... consegna del passaporto - presentazione presso Uffici di Polizia, da convalidare ope judicis

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Lunedì, 03 Ottobre 2011 09:39
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  STRANIERI


Cass. civ. Sez. VI, Ord., 08-09-2011, n. 18481 Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Il  relatore  designato nella relazione depositata ex  art.  380  bis c.p.c. ha argomentato nel senso:
CHE   il  Prefetto  di  Pesaro  dispose  l'espulsione  del  cittadino (OMISSIS)           C.K. in data 12.12.2006  e venne  adottato  dal Questore   contestuale   provvedimento   intimante   l'allontanamento dell'espulso  del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14,  comma  5  bis;
permanendo  l'inottemperanza all'ordine del Questore il  Prefetto  di Teramo in data 18.3.2010 dispose nuova espulsione ex art. 14, comma 5 ter  del  T.U.;  il          C.K. impugnò  detta espulsione  ma  il Giudice  di  Pace  di  Teramo con decreto 3.6.2010  la  respinse  sul rilievo  che la nuova normativa consentiva la seconda espulsione  per inottemperanza;  CHE  per  la cassazione di  tale  decisione      C.    K.  ha  proposto ricorso il 14.6.2010 articolando due motivi,  ai quali   l'intimato  Prefetto  non  ha  opposto  difese;  CHE   appare inconsistente  la  censura  di  cui al  primo  motivo,  volta  a  far affermare  la inapplicabilità della modifica apportata all'art.  14, comma  5  ter dalla norma sopravvenuta se non si ripeta l'intimazione ad   allontanarsi  del  Questore:  ed  infatti,  la  sopravvenuta  ed applicabile  modifica di cui alla L. 15 luglio 2009, n. 94,
art.  1, comma  22,  lett. M,  rende semplicemente sanzionabile  con  il  nuovo decreto   espulsivo   la  condizione  di  perdurante   inottemperanza all'ordine  di  allontanamento  l,  del  Questore  rimasto  inattuato escludendo,  per  quel  che rileva, che la permanente  inottemperanza possa  essere elisa con ulteriore intimazione; nella specie  l'ordine del Questore del 12.12.2006 costituiva, in quanto mai adempiuto dallo straniero,  ed  unitamente  alla  neanche  contestata  condizione  di irregolare presenza in Italia del tunisino, la premessa per  adottare la  nuova  espulsione ex art. 14, comma 5 ter del  T.U.  della  quale quindi non sono stati (retta mente) scorti profili di illegittimità, men che meno potendosi ritenere inapplicabile lo jus superveniens  ad una condizione di irregolare presenza pienamente in atto all'epoca di sua  entrata  in  vigore; CHE quanto al secondo
motivo,  esso  appare radicalmente inammissibile non essendo formulata una espressa censura al  decreto  del GdP ma solo prospettata una condizione  generale  di inadempienza  dello Stato all'"obbligo" di consentire al  clandestino una  fuoruscita positiva dalla sua condizione in termini che  neanche il  motivo riesce a  far comprendere; CHE, ove si condivida il  testè formulato  rilievo,  il  ricorso può essere trattato  in  Camera  di consiglio e rigettato per manifesta infondatezza.Motivi della decisione
Ritiene   il Collegio che e considerazioni formulate dalla difesa  del ricorrente nella memoria finale - invocanti la sopravvenuta  sentenza 28.4.2011  della  Corte  di  Giustizia  (causa              E.D.H.) impositiva  di una chiara interpretazione della direttiva 2008/115/CE nel senso della inadottabilità della intimazione di allontanamento - obblighino   ad  una  rimeditazione  dell'indirizzo  proposto   nella relazione ed impongano, di contro, di accogliere il primo motivo  del ricorso per sua manifesta fondatezza.
Nel  caso  che  occupa  l'espulsione  impugnata  venne  adottata  dal Prefetto di Teramo in piena attuazione del disposto del D.Lgs. n. 286 del  1998,  art.  14, comma 5 ter, pen. periodo, come modificato,  da ultimo,  dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma  2,  lett.  M:
        C.K., infatti era stato espulso con decreto 12.12.2006  del Prefetto  di  Pesaro  e  non aveva dato esecuzione  alla  contestuale intimazione di allontanamento adottata dal Questore ex art. 14, comma 5  bis  del  T.U.;  sottoposto a controllo ed accertato  che  si  era trattenuto  senza  giustificato motivo e  che  per  tal  ragione   era incorso nel delitto di cui alla prima parte dell'art. 14, comma 5 ter novellato  (punito  con  la reclusione da uno  a  quattro  anni),  il Prefetto  di Teramo con decreto 18.3.2010 adottò la nuova espulsione prevista  dalla  disposizione cennata (In ogni  caso,  salvo  che  lo straniero si trovi in stato di detenzione in  carcere, si procede alla adozione  di  un  nuovo decreto di espulsione (.....) per  violazione all'ordine di allontanamento adottato dal Questore ai sensi del comma 5 bis).
E'  stata  dunque  adottata,  perchè ex  lege  imposta,  una  misura espulsiva  la cui unica ragione giustificatrice è quella  costituita dalla  sottrazione alla intimazione di allontanamento,  a  sua  volta adottata per rendere eseguibile la prima,  ancor valida, espulsione.
Nel  sistema delineato dalla novella del 2009, pertanto, l'espulsione "attuativa"  in  discorso  si pone come alternativa  o  completamento alla/della sanzione penale detentiva da inottemperanza e viene a  sua volta   attuata  in  executivis  o  con  reiterazione  della   stessa intimazione.
Come  notato dalla difesa del ricorrente in memoria, il sistema sopra delineato  è  stato  radicalmente posto in  discussione  dall'intero impianto della direttiva 2008/115/CE che ha fatto divieto di  imporre un immediato e non modulato ordine di allontanamento e di sanzionarne la inosservanza con lo strumento della incriminazione penale.
La  Corte  di  Giustizia  -  interpellata  da  domanda  di  pronuncia pregiudiziale  della  Corte di Trento nel procedimento  a  carico  di            E.D.H. per il reato di cui al cennato art. 14,  comma  5 ter  del T.U. come novellato - ha dunque sottoposto a interpretazione le norme della Direttiva succitata ed ha alla loro stregua scrutinato la   denunziata  normativa  nazionale.  Con   la  sentenza   28.4.2011 (decisione  pertanto  ben posteriore al ricorso  ed  alla  trascritta relazione ex art. 380 bis c.p.c.) la Corte  ha quindi precisato:
1.  quanto  alla  lettura della Direttiva, che per la esecuzione  del rimpatrio  deve essere in primo luogo adottato un  modulo  agevolatore della  "partenza  volontaria" (con termine tra i sette  ed  i  trenta giorni"), che nell'attesa possono essere imposti obblighi strumentali (la dimora obbligatoria, la consegna del passaporto, la presentazione periodica  alla Autorità), che in caso di rischio di fuga  ben  può essere  adottata  la misura accompagnatoria coercitiva  e  che  medio tempore  ben  può  essere disposto un trattenimento  temporaneo  con l'intervento dei giudice ed il rispetto delle garanzie di difesa;
2.  quanto alla portata della legislazione nazionale, che la  mancata trasposizione della direttiva nella legislazione nazionale  autorizza i  legittimati ad invocare contro lo Stato membro le sue disposizioni precise ed incondizionate, che tali sono le prescrizioni sui tempi  e modi della procedura di rimpatrio (artt. 6, 7, 8, 15, 16), che è  in contrasto  con la direttiva la legislazione italiana che non  prevede nè  disciplina  i  tempi ed i modi della "partenza volontaria",  che confligge con le indicate prescrizioni - le quali impongono che anche di  fronte alla inottemperanza da parte dello straniero lo  Stato  si adoperi per dare esecuzione all'ordine inottemperato - la diretta  ed immediata    risposta   penale   dell'ordinamento    italiano,    con l'irrogazione   della   pena   della   reclusione   allo    straniero inottemperante.
Questa  Corte, in sede di impugnazione di decisione resa in  giudizio penale,   ha   dato  immediata  applicazione   alla   Direttiva   come interpretata  dalla Corte di Giustizia e, con riguardo a  fattispecie realizzata  prima  della scadenza dei termini  di  recepimento  della Direttiva stessa (24.12.2010), ha annullato senza  rinvio la  sentenza di  condanna  alla pena di cui all'art. 14, comma 5  ter (accertato  i 10.9.2010)  perchè il fatto non è (più) previsto dalla legge  come reato (Cass. prima sezione penale n. 22105 dell'1.6.2011).
Il  Governo,  dal  canto  suo,  ha inteso  trasporre  e  recepire  la direttiva  2008/115/CE con il D.L. 23 giugno 2011, n. 89  (in  vigore dal  24, pubblicazione sulla G.U. m. 144 del 2011), le cui  norme, che a  momento  della presente decisione non sono state ancora convertite in  legge,  prevedono, per quel che occupa, che siano  analiticamente regolate  le  ipotesi  di  accompagnamento  coattivo  alla  frontiera dell'espulso    (tra    esse   annoverandosi   quelle,    altrettanto analiticamente  previste, del rischio di fuga), che  l'allontanamento non  coattivo  si realizzi attraverso la concessione  di  un  termine agevolatore della partenza volontaria, anche attraverso programmi  di rimpatrio,   che  siano  adottate  misure  cautelari  per  assicurare l'effettività  della  partenza  volontaria  (obbligo  di  dimora   - consegna del passaporto - presentazione presso Uffici di
Polizia),  da convalidare  ope  judicis,  che  sia analiticamente  disciplinato  il restringimento presso un CIE (con durata sino a 18 mesi complessivi),  che  sia  comunque  e conclusivamente adottabile una  intimazione  di allontanamento   entro  sette  giorni  la  cui   inosservanza   resta penalmente sanzionata, ma con una multa (di importo variabile da Euro 6.000  ad  Euro  30.000),  idonea a consentire  l'espulsione  di  cui all'art. 16.
Venendo,  dunque,  alla vicenda sottoposta è  agevole  rilevare  che l'intimazione   di   allontanamento  -   la   cui    inosservanza   è dichiaratamente  (art.  14, comma 5 ter, come modificato  dal  citato art.  1,  comma 22, lett. M della Legge del 2009) assunta  a  ragione esclusiva  della  espulsione de 18.3.2010, venne adottata  bensì  il 12.12.2006,  e  quindi  in regime anteriore alla  applicazione  della Direttiva  2008/115/CE,   sì  da  doversi  ritenere  valida   ratione temporis,  ma  è  venuta  a   costituire l'unico  antecedente  logico giuridico della espulsione del  18.3.2010 che è stata adottata quando l'efficacia diretta e puntuale della Direttiva era piena ed ut  supra obbligatoria per il giudice nazionale.
E  tale  direttiva  faceva divieto di adottare in  via  automatica  ed immediata  ordini di allontanamento entro cinque giorni per  la  sola preesistenza  della misura espulsiva: la Direttiva importa,  come  de resto  in  parte  qua previsto nel citato D.L. n. 89  del  2011,   del Governo,  che  alla  intimazione si possa pervenire  solo  all'esito, infruttuoso, dei meccanismi agevolatori della partenza volontaria  ed allo  spirare  del periodo di trattenimento presso un  CIE.  Ratio  e lettera  del  D.Lgs.  n. 286 del 1998, art. 14,  comma  5  bis,  come introdotto  per  la prima volta dalla L. n. 189 del  2002,  art.  13,  appaiono  di  converso assai chiari nell'indicare la  scelta  di  una intimazione   immediata  e  di  brevissimo  termine   di   esecuzione spontanea,  la  cui  effettività  è  affidata  esclusivamente  alla sanzione  penale  detentiva  (tra il 2002  ed  il  2009
pervenuta  a quadruplicazione del massimo edittale).
Con   la   applicazione  -  immediata  e  puntuale  -  delle   citate disposizioni della Direttiva, quindi, la norma (art. 14, comma 5 bis) autorizzante  l'intimazione  12.12.2006, originariamente  valida,  è divenuta   inapplicabile,  tanto  nei  suoi  effetti  cogenti   sullo straniero  quanto per quelli autorizzatori di misura  consequenziale, perchè  in contrasto con le previsioni della Direttiva stessa  (art. 7,  comma 1) ed è pertanto dal giudice nazionale, e da questa  Corte di  legittimità  in sede di ricorso, immediatamente  disapplicabile, secondo  il costante indirizzo della Corte stessa (da S.U.  3457  del 1996  a  S.U. 26948 del 2010 e 3674 del  2010): ma se viene  meno  per effetto  della  cennata  disapplicazione l'intimazione  espulsiva  in discorso,  viene a cadere l'unico titolo legittimante  la  espulsione che  sia  stata,  come nella specie, adottata con riguardo
al  testo dell'art.  14, comma 5 ter (In ogni caso, salvo che lo  straniero  si trovi in stato di detenzione in carcere, si procede alla adozione  di un  nuovo decreto di espulsione (.....) per violazione all'ordine  di allontanamento adottato dal Questore ai sensi del comma 5 bis).
Ed  è  quanto  incombe  fare a questa Corte, accolto  il  ricorso  e cassato il decreto del Giudice di Pace di Teramo: esaminando ex  art. 384  c.p.c.,   l'opposizione  alla  espulsione  del  18.3.2010  emerge infatti che, disapplicata la norma di cui all'art. 14, comma  5  bis, per  contrasto  con  l'art. 7, comma 1 della  sopravvenuta  Direttiva 2008/115/CE,   l'espulsione opposta da          C.K.  non  ha  alcun residuo  titolo giustificativo e deve pertanto essere annullata,  non senza  rilevare che il predetto resta comunque soggetto agli  effetti della  espulsione 12.12.2006 irrevocabile ed agli strumenti attuativi di essa che, alla luce delle norme vigenti, la P.A. voglia adottare.
La   complessità  della  questione  e  la  novità  della  soluzione impongono di compensare le spese.P.Q.M.
Accoglie il ricorso e cassa il decreto 3.6.2010 del Giudice  di  Pace di Teramo; decidendo ex art. 384 c.p.c., annulla l'opposta espulsione adottata  dal Prefetto di Teramo il 18.3.2010; compensa le spese  del giudizio.