelta».

4.      La Convenzione di Roma relativa alla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione

16.      Nell’art. 13 della Convenzione di Roma relativa alla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione del 26 ottobre 1961 (7) sono stabiliti alcuni diritti minimi degli organismi di radiodiffusione:

«Gli organismi di radiodiffusione godono del diritto di autorizzare o di interdire:

a)       la riemissione delle loro emissioni;

b)       la fissazione sopra un supporto materiale delle loro emissioni;

c)       la riproduzione:

i)       delle fissazioni, fatte senza il loro consenso, delle loro emissioni;

ii)       delle fissazioni delle loro emissioni fatte a norma delle disposizioni dell’articolo 15 e riprodotte a fini diversi da quelli previsti nelle predette disposizioni;

d)       la comunicazione al pubblico delle loro emissioni televisive quando sia fatta in luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto di ingresso; spetta alla legislazione nazionale del Paese dove la protezione di tale diritto è richiesta la determinazione delle condizioni di esercizio del diritto stesso».

17.      È pur vero che l’Unione europea non è parte contraente della Convenzione di Roma, ma le parti dell’accordo sullo Spazio economico europeo (8) si obbligano, a termini dell’art. 5 del protocollo n. 28 al detto accordo, concernente la proprietà intellettuale dell’Accordo SEE, ad aderire, entro il 1° gennaio 1995, alle seguenti convenzioni multilaterali nel settore della proprietà industriale, intellettuale e commerciale:

«(…)

b)       Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (Atto di Parigi, 1971);

c)       Convenzione internazionale relativa alla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione (Roma, 1961);

(…)».

B –    Diritto dell’Unione

1.      La tutela dei servizi ad accesso condizionato

18.      La direttiva 98/84, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato, ha un ruolo centrale nelle questioni pregiudiziali.

19.      L’art. 1 descrive l’oggetto della direttiva 98/84:

«L’oggetto della presente direttiva è il ravvicinamento delle disposizioni degli Stati membri riguardanti misure contro i dispositivi illeciti che forniscono l’accesso non autorizzato a servizi protetti».

20.      L’art. 2 della direttiva 98/84 definisce le nozioni di riferimento. Hanno particolare importanza le nozioni di dispositivo per l’accesso condizionato, di dispositivo illecito e di settore coordinato:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)      (…)

c)      dispositivo per l’accesso condizionato, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di consentire l’accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto;

d)      (…)

e)      dispositivo illecito, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del prestatore del servizio;

f)      settore coordinato dalla presente direttiva, quello disciplinato da qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui all’articolo 4».

21.      L’art. 3 della direttiva 98/84 stabilisce quali misure debbano essere adottate nel mercato interno per quanto riguarda i servizi ad accesso condizionato e i dispositivi di controllo:

«1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie a vietare sul loro territorio le attività di cui all’articolo 4 ed a prevedere le sanzioni e i mezzi di tutela di cui all’articolo 5.

2. Salvo il disposto del paragrafo 1, gli Stati membri non possono:

a)       limitare la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro Stato membro; oppure

b)       limitare la libera circolazione dei dispositivi per l’accesso condizionato,

per motivi rientranti nel settore coordinato dalla presente direttiva».

22.      L’art. 4 della direttiva 98/84 indica quali attività devono essere vietate:

«Gli Stati membri vietano sul loro territorio le seguenti attività:

a)       la fabbricazione, l’importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di dispositivi illeciti;

b)       l’installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti;

c)       l’impiego di comunicazioni commerciali per promuovere dispositivi illeciti».

2.      La proprietà intellettuale nella società dell’informazione

23.      La fattispecie in esame verte su due aspetti della direttiva 2001/29, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione: il diritto di riproduzione e il diritto di comunicazione al pubblico.

24.      Il diritto di riproduzione è sancito nell’art. 2 della direttiva 2001/29:

«Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte:

a)       agli autori, per quanto riguarda le loro opere;

b)       agli artisti interpreti o esecutori, per quanto riguarda le fissazioni delle loro prestazioni artistiche;

c)       ai produttori di fonogrammi per quanto riguarda le loro riproduzioni fonografiche;

d)       ai produttori delle prime fissazioni di una pellicola, per quanto riguarda l’originale e le copie delle loro pellicole;

e)       agli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni, siano esse effettuate su filo o via etere, comprese le trasmissioni via cavo o via satellite».

25.      L’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29 prevede una limitazione per talune riproduzioni determinate da una funzione tecnica:

«Sono esentati dal diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 gli atti di riproduzione temporanea di cui all’articolo 2 privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori, e parte integrante e essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all’unico scopo di consentire:

a)       la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o

b)       un utilizzo legittimo

di un’opera o di altri materiali».

26.      L’art. 3 della direttiva 2001/29 disciplina i diritti connessi con la comunicazione al pubblico:

«1. Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente.

2. Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la messa a disposizione del pubblico, su filo o senza filo, in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente:

a)       gli artisti interpreti o esecutori, per quanto riguarda le fissazioni delle loro prestazioni artistiche;

b)       ai produttori di fonogrammi, per quanto riguarda le loro riproduzioni fonografiche;

c)       ai produttori delle prime fissazioni di una pellicola, per quanto riguarda l’originale e le copie delle loro pellicole;

d)       agli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni, siano esse effettuate su filo o via etere, comprese le trasmissioni via cavo o via satellite.

3. I diritti di cui ai paragrafi 1 e 2 non si esauriscono con alcun atto di comunicazione al pubblico o con la loro messa a disposizione del pubblico, come indicato nel presente articolo».

27.      Il ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29 così recita:

«La presente direttiva dovrebbe armonizzare ulteriormente il diritto d’autore applicabile alla comunicazione di opere al pubblico. Tale diritto deve essere inteso in senso lato in quanto concernente tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine. Detto diritto dovrebbe comprendere qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione, e non altri atti».

28.      La direttiva 2001/29 integra la preesistente direttiva del Consiglio 19 novembre 1992, 92/100/CEE, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (9), consolidata dalla direttiva 2006/115/CE (10). Quest’ultima contiene, nell’art. 8, n. 3, un ulteriore diritto relativo alla comunicazione al pubblico della trasmissione:

«Gli Stati membri riconoscono agli organismi di radiodiffusione il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la ritrasmissione via etere delle loro emissioni, nonché la loro comunicazione al pubblico se questa comunicazione avviene in luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto d’ingresso».

3.      La proprietà intellettuale e la radiodiffusione via satellite

29.      La gestione della proprietà intellettuale nel settore della radiodiffusione via satellite è oggetto della direttiva 93/83. Ai fini dell’interpretazione di tale direttiva taluni ‘considerando’ rivestono particolare importanza:

«(1)  Gli scopi della Comunità stabiliti dal trattato comprendono il raggiungimento di un’unione sempre più stretta per i popoli europei, più stretti rapporti tra gli Stati della Comunità, nonché la realizzazione, mediante un’azione comune, del progresso economico e sociale dei paesi della Comunità eliminando le barriere che dividono l’Europa.

(...)

(3)       La diffusione di programmi oltre frontiera all’interno della Comunità, effettuata in particolare via satellite e via cavo, rappresenta uno dei principali mezzi per il conseguimento di tali obiettivi della Comunità che sono al tempo stesso di ordine politico, economico, sociale, culturale e giuridico.

(...)

(5)       Tuttavia, il conseguimento di questi obiettivi nei due settori della diffusione transfrontaliera via satellite e della ritrasmissione via cavo di programmi provenienti da altri Stati membri è ancora ostacolato sia da differenze che sussistono fra le leggi nazionali sul diritto d’autore che da alcune incertezze sul piano giuridico; che i titolari dei diritti sono quindi esposti al rischio che le loro opere vengano utilizzate senza compenso o che ne venga bloccata l’utilizzazione in alcuni Stati membri ad opera di singoli titolari dei diritti di esclusiva; che tale incertezza normativa rappresenta un ostacolo diretto alla libera circolazione dei programmi all’interno della Comunità.

(...)

(7)       La libera diffusione di programmi risulta ulteriormente ostacolata dalle incertezze che sussistono attualmente sul piano giuridico in relazione alla necessità di stabilire se, per la diffusione di programmi via satellite i cui segnali possono essere ricevuti direttamente, i diritti debbano essere acquisiti esclusivamente nel paese di emissione oppure se debbano essere acquisiti in tutti i paesi in cui avviene la ricezione.

(...)

(14)  L’incertezza giuridica esistente in relazione ai diritti di acquisire, che ostacola la diffusione transnazionale di programmi via satellite, dovrà essere eliminata attraverso la definizione del concetto di comunicazione al pubblico via satellite all’interno della Comunità; che questa definizione preciserà anche quale sia il luogo in cui avviene l’atto di comunicazione; che tale definizione è necessaria al fine di evitare che a un solo atto di radiodiffusione vengano cumulativamente applicate più leggi nazionali; che una comunicazione al pubblico via satellite ha luogo esclusivamente nel momento, e nello Stato membro, in cui i segnali portatori del programma sono immessi, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, in una catena ininterrotta di comunicazione via satellite sino al ritorno di detti segnali a terra; che normali procedure tecniche riguardanti i segnali portatori di programmi non possono essere considerate interruzioni della catena di trasmissione.

(15)      L’acquisto in via contrattuale dei diritti di esclusiva sulle emissioni di radiodiffusione deve avvenire nell’osservanza della normativa sul diritto d’autore e i diritti connessi vigente nello Stato membro in cui ha luogo la comunicazione al pubblico via satellite.

(16)  Il principio dell’autonomia contrattuale, sul quale si fonda la presente direttiva, permetterà di continuare a limitare lo sfruttamento dei diritti, con particolare riferimento a determinati metodi tecnici di trasmissione o a determinate versioni linguistiche.

(17)  (…) all’atto dell’acquisto dei diritti le parti devono tener conto, ai fini della determinazione del compenso, di tutti gli aspetti dell’emissione di radiodiffusione, quali il numero effettivo e il numero potenziale dei telespettatori e la versione linguistica dell’emissione.

(…)».

30.      Per la fattispecie in esame rilevano, in particolare, le definizioni di cui all’art. 1, n. 2, lett. a), b) e c), della direttiva 93/83.

«a)       Ai fini della presente direttiva, “comunicazione al pubblico via satellite” è l’atto di inserire, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi destinati ad essere ricevuti dal pubblico in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra.

b)       La comunicazione al pubblico via satellite si configura unicamente nello Stato membro in cui, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi sono inseriti in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra.

c)       Qualora i segnali portatori di programmi siano diffusi in forma criptata, vi è comunicazione al pubblico via satellite a condizione che i mezzi per la decriptazione della trasmissione siano messi a disposizione del pubblico a cura dell’organismo di radiodiffusione stesso o di terzi con il suo consenso.

(…)».

31.      L’art. 2 della direttiva 93/83 riconosce, inoltre, uno specifico diritto dell’autore in relazione alla comunicazione via satellite:

«In conformità delle disposizioni del presente capo, gli Stati membri riconoscono all’autore il diritto esclusivo di autorizzare la comunicazione al pubblico via satellite di opere protette dal diritto d’autore».

III – Fatti e domande di pronuncia pregiudiziale

A –    Sulla trasmissione di partite di calcio

32.      La strategia perseguita dalla FAPL consiste nell’offrire al pubblico di tutto il mondo la visione delle partite della Premier League inglese massimizzando, in tal modo, a favore dei club membri, il valore dei loro diritti radiotelevisivi.

33.      Il settore di attività della FAPL comprende l’organizzazione delle riprese video delle partite della Premier League e la cessione dei diritti di licenza per la loro trasmissione. I diritti esclusivi per la trasmissione in diretta delle partite sono concessi su base territoriale e, di volta in volta, per la durata di tre anni. Del pacchetto contrattuale fanno parte un accordo di esclusiva ai sensi del quale la FAPL designerà una sola emittente televisiva per ciascun territorio, nonché le restrizioni alla circolazione delle schede di decodificazione al di fuori del territorio oggetto della concessione.

34.      La concessione dei diritti di trasmissione delle manifestazioni sportive sulla base di un’esclusiva territoriale corrisponde ad una prassi commerciale costante e consolidata ovunque in Europa tra titolari dei diritti ed emittenti televisive. Al fine di garantire tale esclusiva, ogni emittente televisiva si obbliga, nell’accordo di licenza stipulato con la FAPL, a trasmettere il proprio segnale satellitare codificato.

35.      Nel periodo controverso ogni incontro della Premier League veniva ripreso dalla BBC o da Sky. Le immagini selezionate nonché i rumori di sottofondo della partita (tra cui talvolta l’inno della Premier League; in prosieguo: l’«inno») costituiscono il «clean live feed» (segnale live pulito). Una volta aggiunti i loghi, le sequenze video, i grafici sullo schermo, la musica (incluso l’inno) ed il commento in inglese, si ottiene come risultato il «World Feed» (segnale live mondiale). Esso viene compresso e codificato e quindi trasmesso via satellite alle emittenti televisive estere titolari di licenza. L’emittente decodifica e decomprime il World Feed, aggiunge il proprio logo e i commenti, comprime e codifica nuovamente il segnale e lo trasmette via satellite agli abbonati nel territorio alla medesima assegnato. Gli abbonati possono decodificare e decomprimere tramite un’antenna parabolica ed un decodificatore che necessita di una scheda di decodificazione. L’intero processo di trasmissione dal campo di gioco all’abbonato dura circa cinque secondi.

36.      I frammenti delle diverse opere video, l’opera musicale e la registrazione sonora vengono memorizzate in sequenza nel decodificatore prima di essere riprodotte e successivamente cancellate.

B –    Sulla causa C‑403/08

37.      I procedimenti dai quali è scaturita la causa C‑403/08 traggono origine dai ricorsi presentati dalla FAPL unitamente alle imprese responsabili della trasmissione delle partite in Grecia.

38.      Il subconcessionario in Grecia era (ed è tuttora) la NetMed Hellas SA, cui era stato per contratto praticamente vietato di fornire le relative schede di decodificazione al di fuori della Grecia. Le partite sono trasmesse sui canali «SuperSport» della piattaforma NOVA, di proprietà della Multichoice Hellas SA che provvede altresì alla sua gestione. Entrambe le imprese greche appartengono, in definitiva, al medesimo proprietario e sono indicate congiuntamente come NOVA. I canali SuperSport possono essere ricevuti con una scheda di decodificazione satellitare NOVA.

39.      I ricorsi vertono sull’uso nel Regno Unito di carte estere, che consentono l’accesso alle trasmissioni estere delle partite di calcio della Premier League in diretta via satellite. I ricorrenti sostengono che il commercio e l’uso di tali carte nel Regno Unito violerebbero i loro diritti conferiti dalle norme nazionali di trasposizione della direttiva 98/84, nonché i diritti d’autore su diverse opere artistiche e musicali, video e registrazioni sonore, che costituirebbero una parte della cronaca delle partite della Premier League.

40.      Due dei ricorsi sono stati proposti contro i fornitori di accessori e schede di decodificazione satellitare per ristoranti e bar che consentono di ricevere canali satellitari diversi da Sky (compresi i canali di NOVA) che trasmettono in diretta le partite della Premier League. Il terzo ricorso è diretto contro concessionari o esercenti di quattro ristoranti, c.d. pubs (in prosieguo: i «gestori»), che avevano proiettato nei loro locali trasmissioni in diretta di partite della Premier League sui canali di un’emittente araba.

41.      Nel procedimento da cui trae origine la causa C‑403/08, la High Court ha pertanto sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)     Se, nel caso in cui un dispositivo di accesso condizionato venga elaborato da o col consenso di un prestatore del servizio e venduto subordinatamente ad un’autorizzazione limitata ad utilizzare il dispositivo solo per ottenere l’accesso al servizio protetto in circostanze particolari, tale dispositivo diventi un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato], qualora esso venga usato per dare accesso a questo servizio protetto in un luogo o in un modo o da parte di un soggetto al di fuori dell’autorizzazione del prestatore del servizio.

b)      Cosa si intenda per «concepiti o adattati» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva.

2)      Nel caso in cui un primo prestatore del servizio trasmetta il contenuto di un programma in forma codificata a un secondo prestatore del servizio il quale ritrasmetta tale contenuto mediante un sistema di accesso condizionato, quali elementi debbano essere presi in considerazione nel determinare se gli interessi del primo prestatore di un servizio protetto vengano pregiudicati, ai sensi dell’art. 5 della [direttiva sull’accesso condizionato].

In particolare:

nel caso in cui una prima impresa trasmetta il contenuto di un programma (compreso immagini, rumori di sottofondo e commento in inglese) sotto forma codificata ad una seconda impresa la quale a sua volta ritrasmetta al pubblico il contenuto del programma (al quale abbia aggiunto il suo logo e, eventualmente, un commento audio aggiuntivo):

a)      se la trasmissione da parte della prima impresa costituisca un servizio protetto di “trasmissioni televisive” ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato] e dell’art. 1, lett. a), della direttiva [“televisione senza frontiere”];

b)      se sia necessario che la prima impresa sia un’emittente ai sensi dell’art. 1, lett. b), della direttiva [“televisione senza frontiere”] affinché si possa considerare che fornisca un servizio protetto di “trasmissioni televisive” ai sensi del primo trattino dell’art. 2, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato];

c)      se l’art. 5 della direttiva [sull’accesso condizionato] debba essere interpretato nel senso che conferisca alla prima impresa la legittimazione ad agire relativamente al dispositivo illecito che dà accesso al programma come ritrasmesso dalla seconda impresa, o:

         i)     perché si deve ritenere che tale dispositivo dia accesso attraverso il segnale di trasmissione al servizio proprio della prima impresa; o

         ii)   perché la prima impresa è il prestatore di un servizio protetto i cui interessi sono pregiudicati da un’attività illecita (in quanto tali dispositivi conferiscono un accesso non autorizzato al servizio protetto fornito dalla seconda impresa).

d)      se sulla soluzione della questione c) incida il fatto che il primo e il secondo prestatore del servizio usino differenti sistemi di decodificazione e dispositivi di accesso condizionati differenti.

3)      Se il “possesso a fini commerciali” di cui all’art. 4, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato] si riferisca solo al possesso finalizzato al commercio (ad esempio, la vendita) di dispositivi illeciti, o si estenda al possesso di un dispositivo da parte di un utilizzatore finale nel corso di un’attività di qualsiasi tipo.

4)      Nel caso in cui frammenti sequenziali di un film, di un’opera musicale o di una registrazione sonora (nella specie, composizioni di audio e video digitali) vengano creati i) all’interno della memoria di un decodificatore o ii) nel caso di un film su uno schermo televisivo, e l’intera opera venga riprodotta, qualora i frammenti sequenziali vengano considerati nel loro insieme ma solo un numero limitato di frammenti sussista contemporaneamente in un dato momento:

a)      se la questione intesa ad accertare se tali opere siano state riprodotte in tutto o in parte debba essere risolta in base alle norme del diritto d’autore nazionale relative a cosa costituisca un’illecita riproduzione di un’opera tutelata dal diritto d’autore, o se dipenda dall’interpretazione dell’art. 2 della direttiva [sul diritto d’autore].

b)      qualora dipenda dall’interpretazione dell’art. 2 della direttiva [sul diritto d’autore], se il giudice nazionale debba prendere in considerazione tutti i frammenti di ciascuna opera nella sua totalità o solo il numero limitato di frammenti che esistono contemporaneamente. In quest’ultimo caso, a quale test il giudice nazionale debba sottoporre la questione intesa ad accertare se le opere siano state riprodotte parzialmente ai sensi di tale articolo.

c)      se il diritto di riproduzione di cui al detto art. 2 si estenda alla creazione di immagini transitorie su uno schermo televisivo.

5)      a)     Se si debba ritenere che copie transitorie di un’opera create all’interno di un decodificatore televisivo satellitare o su uno schermo televisivo collegato al decodificatore, e il cui unico intento sia di consentire un uso dell’opera non altrimenti limitato dalla legge, abbiano un “rilievo economico proprio” ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva [sul diritto d’autore] per il fatto che tali copie forniscano l’unica base dalla quale il titolare dei diritti possa derivare un compenso per l’uso dei suoi diritti.

b)      Se sulla soluzione della questione 5 a) incida il fatto che i) le copie transitorie abbiano un valore intrinseco; o ii) le copie transitorie comprendano una piccola parte di una raccolta di opere e/o di altri materiali che altrimenti potrebbero essere usati senza violare il diritto d’autore; o iii) il licenziatario esclusivo del titolare dei diritti in un altro Stato membro abbia già ricevuto un compenso per l’uso dell’opera in tale Stato membro.

6)      a)     Se un’opera tutelata dal diritto d’autore venga comunicata al pubblico su filo o senza filo ai sensi dell’art. 3 della direttiva [sul diritto d’autore], qualora una trasmissione satellitare venga ricevuta in locali commerciali (ad esempio, un bar) e comunicata o mostrata in quei locali mediante un singolo schermo televisivo e altoparlanti al pubblico ivi presente.

b)      Se sulla soluzione della questione 6 a) incida il fatto che:

i)      il pubblico presente costituisca un nuovo pubblico non contemplato dall’emittente (in questo caso perché una scheda di decodificazione nazionale che deve essere utilizzata in uno Stato membro viene utilizzata per un ascolto commerciale in un altro Stato membro);

ii)      il pubblico non costituisca un pubblico pagante in base al diritto nazionale;

iii)      il segnale televisivo venga ricevuto da un’antenna o da un ricevitore satellitare sul tetto dei locali dove si trova il televisore o nelle loro adiacenze.

c)      In caso di soluzione affermativa di uno dei quesiti b), quali elementi debbano essere presi in considerazione nel determinare se vi sia una comunicazione dell’opera che ha avuto origine da un luogo in cui il pubblico non è presente.

7)      Se sia compatibile con la direttiva [sulla radiodiffusione via satellite] o con gli artt. 28 CE, 30 CE o 49 CE il fatto che la normativa nazionale in materia di diritto d’autore preveda che, qualora copie transitorie di opere inserite in una trasmissione via satellite vengano create all’interno di un decodificatore satellitare o su uno schermo televisivo, sussista una violazione del diritto d’autore in base alla normativa del paese di ricezione della trasmissione. Se abbia un’incidenza il fatto che la trasmissione venga decodificata mediante una scheda di decodificazione satellitare rilasciata dal prestatore di un servizio di trasmissione via satellite in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la scheda di decodificazione satellitare venga autorizzata solo perché sia usata in tale altro Stato membro.

8)      a)     Nel caso in cui la soluzione della questione 1 sia nel senso che un dispositivo per l’accesso condizionato elaborato dal prestatore del servizio o con il suo consenso divenga un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato] allorché venga usato al di là dell’autorizzazione concessa dal prestatore del servizio a dare accesso ad un servizio protetto, quale sia l’oggetto specifico del diritto con il riferimento alla sua funzione essenziale conferita dalla direttiva sull’accesso condizionato.

b)      Se gli artt. 28 CE o 49 CE si oppongano all’esecuzione di una disposizione del diritto nazionale in un primo Stato membro che renda illecita l’importazione o la vendita di una scheda di decodificazione satellitare rilasciata dal prestatore di un servizio di trasmissione via satellite in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la carta di decodificazione satellitare venga autorizzata solo affinché sia usata in tale altro Stato membro.

c)      Se sulla soluzione di tale questione incida il fatto che la scheda di decodificazione satellitare sia autorizzata solo per uso privato e nazionale in questo altro Stato membro ma venga utilizzata per fini commerciali nel primo Stato membro.

9)      Se gli artt. 28 CE e 30 CE o 49 CE ostino all’attuazione di una disposizione della normativa nazionale in materia di diritto d’autore che renda illecito eseguire o rappresentare in pubblico un’opera musicale allorché tale opera sia inserita in un servizio protetto cui sia consentito l’accesso – e che [l’opera] venga rappresentata in pubblico – mediante una scheda di decodificazione satellitare allorché tale scheda sia stata emessa dal prestatore del servizio in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la scheda di decodificazione venga autorizzata solo affinché sia usata in tale altro Stato membro. Se abbia una certa incidenza il fatto che l’opera musicale sia un elemento irrilevante del servizio complessivamente protetto e il diritto nazionale d’autore non si opponga alla rappresentazione e all’esecuzione in pubblico degli altri elementi del servizio.

10)      Allorché un fornitore di contenuti di un programma rilasci una serie di licenze esclusive ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri in base alle quali l’emittente sia autorizzato a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e in ogni licenza sia contenuto un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente debba evitare che le sue schede di decodificazione satellitare, che consentono la ricezione dei programmi oggetto di licenza, vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, quale criterio giuridico debba applicare il giudice nazionale e quali circostanze debba prendere in considerazione nel decidere se la restrizione contrattuale sia incompatibile con il divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE.

In particolare:

a)      se l’art. 81, n. 1, CE debba essere interpretato nel senso che si applichi a tale obbligo per il solo motivo che debba ritenersi che esso abbia per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza;

b)      in tal caso, se si debba anche dimostrare che l’obbligo contrattuale per poter ricadere nel divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE impedisca, restringa o falsi considerevolmente il gioco della concorrenza».

C –    Sulla causa C‑429/08

42.      Tale domanda di pronuncia pregiudiziale si fonda su un procedimento penale a carico della sig.ra Murphy, proprietaria di un pub, la quale aveva mostrato partite della Premier League usando una scheda di decodificazione greca. La Media Protection Services Ltd promuoveva un procedimento nei suoi confronti e otteneva, in due gradi di giudizio, l’irrogazione di una sanzione pecuniaria, costituendo tale scheda un dispositivo illecito ai sensi delle norme di trasposizione della direttiva 98/84. Avverso tale condanna la sig.ra Murphy proponeva impugnazione dinanzi alla High Court.

43.      Nel detto procedimento la High Court solleva le seguenti questioni:

«1)      Quali siano le circostanze in cui un dispositivo per l’accesso condizionato costituisca un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato].

2)      In particolare, se un dispositivo per l’accesso condizionato costituisca un “dispositivo illecito” ove sia stato acquisito in circostanze in cui:

i)      il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente ad autorizzazione contrattuale limitata di utilizzo del dispositivo per accedere ad un servizio protetto solo in un primo Stato membro e sia stato utilizzato per accedere a tale servizio protetto ricevuto in un altro Stato membro, e/o

ii)      il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo nome e residenza falsi nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le limitazioni territoriali contrattuali imposte all’esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro, e/o

iii)      il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente alla condizione contrattuale di un esclusivo uso domestico o privato e non per un uso commerciale (per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato), ma sia stato utilizzato nel Regno Unito per scopi commerciali, e precisamente per trasmettere partite di calcio in diretta in un locale pubblico.

3)      In caso di risposta negativa a qualsiasi quesito della questione 2), se l’art. 3, n. 2, della direttiva [sull’accesso condizionato] osti a che uno Stato membro invochi una disposizione nazionale che impedisca l’uso di tali dispositivi per l’accesso condizionato nelle circostanze di cui alla summenzionata questione 2).

4)      In caso di risposta negativa a qualsiasi quesito della questione 2), se l’art. 3, n. 2), della direttiva medesima sia invalido:

a)      in quanto discriminatorio e/o sproporzionato; e/o

b)      in quanto in contrasto con i diritti alla libera circolazione sanciti dal Trattato e/o

c)      per qualsivoglia altra ragione.

5)      In caso di risposta affermativa alla questione 2), se gli artt. 3, n. 1, e 4 della direttiva stessa siano invalidi, in quanto impongono agli Stati membri di imporre restrizioni all’importazione di “dispositivi illeciti” da altri Stati membri e ad altre operazioni con dispositivi medesimi, anche nel caso in cui siffatti dispositivi possano essere legittimamente importati e/o utilizzati per ricevere servizi di diffusione via satellite transfrontalieri in forza delle norme sulla libera circolazione delle merci ai sensi degli artt. 28 CE e 30 CE e/o sulla libertà di fornire e ricevere servizi ai sensi dell’art. 49 CE.

6)      Se gli artt. 28 CE, 30 CE e/o 49 CE ostino all’applicazione di una disposizione nazionale, quale l’art. 297 della [legge in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti], che qualifichi come reato la ricezione fraudolenta di un programma nell’ambito di un servizio di trasmissione fornito da un luogo situato nel Regno Unito con l’intento di evitare il pagamento di qualsiasi diritto applicabile alla ricezione del programma, in una qualsiasi delle seguenti circostanze:

i)      qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente ad autorizzazione contrattuale limitata di utilizzo del dispositivo per accedere ad un servizio protetto solo in un primo Stato membro e sia stato utilizzato per accedere a tale servizio protetto ricevuto in un altro Stato membro (in questo caso, il Regno Unito), e/o

ii)      qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo nome e residenza falsi nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le limitazioni territoriali contrattuali imposte all’esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro, e/o

iii)      qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente alla condizione contrattuale di un esclusivo uso domestico o privato e non per un uso commerciale (per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato), ma sia stato utilizzato nel Regno Unito per scopi commerciali, e precisamente per trasmettere partite di calcio in diretta in un locale pubblico.

7)      Se l’applicazione della disposizione nazionale in questione possa essere in ogni caso esclusa per violazione del divieto di discriminazione di cui all’art. 12 CE o in quanto la legislazione nazionale è applicabile ai programmi trasmessi nell’ambito di un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito ma non a servizi forniti da un qualsiasi altro Stato membro.

8)      Allorché un fornitore di contenuti di programmi rilasci una serie di licenze esclusive, ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri, in base alle quali l’emittente è autorizzata a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e ogni licenza preveda un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente deve evitare che le sue schede di decodificazione satellitari, che consentono la ricezione dei contenuti dei programmi oggetto di licenza, vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, quale criterio giuridico debba applicare il giudice nazionale e quali circostanze debba prendere in considerazione nel decidere se la restrizione contrattuale violi il divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE.

In particolare:

a)      se l’art. 81, n. 1, CE debba essere interpretato nel senso che si applichi a tale obbligo per il solo motivo che debba ritenersi che esso abbia per oggetto impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza,

b)      in caso affermativo, se debba essere altresì dimostrato che l’obbligo contrattuale impedisca, restringa o falsi sensibilmente il gioco della concorrenza per poter rientrare nel divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE».

44.      La FAPL, la QC Leisure, la sig.ra Murphy e la Media Protection Services Ltd, nonché il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, la Repubblica francese, l’autorità di vigilanza AELS, il Parlamento europeo, il Consiglio europeo e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. All’udienza, dette parti, ad eccezione della Francia, hanno presentato osservazioni orali, unitamente alla Repubblica ceca, al Regno di Spagna e alla Repubblica italiana.

IV – Analisi giuridica

45.      Le fattispecie di cui alle cause principali traggono origine dalla prassi di restringere territorialmente l’accesso a trasmissioni sportive codificate trasmesse via satellite in diversi Stati membri. Le domande di pronuncia pregiudiziale affrontano il problema se ciò sia compatibile con il mercato interno da molti punti di vista differenti che portano ad un elevato numero di questioni diverse.

46.      In limine va osservato che il diritto dell’Unione rispetta le caratteristiche specifiche dello sport ma lo sport non è sottratto all’applicazione del diritto dell’Unione (11). In particolare, la circostanza che un’attività economica sia attinente allo sport non osta all’applicazione delle regole dei Trattati (12).

47.      Pur ritenendo che la soluzione della fattispecie di cui alle cause principali – per quanto attiene all’utilizzazione di schede di decodificazione greche – si fondi, in sostanza, sull’applicazione della libera prestazione dei servizi e che, per il resto, sia di accresciuto interesse anzitutto la questione della comunicazione al pubblico (art. 3 della direttiva 2001/29), articolerò le mie conclusioni secondo l’ordine delle questioni esposto nella causa C‑403/08. Esaminerò quindi dapprima la direttiva 98/84, sulla tutela dei dispositivi per l’accesso ai servizi ad accesso condizionato (sub A), quindi la direttiva 2001/29, sul diritto d’autore nella società dell’informazione (sub B), la direttiva 93/83, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo (sub C), solo successivamente l’applicazione delle libertà fondamentali (sub D) e, infine, il diritto della concorrenza (sub E).

A –    Sulla direttiva 98/84

48.      La direttiva 98/84 disciplina la tutela dei dispositivi per l’accesso a servizi ad accesso condizionato, nonché la libera circolazione di siffatti dispositivi nel mercato interno. Le parti ne fanno discendere due premesse, tra loro divergenti, che sono alla base delle questioni relative alla detta direttiva.

49.      Secondo l’art. 4 della direttiva 98/84, la fabbricazione, l’importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di dispositivi illeciti devono essere vietati e sanzionati in modo proporzionato. La FAPL ritiene che una scheda di decodificazione venduta legalmente in uno Stato membro diverrebbe un dispositivo illecito qualora venisse usata in un altro Stato membro contro la volontà dell’impresa che trasmette il servizio protetto. La sig.ra Murphy sostiene, invece, che un siffatto uso di una scheda di decodificazione regolarmente commercializzata non potrebbe trasformarla in un dispositivo illecito. Tale utilizzazione sarebbe piuttosto lecita secondo la direttiva, in quanto l’art. 3, n. 2, vieterebbe ogni limitazione del commercio di schede legali.

50.      Propongo alla Corte di non soffermarsi a lungo su tale questione, in quanto entrambe le premesse appaiono evidentemente erronee.

51.      A termini dell’art. 2, lett. e), della direttiva 98/84, si intende per «dispositivo illecito», apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del prestatore del servizio.

52.      Ad avviso della FAPL è sufficiente che le schede di decodificazione vengano utilizzate nel Regno Unito al fine di ricevere le trasmissioni effettuate da parte dell’emittente greca, sebbene esse non possano essere ivi ricevute conformemente alla volontà del titolare dei diritti.

53.      Il tenore letterale dell’art. 2, lett. e), della direttiva 98/84 non mira, tuttavia, ad impedire l’utilizzazione di un dispositivo di accesso contro la volontà del prestatore del servizio. Esso prevede un’apparecchiatura concepita o adattata al fine di rendere possibile l’accesso senza l’autorizzazione del prestatore del servizio. Questa definizione include, dunque, le apparecchiature fabbricate o modificate a tale scopo.

54.      La scheda di decodificazione è invece concepita proprio per rendere possibile l’accesso con l’autorizzazione del prestatore del servizio. Proprio a tal fine la scheda viene immessa sul mercato da parte dell’emittente greca, prestatore del servizio, e, con la distribuzione nel Regno Unito, la scheda non subisce alcuna modifica di adattamento.

55.      Solo tale logica interpretazione appare compatibile con l’obiettivo prioritario della direttiva 98/84 la quale, in base al secondo e terzo ‘considerando’, mira a promuovere la prestazione transfrontaliera di servizi. Alla luce di tale finalità sarebbe difficilmente compatibile che la semplice vendita transfrontaliera di dispositivi per l’accesso condizionato potesse essere sufficiente per dichiararli illeciti.

56.      Inoltre, il principio della certezza del diritto costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, il quale esige, segnatamente, che la normativa sia chiara e precisa, affinché i singoli possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza (13). Quando siano previste norme penali si deve altresì rispettare il principio della legalità dei reati e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege), il quale implica che le disposizioni comunitarie definiscano chiaramente i reati e le pene che li reprimono (14). Se il legislatore dell’Unione avesse inteso proteggere effettivamente la ripartizione geografica dei mercati televisivi e scansionare la mera elusione di tale ripartizione realizzata attraverso la vendita di schede di decodificazione legali nello Stato di origine negli altri Stati membri, avrebbe dovuto conseguentemente esprimersi in maniera molto più chiara.

57.      La prima questione posta nella causa C‑403/08 e le prime due questioni sollevate nella causa C‑429/08 devono essere risolte nel senso che, ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva 98/84, il concepire o l’adattare consista nella fabbricazione o nella modifica di un’apparecchiatura, al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del prestatore del servizio. In tal modo, un dispositivo per l’accesso condizionato, fabbricato dal prestatore del servizio ovvero con il suo consenso e venduto con un’autorizzazione ristretta in modo che il dispositivo possa essere utilizzato solo per accedere, a determinare condizioni, al servizio protetto, non diventa un «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva 98/84, qualora venga impiegato per consentire l’accesso al detto servizio protetto in un luogo, con modalità ovvero da parte di una persona non contemplati nell’autorizzazione del prestatore del servizio.

58.      Non ne consegue, tuttavia, che la terza questione della causa C‑429/08 sia da risolvere nel senso che l’art. 3, n. 2, della direttiva 98/84 vieti ogni limitazione del commercio di schede di decodificazione legali.

59.      L’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva 98/84 vieta, in effetti, di limitare la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro Stato membro, la lett. b) vieta le limitazioni della libera circolazione dei dispositivi per l’accesso condizionato. Tali divieti di restrizione vengono peraltro precisati: inammissibili sono solo le limitazioni per motivi riguardanti il settore coordinato dalla presente direttiva. In base alla definizione di cui all’art. 2, lett. f), si intende per tale settore quello disciplinato da qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui all’art. 4, vale a dire gli svariati divieti concernenti i dispositivi illeciti. A norma dell’art. 3, n. 2, non sono pertanto escluse limitazioni per motivi diversi.

60.      La violazione di accordi contrattuali sull’accessibilità di programmi in determinati Stati membri, l’acquisto di dispositivi di accesso effettuato fornendo nomi e/o indirizzi falsi ovvero l’utilizzazione a fini commerciali di schede di decodificazione destinate ad uso privato o domestico non costituiscono misure contro i dispositivi illeciti e non rientrano, pertanto, nel settore coordinato dalla direttiva 98/84.

61.      La terza questione della causa C‑429/08 deve essere quindi risolta nel senso che l’art. 3, n. 2, della direttiva 98/84 non impedisce ad uno Stato membro l’applicazione di una disposizione nazionale che vieti l’uso di un dispositivo per l’accesso condizionato in violazione di accordi contrattuali sull’accessibilità di programmi in determinati Stati membri e con acquisto effettuato fornendo nomi e/o indirizzi falsi ovvero l’uso a fini commerciali di un dispositivo per l’accesso destinato ad uso privato o domestico.

62.      Poiché la quarta questione della causa C‑429/08 relativa alla validità dell’art. 3, n. 2, della direttiva 98/84 si fonda, alla luce della motivazione contenuta nella domanda di pronuncia pregiudiziale, sull’assunto che tale disposizione osti ad eventuali limitazioni per i motivi indicati, non occorre procedere alla sua soluzione. È altresì superflua una soluzione delle questioni seconda, terza e ottava, lett. a), della causa C‑403/08, nonché della quinta questione della causa C‑429/08.

B –    Sulla direttiva 2001/29

1.      Sul diritto alla riproduzione

63.      Con le questioni quarta e quinta della causa C‑403/08 la High Court chiede se la comunicazione digitale di trasmissioni pregiudichi inevitabilmente il diritto degli autori sulla riproduzione delle loro opere. Per motivi tecnici la comunicazione di programmi digitali presuppone, infatti, che brevi frammenti della trasmissione vengano caricati nella memoria di cache dell’apparecchio di riproduzione. Secondo la domanda di pronuncia pregiudiziale, conformemente allo standard applicabile, vengono memorizzate nella cache del ricevitore in ciascun momento quattro immagini del flusso video e la parte corrispondente della traccia sonora.

64.      Ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2001/29, diversi soggetti – tra cui gli autori, per quanto riguarda le loro opere, e gli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni – devono avere il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte.

a)      Sulla quarta questione, lett. a), nella causa C‑403/08 – diritto nazionale o diritto dell’Unione

65.      Il giudice del rinvio solleva, anzitutto, la questione se la qualificazione della memorizzazione nella cache come riproduzione costituisca una questione di diritto nazionale o risulti esclusivamente dalla direttiva 2001/29. Il detto giudice dubita, infatti, che sussista una riproduzione ai sensi del diritto nazionale.

66.      La Corte ha tuttavia già avuto modo di affermare che la nozione di «riproduzione in parte» costituisce una nozione di diritto dell’Unione da interpretare in maniera uniforme (15).

67.      Di conseguenza, la questione se le opere siano state riprodotte nel loro insieme o in parte deve essere risolta alla luce dell’interpretazione dell’art. 2 della direttiva 2001/29.

b)      Sull’applicazione del diritto di riproduzione alle trasmissioni in diretta

68.      Prima di risolvere le questioni relative alla riproduzione, occorre chiarire se il diritto di riproduzione sia in generale applicabile alle trasmissioni in diretta.

69.      L’art. 2, lett. e), della direttiva 2001/29 prevede, per gli organismi di diffusione radiotelevisiva, il diritto alla riproduzione delle fissazioni delle loro trasmissioni. Il corrispondente diritto dei produttori di pellicole riguarda, ai sensi dell’art. 2, lett. d), l’originale e le copie delle loro pellicole.

70.      La QC Leisure e a. dubitano che esistano, in una trasmissione in diretta, una fissazione, un originale ovvero una copia da riprodurre. Tale tesi si fonda presumibilmente sulla circostanza che il processo di produzione illustrato nella domanda di pronuncia pregiudiziale non prevede alcuna fissazione permanente della trasmissione a partire dalla quale venga trasmesso il video.

71.      La Commissione sottolinea invece persuasivamente che anche una trasmissione in diretta si basa, in pratica, su una prima fissazione ovvero sulla registrazione dell’originale a partire dalla quale le immagini vengono nuovamente trasmesse. Tale fissazione si verifica quantomeno nelle memorie di cache nelle quali vengono assemblate le diverse prospettive della videocamera per la produzione dell’emissione quindi trasmessa.

72.      La tesi della QC Leisure e a. determinerebbe uno svantaggio eccessivo per le trasmissioni in diretta rispetto alla trasmissione di opere già fissate. Una siffatta limitazione del diritto di riproduzione sarebbe altresì semplice da eludere poiché gli organismi di radiodiffusione, senza incorrere in particolari problemi, potrebbero inserire nel processo di produzione una prima fissazione permanente del segnale.

73.      Il diritto di riproduzione risulta pertanto applicabile anche ad una trasmissione in diretta.

c)      Sulla quarta questione, lett. b), nella causa C‑403/08 – riproduzione nella memoria di cache del destinatario

74.      La High Court chiede anzitutto, con riguardo all’art. 2 della direttiva 2001/29, se debba prendere in considerazione i frammenti della trasmissione di volta in volta esistenti ovvero il loro insieme.

75.      L’art. 2 della direttiva 2001/29 prevede un diritto di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte.

76.      A favore della rilevanza di tutti i frammenti brevemente memorizzati depone il fatto che essi vengono riprodotti esclusivamente per rendere possibile una comunicazione ininterrotta dell’intera trasmissione. Tuttavia sono presenti nella memoria di cache, in base allo standard, in ciascun momento, solo quattro immagini e una traccia sonora molto breve corrispondente alle dette immagini. Pertanto, non si può ritenere che venga realizzata una riproduzione completa della trasmissione. Ma anche tali frammenti molto limitati costituiscono una riproduzione parziale di una trasmissione.

77.      La QC Leisure e a. sostengono che le immagini e i frammenti della traccia sonora non possano essere considerati come una riproduzione della trasmissione. Per aversi riproduzione parziale ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2001/29 occorrerebbe piuttosto che venisse riprodotta una parte sostanziale dell’opera. Questa argomentazione si fonda sulla nozione di riproduzione elaborata nel diritto interno e sulla sua interpretazione.

78.      Medio tempore la Corte ha però già avuto modo di interpretare la nozione di riproduzione di cui all’art. 2, lett. a), della direttiva 2001/29 in riferimento ad un articolo di giornale, affermando che il diritto d’autore comprende tutte quelle parti dell’opera che costituiscono espressione della creazione intellettuale del suo autore (16). Ha invece escluso dalla tutela le singole parole, in quanto la creazione intellettuale risulta solo dalla scelta, dalla disposizione e dalla combinazione di esse (17). Questa giurisprudenza può essere trasposta al caso di specie.

79.      Differentemente da parole qualsiasi, le immagini e i frammenti della traccia sonora brevemente memorizzati nella cache presentano, nel caso di specie, natura individuale. Ogni immagine deriva da una specifica selezione da parte dell’operatore video ovvero del regista e può essere evidentemente riferita alla rispettiva trasmissione. Sebbene possa non sussistere un particolare interesse per gran parte di tali immagini, queste costituiscono tuttavia parte della creazione intellettuale in cui consiste l’emissione trasmessa.

80.      Può essere invece paragonata alle singole parole, in tale processo, l’informazione isolata circa il colore dei singoli pixel. Dall’assemblaggio delle dette informazioni scaturiscono le immagini che hanno il carattere di una vera e propria creazione intellettuale.

81.      Sussistono, pertanto, atti di riproduzione nel caso in cui frammenti di composizioni di audio e video digitali vengano creati all’interno della memoria del decodificatore, in quanto tali frammenti costituiscono parte dell’opera dell’ingegno propria dell’autore.

d)      Sulla quarta questione, lett. c), nella causa C‑403/08 – riproduzione tramite rappresentazione sullo schermo

82.      Il giudice del rinvio chiede, infine, se anche la rappresentazione di una trasmissione sullo schermo costituisca una riproduzione.

83.      Sebbene una simile questione a prima vista susciti sorpresa, la QC Leisure, la FAPL e la Commissione concordano giustamente sul fatto che tale rappresentazione costituisce effettivamente una riproduzione.

84.      In linea di principio, ciò risulta dagli stessi argomenti sui quali si fonda la presunzione della sussistenza di una riproduzione nel caso della memorizzazione nella cache di immagini e frammenti della traccia sonora. Sullo schermo viene rappresentata di volta in volta per un periodo ancora più breve un’immagine della trasmissione, mentre viene riprodotta la corrispondente parte della traccia sonora.

85.      In tal senso anche la rappresentazione di una trasmissione sullo schermo televisivo costituisce una riproduzione.

2.      Sulla quinta questione nella causa C‑403/08 – limitazione del diritto alla riproduzione

86.      La quinta questione nella causa C‑403/08 è intesa ad accertare se le riproduzioni individuate nella soluzione della quarta questione siano escluse dal diritto dell’autore sulla riproduzione in forza dell’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29.

87.      L’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29 esclude dal diritto di riproduzione taluni processi determinati da una funzione tecnica. Tale eccezione richiede tre condizioni cumulative, nel senso che il mancato rispetto di una sola di esse implica che l’atto di riproduzione ricade sotto il diritto di riproduzione previsto dall’art. 2 della direttiva (18).

88.      In primo luogo, si deve trattare di atti di riproduzione temporanea, transitori o accessori, i quali formano parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico. Un atto può essere qualificato come «transitorio», nel senso di cui all’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29, esclusivamente qualora la sua durata sia limitata a quanto necessario per il buon funzionamento del procedimento tecnico in questione, restando inteso che tale procedimento deve essere automatizzato in modo tale da sopprimere tale atto in maniera automatica, senza intervento umano, nel momento in cui è esaurita la sua funzione tesa a consentire la realizzazione di un siffatto procedimento (19). Ciò è quanto si verifica nel caso di specie. Le riproduzioni effettuate all’interno della memoria e sullo schermo sono transitorie e temporanee. Esse formano altresì parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico, che consente la comunicazione di una trasmissione.

89.      In secondo luogo, l’unico scopo dell’atto deve consistere in una trasmissione in rete tra terzi tramite un mediatore ovvero un utilizzo legittimo. Come già esposto dal giudice del rinvio, la legittimità ovvero la sua mancanza non può, al riguardo, dipendere dalla questione se il titolare del diritto abbia consentito alle riproduzioni come tali. Infatti, per una riproduzione autorizzata dal titolare del diritto non dovrebbe essere necessario prevedere alcuna eccezione. Decisiva su questo aspetto è, pertanto, la soluzione delle restanti questioni, segnatamente se le libertà fondamentali e/o la direttiva 93/83 conferiscano un diritto alla ricezione della trasmissione [nel prosieguo sub C) e D)], nonché se rilevi nella specie, il diritto alla comunicazione al pubblico [in prosieguo, sub 3)].

90.      In terzo luogo, gli atti di riproduzione possono non avere alcuna rilevanza economica propria. Se le riproduzioni specificate nella quarta questione possiedano una siffatta rilevanza è oggetto della quinta questione nella causa C‑403/08.

91.      L’eccezione prevista dall’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29 deve essere interpretata restrittivamente, in quanto costituisce una deroga al principio generale sancito dall’art. 2 (20). Ciò vale a maggior ragione alla luce dell’art. 5, n. 5, della direttiva 2001/29, secondo cui tutte le esenzioni contenute dal medesimo art. 5 possano essere applicate esclusivamente in determinati casi speciali in cui non risulti pregiudicato lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali protetti e che non arrechino ingiustificato pregiudizio ai legittimi interessi del titolare (21).

92.      Tutti i requisiti previsti dall’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29 mirano a consentire gli atti di riproduzione che costituiscono il presupposto del vero e proprio sfruttamento. Ciò è stato illustrato dalla Commissione nella relazione esplicativa della proposta di direttiva con l’esempio della trasmissione di un video su richiesta da una banca dati situata in Germania ad un computer domestico situato in Portogallo, la quale richiederebbe almeno cento atti di stoccaggio provvisorio (22).

93.      Atti di riproduzione di tal genere non hanno, in via di principio, alcun valore proprio al di là della rilevanza economica dello sfruttamento. Essi presentano, eventualmente, una rilevanza economica corrispondente allo sfruttamento, poiché qualora, ad esempio, un atto di riproduzione finalizzato della trasmissione venga meno, alla fine della sequenza di trasmissione non risulta possibile neanche lo sfruttamento. Tale rilevanza economica è dunque del tutto dipendente dal previsto sfruttamento cosicché non può dirsi propria.

94.      Di conseguenza, le riproduzioni create all’interno della memoria del decodificatore non possiedono alcuna rilevanza economica propria.

95.      La riproduzione effettuata sullo schermo presenta, invece, certamente una rilevanza economica propria. Essa costituisce infatti l’oggetto dello sfruttamento della trasmissione. Lo sfruttamento dei diritti su una trasmissione si collega, in effetti, dal punto di vista del diritto d’autore, al diritto di radiodiffusione, in quanto gli autori conservano il diritto di opporsi alla trasmissione. La rilevanza economica di una trasmissione dipende peraltro, di norma, dalla sua ricezione. Ciò è ovviamente evidente per le trasmissioni in abbonamento di cui al caso di specie, ma vale altresì per le trasmissioni finanziate dalla pubblicità. Le stesse emittenti di diritto pubblico finanziate da canoni o tramite fondi statali devono giustificare in concreto il loro finanziamento quantomeno anche mediante adeguati indici di ascolto.

96.      Le copie transitorie di un’opera, create su uno schermo televisivo collegato ad un decodificatore, presentano pertanto una rilevanza economica propria.

97.      Il giudice del rinvio chiede in dettaglio, con la quinta questione, sub b), se incida il fatto che i) le copie transitorie abbiano un valore intrinseco; ii) le copie transitorie comprendano una piccola parte di una raccolta di opere e/o di altri materiali che altrimenti potrebbero essere utilizzati senza violare il diritto d’autore; ovvero iii) il concessionario esclusivo del titolare dei diritti in un altro Stato membro abbia già percepito un compenso per l’uso dell’opera in tale Stato membro.

98.      Il punto i) è stato già risolto: le copie transitorie realizzate nella memoria di cache non hanno alcun valore intrinseco, a differenza di quelle effettuate su uno schermo televisivo.

99.      Il punto ii) riguarda la possibilità di limitare la protezione solo ad alcune parti della trasmissione. Tale tesi appare plausibile con riguardo alla comunicazione al pubblico (23), ma è invece discutibile rispetto al diritto di riproduzione oggetto della presente analisi (24). Se il giudice del rinvio dovesse pervenire ugualmente alla conclusione che sono protette solo alcune parti della trasmissione, ciò sarebbe irrilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29. Verrebbero piuttosto in considerazione le norme interne di trasposizione dell’art. 5, n. 3, lett. i), della direttiva 2001/29. In base a quest’ultimo, gli Stati membri possono disporre eccezioni o limitazioni del diritto di riproduzione in caso di inclusione occasionale di opere o materiali protetti di altro tipo in altri materiali.

100. Il punto iii) mette in luce, infine, l’elemento decisivo di entrambe le domande di pronuncia pregiudiziale, segnatamente il compenso per l’uso dell’opera in un altro Stato membro. Poiché la rilevanza economica propria della riproduzione di un’emissione su uno schermo coincide con l’interesse alla ricezione di tale emissione, si pone la questione se il compenso prestato per la ricezione dell’emissione in uno Stato membro attribuisca il diritto di riceverla in un altro Stato membro. Questo è l’oggetto delle seguenti questioni relative alla direttiva 93/83 [in prosieguo sub C)] ed alle libertà fondamentali [in prosieguo sub D)]. L’applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29 resta tuttavia impregiudicata.

101. In sintesi, sulla quinta questione nella causa C‑403/08, va tenuto fermo che le copie transitorie di un’opera, create su uno schermo televisivo collegato ad un decodificatore, possiedono una rilevanza economica propria ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29, laddove le copie create all’interno della memoria del decodificatore, invece, non ne possiedono alcuna.

3.      Sull’ulteriore comunicazione al pubblico

102. Con la sesta questione nella causa C‑403/08 si chiede di precisare se il fatto di mostrare in locali pubblici le partite di calcio trasmesse in diretta violi il diritto esclusivo alla comunicazione al pubblico di opere protette ai sensi dell’art. 3 della direttiva 2001/29.

a)      Sulla ricevibilità della questione

103. Si potrebbe dubitare della pertinenza e, quindi, della ricevibilità di tale questione. Infatti, secondo il giudice del rinvio, l’art. 72 del Copyright, Designs and Patents Act consente, in via di principio, di mostrare in pubblico il programma televisivo qualora chi vi provveda non riceva alcun compenso. Quand’anche la presentazione del programma dovesse risultare incompatibile con l’art. 3 della direttiva 2001/29, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e non può essere invocata, in quanto tale, nei confronti del medesimo (25).

104. Secondo consolidata giurisprudenza, nell’ambito della cooperazione tra la Corte di giustizia e i giudici nazionali, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sull’interpretazione del diritto comunitario la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (26) e si applica quindi una presunzione di rilevanza (27) a favore delle questioni sottoposte alla Corte da parte dei giudici nazionali. Essa può essere esclusa, però, in casi eccezionali, qualora risulti manifestamente che la sollecitata interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione considerate in tali questioni abbia natura ipotetica (28). In tal caso la questione sarebbe irricevibile.

105. Se è pur vero che, nella specie, sembri sussistere, dal punto di vista nazionale, un ampio diritto di mostrare in pubblico gratuitamente il programma televisivo, tale diritto non comprende peraltro tutti gli elementi del programma. Ne restano escluse, in particolare, le opere musicali. Non si può escludere, inoltre, che un’interpretazione di tale normativa in senso conforme all’art. 3 della direttiva 2001/29 consenta un’ulteriore compressione di tale diritto.

106. La questione non è dunque manifestamente irrilevante ai fini della definizione della controversia ed è pertanto ricevibile.

b)      Sulla questione

107. Occorre quindi esaminare se sussista una comunicazione al pubblico ai sensi dell’art. 3 della direttiva 2001/29 nel caso in cui una partita di calcio trasmessa in diretta venga mostrata in un locale pubblico. Occorre, anzitutto, circoscrivere il novero delle opere protette e verificare quindi l’applicabilità dell’art. 3, n. 1.

i)      Sulle opere protette

108. L’art. 3 della direttiva 2001/29 prevede l’introduzione di diritti esclusivi volti ad autorizzare o vietare determinati atti sulle opere. Il n. 1 concerne i diritti degli autori, il n. 2 i diritti di determinati altri soggetti, in particolare dei produttori di pellicole [lett. c)] e degli organismi di diffusione radiotelevisiva [lett. d)].

109. I due paragrafi non contemplano i medesimi diritti. Il n. 1 conferisce il diritto di comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente. Il diritto di cui al n. 2 si applica solo per tale ultima forma di accesso, vale a dire quando ciascuno possa avere accesso alle opere contemplate dal luogo e nel momento scelti individualmente.

110. Si può dedurre dalla relazione esplicativa alla proposta di direttiva 2001/29 che la locuzione «messa a disposizione del pubblico (...) in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente» è volta ad includere la trasmissione a richiesta, non rilevante nel caso di specie (29). Le trasmissioni non interattive, vale a dire la tradizionale ricezione del programma televisivo, non dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 3, n. 2. Per queste continuerebbero ad essere applicabili le norme esistenti, ossia l’art. 8 della direttiva 2006/115 e l’art. 4 della direttiva 93/83 (30).

111. Ai sensi dell’art. 8, n. 3, della direttiva 2006/115, gli organismi di radiodiffusione hanno il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la ritrasmissione via etere delle loro emissioni, nonché la loro comunicazione al pubblico se questa comunicazione avviene in luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto d’ingresso. Nei casi oggetto dei procedimenti a quo non era richiesto però alcun diritto d’ingresso.

112. Non risulta l’esistenza di una normativa specifica relativa alla comunicazione non interattiva di film. Nella misura in cui la trasmissione di una partita di calcio dovesse essere considerata un film, rileverebbe tutt’al più la normativa nazionale concernente il diritto di comunicazione al pubblico.

113. Allo stato attuale del diritto dell’Unione non sussiste quindi alcun pieno diritto di tutela relativo alla comunicazione al pubblico di un’emissione senza diritto d’ingresso. L’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 conferisce piuttosto solo diritti relativi ad opere protette sul piano del diritto d’autore, comunicate tramite l’emissione. Nel caso in esame, ad esempio, si potrebbe pensare all’inno della Premier League, trasmesso con l’emissione, ma anche a diverse altre opere menzionate nella domanda di pronuncia pregiudiziale.

114. La protezione di tali opere, in base all’art. 12, n. 2, della direttiva 2001/29, ma anche all’art. 14 della direttiva 2006/115, non risulta peraltro compromessa dalla protezione dei diritti connessi al diritto d’autore prevista nelle rispettive direttive. Il giudice del rinvio dovrà tuttavia accertare se tali opere rientrino eventualmente nell’ambito di applicazione delle misure nazionali adottate ai fini della trasposizione dell’art. 5, n. 3, lett. i), della direttiva 2001/29, in base al quale gli Stati membri possono disporre eccezioni o limitazioni del diritto di comunicazione al pubblico in caso di inclusione occasionale di opere o materiali di altro tipo in altri materiali.

115. Conseguentemente, l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 è rilevante solo nel senso che, con le partite di calcio mostrate nei locali pubblici, vengono comunicate opere per le quali la normativa del Regno Unito non dispone alcuna deroga all’applicazione delle norme che hanno recepito l’art. 3, n. 1.

ii)    Sull’applicabilità dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29

116. Per quanto riguarda le opere rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29, occorre verificare se la trasmissione in un locale pubblico costituisca una «comunicazione al pubblico, su filo o senza filo».

117. Già la trasmissione via satellite costituisce, in linea di principio, una comunicazione al pubblico di opere protette. Si deve peraltro ritenere che i rispettivi titolari dei diritti abbiano prestato il loro consenso. È dubbio, peraltro, se la rappresentazione della trasmissione in un locale pubblico, invece che per un uso domestico o privato, costituisca un’ulteriore trasmissione al pubblico, che esiga un ulteriore – nel caso di specie mancante – consenso dei titolari del diritto.

118. La Corte, in casi che risultano analoghi, vale a dire nella trasmissione di emissioni televisive all’interno di un albergo (31) ha già riconosciuto la sussistenza di un’ulteriore comunicazione al pubblico. È plausibile, in linea di principio considerare i clienti di un locale pubblico analogamente ai clienti di un albergo come un numero indeterminato di telespettatori potenziali che costituisce un pubblico nuovo rispetto ai destinatari privati (32). La Corte ha sottolineato, inoltre, che la comunicazione al pubblico, nel caso degli alberghi, ha carattere lucrativo (33). Anche i gestori dei locali pubblici perseguono sicuramente tali scopi quando mostrano le trasmissioni di partite di calcio. Gli autori hanno quindi interesse a partecipare agli utili derivanti dall’utilizzo commerciale delle loro opere.

119. La prassi della commercializzazione delle schede di decodificazione segue tale logica in quanto gli organismi di diffusione radiotelevisiva esigono dai locali pubblici un corrispettivo più alto per l’utilizzo delle schede di decodificazione, mentre consentono ai clienti privati un esclusivo uso domestico o privato.

120. Nondimeno occorre accertare se possa ritenersi effettivamente sussistente una comunicazione al pubblico ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29. A favore di tale tesi depone un’interpretazione fondata sul diritto internazionale. Dal ventitreesimo ‘considerando’ emerge, però, alla luce dei lavori preparatori dell’art. 3, n. 1, che il legislatore dell’Unione non ha espressamente inteso creare alcun diritto degli autori in riferimento alla rappresentazione gratuita in pubblico di una trasmissione televisiva.

Sulla Convenzione di Berna

121. Elementi utili per la definizione della comunicazione al pubblico possono essere ricavati, in linea di massima, dall’art. 11 bis, n. 1, della Convenzione di Berna. Tale disposizione, sub i)‑iii), conferisce agli autori il diritto esclusivo di autorizzare tre diverse forme di comunicazione al pubblico delle loro opere:

i)      la radiodiffusione delle loro opere o la comunicazione al pubblico di esse mediante qualsiasi altro mezzo atto a diffondere senza filo segni, suoni od immagini;

ii)      ogni comunicazione al pubblico, con o senza filo, dell’opera radiodiffusa, quando tale comunicazione sia eseguita da un ente diverso da quello originario;

iii)      la comunicazione al pubblico, mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, dell’opera radiodiffusa.

122. In base alla guida dell’OMPI (34) – documento interpretativo elaborato dall’OMPI il quale, senza avere forza giuridica vincolante, contribuisce tuttavia all’interpretazione della detta convenzione – è applicabile l’art. 11 bis, n. 1, punto iii): la comunicazione al pubblico, mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, dell’opera radiodiffusa. Tale disposizione dovrebbe appunto comprendere la rappresentazione del programma radiotelevisivo in ambiti in cui le persone si incontrano: caffè, ristoranti, alberghi, centri commerciali, treni o aerei (35).

123. La comunicazione al pubblico consisterebbe, in quest’ottica, nel fatto che la trasmissione comprendente le opere protette venga mostrata sullo schermo al pubblico presente.

124. È pur vero che l’Unione non è parte della Convenzione di Berna, ma si è invero obbligata, unitamente agli Stati membri, tramite l’art. 9, n. 1, dell’Accordo TRIPs e l’art. 1, n. 4, del trattato dell’OMPI sul diritto d’autore, ad osservare gli artt. 1-21 della Convenzione di Berna ovvero di conformarsi alle dette disposizioni. Pertanto, la trasposizione nel diritto dell’Unione l’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna risponderebbe agli obblighi giuridici internazionali dell’Unione.

125. Inoltre, l’art. 14, n. 3, dell’Accordo TRIPs prevede espressamente per gli organismi di radiodiffusione il diritto di vietare la comunicazione al pubblico di loro emissioni televisive effettuata senza il loro consenso. Gli Stati che non prevedono per gli organismi di radiodiffusione diritti del genere, devono quantomeno assicurare ai titolari del diritto d’autore sull’oggetto delle emissioni radiofoniche la possibilità di impedire la comunicazione, fatta salva la Convenzione di Berna.

126. Alla luce delle suesposte considerazioni, nei casi in esame dovrebbe ritenersi l’esistenza di una comunicazione al pubblico.

Sulla volontà del legislatore dell’Unione

127. Sebbene la proposta di direttiva 2001/29 della Commissione mirasse a trasporre nel diritto dell’Unione anche l’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna, il Consiglio e il Parlamento si sono discostati su quest’aspetto. Essi non hanno inteso, piuttosto, creare diritti degli autori sulla rappresentazione gratuita in pubblico di opere costituenti parte di un’emissione televisiva.

128. Se è pur vero che l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 non è espressamente destinato a trasporre l’art. 11 bis della Convenzione di Berna, dalla relazione esplicativa alla proposta di direttiva della Commissione emerge peraltro che l’art. 8 del trattato dell’OMPI sul diritto d’autore, formulato in modo sostanzialmente identico all’art. 3 della direttiva, doveva essere trasposto (36). L’art. 8 non tratta espressamente la comunicazione al pubblico attraverso la rappresentazione in pubblico. Proprio perché il detto trattato esige il rispetto dell’art. 11 bis della Convenzione di Berna, sarebbe peraltro ragionevole intendere la nozione di comunicazione al pubblico di cui all’art. 8 del trattato dell’OMPI sul diritto d’autore e, quindi, di cui all’art 3 della direttiva 2001/29 nel medesimo senso di quella contemplata nell’art. 11 bis della Convenzione di Berna.

129. Dalla relazione esplicativa alla proposta della Commissione di direttiva risulta, pertanto, che l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 dovrebbe comprendere tutte le forme di comunicazione al pubblico (37). In tal senso sarebbero incluse le tre forme di comunicazione al pubblico di cui all’art. 11 bis della Convenzione di Berna.

130. La Commissione e la QC Leisure sostengono tuttavia che l’art. 3 della direttiva 2001/29 non costituirebbe attuazione dell’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna. A tal riguardo si richiamano, correttamente, alle discussioni sulla proposta della Commissione che hanno portato alla formulazione del ventitreesimo ‘considerando’.

131. Il Parlamento aveva già proposto in prima lettura che l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 non comprendesse «la rappresentazione o esecuzione dirette» (38). La Commissione modificava conformemente la propria proposta (39). Mentre il Consiglio non si adeguava alla proposta modificata della Commissione, alcuni Stati membri hanno previsto, invece, la limitazione contenuta nei periodi 2‑4 del ventitreesimo ‘considerando’ (40), al quale fa riferimento anche il giudice del rinvio.

132. Ai sensi del secondo periodo del ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29, il diritto d’autore applicabile alla comunicazione al pubblico deve essere inteso in senso lato in quanto concernente tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine. Il terzo periodo precisa che tale diritto deve applicarsi a qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione. Il quarto e ultimo periodo precisa che detto diritto non deve applicarsi ad altri atti.

133. In sintesi, da tali tre periodi emerge che l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 è inteso a trasporre solo l’art. 11 bis, n. 1, punti i) e ii), della Convenzione di Berna, vale a dire le disposizioni concernenti la radiodiffusione e la comunicazione eseguita da un ente diverso da quello originario. Nelle dette fattispecie vengono in considerazione luoghi diversi, nonché una trasmissione con o senza filo.

134. La comunicazione al pubblico, mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, dell’opera radiodiffusa di cui all’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna si verifica, invece, di regola nel luogo in cui la comunicazione ha origine. Resta pertanto esclusa la sussistenza di una trasmissione.

135. Tali effetti restrittivi del ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29 hanno altresì costituito oggetto delle discussioni del Consiglio e, conseguentemente, il legislatore ne era a conoscenza. La Presidenza del Consiglio riteneva che non fossero compresi atti diversi da quelli menzionati nel ‘considerando’, in particolare la messa a disposizione di computer connessi a internet negli Internet café ovvero nelle biblioteche (41). La delegazione italiana sollevava a tal proposito persino la questione se fosse opportuno escludere dall’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 l’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna (42).

136. La limitazione della portata dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 viene confermata dal fatto che diverse normative internazionali, europee e nazionali suscitano l’impressione che sia consentito mostrare nei locali pubblici il programma televisivo, in linea di principio, a prescindere da specifico consenso dei titolari dei diritti.

137. Sul piano del diritto dell’Unione occorre richiamare anzitutto l’art. 8, n. 3, della direttiva 2006/115 che prevede l’opposizione degli organismi di radiodiffusione solo nel caso in cui venga richiesto un diritto d’ingresso. Tale norma non è un caso isolato, ma corrisponde all’art. 13, lett. d), della Convenzione di Roma del 26 ottobre 1961, relativa alla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione. Sebbene l’Unione non sia parte della detta convenzione che prevede all’art. 24 la partecipazione dei soli Stati, gli Stati membri, ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. c), del protocollo n. 28 concernente la proprietà intellettuale dell’Accordo SEE (43), devono peraltro aderirvi (44).

138. Analogamente, l’art. 72 del Copyright, Designs and Patents Act consente, in linea di principio, nel Regno Unito di mostrare il programma televisivo qualora non venga richiesto un diritto d’ingresso. In Germania vige un’analoga norma sui diritti degli organismi di diffusione radiotelevisiva (45), mentre, per quanto riguarda gli autori, l’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna è stato attuato tramite l’art. 22 della legge sul diritto d’autore (46).

139. Il legislatore dell’Unione non ha finora inteso attuare l’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna, né l’art. 14, n. 3, dell’Accordo TRIPs come parte del diritto dell’Unione. Tale scelta va rispettata in quanto, in particolare, i diritti degli autori conferiti dall’art. 11 bis, n. 1, punto iii), non si rivolgono contro le autorità pubbliche, ma limitano in maniera cogente i diritti di altri soggetti nell’ambito di un rapporto di diritto privato.

140. Non costituisce oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale la questione se siano direttamente applicabili l’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna ovvero l’art. 14, n. 3, dell’Accordo TRIPs; del resto, le disposizioni dell’Accordo TRIPs non sono idonee a creare, in capo ai singoli, diritti che questi possano invocare direttamente dinanzi al giudice ai sensi del diritto dell’Unione (47) e neppure è stata finora presa in considerazione una diretta applicazione della Convenzione di Berna come parte del diritto dell’Unione (48).

141. Il caso degli alberghi viene però inteso da alcune parti del procedimento nel senso che la Corte, nonostante quanto affermato, considererebbe l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 come una trasposizione dell’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna. In particolare, la Corte si è basata sulle osservazioni relative al detto punto contenute nella guida dell’OMPI (49), rilevando che la direttiva 2001/29 sarebbe applicabile ad ogni comunicazione al pubblico di opere protette (50).

142. Il ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29 non ha tuttavia costituito oggetto delle controversie riguardanti gli alberghi. Tali decisioni riguardavano però, in primo luogo, una fattispecie diversa, vale a dire una comunicazione ai sensi dell’art. 11 bis, n. 1, punto ii), della Convenzione di Berna, vale a dire una comunicazione effettuata da un’emittente diversa da quella originaria (51). Una siffatta comunicazione si rivolge per sua natura ad un pubblico non presente nel luogo in cui essa ha origine. Di conseguenza, la Corte, nei detti casi, non si è pronunciata sulla questione se l’art. 11 bis, n. 1, punto iii), della Convenzione di Berna sia stato attuato tramite l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29.

143. L’art. 3, n. 1, in combinato disposto con il ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29, deve essere inteso nel senso che esso concerne solo la comunicazione di opere ad un pubblico non presente nel luogo in cui essa ha origine.

Sull’applicazione alla comunicazione delle trasmissioni nei locali pubblici

144. Nel caso in cui un gestore mostri ai suoi clienti il programma su un televisore posto nel locale pubblico, si deve ritenere, in linea di principio, che il pubblico di riferimento si trovi nel luogo in cui la comunicazione ha origine. È lo schermo televisivo l’origine della comunicazione.

145. Il giudice del rinvio chiede, sub b), punto iii), della sesta questione, se incida il fatto che il segnale televisivo venga ricevuto tramite un’antenna o una parabola sul tetto dei locali dove il televisore si trova o nelle loro adiacenze. La circostanza non è, in effetti, rilevante. In pratica, ogni forma di comunicazione comporta trasmissioni di questo tipo tra l’antenna, il decodificatore e lo schermo, nonché all’interno delle stesse apparecchiature. Sarebbe invero capzioso prendere in considerazione la lunghezza del cavo (52). Tali presupposti tecnici di qualsiasi comunicazione sono pertanto da riferire alla radiodiffusione originaria.

146. La situazione sarebbe probabilmente diversa se il segnale venisse trasmesso non solo su un apparecchio di ricezione, ma – come nei casi degli alberghi – venisse distribuito su diversi ulteriori ricevitori. L’apparecchio di distribuzione potrebbe allora essere considerato come l’origine della detta comunicazione e la ricezione si verificherebbe in un luogo diverso. Ciò costituirebbe – analogamente a quanto avvenuto nel caso degli alberghi – un’ulteriore trasmissione su filo o senza filo che il legislatore non ha inteso escludere dall’ambito di applicazione dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29.

147. La sesta questione nella causa C‑403/08 va dunque risolta nel senso che un’opera tutelata dal diritto d’autore viene comunicata al pubblico su filo o senza filo ai sensi dell’art. 3 della direttiva 2001/29, qualora una trasmissione satellitare venga ricevuta in locali commerciali (ad esempio un bar) e rappresentata o proiettata in quei locali mediante un singolo schermo televisivo e altoparlanti al pubblico ivi presente.

C –    Sulla direttiva 93/83

148. La settima questione della causa C‑403/08 consiste, nella sua prima parte, nello stabilire se sia compatibile con la direttiva 93/83 il fatto che il diritto d’autore nazionale preveda che, qualora copie transitorie di opere inserite in una trasmissione via satellite vengano create all’interno di un decodificatore satellitare o su uno schermo televisivo, sussista una violazione del diritto d’autore in base alla normativa del paese di ricezione della trasmissione. Il giudice chiede altresì se rilevi il fatto che la trasmissione venga decodificata mediante una scheda di decodificazione satellitare rilasciata dal prestatore di un servizio di trasmissione via satellite in un altro Stato membro, subordinatamente alla condizione che la scheda di decodificazione satellitare venga autorizzata solo perché sia usata in tale altro Stato membro.

149. L’art. 2 della direttiva 93/83 impone agli Stati membri di prevedere il diritto esclusivo dell’autore di autorizzare la comunicazione al pubblico via satellite di opere protette dal diritto d’autore.

150. Ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. b), della direttiva 93/83, la comunicazione al pubblico via satellite ha luogo unicamente nello Stato membro in cui, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi sono inseriti in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra.

151. Lo Stato interessato sarebbe, nella specie, la Grecia. I segnali sono stati trasmessi da questo Paese al satellite e ivi nuovamente inviati. Per quanto attiene all’utilizzazione di schede di decodificazione arabe, la direttiva 93/83 resta, invece, irrilevante.

152. Tali disposizioni sembrano non riguardare affatto la ricezione transfrontaliera di trasmissioni via satellite, in particolare la ricezione del segnale greco da parte dei locali pubblici situati nel Regno Unito. Dal quattordicesimo ‘considerando’ della direttiva 93/83 emerge, peraltro, che tale norma mira ad evitare che a un solo atto di radiodiffusione vengano cumulativamente applicate più leggi nazionali.

153. Come indicato dal settimo ‘considerando’ della direttiva 93/83, prima dell’adozione della direttiva sussistevano incertezze sul piano giuridico in relazione alla necessità di stabilire se, per la diffusione di programmi via satellite i cui segnali possono essere ricevuti direttamente, i diritti debbano essere acquisiti esclusivamente nel paese di emissione ovvero se debbano essere acquisiti in tutti i paesi in cui ha luogo la ricezione. Un acquisto cumulativo comporterebbe non solo la simultanea applicazione di diversi ordinamenti giuridici. I diritti sulla diffusione potrebbero inoltre spettare a diversi titolari nei diversi Stati membri. Un acquisto cumulativo potrebbe pertanto rendere significativamente più difficile o persino impossibile la diffusione di programmi via satellite.

154. La direttiva 93/83 mira, pertanto, a garantire, ai sensi del quindicesimo ‘considerando’, che i diritti sulle emissioni di radiodiffusione devono essere assegnati nel rispetto del diritto di un solo Stato membro, vale a dire dello Stato in cui ha luogo l’emissione conformemente all’art. 1, n. 2, lett. b). Tale principio del paese d’origine (diciottesimo ‘considerando’) implica che il diritto di emissione di radiodiffusione per tale Stato includa il diritto di diffusione anche in altri Stati membri.

155. Per contro, la tesi della FAPL, secondo cui la direttiva 93/83 non consentirebbe di violare altri diritti sulle opere trasmesse, è, in linea di principio, corretta. Ai sensi dell’art. 5, la protezione dei diritti connessi al diritto d’autore a norma della direttiva lascia del tutto impregiudicata la tutela del diritto d’autore (53).

156. La direttiva 93/83 non mette esplicitamente in questione, nello specifico, il diritto alla riproduzione dell’emissione. Il giudice del rinvio e diverse parti del procedimento sostengono, di conseguenza, che il diritto di radiodiffusione nulla prevede sul diritto di creare copie transitorie dell’emissione all’atto della sua ricezione e della sua comunicazione (54).

157. La direttiva 93/83 si applica però espressamente, in forza dell’art. 1, n. 2, lett. a), solo ai segnali destinati ad essere ricevuti dal pubblico. Il consenso alla trasmissione dell’emissione deve quindi includere anche il diritto agli atti di riproduzione necessari per la sua ricezione.

158. La FAPL si richiama d’altra parte al sedicesimo ‘considerando’ della direttiva 93/83, secondo cui il principio dell’autonomia contrattuale, sul quale si fonda la direttiva, consente di limitare lo sfruttamento dei diritti, con particolare riferimento a determinati metodi tecnici di trasmissione o a determinate versioni linguistiche.

159. Il menzionato ‘considerando’ riguarda, tuttavia, le limitazioni imposte in via contrattuale che, per loro natura, producano solo effetti inter partes. Pertanto vengono ivi menzionate, indicativamente, solo misure che le parti contrattuali possono adottare, vale a dire specifiche tecniche dell’emissione di radio diffusione, come ad esempio la codifica e la versione linguistica dell’emissione. Dal detto ‘considerando’ non possono essere quindi derivati diritti che possano essere fatti valere nei confronti di destinatari di emissioni non vincolati in via contrattuale.

160. Il diciassettesimo ‘considerando’ della direttiva 93/83 corrobora tale interpretazione. In base ad esso, all’atto dell’acquisto dei diritti le parti devono tener conto, ai fini della determinazione del compenso, di tutti gli aspetti dell’emissione di radiodiffusione, quali il numero effettivo e il numero potenziale dei telespettatori e la versione linguistica dell’emissione. Il legislatore ha pertanto ritenuto che nella diffusione di un’emissione via satellite sia inclusa anche la sua ricezione e che il compenso debba tener conto di tale sfruttamento, coprendo evidentemente anche la ricezione al di fuori dello Stato di emissione, ove tale ricezione sia prevista, in particolare, in considerazione della versione linguistica dell’emissione.

161. È pertanto incluso nel diritto sulla comunicazione via satellite di opere protette dal diritto d’autore ai sensi dell’art. 2 della direttiva 93/83 il diritto del destinatario di ricevere e seguire tali emissioni di radiodiffusione.

162. È dubbio se le osservazioni fin qui svolte si estendano anche alle emissioni codificate via satellite. Dato che la codifica consente un accesso condizionato, si potrebbe immaginare che il diritto di radiodiffusione sia limitato al territorio di ricezione concordato tra il titolare dei diritti e l’organismo di radiodiffusione. L’art. 1, n. 2, lett. c), della direttiva 93/83 dispone, tuttavia, che vi è comunicazione al pubblico via satellite a condizione che i mezzi per la decriptazione della trasmissione siano messi a disposizione del pubblico a cura dell’organismo di radiodiffusione stesso o di terzi con il suo consenso. Se ricorrono le condizioni, come nel caso di specie, l’emissione codificata via satellite equivale ad un’emissione non codificata. La codifica non incide, pertanto, sulla portata del diritto di radiodiffusione che legittima la ricezione.

163. Il diritto di radiodiffusione non è limitato neanche dalle condizioni applicabili all’emissione di schede di decodificazione. Tali condizioni possono tutt’al più produrre effetti vincolanti sul piano contrattuale, ma non impongono obblighi a carico di terzi.

164. Per quanto riguarda la direttiva 93/83, suggerisco, per i detti motivi, di risolvere la settima questione nella causa C‑403/08 nel senso che il diritto sulla comunicazione via satellite di opere protette dal diritto d’autore, ai sensi dell’art. 2 della direttiva 93/83, comprende il diritto di ricevere e seguire tale emissione anche all’estero.

D –    Sulle libertà fondamentali

165. L’importanza delle libertà fondamentali con riguardo all’utilizzazione delle schede di decodificazione greche viene affrontata, in particolare, nelle questioni sesta e settima della causa C‑429/08, ma anche nelle questioni settima e ottava, lett. b) e c), della causa C‑403/08. La High Court chiede se gli artt. 28 CE, 30 CE e/o 49 CE ostino all’applicazione di una disposizione nazionale che sanzioni ovvero consideri violazione del diritto d’autore la ricezione di un programma facente parte di un servizio di trasmissione fornito da un luogo nel Regno Unito con l’intento di evitare il pagamento di qualsiasi diritto applicabile alla ricezione del programma. A tal riguardo, ad avviso del detto giudice, nella causa C‑429/08 si configurano tre fattispecie che possono sussistere alternativamente ovvero cumulativamente:

i)      il dispositivo per l’accesso condizionato è stato elaborato da un prestatore di servizi, o con il suo consenso, sia stato originariamente fornito subordinatamente ad autorizzazione contrattuale limitata di utilizzo del dispositivo per accedere ad un servizio protetto solo in un primo Stato membro. Tuttavia esso è stato utilizzato per accedere a tale servizio protetto ricevuto in un secondo Stato membro, in questo caso il Regno Unito [in tal senso anche l’ottava questione, lett. b), della causa C‑403/08];

ii)      il dispositivo per l’accesso condizionato è stato elaborato da un prestatore di servizi, o con il suo consenso, ed è stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo falso nome e indirizzo di residenza nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le restrizioni territoriali contrattuali imposte all’esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro;

iii)      il dispositivo per l’accesso condizionato è stato elaborato da un prestatore di servizi, o con il suo consenso, ed è stato originariamente fornito subordinatamente alla condizione contrattuale di un esclusivo uso domestico o privato e non per un uso commerciale (per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato). Esso è stato tuttavia utilizzato nel Regno Unito per scopi commerciali, e precisamente per trasmettere partite di calcio in diretta in un locale pubblico [in tal senso anche l’ottava questione, lett. c), della causa C‑403/08].

166. Mi soffermerò anzitutto sulla prima ipotesi e di seguito discuterò se le altre due ipotesi conducano ad una diversa conclusione.

a)      Sulla libertà fondamentale applicabile

167. Dato che le schede di decodificazione sono importate dalla Grecia nel Regno Unito, potrebbe essere applicabile la libera circolazione delle merci sancita dall’art. 34 TFUE (ex art. 28 CE) (55). In concreto, tali carte costituiscono però un mezzo, in un certo qual modo la chiave, per accedere nel Regno Unito ad un programma televisivo trasmesso dalla Grecia. La messa a disposizione di tale programma costituisce una prestazione di servizi ai sensi dell’art. 56 TFUE (ex art. 49 CE) (56).

168. Qualora un provvedimento nazionale costituisca una restrizione sia alla libera prestazione dei servizi sia alla libera circolazione delle merci, la Corte, in realtà, procede al suo esame, in linea di principio, solamente con riguardo ad una delle due dette libertà fondamentali qualora risulti che, alla luce delle circostanze della specie, una delle due sia del tutto secondaria rispetto all’altra e possa essere a questa ricollegata (57).

169. Per quanto riguarda la vendita di decodificatori per le trasmissioni codificate via satellite, la Corte, in effetti – come giustamente messo in luce dalla Commissione –, ha già avuto modo di affermare che non si può accertare in termini generali se prevalga l’aspetto della libera circolazione delle merci o quello della libera prestazione dei servizi (58). Il caso in questione riguardava però restrizioni specificamente concernenti il commercio di apparecchiature di decodificazione che dunque, nel contempo, rendevano indirettamente più gravoso l’accesso al servizio di trasmissione televisiva via satellite.

170. Nel caso in esame, invece, non è controverso in primo luogo il commercio delle schede, ma piuttosto il loro utilizzo finalizzato ad ottenere l’accesso nel Regno Unito a programmi soggetti a codifica. Del resto, se solo si confronta il valore materiale delle schede con i prezzi pagati per l’accesso al programma, la scheda risulta avere un rilievo del tutto secondario. Occorre pertanto valutare le domande di pronuncia pregiudiziale alla luce della libera prestazione dei servizi.

b)      Sulla restrizione alla libera prestazione dei servizi

171. La libertà di prestazione dei servizi impone l’eliminazione di qualsiasi restrizione alla libera prestazione dei servizi, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi. Inoltre, la libertà di prestazione dei servizi è a favore tanto del fornitore quanto del destinatario degli stessi (59).

172. Nel caso di specie non si pone la questione se i fornitori di programmi televisivi siano obbligati ad assicurare agli interessati di altri Stati membri l’accesso a condizioni analoghe a quelle dei residenti. Un siffatto obbligo presupporrebbe un effetto verso terzi della libera prestazione dei servizi che la Corte – almeno in tale forma (60) – non ha ancora affermato.

173. Non si tratta neppure di stabilire se i fornitori di programmi televisivi possano limitare in via contrattuale a determinati territori l’accesso ai loro programmi (61). Clausole contrattuali di questo tipo possono produrre effetti solo inter partes. Nel caso di specie, non sussiste alcun rapporto contrattuale tra i titolari dei diritti e i fornitori delle schede di decodificazione nel Regno Unito ovvero i gestori dei locali.

174. È anzi controverso se la libertà di prestazione dei servizi consenta di riconoscere ed affermare diritti sulle trasmissioni via satellite in forza dei quali i rispettivi titolari possano impedire per contratto a terzi con cui non abbiano rapporti di vedere e mostrare tali programmi in Stati membri diversi da quelli previsti. Per effetto di diritti del genere verrebbe proibita la prestazione di servizi da parte di altri Stati membri, segnatamente l’accesso alle emissioni televisive.

175. Tale pregiudizio alla libertà di prestazione dei servizi è particolarmente intenso, dato che i diritti in questione non solo ne rendono più gravosa l’attuazione, ma producono una compartimentazione del mercato interno in mercati nazionali separati l’uno dall’altro. Analoghi problemi sussistono con riguardo all’accesso ad altre prestazioni, quali la vendita via internet di programmi per computer, opere musicali, libri elettronici o film.

176. Sussiste dunque un grave pregiudizio della libertà di prestazione dei servizi.

c)      Sulla giustificazione della restrizione

177. Essendo la libera prestazione dei servizi un principio fondamentale dell’Unione, una restrizione a tale libertà può essere ammessa soltanto se essa persegue un obiettivo legittimo compatibile con il Trattato ed è giustificata da ragioni imperative di interesse generale. In tal caso, la restrizione deve essere inoltre idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non può andare al di là di ciò che è necessario per raggiungerlo (62).

178. L’art. 52, n. 1, TFUE (ex art. 46, n. 1, CE), che, ai sensi dell’art. 62 TFUE (ex art. 55 CE), si applica alla libera prestazione dei servizi, ammette restrizioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica. Inoltre, la giurisprudenza della Corte ha individuato un certo numero di motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare restrizioni alla libera prestazione dei servizi (63).

Sulla tutela della proprietà industriale e commerciale

179. Nel caso di specie viene in considerazione anzitutto la tutela della proprietà industriale e commerciale (64). Essa giustifica le restrizioni necessarie a garantire l’oggetto specifico del diritto in questione (65). Va dunque esaminato se sussistano diritti sulle trasmissioni via satellite di partite di calcio il cui specifico oggetto esiga una ripartizione del mercato interno.

180. Nel settore della circolazione delle merci ha un’importanza primaria lo sfruttamento di diritti attraverso la vendita di copie dell’opera. Tale sfruttamento si basa sul diritto esclusivo di riprodurre l’opera e di mettere in circolazione le copie. Detto diritto esclusivo si esaurisce nel momento in cui un prodotto sul mercato di uno Stato membro sia stato immesso legittimamente in circolazione dallo stesso titolare del diritto o con il suo consenso (66). A prescindere da particolari ipotesi, come il diritto di seguito dell’autore di un’opera d’arte originale (67), non esistono diritti che ostino alla rivendita di siffatte merci nel mercato interno (68). Il titolare del diritto invero ha già realizzato, tramite la vendita, il valore economico della proprietà intellettuale in questione (69).

181. I diritti d’autore sui dischi immessi legittimamente in circolazione in uno Stato membro, pertanto, non ostano alla loro vendita in un altro Stato membro (70). La QC Leisure e la sig.ra Murphy invocano tale giurisprudenza per giustificare le loro pratiche commerciali.

182. La FAPL sostiene, invece, che nel settore della libera prestazione dei servizi non ci sia alcun esaurimento paragonabile alla libera circolazione delle merci.

183. Ciò sorprende in quanto, in via di principio, le restrizioni alle libertà fondamentali devono essere giustificate sulla base dei medesimi principi.

184. Come si è detto, talune prestazioni di servizi si differenziano dalle merci per il fatto che non possono essere ulteriormente utilizzate come tali, si pensi ad esempio ai servizi dei parrucchieri. Il valore economico viene realizzato tramite il compenso per la prestazione, ma il servizio, di per sé, non può essere ulteriormente ceduto. In tal senso, non è possibile un «esaurimento» del diritto sulla prestazione di servizi.

185. Altre prestazioni di servizi non si differenziano invece in maniera netta dalle merci. I programmi per computer, le opere musicali, i libri elettronici, i film ecc., che si scaricano da internet, possono essere trasferiti in forma elettronica senza problemi. Ciò si evince anche dalla circostanza che, per impedirne il trasferimento, sono necessarie ulteriori misure di gestione dei diritti digitali. Nei detti settori una separazione così severa di entrambe le libertà fondamentali risulterebbe arbitraria.

186. Gli esempi citati – musica, film o libri – mostrano, inoltre, che la questione in esame assume un’importanza significativa per il funzionamento del mercato interno che va al di là delle fattispecie di cui alle cause principali. Una compartimentazione dei mercati fondata sui diritti di proprietà intellettuale comporta, nella migliore delle ipotesi, che l’accesso ai beni in questione venga consentito a condizioni diverse, in particolare con riguardo ai prezzi o alla gestione dei diritti digitali. Spesso, però, può avvenire che l’accesso a tali beni su taluni mercati venga del tutto precluso, sia perché vengono offerte determinate versioni linguistiche solo a clienti di determinati Stati membri, sia perché i clienti di certi Stati membri non possono acquistare affatto il prodotto. Così, ad esempio, i commercianti del Regno Unito hanno annunciato, nell’autunno 2010, di non poter più vendere libri elettronici a clienti al di fuori del detto Stato membro (71). Per molti libri in lingua inglese non sussiste un’offerta comparabile in altri Stati membri.

187. Nel contempo, a fronte di offerte basate su un accesso condizionato, come nel caso delle cause principali, o effettuate solo via internet, una compartimentazione del mercato può essere realizzata in maniera considerevolmente più efficace rispetto ai beni materiali, come ad esempio i libri o i CD. Infatti, questi ultimi possono essere commercializzati in ragione dell’esaurimento nel mercato interno. Siffatte barriere incentivano i consumatori a procurarsi illegalmente i relativi beni, segnatamente senza alcun compenso per i titolari dei diritti.

188. Va pertanto esaminato accuratamente se il principio dell’esaurimento si applichi ugualmente nel caso di specie, vale a dire se l’oggetto specifico dei diritti in questione richieda una ripartizione del mercato interno.

189. La FAPL si richiama, per ciascuna trasmissione, ai suoi diritti su circa venticinque opere, tra cui video, opere artistiche, registrazioni e musica. La tutela di tali opere deriva, in parte, dal diritto dell’Unione, in parte dal diritto nazionale.

190. Sebbene i diritti su singole prestazioni, coesistenti nell’emissione, siano controversi nel procedimento in esame, può soprassedersi all’approfondimento di tale questione. Ai fini della presente analisi si può parlare, in sintesi, di diritti sull’emissione. Da una parte, esistono incontestabilmente quantomeno taluni diritti sull’emissione, dall’altra si deve ritenere che l’emissione venga diffusa con il consenso di tutti i titolari interessati. L’oggetto specifico di tali diritti aggregati risulta – a ogni modo per quanto rileva nella specie – dal loro sfruttamento economico (72).

191. La trasmissione delle partite di calcio viene sfruttata commercialmente attraverso il canone relativo alle schede di decodificazione. Tale sfruttamento non viene eluso tramite l’utilizzazione delle carte greche, poiché, per tali carte, sono stati pur sempre corrisposti canoni.

192. È pur vero che tali canoni non sono di importo così elevato come quelli richiesti nel Regno Unito, ma non esiste alcun diritto specifico di poter praticare in ciascuno Stato membro prezzi diversi per la stessa prestazione. Risponde, piuttosto, alla logica del mercato interno che le differenze di prezzi tra Stati membri diversi vengano compensate tramite il commercio (73). La possibilità di commercializzare i diritti di radiodiffusione sulla base di un’esclusiva territoriale richiesta dalla FAPL è intesa a conseguire utili dall’eliminazione del mercato interno. In tal senso, il caso in esame ricade, contrariamente a quanto affermato dalla FAPL, nella giurisprudenza sull’esaurimento dei diritti sulle merci.

193. La FAPL sostiene peraltro che, alla luce del caso Coditel I (74), i diritti da essa vantati siano compatibili con la libera prestazione dei servizi. Tale causa verteva sulla diffusione della televisione tedesca attraverso la rete via cavo belga. In tale contesto, in particolare, veniva trasmesso un film diffuso in Germania con il consenso dei titolari dei relativi diritti. Vi si opponeva, peraltro, un’impresa che aveva acquisito i diritti di trasmissione del detto film in Belgio sia nei cinema sia in televisione.

194. La Corte ha sottolineato in tale occasione che la possibilità spettante al titolare del diritto d’autore di richiedere un compenso per ogni rappresentazione di una pellicola cinematografica ricade nel contenuto sostanziale del diritto d’autore (75). Compartimentare territorialmente l’ambito del detto sfruttamento – magari facendolo persino coincidere con i confini nazionali – non potrebbe essere, in linea di principio, contestato (76).

195. Ciò non può però inficiare le considerazioni finora esposte con riguardo al caso in esame. L’emissione è stata infatti trasmessa come concordato tra il titolare dei diritti e l’organismo di radiodiffusione greco. D’altra parte, l’emissione è stata remunerata per ogni sua trasmissione, quand’anche in base ai canoni greci.

196. La causa Coditel I non concerneva, peraltro, direttamente la proiezione al cinema non autorizzata e non remunerata, quanto piuttosto la ritrasmissione di una legittima trasmissione in televisione. A tal riguardo, la Corte ha ritenuto che la trasmissione televisiva possa pregiudicare lo sfruttamento dei diritti sulla proiezione nei cinema ed è pertanto ovvio che una trasmissione televisiva possa essere consentita soltanto dopo un certo lasso di tempo. In una prospettiva degli anni ‘70 la Corte ha aggiunto che le trasmissioni televisive sarebbero già possibili, in pratica, solo nell’ambito di monopoli nazionali (77). Sulla base delle specifiche condizioni del mercato televisivo e cinematografico di allora, la Corte è pervenuta alla conclusione che fosse giustificato ripartire territorialmente i diritti televisivi.

197. Tale controversia non può essere paragonata a quella in questione. La compartimentazione del mercato interno relativamente alle trasmissioni in diretta delle partite di calcio non mira affatto a proteggere una diversa forma di sfruttamento della partita trasmessa. Piuttosto, si tratta proprio di ottimizzare lo sfruttamento della medesima prestazione nei diversi mercati.

198. Si deve altresì considerare lo sviluppo compiuto medio tempore del diritto dell’Unione: il diritto sulla trasmissione via satellite in uno Stato membro include, ai sensi della direttiva 93/83, l’emissione in altri Stati membri oltre a quello di origine e deve essere inoltre adeguatamente remunerato. Giacché l’accesso all’emissione, nel caso di specie, presuppone anche l’acquisto di una scheda di decodificazione, ogni singolo destinatario paga un compenso.

199. Quale ulteriore elemento – implicito – la sentenza Coditel I ha riguardato, infine, l’utilizzo nella rete cablata belga della pellicola cinematografica già diffusa nella televisione tedesca, senza che fosse stato corrisposto alcun compenso. Ciò potrebbe essere oggi qualificato come (ulteriore) comunicazione al pubblico ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 (78) nonché dell’art. 8, n. 3, della direttiva 2006/115, alla quale il titolare dei diritti può opporsi. Sarebbe pertinente la comunicazione effettuata da un altro organismo di radiodiffusione (79). Nell’ipotesi di una semplice comunicazione non è tuttavia necessaria una limitazione della libera prestazione dei servizi per tutelare l’oggetto specifico del diritto alla detta comunicazione al pubblico.

200. In sintesi va tenuto fermo che non è necessaria una compartimentazione del mercato interno della ricezione di trasmissioni via satellite allo scopo di tutelare l’oggetto specifico dei diritti sulle trasmissioni in diretta delle partite di calcio.

201. Contro tale soluzione si potrebbe infine ancora eccepire che essa potrebbe rendere più gravoso l’accesso alla trasmissione delle partite di calcio. Qualora la FAPL non sia in condizione di impedire l’uso di schede di decodificazione meno costose provenienti da altri Stati membri, non è da escludere che essa possa offrire in futuro i diritti di trasmissione solo sul mercato più redditizio dell’Unione europea, cioè nel Regno Unito, ovvero collegare l’offerta sugli altri mercati alla condizione di fissare prezzi analoghi a quelli praticati nel Regno Unito. Sarebbe insomma più difficile, in Stati membri come la Grecia, accedere alle trasmissioni.

202. Ciò costituirebbe, tuttavia, una scelta economica che spetta al titolare dei diritti. Essa dipenderà in ultima analisi da come il titolare riuscirà a far fruttare nel complesso al meglio i suoi diritti. A tal riguardo, potrebbe, in particolare, risultare determinante la possibilità di sviluppo di modelli alternativi di distribuzione, come chiede la Commissione, ovvero una compartimentazione pratica del mercato sufficientemente efficace determinata da un’offerta selettiva del commento della partita solo in determinate versioni linguistiche, che consenta di servire i diversi mercati nazionali a prezzi diversi.

Sui periodi di interdizione

203. Quale ulteriore causa di giustificazione, che non costituisce tuttavia oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale, la FAPL invoca il fatto che le federazioni calcistiche possono fissare una fascia protetta di due ore e mezza, durante la quale non deve essere trasmessa alcuna partita. Si tratta della fascia oraria centrale in cui viene disputata la maggior parte delle partite delle maggiori serie. La fascia protetta è differente da Paese a Paese, in quanto dipende dalle diverse consuetudini di fissazione delle date di svolgimento delle partite. La ripartizione territoriale dei diritti di trasmissione può garantire alle società e alle emittenti televisive che nessuna trasmissione violi la fascia protetta fissata a livello nazionale.

204. La FAPL osserva, in maniera persuasiva, che l’importazione di schede di decodificazione rende più difficile l’applicazione di tale periodo di interdizione quando addirittura non la renda impossibile. Nel paese di origine della scheda possono, infatti, essere protette fasce orarie diverse da quelle vigenti nel luogo in cui la scheda viene utilizzata o può persino non essere prevista una siffatta protezione. Nel contempo, la concorrenza tra i locali pubblici risulterebbe compromessa. Gli utilizzatori di schede di decodificazione nazionali non possono mostrare alcuna partita durante i periodi di interdizione, quelli di schede importate invece sì. L’eliminazione di una siffatta distorsione della concorrenza costituisce parimenti un legittimo interesse.

205. Tuttavia, i periodi di interdizione in tanto possono giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi in quanto siano idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito senza esorbitare da quanto è necessario per il raggiungimento dello stesso (80). Inoltre, i provvedimenti di attuazione di tale politica non possono in nessun caso essere sproporzionati rispetto a tale obiettivo (81).

206. Il periodo di interdizione è diretto ad impedire che gli spettatori siano dissuasi dall’andare ad assistere alle partite di calcio locali e/o dal partecipare a partite a livello dilettantistico e giovanile, a causa delle concomitanti trasmissioni di incontri di calcio (82). La pratica dello sport del calcio e il suo carattere di spettacolo dal vivo non devono essere compromessi dalle trasmissioni televisive.

207. Contrariamente a quanto sostenuto da QC Leisure, non si tratta di un interesse individuale di tipo commerciale, ma di un interesse primariamente sportivo che deve essere riconosciuto, in via di principio, nel diritto dell’Unione. Ciò si evince già dalle competenze di promozione dell’Unione nel settore della politica dello sport introdotte con il Trattato di Lisbona [artt. 6, lett. e), e 165 TFUE]. Esse obbligano, in particolare, a tener conto delle specificità dello sport e delle sue strutture fondate sull’impegno volontario (83). Dal punto di vista economico sarebbe sicuramente più attraente consentire la trasmissione in diretta (84).

208. Il legittimo ricorso a tale obiettivo come giustificazione della compartimentazione del mercato interno risulta però messo in discussione, nel caso in esame, dai concomitanti interessi economici alla compartimentazione del mercato. È pur vero che le federazioni calcistiche sono chiamate a valutare la necessità dei periodi di interdizione e dovrebbero disporre al riguardo, in linea di principio, di un ampio potere discrezionale. Non può tuttavia essere escluso a priori che la scelta della federazione calcistica inglese relativa alla determinazione di un periodo di interdizione si basi quantomeno anche sull’esigenza di garantire l’interesse economico dei più importanti membri dell’associazione alla compartimentazione del mercato interno in riferimento alle trasmissioni in diretta delle partite di calcio. Occorre quindi applicare parametri particolarmente severi alla valutazione della necessità di periodi di interdizione.

209. Già la stessa idoneità dei periodi di interdizione ad incentivare l’affluenza del pubblico agli incontri e la partecipazione a partite di calcio risulta dubbia. Entrambe le attività hanno una natura completamente diversa dal seguire in televisione una trasmissione in diretta. Non è stato sufficientemente dimostrato dinanzi alla Corte che i periodi di interdizione promuovano effettivamente l’affluenza del pubblico negli stadi e la partecipazione alle partite. Esistono piuttosto elementi che contraddicono tale affermazione: la Commissione ha accertato, nel corso di un’indagine sui periodi di interdizione, riferita al diritto della concorrenza, che solo dieci federazioni su ventidue hanno fissato un periodo di interdizione. In Francia, Germania, Italia e Spagna, ma anche nell’Irlanda del Nord, vale a dire nell’orbita di influenza del calcio inglese, non era stato determinato alcun periodo di interdizione (85). In Germania vengono attualmente trasmesse in diretta tutte le partite della Bundesliga senza che l’affluenza del pubblico agli incontri delle due maggiori federazioni ne abbia risentito (86).

210. Ciò non esime dalla dimostrazione nel procedimento dinanzi alla High Court, che nel calcio inglese si applichino condizioni diverse che impongano la protezione tramite il ricorso ai periodi di interdizione. Tali prove dovrebbero però evidenziare che le trasmissioni in diretta incidano in senso considerevolmente negativo sull’assistere agli incontri dal vivo e/o sulla partecipazione a partite di calcio, affinché l’applicazione di periodi di interdizione possa prevalere sul pregiudizio arrecato al mercato interno.

Conclusione provvisoria

211. Pertanto, né lo specifico oggetto dei diritti sulla trasmissione delle partite di calcio né – in base alle informazioni a disposizione della Corte – i periodi di interdizione di trasmissioni in diretta giustificano una compartimentazione del mercato interno.

d)      Sulla giustificazione in caso di false dichiarazioni all’atto dell’acquisto delle schede di decodificazione

212. La domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑429/08 solleva inoltre la questione se la conclusione sin qui raggiunta possa cambiare qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo falso nome e indirizzo di residenza nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le limitazioni territoriali contrattuali imposte all’esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro.

213. Tali circostanze non sono divenute evidentemente oggetto del procedimento alla base della causa C‑403/08 (87). La sig.ra Murphy espone di non averne avuto alcuna conoscenza.

214. Come correttamente rilevato dalla sig.ra Murphy, tali circostanze non possono incidere sull’applicazione delle libertà fondamentali con riguardo all’acquirente finale di schede di decodificazione. Gli accordi tra i singoli e le relative circostanze non possono limitare l’esercizio delle libertà fondamentali da parte di terzi – poiché si tratterebbe altrimenti di contratti che impongono obblighi a carico di terzi. Questi ultimi, inoltre, non possono, di norma, essere a conoscenza di come siano state acquisite le schede, e non avrebbero alcuna possibilità di valutare la possibilità di invocare le libertà fondamentali nel caso in cui tali accordi fossero rilevanti.

215. È dunque irrilevante la circostanza se le schede di decodificazione siano state ottenute e/o attivate fornendo falso nome e indirizzo di residenza.

e)      Effetti della restrizione sull’uso privato o domestico

216. Infine, si chiede sia nella causa C‑429/08 [sesta questione, punto iii)], sia nella causa C‑403/08 [ottava questione, lett. c)] di accertare la rilevanza di una limitazione contrattuale di un uso esclusivamente domestico o privato delle schede di decodificazione nello Stato di origine e non per un uso commerciale, per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato.

217. Tale pratica può parimenti produrre effetti, come tale, solo inter partes.

218. Come rilevato in precedenza, neanche l’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29 impone in tal senso la costituzione di diritti opponibili ai terzi (88).

219. Il giudice del rinvio nella causa C‑403/08 ritiene però possibile che, in base al diritto nazionale, possano esistere analoghi diritti, in particolare con riguardo all’inno della Premier League suonato nell’ambito delle emissioni. Le disposizioni di diritto d’autore dell’Unione, in particolare la direttiva 2001/29, non osterebbero ad una siffatta disciplina in quanto essa si limiterebbe a stabilire un quadro normativo. Come sottolineato in particolare dal settimo ‘considerando’ della direttiva citata, non è necessario eliminare o prevenire le differenze tra le norme nazionali che non incidono negativamente sul funzionamento del mercato interno.

220. Pertanto, occorre verificare se la libera prestazione dei servizi osti ai corrispondenti diritti nazionali

221. Se le schede possono essere usate in Grecia esclusivamente per fini domestici o privati, impedirne l’utilizzo nei locali pubblici britannici non sarebbe discriminatorio. Si tratterebbe tuttavia di una restrizione alla libera prestazione dei servizi in quanto i locali pubblici non potrebbero ricorrere a tale servizio.

222. Tale restrizione risulterebbe giustificata se nel mercato interno venisse riconosciuto il diritto di limitare il consenso relativo alla ricezione di trasmissioni televisive alla sola ricezione domestica o privata. In linea di principio, gli autori sono interessati a partecipare agli utili ottenuti sulla base di un utilizzo redditizio delle loro opere. Se è pur vero che l’Unione non tutela tale interesse, essa lo ha però riconosciuto sul piano del diritto internazionale (89). Qualora il legislatore nazionale riconosca, per quanto riguarda un siffatto utilizzo, un diritto degli autori avente un oggetto specifico corrispondente, tale diritto potrebbe giustificare una limitazione della libera prestazione dei servizi.

223. Sebbene una restrizione contrattuale dell’uso di schede di decodificazione nello Stato di origine ad esclusivi fini domestici o privati non possa giustificare una restrizione territoriale della libera prestazione dei servizi, lo Stato membro interessato può tuttavia consentire agli autori, in linea di principio, di opporsi alla comunicazione delle loro opere nei locali pubblici.

f)      Sulla nona questione nella causa C‑403/08

224. Dalle considerazioni suesposte deriva la soluzione alla nona questione nella causa C‑403/08.

225. La High Court chiede, anzitutto, se la libera prestazione dei servizi osti all’applicazione di una disposizione del diritto d’autore nazionale che vieti l’esecuzione o la rappresentazione in pubblico di un’opera musicale qualora tale opera sia inserita in un servizio protetto cui possa accedersi e che possa essere rappresentato in pubblico mediante una scheda di decodificazione satellitare qualora tale scheda sia stata emessa dal prestatore del servizio in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la scheda di decodificazione venga autorizzata solo affinché sia usata in tale altro Stato membro.

226. Valgono al riguardo le osservazioni svolte al resto dell’emissione: da un lato, la libera prestazione dei servizi osta ad una siffatta compartimentazione del mercato interno, dall’altro, gli Stati membri possono disporre una protezione più estesa dei titolari di diritti per quanto riguarda la comunicazione al pubblico, ad esempio delle opere musicali.

227. Maggiori difficoltà presenta la seconda parte di tale questione, vale a dire se abbia una certa incidenza il fatto che l’opera musicale rappresenti un elemento irrilevante del servizio protetto nel suo insieme e il diritto nazionale d’autore non si opponga alla rappresentazione e all’esecuzione in pubblico degli altri elementi del servizio.

228. La tutela di tali diritti, affidata esclusivamente al diritto nazionale, determina, nella fattispecie oggetto delle cause principali, una restrizione alla libera prestazione dei servizi. Essa può essere giustificata ove risulti proporzionata con riguardo alla tutela dei diritti in questione (90).

229. Un divieto di ricezione sarebbe evidentemente adeguato se sussistessero diritti sull’emissione nel suo insieme, ovvero su parti sostanziali di essa, che consentissero di opporsi alla loro comunicazione in un locale pubblico.

230. Se si trattasse, invece, di elementi accessori il cui valore economico costituisca solo una minima parte del valore complessivo dell’emissione e che abbiano un’importanza molto minore o addirittura nulla per i telespettatori, sarebbe sproporzionato vietasse, ai fini della loro tutela, la ricezione dell’intera emissione (91). Ciò non esclude di garantire un adeguato compenso in altro modo. Si potrebbe immaginare, ad esempio, un versamento forfettario alla società di gestione collettiva da parte dei titolari dei locali in cui vengono proiettati i programmi televisivi (92).

231. Quale dei due casi sussista deve essere accertato dal giudice del rinvio.

232. La libera prestazione dei servizi non osta pertanto a disposizioni di diritto nazionale che permettano al titolare di diritti su un’emissione – ad esempio in attuazione dell’art. 14, n. 3, dell’Accordo TRIPs – di opporsi alla comunicazione dell’emissione in un locale pubblico, a condizione che la restrizione alla libera prestazione dei servizi conseguente all’esercizio di tale diritto non risulti sproporzionata rispetto ai diritti sull’emissione oggetto di tutela.

g)      Sulla settima questione nella causa C‑429/08

233. Tale questione riguarda il divieto di discriminazione in base alla cittadinanza ai sensi dell’art. 18 TFUE (ex art. 12 CE). Una discriminazione del genere potrebbe consistere nel fatto che la norma penale contestata alla sig.ra Murphy si applichi solo ai programmi forniti dal Regno Unito, mentre i programmi forniti da un qualsiasi altro Stato membro non beneficerebbero di protezione. Sembra che, ai fini dell’applicazione di tale disposizione di diritto interno, non si faccia riferimento all’emittente greca, bensì al fatto che il programma sia stato prodotto originariamente nel Regno Unito.

234. Tale questione rileva solo nella misura in cui la libera prestazione dei servizi e la direttiva 93/83/CEE non ostino già alla disposizione di diritto interno.

235. La Commissione osserva giustamente che l’art. 18 TFUE, in via di principio, non ha una portata autonoma oltre a sancire la libera prestazione dei servizi (93). Occorre pertanto esaminare tale questione dalla prospettiva della libera prestazione dei servizi.

236. Il menzionato pregiudizio potrebbe derivare dal fatto che i fornitori di servizi operanti nel Regno Unito beneficino di una protezione, diversamente da quelli operanti negli altri Stati membri. Questi ultimi dovrebbero temere che nel Regno Unito i loro servizi vengano usati senza corrispettivo o quantomeno che, per effetto dell’importazione di schede di decodificazione da altri Stati membri, i loro canoni vengano elusi. Non si ravvisa una giustificazione per il pregiudizio subito dai fornitori stranieri. Ciò non dovrebbe però costituire oggetto di ulteriore analisi da parte della Corte nel presente procedimento.

237. La questione non riguarda, infatti, diritti dei fornitori stranieri, bensì di stabilire se i fornitori nazionali possano invocare tali norme di protezione. Anche qualora la conformazione della protezione discriminasse i fornitori stranieri, ciò non potrebbe escludere che i fornitori nazionali invochino la protezione loro conferita dal diritto interno. Occorrerebbe piuttosto chiedersi se la protezione possa estendersi anche ai fornitori stranieri (94).

238. È dunque irrilevante ai fini della presente domanda di pronuncia pregiudiziale la questione se la legislazione nazionale violi la libera prestazione dei servizi in quanto applicabile ai programmi inclusi in un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito, ma non a servizi forniti da un qualsiasi altro Stato membro.

h)      Conclusione sulle questioni sesta e settima nella causa C‑429/08, nonché sulle questioni settima, ottava, lett. c), e nona nella causa C‑403/08

239. A titolo di conclusione intermediaria va tenuto fermo che la libera prestazione dei servizi di cui all’art. 56 TFUE osta a disposizioni che vietino, per motivi di tutela della proprietà intellettuale, di usare in uno Stato membro per le trasmissioni televisive codificate via satellite dispositivi per l’accesso condizionato, che siano stati commercializzati in un altro Stato membro con il consenso del titolare del diritto. È irrilevante se tali dispositivi siano stati ottenuti e/o attivati fornendo falso nome e indirizzo di residenza nell’altro Stato membro. Neanche un accordo risultante da un contratto individuale relativo all’uso delle schede di decodificazione esclusivamente per fini domestici o privati, può giustificare una restrizione territoriale alla libera prestazione dei servizi.

240. La libera prestazione dei servizi non osta a disposizioni nazionali che consentono al titolare di diritti su un’emissione di opporsi alla sua comunicazione in un locale pubblico, subordinatamente alla condizione che la restrizione alla libera prestazione dei servizi conseguente all’esercizio di tale diritto non risulti sproporzionata in rapporto ai diritti sull’emissione oggetto di tutela.

241. Non è rilevante, ai fini delle presenti domande di pronuncia pregiudiziale, accertare se la disposizione nazionale violi la libera prestazione dei servizi in quanto applicabile ai programmi inclusi in un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito ma non a servizi forniti da un qualsiasi altro Stato membro.

242. Infine occorre osservare che la decisione della Commissione sulla vendita congiunta su base esclusiva dei diritti di trasmissione alla FA Premier League (95) non può inficiare la conclusione qui formulata. Quand’anche la decisione venisse intesa nel senso che la Commissione considera la compartimentazione territoriale del mercato interno come un presupposto dell’autorizzazione, la Commissione non potrebbe stabilire limitazioni della libera prestazione dei servizi che esorbitino dai Trattati (96).

E –    Sul diritto della concorrenza

243. La decima questione nella causa C‑403/08 e l’ottava questione nella causa C‑429/08 sono identiche. Ai fini dell’applicazione del divieto di comportamenti anticoncorrenziali di cui all’art. 101, n. 1, TFUE (ex art. 81, n. 1, CE), i giudici del rinvio chiedono se sia sufficiente che un accordo di licenza avente ad oggetto la diffusione, territorialmente limitata, di un programma sia volto ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza ovvero se debba essere dimostrato un effettivo pregiudizio della concorrenza.

244. Una pratica concordata ha un oggetto anticoncorrenziale ai sensi dell’art. 101, n. 1, TFUE qualora, in ragione del suo tenore nonché delle sue finalità, e tenuto conto del contesto economico e giuridico nel quale si inserisce, sia concretamente idonea ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato comune. Non è necessario che la concorrenza sia effettivamente impedita, ristretta o falsata, né che sussista un nesso diretto fra tale pratica concordata e i prezzi al dettaglio (97). Non occorre esaminare gli effetti di una pratica concordata una volta che ne sia stato accertato l’oggetto anticoncorrenziale (98).

245. Nel caso di specie va accertato se gli accordi di licenza abbiano un oggetto anticoncorrenziale allorché un fornitore di contenuti di programmi rilasci una serie di licenze esclusive, ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri, in base alle quali l’emittente è autorizzata a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e ogni licenza preveda un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente deve evitare che le sue schede di decodificazione satellitari che consentono la ricezione dei contenuti dei programmi oggetto di licenza vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza.

246. Al fine di valutare il carattere anticoncorrenziale di un accordo, occorre far riferimento, segnatamente, al tenore delle sue disposizioni, agli obiettivi dallo stesso perseguiti nonché al contesto economico e giuridico in cui esso si colloca (99).

247. Un accordo tra produttore e distributore allo scopo di ristabilire le barriere nazionali nel commercio tra Stati membri può essere tale da impedire il perseguimento dell’obiettivo del Trattato diretto a realizzare l’integrazione dei mercati nazionali tramite la creazione di un mercato unico. In tal senso, la Corte ha ripetutamente qualificato gli accordi diretti a compartimentare i mercati nazionali secondo le frontiere nazionali o rendendo più ardua l’integrazione dei mercati nazionali, segnatamente quelli diretti a vietare o a limitare le esportazioni parallele, come accordi aventi ad oggetto la limitazione della concorrenza ai sensi dell’art. 101, n. 1, TFUE (100).

248. Un obbligo contrattuale previsto in una licenza di trasmissione, in base al quale l’emittente deve evitare che le sue schede di decodificazione satellitari che consentono la ricezione dei contenuti dei programmi oggetto di licenza vengano usate al di fuori del territorio oggetto della licenza, produce lo stesso effetto degli accordi volti ad evitare o limitare le esportazioni parallele. Il detto obbligo mira ad escludere ogni concorrenza tra emittenti attraverso una compartimentazione dei territori oggetti delle licenze. Licenze di tal genere, che prevedono una tutela territoriale assoluta, risultano incompatibili con il mercato unico (101). Di conseguenza, non sussiste alcun elemento per trattare siffatti accordi diversamente da quelli diretti contro il commercio parallelo.

249. L’esame della libera prestazione dei servizi (102) conferma questa conclusione in quanto, in linea di principio, non devono esistere valutazioni contraddittorie tra le libertà fondamentali e il diritto della concorrenza (103).

250. Inoltre, va sottolineato che un accordo anticoncorrenziale, ai sensi dell’art. 101, n. 1, TFUE, può essere giustificato in base al n. 3 della detta norma. Tuttavia, il soggetto che si avvalga di tale disposizione deve dimostrare, sulla base di argomenti ed elementi di prova convincenti, la sussistenza dei requisiti richiesti per beneficiare dell’esenzione (104). A tal riguardo, potrebbero valere considerazioni analoghe a quelle relative all’esame se la restrizione alla libera prestazione dei servizi sia giustificata.

251. La decima questione della causa C‑403/08, nonché l’ottava questione della causa C‑429/08 devono essere pertanto risolte nel senso che, allorché un fornitore di contenuti di programmi rilasci una serie di licenze esclusive, ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri, in base alle quali l’emittente è autorizzata a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e ogni licenza preveda un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente deve evitare che le sue schede di decodificazione satellitari, che consentono la ricezione dei contenuti dei programmi oggetto di licenza, vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, tali accordi di licenza sono idonei a impedire, restringere e falsare il gioco della concorrenza. Essi non sono pertanto compatibili con l’art. 101, n. 1, TFUE; non è necessaria la prova che siffatti effetti si siano concretamente verificati.

V –    Conclusione

252. Propongo pertanto alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali nei termini seguenti:

1. Sulla prima questione della causa C‑403/08

Ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva 98/84, il «concepire» o l’«adattare» consiste nella fabbricazione o nella modifica di un’apparecchiatura, al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del prestatore del servizio. In tal modo, un dispositivo per l’accesso condizionato, fabbricato dal prestatore del servizio ovvero con il suo consenso e venduto con un’autorizzazione ristretta in modo che il dispositivo possa essere utilizzato solo per accedere, a determinare condizioni, al servizio protetto, non diviene un «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva 98/84, qualora venga impiegato per consentire l’accesso al detto servizio protetto in un luogo, con modalità ovvero da parte di una persona non contemplati nell’autorizzazione del prestatore del servizio.

2. Sulla terza questione nella causa C‑429/08

L’art. 3, n. 2, della direttiva 98/84 non impedisce ad uno Stato membro l’applicazione di una disposizione nazionale che vieti l’uso di un dispositivo per l’accesso condizionato in violazione di accordi contrattuali sull’accessibilità di programmi in determinati Stati membri, il suo acquisto effettuato fornendo nomi e/o indirizzi falsi ovvero l’uso a fini commerciali di un dispositivo per l’accesso destinato ad uso privato o domestico.

3. Sulla quarta questione nella causa C‑403/08

a)      La questione intesa ad accertare se tali opere siano state riprodotte nel loro insieme o in parte deve essere risolta alla luce dell’interpretazione dell’art. 2 della direttiva 2001/29.

b)      Sussistono atti di riproduzione nel caso in cui frammenti di composizioni di audio e video digitali vengano creati all’interno della memoria del decodificatore, in quanto tali frammenti costituiscono parte dell’opera dell’ingegno propria dell’autore

c)      Anche la rappresentazione di una trasmissione sullo schermo costituisce una riproduzione.

4. Sulla quinta questione nella causa C-403/08

Le copie transitorie di un’opera, create su uno schermo televisivo collegato ad un decodificatore, presentano una rilevanza economica propria ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29, le copie create all’interno della memoria del decodificatore, invece, non ne possiedono alcuna.

5. Sulla sesta questione nella causa C-403/08

Un’opera tutelata dal diritto d’autore viene comunicata al pubblico su filo o senza filo ai sensi dell’art. 3 della direttiva 2001/29, qualora una trasmissione satellitare venga ricevuta in locali commerciali (ad esempio un bar) e rappresentata o proiettata in quei locali mediante un singolo schermo televisivo e altoparlanti al pubblico ivi presente.

6. Sulla settima questione nella causa C-403/08

Il diritto sulla comunicazione via satellite di opere protette dal diritto d’autore, ai sensi dell’art. 2 della direttiva 93/83, comprende il diritto di ricevere e seguire tale trasmissione all’estero.

7.      Sulle questioni sesta e settima nella causa C‑429/08, nonché sulle questioni settima, ottava, lett. c), e nona nella causa C‑403/08

a)      La libera prestazione dei servizi ai sensi dell’art. 56 TFUE (ex art. 49 CE) osta a disposizioni che vietino, per motivi di tutela della proprietà intellettuale, di usare in uno Stato membro per le trasmissioni televisive codificate via satellite dispositivi per l’accesso condizionato, che siano stati commercializzati in un altro Stato membro con il consenso del titolare del diritto. È irrilevante se tali dispositivi siano stati ottenuti e/o attivati fornendo falso nome e indirizzo di residenza nell’altro Stato membro. Neanche un accordo contenuto in un contratto individuale relativo all’uso delle schede di decodifica esclusivamente per fini domestici o privati è idoneo ad inficiare tale conclusione.

b)      La libera prestazione dei servizi non osta a disposizioni nazionali che consentano al titolare di diritti su un’emissione di opporsi alla sua comunicazione in un locale pubblico, subordinatamente alla condizione che la restrizione alla libera prestazione dei servizi conseguente all’esercizio di tale diritto non risulti sproporzionata in rapporto ai diritti sull’emissione oggetto di tutela.

c)      Non è rilevante ai fini delle presenti domande di pronuncia pregiudiziale accertare se la disposizione nazionale violi la libera prestazione dei servizi in quanto applicabile ai programmi inclusi in un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito ma non a servizi forniti da un qualsiasi altro Stato membro.

8. Sulla decima questione nella causa C-403/08 e sull’ottava questione nella causa C-429/08

Allorché un fornitore di contenuti di programmi rilasci una serie di licenze esclusive, ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri, in base alle quali l’emittente è autorizzata a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e ogni licenza preveda un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente deve evitare che le sue schede di decodificazione satellitari, che consentono la ricezione dei contenuti dei programmi oggetto di licenza, vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, tali accordi di licenza sono idonei a impedire, restringere e falsare il gioco della concorrenza. Essi non sono pertanto compatibili con l’art. 101, n. 1, TFUE; non è necessaria la prova che siffatti effetti si siano concretamente verificati.


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1 – Lingua originale: il tedesco.


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2 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 novembre 1998 (GU L 320, pag. 54).


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3 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001 (GU L 167, pag. 10).


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4 – Direttiva del Consiglio 27 settembre 1993 (GU L 248, pag. 15).


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5 – GU L 336, pag. 1.


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6 – GU L 89, pag. 6.


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7 – Secondo la versione pubblicata nel Bundesgesetzblatt tedesco 1965 II, pag. 1245.


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8 – GU 1994, L 1, pag. 194.


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9 – GU L 346, pag. 61.


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10 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (versione codificata) (GU L 376, pag. 28).


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11 – V. artt. 6 e 165 TFUE, nonché ancora la dichiarazione n. 29 adottata dalla conferenza governativa relativamente al Trattato di Amsterdam sottoscritto il 2 ottobre 1997 (GU C 340, pag. 136) e la «Dichiarazione relativa alle caratteristiche specifiche dello sport e alle sue funzioni sociali in Europa di cui tener conto nell’attuazione delle politiche comuni», Consiglio europeo di Nizza (7, 8 e 9 dicembre 2000), conclusioni della Presidenza (punto 52 e allegato IV; v., in particolare, i nn. 1, 7 e 17 della dichiarazione ivi riportata).


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12 – Sentenza 1° luglio 2008, causa C‑49/07, MOTOE (Racc. pag. I‑4863, punto 22 e la giurisprudenza ivi citata).


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13 – Sentenza 3 giugno 2008, causa C‑308/06, Intertanko e a. (Racc. pag. I‑4057, punto 69).


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14 – Sentenza Intertanko e a., cit. supra alla nota 14 (punti 70 e seg.).


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15 – Sentenza 16 aprile 2009, causa C‑5/08, Infopaq International (Racc. pag. I‑6569, punti 27 e segg.); v. in generale sulla direttiva 2001/29 anche la sentenza 21 ottobre 2010, causa C‑467/08, Padawan (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 32 e 35).


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16 – Sentenza Infopaq International, cit. supra alla nota 16 (in particolare punti 37 e segg.).


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17 – Sentenza Infopaq International, cit. supra alla nota 16 (punto 45).


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18 – Sentenza Infopaq International, cit. supra alla nota 16 (punto 55).


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19 – Sentenza Infopaq International, cit. supra alla nota 16 (punto 64).


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20 – Sentenza Infopaq International, cit. supra alla nota 16 (punti 56 e seg.).


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21 – Sentenza Infopaq International, cit. supra alla nota 16 (punto 58).


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22 – COM(97) 628, art. 5, punto 3 (pag. 35 della versione italiana).


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23 – V. infra, paragrafi 105 e 108 e segg.


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24 – V. supra, paragrafi 68 e segg.


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25 – Sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall (Racc. pag. 723, punto 48); 14 luglio 1994, causa C‑91/92, Faccini Dori (Racc. pag. I‑3325, punto 20), nonché 19 gennaio 2010, causa C‑555/07, Kücükdeveci (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 46).


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26 – V., inter alia, sentenze 15 dicembre 1995, causa C‑415/93, Bosman (Racc. pag. I‑4921, punto 59), e 13 luglio 2006, cause riunite da C‑295/04 a C‑298/04, Manfredi e a. (Racc. pag. I‑6619, punto 26).


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27 – Sentenze 16 giugno 2005, causa C‑105/03, Pupino (Racc. pag. I‑5285, punto 30); 9 ottobre 2008, causa C‑404/07, Katz (Racc. pag. I‑7607, punto 31), nonché 22 aprile 2010, causa C‑82/09, Dimos Agiu Nikolau (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 15).


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28 – V., inter alia, sentenze Bosman, cit. supra alla nota 27 (punto 61), e 10 gennaio 2006, causa C‑344/04, IATA e ELFAA (Racc. pag. I‑403, punto 24).


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29 – COM(97) 628, art. 3, punti 2 e seg. (pagg. 30 e seg. della versione italiana).


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30 – COM(97) 628, art. 3, punto 3 (pag. 31 della versione italiana).


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31 – Sentenza 7 dicembre 2006, causa C‑306/05, SGAE (Racc. pag. I‑11519), e ordinanza 18 marzo 2010, causa C‑136/09, Organismos Sillogikis Diacheirisis Dimiourgon Theatrikon kai Optikoakoustikon Ergon (non ancora pubblicata nella Raccolta).


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32 – V. sentenza SGAE, cit. supra alla nota 32 (punti 37 e segg.).


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33 – Sentenza SGAE, cit. supra alla nota 32 (punto 44).


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34 – Guide to the Berne Convention (Ginevra, 1978).


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35 – Guida dell’OMPI, note 11 bis e segg.


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36 – COM(97) 628, art. 3, punto 1 (pag. 30 della versione italiana).


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37 – COM(97) 628, art. 3, punto 1 (pag. 30 della versione italiana).


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38 – Documento A4-0026/99, emendamento 13 (GU 1999, C 150, pagg. 171, 174).


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39 – Proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, COM(1999) 250 def. (GU 1999, C 180, pag. 6, sedicesimo ‘considerando’).


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40 – V. i documenti del Consiglio 22 dicembre 1999, n. 14238/99, pag. 5, note 6 e 7; 10 gennaio 2000, n. 5168/00, pag. 4, nonché 24 gennaio 1999, n. 5499/00, pagg. 2 e seg.


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41 – Documento del Consiglio 10 gennaio 2000, n. 5168/00, pag. 4, punto 9.


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42 – Documento del Consiglio 10 gennaio 2000, n. 5168/00, pag. 4, punto 11.


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43 – GU 1994, L 1, pag. 194.


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44 – V. sull’efficacia del detto protocollo le conclusioni dell’avvocato generale La Pergola presentate il 9 settembre 1999, causa C‑293/98, Egeda (Racc. pag. I‑629, paragrafo 17).


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45 – V. art. 87, n. 1, punto 3, della legge tedesca sul diritto d’autore e ancora Wandtke/Bullinger-Erhard, Urheberrecht, terza edizione 2009, paragrafo 23, e Diesbach/Bormann/Vollrath, «Public-Viewing» als Problem des Urheber- und Wettbewerbsrechts, Zeitschrift für Urheber- und Medienrecht 2006, pagg. 265 (266 e segg.).


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46 – Sembra tuttavia sufficiente che un locale pubblico corrisponda una percentuale ad una società di gestione collettiva per adempiere gli obblighi posti da tale norma; v. il prospetto delle tariffe della Gesellschaft für musikalische Aufführungs- und mechanische Vervielfältigungsrechte, http://www.gema.de/fileadmin/inhaltsdateien/musiknutzer/tarife/tarife_ad/tarifuebersicht_gaststaetten.pdf.


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47 – V., da ultimo, sentenza 6 luglio 2010, causa C‑428/08, Monsanto Technology (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 71).


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48 – V. sentenza 3 febbraio 2000, causa C‑293/98, Egeda (Racc. pag. I‑629) in rapporto con le conclusioni dell’avvocato generale La Pergola, cit. supra alla nota 45 (paragrafi 17 e segg.), e 30 giugno 2005, causa C‑28/04, Tod’s e Tod’s Frankreich (Racc. pag. I‑5781, punto 14).


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49 – Sentenza SGAE, cit. supra alla nota 32 (punto 41).


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50 – Sentenza SGAE, cit. supra alla nota 32 (punto 30).


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51 – Sentenza SGAE, cit. supra alla nota 32 (punto 40).


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52 – V. le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston presentate il 13 luglio 2006, causa C‑306/05, SGAE (Racc. pag. I‑11519, paragrafo 63).


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53 – V. sul contenuto normativo della direttiva 93/83 con riguardo alla comunicazione al pubblico, sentenze Egeda, cit. supra alla nota 49 (punto 25), e SGAE, cit. supra alla nota 32 (punto 30).


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54 – V. supra, paragrafi 82 e segg. e 95 e segg.


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55 – Sull’applicazione delle disposizioni del Trattato di Lisbona v. le mie conclusioni presentate l’11 novembre 2010, causa C‑379/09, Casteels (non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafo 25).


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56 – Sentenza 29 novembre 2001, causa C‑17/00, De Coster (Racc. pag. I‑9445, punto 28).


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57 – Sentenza 14 ottobre 2004, causa C‑36/02, Omega (Racc. pag. I‑9609, punto 26 e la giurisprudenza ivi citata).


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58 – Sentenza 22 gennaio 2002, causa C‑390/99, Canal Satélite Digital (Racc. pag. I‑607, punto 32).


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59 – Sentenze 8 settembre 2009, causa C‑42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International (Racc. pag. I‑7633, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata), nonché 8 luglio 2010, cause riunite C‑447/08 e C‑448/08, Sjöberg (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32).


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60 – V. tuttavia le conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi presentate il 23 maggio 2007, causa C‑341/05, Laval un Partneri (Racc. pag. I‑11767, paragrafi 156 e segg., in particolare paragrafo 159), e la giurisprudenza ivi citata in riferimento alla regolamentazione collettiva.


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61 – Questa è una questione di diritto della concorrenza, che esaminerò nei paragrafi 243 e segg. delle presenti conclusioni.


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62 – V. ad esempio sentenza 18 dicembre 2007, causa C‑341/05, Laval un Partneri (Racc. pag. I‑11767, punto 101 e la giurisprudenza ivi citata).


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63 – Sentenza Sjöberg, cit. supra alla nota 60 (punto 36).


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64 – Sentenze 6 ottobre 1982, causa 262/81, Coditel e a. II (Racc. pag. 3381, punto 13), e 11 maggio 1999, causa C‑255/97, Pfeiffer (Racc. pag. I‑2835, punto 21).


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65 – Sentenza Pfeiffer, cit. supra alla nota 65 (punto 22) e, sulla libera circolazione delle merci, sentenze 31 ottobre 1974, causa 16/74, Centrafarm e de Peijper (Racc. pag. 1183, punto 7); 17 ottobre 1990, causa C‑10/89, HAG GF (Racc. pag. I‑3711, punto 12), nonché 23 ottobre 2003, causa C‑115/02, Rioglass e Transremar (Racc. pag. I‑12705, punto 23).


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66 – Sentenze 22 giugno 1976, causa 119/75, Terrapin (Overseas) (Racc. pag. 1039, punto 6); 20 gennaio 1981, cause riunite 55/80 e 57/80, Musik‑Vertrieb membran e K‑tel International (Racc. pag. 147, punto 10), nonché 28 aprile 1998, causa C‑200/96, Metronome Musik (Racc. pag. I‑1953, punto 14).


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67 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 settembre 2001, 2001/84/CE, relativa al diritto dell’autore di un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale (GU L 272, pag. 32), v., inoltre, sentenza 15 aprile 2010, causa C‑518/08, Gala-Salvador Dalí e Visual Entidad de Gestión de Artistas Plásticos (non ancora pubblicata nella Raccolta).


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68 – La Corte non ha invece riconosciuto, nelle sentenze 16 luglio 1998, causa C‑355/96, Silhouette International Schmied (Racc. pag. I‑4799, punto 22), e 30 novembre 2004, causa C‑16/03, Peak Holding (Racc. pag. I‑11313), un esaurimento internazionale attraverso l’immissione in commercio al di fuori del mercato interno.


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69 – V., sul diritto dei marchi, sentenza Peak Holding, cit. supra alla nota 69 (punto 40).


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70 – Sentenza Musik‑Vertrieb membran e K‑tel International, cit. supra alla nota 67 (punto 10).


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71 – Gallagher, Waterstone’s halts overseas e-book sales, notizia del 26 ottobre 2010, http://www.thebookseller.com/news/132290-waterstones-halts-overseas-e-book-sales.html, visitato il 9 novembre 2010.


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72 – V. sentenze Musik‑Vertrieb membran e K‑tel International, cit. supra alla nota 67 (punti 12 e seg.), e 17 maggio 1988, causa 158/86, Warner Brothers e Metronome Video (Racc. pag. 2605, punti 13 e seg.).


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73 – V. ancora la sentenza Musik‑Vertrieb membran e K‑tel International, cit. supra alla nota 67 (punto 24), per quanto attiene alla circolazione delle merci.


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74 – Sentenza 18 marzo 1980, causa 62/79, Coditel e a. I (Racc. pag. 881).


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75 – Sentenza Coditel I, cit. supra alla nota 75 (punto 14).


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76 – Sentenza Coditel I, cit. supra alla nota 75 (punto 16), analogamente per il diritto di noleggio v. le conclusioni dell’avvocato generale La Pergola presentate il 26 maggio 1998 nella causa C‑61/97, FDV (Racc. pag. I‑5171, paragrafo 15).


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77 – Sentenza Coditel I, cit. supra alla nota 75 (punto 16).


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78 – Per quanto attiene alla valutazione del caso in esame in base alla detta disposizione, v. supra, paragrafi 107 e segg.


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79 – L’obiettivo della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa Coditel I era l’affermazione di tale diritto, sancito dall’art. 11 bis, n. 1, punto ii), della Convenzione di Berna, v. il verbale di udienza relativo alla detta sentenza, cit. supra alla nota 75 (pag. 884).


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80 – V. sentenze 25 luglio 1991, causa C‑76/90, Säger (Racc. pag. I‑4221, punto 15); 8 settembre 2010, causa C‑46/08, Carmen Media Group (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 60), nonché 7 ottobre 2010, causa C‑515/08, Santos Palhota e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 45).


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81 – Sentenze Säger, cit. supra alla nota 81 (punto 17); 11 settembre 2007, causa C‑318/05, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑6957, punti 133 e 136), e 13 dicembre 2007, causa C‑250/06, United Pan‑Europe Communications Belgium e a. (Racc. pag. I‑11135, punto 44).


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82 – V., inoltre, il decimo ‘considerando’ della decisione della Commissione 19 aprile 2001 in un procedimento ai sensi dell’art. 81 del Trattato CE e dell’art. 53 dell’Accordo SEE (caso n. 37.576 – regolamento UEFA in materia di trasmissione radiotelevisiva, GU L 171, pag. 12).


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83 – V. anche le dichiarazioni, citate supra alla nota 12, sul Trattato di Amsterdam e del Consiglio europeo.


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84 – Come già si evince dal reclamo da parte di diverse emittenti televisive che ha portato alla decisione della Commissione, cit. supra alla nota 83.


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85 – V. la decisione cit. supra alla nota 83, cinquantacinquesimo ‘considerando’ e allegato II.


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86 – Per quanto riguarda i dati relativi all’affluenza del pubblico negli stadi, cfr., DFL Deutsche Fußball Liga GmbH, Bundesliga 2010, Die wirtschaftliche Situation im Lizenzfußball, pagg. 20 e seg.


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87 – V. punto 66 della domanda di pronuncia pregiudiziale.


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88 – V. supra, paragrafi 107 e segg.


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89 – V. supra, paragrafi 121 e segg.


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90 – V. i riferimenti indicati supra alla nota 82.


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91 – V. sentenza 20 settembre 1988, causa 302/86, Commissione/Danimarca (Racc. pag. 4607, punto 21).


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92 – V. il prelievo esaminato nella sentenza Padawan, cit. supra alla nota 16.


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93 – Sentenze 6 febbraio 2003, causa C‑92/01, Stylianakis (Racc. pag. I‑1291, punto 18); 11 settembre 2007, causa C‑76/05, Schwarz e Gootjes-Schwarz (Racc. pag. I‑6849, punto 34), nonché 20 maggio 2010, causa C‑56/09, Zanotti (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 24).


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94 – V. sentenza 20 ottobre 1993, cause riunite C‑92/92 e C‑326/92, Phil Collins e a. (Racc. pag. I‑5145, punti 34 e seg.).


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95 – Allegato 23 alla memoria della FAPL, v. comunicazione in GU 2004, C 115, pag. 3, nonché il comunicato stampa IP/06/356 del 22 marzo 2006.


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96 – V. sentenza 26 ottobre 2010, causa C-97/09, Schmelz (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 50). V. anche artt. 13, n. 2, TUE, e 17, n. 1, secondo periodo, TUE.


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97 – Sentenza 4 giugno 2009, causa C‑8/08, T‑Mobile Netherlands e a. (Racc. pag. I‑4529, punto 43).


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98 – Sentenze T‑Mobile Netherlands e a., cit. supra alla nota 98 (punto 30); 3 settembre 2009, causa C‑534/07 P, Prym e Prym Consumer/Commissione (Racc. pag. I‑7415, punto 81), e 6 ottobre 2009, cause riunite C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, GlaxoSmithKline Services/Commissione (Racc. pag. I‑9291, punto 55).


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99 – Sentenza GlaxoSmithKline Services/Commissione, cit. supra alla nota 99 (punto 58).


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100 – Sentenze 16 settembre 2008, cause riunite da C‑468/06 a C‑478/06, Sot. Lélos kai Sia (Racc. pag. I‑7139, punto 65 e la giurisprudenza ivi citata), nonché GlaxoSmithKline Services/Commissione, cit. supra alla nota 99 (punti 59 e segg.).


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101 – Sentenza 8 giugno 1982, causa 258/78, Nungesser e Eisele/Commissione (Racc. pag. 2015, punto 61).


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102 – V. supra, paragrafi 177 e segg.


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103 – V. in tal senso, le mie conclusioni presentate il 2 luglio 2009, nella causa C‑169/08, Presidente del Consiglio dei Ministri (Racc. pag. I‑10821, paragrafi 134 e seg.).


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104 – Sentenza GlaxoSmithKline Services/Commissione, cit. supra alla nota 99 (punto 82).
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Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (England & Wales) Queen's Bench Division (Administrative Court) - Regno Unito il 29 settembre 2009 - Karen Murphy / Media Protection Services Limited

(Causa C-429/08)

Lingua processuale: l'inglese

Giudice del rinvio

High Court of Justice (England & Wales) Queen's Bench Division (Administrative Court)

Parti

Ricorrente: Karen Murphy

Convenuta: Media Protection Services Limited

Questioni pregiudiziali

Sull'interpretazione e la validità della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 novembre 1998, 98/84/CE, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato

In quali circostanze un dispositivo per l'accesso condizionato sia un "dispositivo illecito" ai sensi dell'art. 2, lett. e), della direttiva 98/84/CE 1.

In particolare, se un dispositivo per l'accesso condizionato sia un "dispositivo illecito" ove sia stato acquisito in circostanze in cui:

(i) il dispositivo per l'accesso condizionato sia stato elaborato da un prestatore di servizi, o con il suo consenso, sia stato originariamente fornito subordinatamente ad autorizzazione contrattuale limitata di utilizzo del dispositivo per accedere ad un servizio protetto solo in un primo Stato membro e sia stato utilizzato per accedere a tale servizio protetto ricevuto in un altro Stato membro, e/o

(ii) il dispositivo per l'accesso condizionato sia stato elaborato da un prestatore di servizi, o con il suo consenso, sia stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo falso nome e indirizzo di residenza nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le limitazioni territoriali contrattuali imposte all'esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro, e/o

(iii) il dispositivo per l'accesso condizionato sia stato elaborato da un prestatore di servizi, o con il suo consenso, sia stato originariamente fornito subordinatamente alla condizione contrattuale di un esclusivo uso domestico o privato e non per un uso commerciale (per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato), ma sia stato utilizzato nel Regno Unito per scopi commerciali, e precisamente per trasmettere partite di calcio in diretta in un locale pubblico.

In caso di risposta negativa a qualsiasi parte della questione sub 2), se l'art. 3, n. 2, di tale direttiva osti a che uno Stato membro invochi una disposizione nazionale che impedisce l'uso di tali dispositivi per l'accesso condizionato nelle circostanze di cui alla summenzionata questione sub 2).

In caso di risposta negativa a qualsiasi parte della questione sub 2), se l'art. 3, n. 2), di tale direttiva sia invalido:

(a) in quanto discriminatorio e/o sproporzionato; e/o

(b) in quanto in contrasto con i diritti alla libera circolazione sanciti dal Trattato e/o

(c) per qualsivoglia altra ragione.

In caso di risposta affermativa alla questione sub 2), se gli artt. 3, n. 1, e 4 di tale direttiva siano invalidi, in quanto richiedono agli Stati membri di imporre restrizioni sull'importazione da altri Stati membri e su altre operazioni con "dispositivi illeciti", in circostanze in cui siffatti dispositivi possono essere legittimamente importati e/o utilizzati per ricevere servizi di diffusione via satellite transfrontalieri in forza delle norme sulla libera circolazione delle merci ai sensi degli artt. 28 CE e 30 CE e/o sulla libertà di fornire e ricevere servizi ai sensi dell'art. 49 CE.

Sull'interpretazione degli artt. 12 CE, 28 CE, 30 CE e 49 CE

Se gli artt. 28 CE, 30 CE e/o 49 CE ostino all'applicazione di una disposizione nazionale (come l'art. 297 del Copyright Designs and Patents Act 1988), che sanzioni la ricezione fraudolenta di un programma facente parte di un servizio di trasmissione fornito da un luogo nel Regno Unito con l'intento di evitare il pagamento di qualsiasi diritto applicabile alla ricezione del programma, in una qualsiasi delle seguenti circostanze:

(i) qualora il dispositivo per l'accesso condizionato sia stato elaborato da un prestatore di servizi, o con il suo consenso, sia stato originariamente fornito subordinatamente ad autorizzazione contrattuale limitata di utilizzo del dispositivo per accedere ad un servizio protetto solo in un primo Stato membro e sia stato utilizzato per accedere a tale servizio protetto ricevuto in un altro Stato membro (in questo caso il Regno Unito), e/o

(ii) qualora il dispositivo per l'accesso condizionato sia stato elaborato da un prestatore di servizi, o con il suo consenso, e sia stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo falso nome e indirizzo di residenza nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le limitazioni territoriali contrattuali imposte all'esportazione di tali dispositivo per uso al di fuori del primo Stato membro, e/o

(iii) qualora il dispositivo per l'accesso condizionato sia stato elaborato da un prestatore di servizi, o con il suo consenso, sia stato originariamente fornito subordinatamente alla condizione contrattuale di un esclusivo uso domestico o privato e non per un uso commerciale (per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato), ma sia stato utilizzato nel Regno Unito per scopi commerciali, e precisamente per trasmettere partite di calcio in diretta in un locale pubblico.

Se l'esecuzione della disposizione nazionale in questione possa in ogni caso essere esclusa in quanto viola il divieto di discriminazione di cui all'art. 12 CE o in quanto la legislazione nazionale è applicabile ai programmi inclusi in un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito ma non a servizi forniti da un qualsiasi altro Stato membro.

Sull'interpretazione dell'art. 81 CE

Allorché un fornitore di contenuti di programmi rilasci una serie di licenze esclusive, ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri, in base alle quali l'emittente è autorizzata a trasmettere il contenuto del programma solo nell'ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e ogni licenza preveda un obbligo contrattuale in base al quale l'emittente deve evitare che le sue schede di decodifica satellitari che consentono la ricezione dei contenuti dei programmi oggetto di licenza vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, quale criterio giuridico debba applicare il giudice nazionale e quali circostanze debba prendere in considerazione nel decidere se la restrizione contrattuale violi il divieto imposto dall'art. 81, n. 1.

In particolare:

(a) se l'art. 81, n. 1, debba essere interpretato nel senso che si applichi a tale obbligo per il solo motivo che si ritiene che esso abbia per oggetto impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza,

(b) in caso affermativo se si debba anche dimostrare che l'obbligo contrattuale impedisca, restringa o falsi sensibilmente il gioco della concorrenza per poter rientrare nel divieto imposto dall'art 81, n. 1.
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1 - Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 novembre 1998, 98/84/CE sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (GU L 320, pag. 54).

   

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