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Poliziotto investito mentre posiziona autovelox

Dettagli

Cass. pen.

Sez. IV, Sent., (ud. 01-03-2011) 12-04-2011, n. 14673
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1) La Corte d'Appello di Lecce, con sentenza 28 settembre 2009, ha confermato la sentenza 20 dicembre 2007 del Tribunale di Brindisi, sez. dist. di Ostuni, che aveva condannato L.A., previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di omicidio colposo in danno di P.M..

I giudici di merito hanno accertato che il (OMISSIS) la vittima - sovrintendente della polizia stradale che, insieme ad un collega, stava sistemando un impianto di autovelox - era uscito improvvisamente da una siepe di oleandro che costeggiava la carreggiata per attraversarla provenendo da destra rispetto alla direzione di marcia del veicolo e l'imputato, che stava percorrendo quella strada alla guida di un'autovettura, non era stato in grado di evitare l'investimento che provocava la morte immediata di P..

Nelle sentenze di merito - che hanno fondato la decisione sugli accertamenti svolti dal consulente tecnico del pubblico ministero e sulle dichiarazioni dei testimoni - si sostiene che l'imputato doveva essere ritenuto responsabile del decesso perchè la velocità tenuta dal veicolo da lui condotto (circa 93-94 km. orari a fronte dei 50 km. orari consentiti) gli aveva impedito di frenare tempestivamente o di compiere una manovra idonea ad evitare l'investimento; condotte che sarebbero state possibili se la velocità si fosse mantenuta nei limiti indicati.

2) Contro la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso L. A. il quale ha dedotto i vizi di "illogicità della motivazione, carenza di prove, contraddittorietà della motivazione".

Il ricorrente riproduce integralmente nel ricorso l'atto di appello nel quale, dopo aver riportato criticamente le conclusioni del consulente del p.m. e descritto il luogo dell'incidente, anche con fotografie riprodotte nel testo, vengono illustrate le contraddizioni in cui sarebbe incorso l'esperto ed esaminate le dichiarazioni rese dai testimoni e dal consulente e si sostiene l'erroneità della tesi secondo cui una traccia gommosa lasciata sull'asfalto sarebbe riconducibile all'auto condotta dall'imputato che, essendo munita del sistema ABS, non poteva lasciare tracce di frenata. Nel medesimo atto d'appello riprodotto nel ricorso si criticavano analogamente le valutazioni del consulente per individuare i tempi di reazione psicotecnica.

Dalla rivalutazione di questi elementi nell'appello si traeva la conclusione che l'imputato, al momento dell'incidente, marciava alla velocità di circa 15 km. orari, che P.M. si era parato improvvisamente di fronte al conducente ad una distanza minima che non gli ha lasciato il tempo di compiere alcuna manovra di emergenza.

Dopo l'urto, poichè il corpo della vittima era rimasto sul cofano dell'autovettura investitrice, il conducente aveva terminato la corsa lentamente per evitare che il corpo cadesse in terra e venisse schiacciato dal veicolo.

Fatta questa premessa il ricorrente enuncia una serie di contraddittorietà e illogicità nelle quali sarebbe incorso la sentenza d'appello in particolare perchè:

- non avrebbe stabilito il grado di corresponsabilità della vittima pur ritenuta aver agito in modo imprudente;

- non avrebbe spiegato le ragioni della mancata apertura degli airbags che sarebbe dovuta avvenire se il corpo fosse stato investito alla velocità ritenuta dai giudici di merito;

- avrebbe ritenuto attendibile il teste S. (collega della vittima) malgrado la non credibilità delle sue affermazioni sulla possibilità di vedere, dopo essersi voltato a seguito dell'urto, il corpo del collega ancora in aria e non avrebbe preso in considerazione le dichiarazioni del teste C. secondo cui S. non si era accorto di nulla;

- sarebbe stata ricondotta all'autovettura condotta da L. la traccia di frenata malgrado l'auto fosse dotata di sistema ABS e tanto più che il segno lasciato sull'asfalto è una traccia a "V" che uno pneumatico non può lasciare;

- non sono stati chiariti alcuni punti oscuri della vicenda (dopo due mesi l'auto era pulita pur essendo rimasta all'aperto; la prova dell'impianto frenante è avvenuta, da parte del consulente del p.m. senza la partecipazione dei consulenti di parte e senza che se ne desse atto a verbale).

3) Il ricorso è infondato e deve conseguentemente essere rigettato.

Anzi per alcuni aspetti il ricorso è anche inammissibile perchè diretto ad una rivalutazione del compendio probatorio diversa rispetto a quella compiuta dai giudici di merito.

A tutti i problemi proposti con l'appello la Corte di merito ha infatti dato risposte adeguatamente motivate ed esenti da alcuna illogicità.

Va premesso che i giudici di merito hanno sottolineato entrambi come la vittima abbia concorso con la sua condotta imprudente al verificarsi dell'evento; il primo giudice ne ha tenuto conto nella determinazione della pena che la Corte di merito ha ritenuto adeguata, confermandola. Non era invece obbligo dei giudici di merito indicare la percentuale del concorso di colpa della persona offesa in mancanza di costituzione di parte civile.

Ma i giudici di merito hanno individuato nell'eccesso di velocità dell'autovettura condotta dall'imputato (quasi pari al doppio di quella massima consentita) la causa principale dell'evento; la velocità eccessiva non avrebbe consentito a L. di frenare tempestivamente o di porre in essere una diversa manovra di emergenza atta ad evitare l'incidente o, quanto meno, a ridurne le conseguenze.

A queste conclusioni sulla velocità effettivamente tenuta i giudici di merito sono pervenuti non in modo apodittico e immotivato ma, richiamando le conclusioni del consulente tecnico del pubblico ministero, hanno fatto riferimento: alla gravità delle conseguenze derivate alla persona investita e riconducibili all'urto con l'autoveicolo; alle conseguenze rilevate sulla carrozzeria dell'autoveicolo condotto dall'imputato (tenute ben distinte, dalla sentenza impugnata, da quelle conseguenti al tamponamento successivamente subito ad opera di altra autovettura); alle tracce di frenata rilevate sull'asfalto; alla posizione di quiete assunta dal veicolo investitore.

La sentenza impugnata ha fatto altresì riferimento al peso dell'autovettura investitrice, al tempo psicotecnico di frenata e al coefficiente di attrito.

Come è agevole verificare si tratta di una ricostruzione fondata sui rilievi tecnici e sui pareri acquisiti, esaminati criticamente, che valgono da soli a confermare l'inesistenza dei vizi logici denunziati anche indipendentemente dalle deposizioni testimoniali richiamate dalle sentenze di merito ed in particolare di quella del collega della vittima S.R. che ha udito il rumore accelerato del motore della macchina condotta dall'imputato e l'impatto violento di questo veicolo con il corpo di P.M..

4) Vi sono due ulteriori aspetti proposti con i motivi di ricorso sui quali occorre soffermarsi e che riguardano le risposte date, dalla sentenza impugnata, ad alcuni punti rilevanti prospettati con i motivi di appello.

Si tratta di due punti significativi: la riconducibilità all'auto investitrice dei segni di frenata rilevati sull'asfalto e la mancata apertura degli airbags che avrebbe dovuto verificarsi, secondo il ricorrente, se l'impatto fosse avvenuto alla velocità ritenuta dai giudici di merito.

Ad entrambi questi quesiti la Corte di merito ha fornito adeguata risposta. Quanto al primo la Corte ha premesso la correttezza del rilievo secondo cui il sistema frenante ABS - non consentendo il bloccaggio delle ruote - in linea di massima impedisce che sull'asfalto rimangano segni di frenata lasciati dai pneumatici; ma a fronte di una frenata improvvisa, come quella avvenuta nel caso in esame, alcune tracce più ridotte rimangono comunque anche con questo sistema frenante ed hanno caratteristiche riconducibili a quelle delle tracce rinvenute sul luogo dell'incidente.

A queste conclusioni la sentenza è pervenuta valutando le argomentazioni del consulente il quale, peraltro, ha fondato la sua conclusione anche su altri aspetti quali la diversa consistenza delle tracce di frenata ricondotta alla circostanza che chi vede un ostacolo sulla destra è portato a sterzare verso sinistra (manovra che l'ABS consente proprio perchè evita il bloccaggio delle ruote);

il che comporta una diversa aderenza dei pneumatici sulla sede stradale.

Anche in relazione al problema riguardante la mancata apertura dell'airbag la sentenza impugnata ha fornito risposta - sempre richiamando le conclusioni del consulente - rilevando (dopo aver premesso che non era stato possibile valutare l'efficienza dell'apparato installato sull'autovettura condotta da L.) come i limiti di velocità cui si riferiscono le regole tecniche (che prevedono l'apertura del sistema ad uno scontro di circa 40 km. orari per gli urti frontali) valga solo per gli urti tra autoveicoli mentre l'urto contro una massa di gran lunga inferiore non può avere il medesimo effetto.

In conclusione anche su questi aspetti la sentenza impugnata ha fornito una risposta adeguata ed esente da alcuna illogicità. 5) Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto del ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4^ penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

   

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