Ancora sul tema della compressione dei diritti costituzionali attinenti la libertà di riunione e manifestazione

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Categoria: Contributi pervenuti
Creato Giovedì, 20 Ottobre 2011 16:57
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Ancora sul tema della compressione dei diritti costituzionali attinenti la libertà di riunione e manifestazione, ripropongo alla vostra attenzione l'ottimo articolo del nostro Pietro Adami che Liberazione pubblicò nel gennaio 2009, allorquando Maroni fece la prima, oscena proposta in tal senso.
Allora non ebbe seguito, anche perché il fronte contrario fu assai determinato. Non so se lo sia altrettanto oggi.

Salute
Avv. Cesare Antetomaso
Portavoce Ass. Giuristi Democratici di Roma

Maroni, attacco alla libertà (da Liberazione del 23.1.'09)

Pietro Adami*

Da quanto si è appreso, il Ministro Maroni sarebbe intenzionato a limitare profondamente la libertà di riunione e manifestazione. Secondo quanto ha dichiarato, si appresterebbe a introdurre una disciplina che definisce un generale divieto di manifestare davanti ai luoghi di culto, e addirittura davanti a supermercati e centri commerciali, monumenti e siti di interesse pubblico. «Ho preparato una direttiva che verrà inviata a tutti i Prefetti affinché fatti come quelli avvenuti davanti al Duomo di Milano non abbiano a ripetersi» ha dichiarato, aggiungendo che sarà possibile chiedere una cauzione agli organizzatori delle manifestazioni, che non verrebbe restituita in caso di danni commessi durante i cortei. Naturalmente, «non si tratta di regole ferree», ma si valuterà caso per caso.
Conclude affermando che «non si vuole dare una risposta repressiva, ma bisogna dare piena attuazione sia al diritto di manifestare sia al diritto di chi non manifesta di vivere la propria città». Il ministro afferma che non si tratta di un provvedimento repressivo. In merito a tale affermazione lascio giudicare chi legge.
Ciò che posso senz'altro affermare è che si tratterebbe di una rivoluzione culturale e giuridica in materia di libertà personali, e di un provvedimento illegittimo e incostituzionale. Ed aggiungo che un consulto del Ministro con i suoi esperti giuridici gliene darà conferma.
La Costituzione Italiana all'art. 17 prevede che «I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica». Le manifestazioni sono riunioni in luogo pubblico. Quindi, in primo luogo le manifestazioni non hanno bisogno di essere autorizzate. Occorre solo una comunicazione (art.18 Tulps) e solo per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica, possono essere vietate.
La Costituzione italiana, come noto, è un'attenta composizione di interessi, diritti, aspettative. I diritti, anche quelli fondamentali incontrano un solo limite, negli altri diritti degli altri cittadini. Ciò non significa che tutti i diritti siano sullo stesso piano. Parafrasando Orwell: alcuni diritti sono più fondamentali degli altri. Vista l'esperienza del ventennio precedente all'emanazione della Costituzione, al centro del tessuto di questa coperta a scacchi dei diritti, vi è un diritto: la libertà, che con il suo filo interseca e cuce tutti gli altri. Libertà, ed in particolare la libertà politica di opinione e manifestazione del pensiero.
Mai più, pensò l'Assemblea costituente, il cittadino dovrà esserne privato, almeno finché dura questo testo.
Per cui, con grande fermezza, scolpì negli articoli del Titolo I della Parte I, le libertà fondamentali. Dalla libertà di domicilio a quella di stampa, dalla libertà religiosa a quella di manifestare il pensiero.
Il Costituente dovette inserire anche dei limiti, a queste libertà, perché l'esercizio privo di regole di una libertà può rappresentare una violazione di altre libertà. Per dirla con la Corte Costituzionale «in modo che l'attività di un individuo rivolta al perseguimento dei propri fini si concili con il perseguimento dei fini degli altri» (sent.1/56).
Ma qui il costituente fu attento. Comprese che i limiti dovevano essere tassativi. Quelli e non altri. E soprattutto che al futuro governo bisognava lasciare, invece, il minimo margine di discrezionalità possibile, nella limitazione delle libertà.
Quindi, il costituente ha deliberato di chiarire con estrema attenzione le ragioni per cui i diversi diritti potevano essere limitati, e soprattutto ha evitato di scrivere che i diritti fondamentali potevano essere limitati per "ragioni di ordine pubblico". E' chiaro: tutto può rientrare nel concetto di "ordine". Io posso ritenere ordinata una società in cui non vi siano pensieri diversi dal mio.
Ci si faccia caso, il concetto di ordine non è mai posto, nella Costituzione, a limite e come contrapposto ad una libertà. Le libertà prevalgono sempre sul generico "ordine".
Ed ecco, quindi, l'art. 17 Cost: «Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica».
La sicurezza e l'incolumità non devono essere messe in pericolo dalla libertà di manifestare. Quando c'è il rischio che qualcuno si faccia male, subentra il diritto della persona alla incolumità fisica. E' un diritto, l'unico diritto, considerato superiore, rispetto alla libertà politica di manifestare.
E' solo in questo quadro che, negli anni scorsi, si è ritenuto legittimo che fosse impedito che le manifestazioni passassero davanti ai luoghi "istituzionali". Si temeva (nella gran parte dei casi a torto), che i manifestanti avrebbero potuto assalire questi luoghi. E quindi che qualcuno potesse farsi male. Non per una tutela "sacrale" del luogo istituzionale.
Ed ecco la rivoluzione culturale del Ministro. Che cosa è accaduto davanti al Duomo di Milano? Vi sono stati rischi per l'incolumità di qualcuno? Non sembra.
Può piacere la preghiera collettiva, può non piacere, ma non mi pare che abbia posto in pericolo l'incolumità di alcuno.
Il ministro introduce un rovesciamento di prospettiva. Il diritto della cittadinanza da tutelare non è più l'incolumità: è il fastidio che si prova a vedere manifestata un'idea o una fede diversa dalla nostra.
Il ministro non sostiene che vi sia un generale pericolo che i manifestanti diano l'assalto alle chiese. Il ministro ritiene che possa dare fastidio, a chi passa davanti ad una chiesa, trovarvi davanti qualcuno di una religione diversa che prega, o che manifesta contro gli aumenti della frutta.
Non solo. Viene ritenuto prevalente il "diritto di chi non manifesta di vivere la propria città". Il diritto al parcheggio nello spazio pubblico, anteposto ad una libertà costituzionale.
Siamo ad un punto di svolta: il fastidio per la diversità riceve riconoscimento e tutela giuridica.
Ad oggi, con questa Costituzione, una simile norma è destinata a cadere in breve tempo.
Aggiungo due elementi di illegittimità ulteriori.
In primo luogo quello della cauzione, che consentirebbe di manifestare solo a chi ha le risorse economiche per versarla. La Costituzione è chiara: nessun limite se non c'è pericolo per la salute. Salute fisica, non salute morale, altrimenti dovrebbe essere vietato anche il rito dell'ampolla alle sorgenti del Po. Porre un elemento economico alla base di una manifestazione rappresenterebbe una evidente compressione della libertà costituzionale. E, si aggiunge, è proprio la motivazione posta a base della scelta dal ministro ad essere erronea (ovvero che in tal modo gli organizzatori sarebbero indotti a svolgere funzioni di ‘ordine pubblico' interno). Chi organizza le manifestazioni, attività meritoria e non certo facile, non ha certo questo compito, né ha i mezzi. E' compito delle forze dell'ordine tutelare i pacifici manifestanti da atti violenti, e fare in modo che chi li compie ne risponda, civilmente e penalmente, se ve ne sono gli estremi. La responsabilità penale e civile conseguente agli atti vandalici è personale.
Gli organizzatori delle manifestazioni non sono società di calcio, con fini di lucro. Inoltre, come noto, è prassi comune che alle manifestazioni partecipino gruppi non invitati, spesso proprio con la funzione di provocatori, che a questo punto avrebbero ancor più interesse ad agire, sapendo che, oltre al danno politico, si aggiunge un danno economico.
Rappresenta, infine, un ulteriore elemento di illegittimità la circostanza che «non si tratta di regole ferree» e che si valuterà caso per caso.
L'inverso puro di quanto voleva il costituente: regole certe, valide per tutti, non "a disposizione" del governo in carica.
*Giuristi Democratici