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Il conglobamento dell'ex indennità di contingenza nello stipendio non aumenta la base pensionabile

Dettagli

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
CORTE DEI CONTI
Sezione giurisdizionale per la Regione Molise


Il Giudice unico delle pensioni
nella persona del Consigliere dott. Tommaso Miele
visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, e successive
modificazioni ed integrazioni;
visti gli artt. 1 e 6 del decreto legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, nella legge 14
gennaio 1994, n. 19;
visto l’art. 5 della legge 21 luglio 2000, n. 205;
visti gli artt. 131, 132, 420, 421, 429, 430, e 431 c.p.c., nonché l’art. 26 del Reg. di proc. per i giudizi innanzi
alla Corte dei conti, di cui al r.d. 13 agosto 1933, n. 1038;
visto l’atto introduttivo del giudizio;
esaminati gli atti e i documenti tutti di causa;
uditi all’udienza del 23 giugno 2011, con l’assistenza del segretario Michele Galasso, l’Avv. Giuseppe Ivan
Rubino, per delega dell’Avv. Sandro Lacalamita, per i ricorrenti, e l’Avv. Carlo Landolfi per l’INPDAP;
ha emanato la seguente
SENTENZA
nel giudizio pensionistico iscritto al n. 3005 del registro di Segreteria, promosso con il ricorso depositato in
data 18 marzo 2010 dai Signori: 1) F. S., come in atti generalizzato, residente in omissis, alla Via omissis; 2)
M. G. C., come in atti generalizzata, residente in omissis, alla Via omissis; 3) A. C., come in atti
generalizzato, residente in omissis, alla Via omissis; 4) F. S., come in atti generalizzata, residente in omissis,
alla Via omissis; 5) M. L. R., come in atti generalizzata, residente in omissis, alla Via omissis; 6) D. G., come
in atti generalizzato, residente in omissis, alla Via omissis, tutti rappresentati e difesi dagli Avvocati Andrea
Azzone e Sandro Lacalamita e tutti con questi elettivamente domiciliati in Larino (CB), alla Via Caradonio, n.
2, presso lo studio dell’Avv. Marilena Astolfo, giusta mandato in calce all’atto introduttivo,
contro
l’I.N.P.D.A.P. (Ist. Naz. di Prev. per i Dip. delle Amm. Pubbl.), in persona del legale rappresentante protempore,
nonché contro il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in persona del
Ministro pro-tempore,
avverso e per l’annullamento
del provvedimento di liquidazione del trattamento pensionistico in godimento, per la parte in cui non è stata
computata la maggiorazione del 18% sull’intera voce “stipendio tabellare” comprensiva della ex voce
retributiva relativa alla indennità integrativa speciale ai sensi dell’art. 15 della legge 29 aprile 1976, n. 177,
e per il conseguente riconoscimento e la declaratoria
del loro diritto ad ottenere la rideterminazione del trattamento pensionistico in godimento mediante la
maggiorazione del 18% sull’intera voce “stipendio tabellare” comprensiva della ex voce retributiva relativa
alla indennità integrativa speciale ai sensi dell’art. 15 della legge 29 aprile 1976, n. 177, e la corresponsione
delle somme relative alla differenza dovuta sui ratei arretrati sin dalla data di spettanza, con gli interessi
legali e la rivalutazione monetaria sulle somme dovute come per legge.
Svolgimento del processo
1. Con il ricorso in epigrafe, ritualmente depositato nella Segreteria della Sezione in data 18 marzo 2010, i
Signori F. S., M. G. C., A. C., F. S., M.L. R., e D. G., come in atti generalizzati, tutti ex dipendenti del
Ministero della Pubblica Istruzione in qualità di personale docente e non docente, e tutti in godimento di
trattamento di pensione erogato dalla Sede INPDAP di Campobasso, si sono gravati contro l’INPDAP, in
persona del legale rappresentante pro-tempore, nonché contro il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca, in persona del Ministro pro-tempore, chiedendo a questo giudice delle pensioni l’annullamento
del provvedimento di liquidazione del trattamento pensionistico in godimento, per la parte in cui non è stata
computata la maggiorazione del 18% sull’intera voce “stipendio tabellare” comprensiva della ex voce
retributiva relativa alla indennità integrativa speciale ai sensi dell’art. 15 della legge 29 aprile 1976, n. 177, e
il conseguente riconoscimento e la declaratoria del loro diritto ad ottenere la rideterminazione del trattamento
pensionistico in godimento mediante la maggiorazione del 18% sull’intera voce “stipendio tabellare”
comprensiva della ex voce retributiva relativa alla indennità integrativa speciale ai sensi dell’art. 15 della
legge 29 aprile 1976, n. 177, e la corresponsione delle somme relative alla differenza dovuta sui ratei
arretrati sin dalla data di spettanza, con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sulle somme dovute
come per legge.
2. Dagli atti di causa risulta che i ricorrenti, tutti ex dipendenti del Ministero della Pubblica Istruzione in
qualità di personale docente e non docente, sono stati tutti collocati a riposo e sono tutti in godimento di
trattamento di pensione erogato dalla Sede INPDAP di Campobasso. Gli stessi espongono che dal
provvedimento definitivo di pensione risulta che la c.d. quota A della pensione è stata calcolata senza la
maggiorazione della quota relativa alla indennità integrativa speciale “nonostante – espongono gli stessi -
quest’ultima risultasse conglobata nello stipendio tabellare lordo a decorrere dal 1° gennaio 2006, stante
l’applicabilità dell’art. 81 del CCNL del comparto scuola, sottoscritto il 27 novembre 2007 ed avente validità
giuridica 2006-2009”. Di qui il ricorso in esame, con il quale i ricorrenti chiedono – come si è detto –
la rideterminazione del trattamento pensionistico in godimento mediante la maggiorazione del 18% sull’intera
voce “stipendio tabellare” comprensiva della ex voce retributiva relativa alla indennità integrativa speciale ai
sensi dell’art. 15 della legge 29 aprile 1976, n. 177, e la corresponsione delle somme relative alla differenza
dovuta sui ratei arretrati sin dalla data di spettanza, con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sulle
somme dovute come per legge.
3. Resiste al ricorso l’INPDAP, che in data 9 giugno 2011 ha depositato in atti una articolata memoria
difensiva recante la data del 7 giugno 2011, nella quale l’Istituto di Previdenza, nel richiamarsi alla
giurisprudenza del giudice delle pensioni sulla questione di cui è causa, chiede conclusivamente il rigetto del
ricorso.
4. Per conto dell’amministrazione scolastica si è costituita in giudizio l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di
Campobasso, che ha depositato in atti, in data 24 marzo 2010, una memoria difensiva, recante la data del
19 marzo 2010, nella quale l’Avvocatura erariale chiede conclusivamente il rigetto del ricorso.
5. All’udienza odierna i rappresentanti delle parti si sono richiamati agli scritti difensivi versati in atti ed hanno
ribadito le conclusioni già rassegnate per iscritto. La causa è stata quindi trattenuta in decisione, ed è stata
decisa come da dispositivo riportato in calce.
Motivi della decisione
1. La questione all’esame di questo giudice unico delle pensioni riguarda la richiesta di parte attrice intesa ad
ottenere il riconoscimento e la declaratoria del loro diritto ad ottenere la rideterminazione del trattamento
pensionistico in godimento mediante la maggiorazione del 18% sulla indennità integrativa speciale ai sensi
dell’art. 15 della legge 29 aprile 1976, n. 177, e la corresponsione delle somme relative alla differenza
dovuta sui ratei arretrati sin dalla data di spettanza, con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sulle
somme dovute come per legge.
2. Ciò premesso, alla luce di un consolidato orientamento giurisprudenziale sulla questione di cui è causa
(cfr., ex multis, Corte dei conti – Sez. giur. Regione Lazio, n. 547 del 10 marzo 2005; Id., n. 680 dell’11
gennaio 2007; Id., n. 1333 del 5 agosto 2008; nonché Corte dei conti – Sez. II giur. centr. app. n. 441 del 12
dicembre 2007), si ritiene che il ricorso in esame è giuridicamente infondato e, come tale, non può trovare
accoglimento.
3. In proposito giova ricordare, in punto di diritto, che l'art. 13 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 (recante
“Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3
della legge 23 ottobre 1992, n. 421”) prevede che “(..) l’importo della pensione è determinato dalla somma:
a) della quota di pensione corrispondente all’importo relativo alle anzianità contributive acquisite
anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo
la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria,
anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile; b)
della quota di pensione corrispondente all’importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità
contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente
decreto” (art. 13, comma 1, del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 503).
3.1. Sulla base delle richiamate disposizioni la c.d. quota a) di pensione continua ad essere disciplinata
dall’art. 43 del T.U. n. 1092/1973, come sostituito dall’art. 15 della legge n. 177/1976, il quale, dopo aver
tassativamente indicato quali emolumenti vadano indicati per il calcolo della pensione (ultimo stipendio,
paga, o retribuzione integralmente percepiti), prevede, all’ultimo comma, che “agli stessi fini nessun altro
assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge
non ne prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile”.
4. Giova altresì ricordare che la questione è stata affrontata, funditus, in sede di controllo, dalla Sezione
Centrale di Controllo di legittimità di questa Corte, la quale, con deliberazione n. 2/2004/P del 24 marzo
2004, si è occupata della specifica fattispecie in esame, ed ha espressamente escluso – con valutazione
condivisa da questo giudice - che l’importo afferente l’indennità integrativa speciale sia assoggettabile
all’aumento del 18%.
4.1. In particolare la Sezione centrale di controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni
dello Stato, ha rilevato, fra l’altro, che “in linea con le indicate disposizioni, la c.d. quota A di pensione rimane
disciplinata dall’art. 43 del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092, nel testo sostituito dall’art. 15 della legge 29 aprile
1976, n. 177, che, dopo aver tassativamente indicato quali emolumenti vadano speculati per il calcolo della
pensione, recita all’ultimo comma che ‘agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se
pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne preveda espressamente
la valutazione nella base pensionabile’”. “In prosieguo di tempo – ha osservato ancora la Sezione centrale di
controllo sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato nella predetta deliberazione - la citata
legge n. 335/1995 di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, allo scopo di
armonizzare i diversi ordinamenti pensionistici, ha introdotto una differente accezione del concetto di
pensionabilità, di diretta derivazione dal sistema vigente nell’assicurazione generale obbligatoria gestito
dall’INPS”, affermando conclusivamente, sul punto, che “secondo tale disposizione, a far tempo dal 1
gennaio 1996, tutti gli emolumenti corrisposti al lavoratore, ad eccezione di quelli tassativamente indicati
nell’art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, sia che attengano al c.d. trattamento “fondamentale” che a
quello “accessorio”, concorrono a formare la base contributiva, e quindi, correlativamente, per effetto della
riforma introdotta, quella pensionabile (..)” (cfr. Corte dei conti – Sez. centr. di contr. di legittimità sugli atti del
Governo e delle Amministrazioni dello Stato, deliberazione n. 2/2004/P del 24 marzo 2004).
5. Deve poi osservarsi che il contratto collettivo per il personale del comparto ministeri relativo al quadriennio
normativo 1998-2001, considera l’indennità integrativa speciale quale componente del trattamento
economico fondamentale, ma non dispone il conglobamento del predetto emolumento nello stipendio
tabellare; ne consegue quindi l’impossibilità di considerare l’indennità integrativa speciale nella base del
calcolo per l’applicazione della maggiorazione del 18% sul trattamento di quiescenza (art. 15 legge n.
177/1976); va altresì ricordato che l’ARAN, con nota n. 4482 del 10 giugno 2003 ha espressamente escluso
che “l’avvenuto conglobamento dell’indennità integrativa speciale nello stipendio tabellare” comporti
automaticamente l’assoggettamento del relativo importo all’aumento del 18% previsto dall’art. 15 della legge
n. 177/1976; ed ancora, come precisato anche dalla Sezione del Controllo, dal combinato disposto del 3 e 4
comma dell’art. 38 CCNL 5 aprile 2001, non è dato ricavare che l’indennità integrativa speciale sia stata
conglobata nello stipendio, ma essa è stata conglobata nel trattamento economico fondamentale
indistintamente considerato.
6. Alla stregua delle suesposte considerazioni e del richiamato orientamento giurisprudenziale sulla
questione in esame (cfr., ex multis, Corte dei conti – Sez. giur. Regione Lazio, n. 547 del 10 marzo 2005; Id.,
n. 680 dell’11 gennaio 2007; Id., n. 1333 del 5 agosto 2008; nonché Corte dei conti – Sez. II giur. centr. app.
n. 441 del 12 dicembre 2007), deve conclusivamente ritenersi che l’indennità integrativa speciale non può
essere considerata nella base di calcolo per l’applicazione della maggiorazione del 18% sul trattamento di
quiescenza ai sensi dell’art. 43 del Testo unico di cui al DPR n. 1092/1973, come sostituito dall’art. 15 della
legge n. 177/1976.
7. In tal senso, peraltro, può dirsi ormai consolidata la giurisprudenza del giudice delle pensioni presso
diverse Sezioni giurisdizionali regionali chiamato a pronunciarsi su casi analoghi a quello in esame,
giurisprudenza dalla quale questo giudice non ritiene di doversi discostare, e alle cui argomentazioni si
riporta ai sensi dell’art. 9, commi 1 e 3, della legge 21 luglio 2000, n. 205 (cfr., ex multis, Corte dei conti –
Sez. giur. Regione Lazio, n. 547 del 10 marzo 2005; Id., n. 680 dell’11 gennaio 2007; Id., n. 1333 del 5
agosto 2008; nonché Corte dei conti – Sez. II giur. centr. app. n. 441 del 12 dicembre 2007).
8. Tutto ciò considerato, con riferimento al caso di specie, si ritiene che il ricorso in esame va respinto, e per
l’effetto va dichiarata l’insussistenza del diritto dei ricorrenti ad ottenere il beneficio invocato con il ricorso in
esame.
9. Non vi è luogo a provvedere sulle spese di giudizio poiché vige, al riguardo, il principio di gratuità posto,
per le cause previdenziali, dall’art. 10 della legge 11 agosto 1973, n. 533.
9.1. Quanto alle spese legali, invece, data la particolare complessità e tecnicità della materia e il complesso
iter interpretativo che ha caratterizzato la questione oggetto di giudizio, si ritiene che sussistono giusti motivi
e che “concorrono gravi ed eccezionali ragioni”, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c. (come novellato dalla
legge n. 69 del 2009, entrata in vigore il 4 luglio 2009), per dichiarare la compensazione delle stesse tra le
parti del giudizio.
PER QUESTI MOTIVI
Il giudice unico delle pensioni
presso la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Molise
definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, respinge il ricorso
in epigrafe, iscritto al n. 3005 del registro di Segreteria, depositato in data 18 marzo 2010 dai Signori: 1) F.
S.; 2) M. G. C.; 3) A. C.; 4) F. S.; 5) M. L. R.; 6) D. G., come in atti generalizzati, contro l’INPDAP, in
persona del legale rappresentante pro-tempore, e contro il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca, in persona del Ministro pro-tempore, e per l’effetto dichiara l’insussistenza del loro diritto ad
ottenere il beneficio invocato con il ricorso in esame.
Nulla per le spese di giudizio.
Spese legali compensate.

   

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